RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 13/09/2022, la Corte di appello di Trieste confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Udine che, in data 30/04/2016, aveva condannato C.N. alla pena di mesi cinque di reclusione ed Euro 250 di multa per il reato di appropriazione indebita.
2. Avverso la predetta sentenza, nell'interesse di C.N., è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico motivo viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p.: inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 646 c.p., avendo il giudice di merito equivocato gli effetti del negozio giuridico concluso tra la persona offesa e l'imputato. A tutto voler concedere, stante il perfezionamento del contratto, la responsabilità in cui poteva incorrere il ricorrente era di natura squisitamente civilistica, per aver concluso un contratto in mancanza od in eccesso di potere, a titolo di responsabilità precontrattuale per lesione della libertà contrattuale del terzo, sul presupposto, non riscontrato nel caso di specie, che Sabe s.n.c. avesse provveduto ad interpellare Sea Teknology per la ratifica del contratto inefficace e che detta società si fosse rifiutata di ratificare od avesse lasciato trascorrere il termine assegnatole ex art. 1399 c.c. In realtà, sebbene lo svolgersi dei fatti non sia mai stato messo in discussione, veniva erroneamente ritenuto sussistente un possesso rilevante ai sensi dell'art. 646 c.p., nonostante la fattispecie così delineata fosse contraddistinta da un contratto concluso da A.M. quale cd. falsus procurator di Sea Teknology. Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, il contratto concluso dal falsus procurator, non è né nullo, né annullabile, bensì inefficace. Peraltro, la rilevazione di detta temporanea inefficacia (il contratto è perfetto ma il vizio è esterno, incidendo esso sulla legittimazione che non sussiste al momento della conclusione del contratto ma che può sopravvenire a seguito a ratifica) è consentita solo su eccezione della parte falsamente rappresentata, la quale deduca la propria estraneità al rapporto sottostante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Già la sentenza di primo grado riconosceva la responsabilità dell'imputato in base al fatto che il contratto stipulato tra lo stesso e la Sabe s.n.c. fosse un contratto preliminare di compravendita dell'autovettura Renault Scenic tg. (Omissis) e non un contratto definitivo; a fronte di tale accordo preliminare, l'imputato non aveva mai provveduto né a pagare il prezzo della vettura, né a restituire la stessa all'originario proprietario.
2.1. Non v'e' dubbio che, con la promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi e che la diponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori: pertanto, in astratto, la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso, salva la dimostrazione di un'intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall'art. 1141 c.c. (Sez. U civ., n. 7930 del 27/03/2008; Sez. 1 civ., n. 4863 del 01/03/2010; Sez. 2 civ., n. 9896 del 26/04/2010; Sez. 2 civ., n. 6489 del 22/03/2011).
2.2. Peraltro, si afferma in giurisprudenza che la situazione di possesso può trovare la propria fonte anche in un atto inefficace (quale è il contratto concluso dal falsus procurator: Sez. 2 civ., n. 6584 del 15/12/1984; Sez. 1 civ., n. 4258 del 14/05/1997; Sez. 2 civ., n. 2860 del 07/02/2008; Sez. U civ., n. 11377 del 03/06/2015), poiché la circostanza che la traditio venga eseguita in virtù di un contratto che, pur inefficace, risulta comunque diretto a trasferire la proprietà del bene, costituisce elemento idoneo a far ritenere che la relazione di fatto instauratasi tra l'accipiens e la res tradita sia sorretta dall'animus rem sibi habendi. E ciò, stante anche l'operatività della presunzione prevista dall'art. 1141 c.c., comma 1, che riconosce l'applicabilità, per l'appunto, della presunzione della sussistenza del possesso in capo a colui che esercita il potere di fatto sul bene ove non sia offerta una prova contraria sull'inizio dell'esercizio della relazione di fatto semplicemente come detenzione (Sez. 2 civ., n. 4945 del 10/02/2016, Rv. 639599).
Da qui l'affermazione del seguente principio di diritto: "E' configurabile il possesso in chi esercita il potere di fatto sul bene per averne ricevuto la consegna in esecuzione di un contratto di vendita inefficace, in quanto stipulato da un rappresentante in nome e nell'interesse dell'acquirente ma senza avere i poteri di quest'ultimo. Si realizza interversione del possesso, rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 646 c.p., in presenza di elementi idonei a far ritenere che la relazione di fatto instauratasi tra l'accipiens e la res sia sorretta dall'animus rem sibi habendi in capo al primo".
3. Fermo quanto precede, evidenzia il Collegio come, nella fattispecie, la tesi difensiva secondo la quale, con la sottoscrizione della proposta di vendita non si sia operata la trasmissione della proprietà dalla Sabe s.n.c. alla Sea Teknology, avendo la prima semplicemente formulato una proposta di vendita dell'autovettura che necessitava per la conclusione del contratto della sottoscrizione da parte del legale rappresentante della Sea Teknology, non appare in alcun modo fondata. Invero, la disponibilità del bene in capo all' A., qualificabile - per le ragioni precedentemente esposte - come possesso, veniva modificata (con una classica interversio possessionis) nel momento in cui l'imputato, nonostante le numerose richieste di pagamento o di restituzione dell'automezzo, ne continuava a mantenere la disponibilità, non ottemperando all'ordine di riconsegna alla Sabe e finendo così per sottrarlo, in via definitiva, al legittimo proprietario.
Scrivono i giudici di primo grado: "... A. aveva ricevuto il veicolo inizialmente a titolo di cortesia; benché successivamente avesse concordato la cessione del bene, questa non si era perfezionata, avendo le parti sottoscritto solo un accordo preliminare in attesa del pagamento. L'interversione del possesso si è realizzata quando, a fronte delle sollecitazioni ripetute fatte dal proprietario, il veicolo non è stato restituito. La condotta tenuta successivamente dall'imputato con ripetute promesse di recarsi presso l'autofficina per pagare il prezzo del bene e perfezionare il contratto, conferma la volontà preesistente di trattenere il bene come proprio".
Preso atto della verificatasi inversione del possesso in dominio in capo l'agente, che si è manifestata con l'inequivoca intenzione dell'agente di tenere per sé il bene in vista del conseguimento di una sua illegittima utilità attraverso il rifiuto della sua restituzione e la pretestuosità del comportamento, si ritiene la ricorrenza nella fattispecie di tutti gli elementi integrativi del delitto di appropriazione indebita.
4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2023