RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Matera ha accolto parzialmente l'appello proposto nell'interesse di Al.An. e Se.Ma. disponendo il dissequestro in favore degli stessi di beni mobili o immobili, già oggetto di sequestro preventivo per un valore pari ad euro 139.101,88 per le
imputazioni ad essi ascritte (capo 9) art. 640-ó/s cod. pen.; capo 14) art. 648-ter. 1 cod. pen., capo 15) art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000; capo 16) art. 648- ter. 1 cod. pen., capo 17) per il solo Al.An. art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000, capi 18), 19) e 20) per il solo Al.An. art. 648-ter. 1 cod. pen.).
2. Al.An. e Se.Ma. hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 648-quater cod. pen. e 648-ter n. 1 cod. pen., oltre che 640-bis cod. pen., oltre che violazione di norme processuali ai sensi dell'art. 125 cod. proc. pen., art. 178, lett. b), art. 179 cod. proc. pen. perché la motivazione è apparente, omessa rispetto al devoluto, manifestamente illogica e contraddittoria rispetto alle decisioni incidentali, nonché con la domanda cautelare; ricorre un contrasto evidente tra l'ordinanza impugnata e l'ordinanza genetica del Gip del 21/01/2021, oltre che con le determinazioni assunte in materia reale dal Tribunale del riesame di Matera del 17/02/2021 e le conclusioni in tema di cautela personale assunte dal Tribunale del riesame di Potenza in data 21/02/2021. Era stato devoluto il tema relativo alla correttezza della decisione del Gip che aveva mantenuto il provvedimento di sequestro originariamente disposto solo ed esclusivamente con riferimento al delitto di truffa, già dichiarato prescritto in sede di udienza preliminare. Era stato realizzato un illegittimo allargamento del provvedimento di sequestro alle diverse ipotesi di autoriciclaggio contestate, in assenza di specifica ed autonoma richiesta del Pubblico Ministero, con arbitraria sostituzione del titolo cautelare e sovvertimento dell'ordinanza genetica. In sostanza il Tribunale ha arbitrariamente sostituito il titolo cautelare e il profitto (del danno all'erario in relazione al delitto di truffa) con un profitto neanche identificato per le estranee ipotesi di auto riciclaggio, con assoluta mancanza di motivazione; ciò anche in ordine al requisito della proporzionalità ed erronea considerazione della documentazione prodotta dalla difesa al fine di desumere una diversa valutazione dei beni in sequestro più vicina al valore effettivo degli immobili, con sostanziale omissione di motivazione sul punto, non avendo il Tribunale esplicato le ragioni di preferenza per la valutazione effettuata dal Dott. Gu..
2.2. Violazione di norme processuali in relazione agli artt. 125,321, 321 -bis e 310 cod. proc. pen., nonché art. 275 cod. proc. pen. per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza; violazione di legge in relazione agli art. 648-ter n. 1 cod. pen. e violazione di norme processuali oltre vizio della motivazione per travisamento degli atti processuali, manifesta illogicità della motivazione, contraddittorietà con riferimento ad una serie di atti del procedimento.
2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 648-ter e 640-bis cod. pen., nonché violazione di norme processuali in relazione agli artt. 13,111 Cost. e 125 cod. proc. pen., motivazione apparente, omessa anche rispetto al devoluto, manifesta inesistenza della motivazione, in punto di conferma del sequestro preventivo con riferimento i differenti reati di autoriciclaggio rispetto al reato di truffa aggravata posta a base della misura cautelare genetica, omessa individuazione del profitto in relazione alle ipotesi di reato di cui agli art. 648-ter. 1 cod. pen.; l'ordinanza in questione ha snaturato la natura sanzionatoria del vincolo afflittivo ponendolo su beni che non hanno alcun nesso pertinenziale diretto con le condotte illecite; l'ordinanza impugnata non ha individuato elementi inerenti il profitto conseguente alla consumazione astratta del reato; in concreto dunque con tale operazione di sostituzione del profitto della truffa con il profitto dell'autoriciclaggio è stata violato il principio della domanda cautelare; il differente titolo di reato non poteva giustificare il mantenimento del vincolo e non è stata spesa alcuna motivazione per individuare il profitto dei delitti di auto riciclaggio oggetto di contestazione.
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso sono manifestamente infondati; ne consegue l'inammissibilità dei ricorsi proposti.
2. In via preliminare, occorre considerare come secondo il diritto vivente "il sindacato della Cassazione in tema di ordinanze del riesame relative a provvedimenti reali è circoscritto alla possibilità di rilevare ed apprezzare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l'art. 325, comma 1, cod. proc. pen.: una violazione che la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, uniformandosi al principio enunciato da Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710-01, riconosce unicamente quando sia constatabile la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlata alla inosservanza di precise norme processuali". (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789-01; Sez. 2, n. 45865 del 04/10/2019, Lanzone; Sez. 6, n. 10446 del 10/01/2018, Aufiero, Rv. 272336-01; Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01, Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692-01).
In tema di sequestro preventivo è, difatti, costante l'orientamento secondo il quale "non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il "fumus commissi delicti", vale a dire l'astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato." (Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, PM c. Zagarrio, Rv. 258279-01, Sez. 5, n. n. 3722 del 11/12/2019, Gheri, Rv. 278152-01), correlata all'esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l'evento punito dalla norma penale alla condotta dell'indagato.
3. I motivi di ricorso possono essere affrontati congiuntamente, attesa l'identità di censure proposte, sostanzialmente argomentate ripetutamente e con diverse prospettive argomentative.
Il Tribunale ha svolto nel caso concreto, con un'ampia motivazione, logicamente argomentata, un concreto ruolo di garanzia, senza limitarsi a prendere atto della tesi accusatoria, considerando adeguatamente le osservazioni critiche della difesa circa la sussistenza della fattispecie richiamata nel provvedimento, esaminando così in modo completo l'integrale ricorrenza dei presupposti che legittimano il sequestro e la concreta estensione dello stesso, tenuto conto dell'intervenuta dichiarazione per prescrizione del delitto presupposto di truffa, con pieno rispetto del tema risolto dalle Sezioni Unite Esposito.
Difatti, è stato evidenziato l'insieme degli elementi concreti che possono far ritenere verosimile la commissione dei reati richiamati in sequestro, evidenziando perché allo stato degli atti l'ipotesi dell'accusa possa ritenersi sostenibile (Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, Polifroni, Rv. 279927-01; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Macchione, Rv. 265433-01; Sez. 5, n. 49595 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677-01; Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Parrelli, Rv. 260945-01; Sez. 5, n. 28515 del 21/05/2014, Ciampani, Rv. 260921-01) e come si debba collegare a tale attività un evidente e cospicuo vantaggio derivante dal reimpiego e trasferimento del profitto del reato presupposto in molteplici attività puntualmente identificate nelle contestazioni elevate.
In tal senso, occorre ricordare che questa Corte ha già affermato, con principio che qui si intende ribadire, che sia operazioni di movimentazione bancaria, che plurimi acquisti di beni mobili ed immobili, anche a sé intestati, determinano un evidente ostacolo all'accertamento dell'origine illecita delle somme di denaro impiegato (Sez. 2, n. 4855 del 22/12/2022, Guido, Rv. 284390-01). Nello stesso senso si è chiarito che integra il delitto di autoriciclaggio la condotta di chi, in qualità di autore del delitto presupposto di truffa, impieghi le somme accreditategli realizzando l'investimento di profitti illeciti in operazioni finanziarie a fini speculativi, idonee a ostacolare la tracciabilità dell'origine delittuosa del denaro (Sez. 2, n. 27023 del 07/07/2022, Miele, Rv. 283681-02).
Il Tribunale ha correttamente analizzato l'insieme di elementi a carico dei ricorrenti, individuando in modo compiuto, con motivazione logica ed argomentata, che non si presta a censure in questa sede, l'insieme di condotte complessivamente indagate e riferibili - sin dal provvedimento genetico, e sulla base della richiesta del Pubblico ministero - ai ricorrenti, senza alcuna sostituzione del titolo cautelare o violazione del principio della domanda, come asseritamente affermato dalla difesa, che in realtà non si è confrontata con il chiaro contenuto della decisione (pag. 2 e seguenti dove si dà esplicitamente conto della adozione del sequestro preventivo non solo in relazione al delitto di truffa, ma anche di autoriciclaggio per i capi 14), 16), 18), 19) ed ai criteri di valutazione, basati sulla relazione dell'Arch. Gu. pienamente condivisa nel suo iter ricostruttivo ed argomentativo, nonché pag. 3, con specifico richiamo e individuazione del profitto del reato di autoriciclaggio, tenuto conto del valore dell'operazione effettuata, mediante sostituzione ed ostacolo all'identificazione del profitto del delitto presupposto, con puntuale considerazione anche di tutte le censure relative ad una sostanziale sottostima del valore dei beni).
Inoltre, occorre precisare come dalla consultazione degli atti, possibile in relazione al tipo di vizio denunciato, avendo sostanzialmente i ricorrenti sostenuto la ricorrenza di una motivazione meramente apparente, con violazione di norme processuali in relazione da una parte al principio della domanda cautelare e dell'altra alla illegittima estensione dell'oggetto del sequestro da parte del provvedimento del G.u.p. del 15/06/2023 (illegittimità asseritamente reiterata dal Tribunale di Matera con il provvedimento impugnato), risulta che - l'originaria richiesta di sequestro preventivo del Pubblico ministero del 15/06/2020 si riferiva esplicitamente (pag. 501 delle conclusioni e diffusamente ed ampiamente nella argomentazioni a supporto) al "sequestro preventivo di beni immobili e mobili, registrati, partecipazioni societarie e delle provviste finanziarie nella disponibilità degli indagati, come indicati nella nota della Guardia di finanza relativa agli accertamenti patrimoniali del 26/05/2020 prot. n. 34155/2020, che si allega alla presente per costituirne parte integrante, sino alla concorrenza dei profitti dei reati per come indicati nelle imputazioni nn. 3, 4, 7, 9, 14, 16, 18, 19, 20, 21, 23, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 35 e 36; - il provvedimento del 19/01/2021 disponeva il sequestro dei beni mobili e mobili registrati, delle partecipazioni societarie e delle provviste finanziarie nella disponibilità degli indagati riconducibili direttamente o indirettamente ai ricorrenti odierni (pag. 242) "in relazione ai reati di cui al capo 9), 14), 16), 18), 19), 20), 21), 22)".
In conclusione, la compiuta considerazione dei provvedimenti in questione (si veda sul punto anche la motivazione del tutto esplicita in tal senso nel provvedimento di sequestro a pag. 236 che specifica la possibilità di agevolare "la prosecuzione della attività illecita... ricavandone profitti diretti ed indiretti, alienando beni diversi mobili registrati ed immobili e distraendo le somme ricavate mettendo in atto ulteriori operazioni decettive e riciclatone per sottrarle ad ogni accertamento"), rende evidente come nessuna sostituzione del titolo cautelare sia mai avvenuta, soprattutto in violazione del principio della domanda, essendo stata sin dall'inizio ricompresa nella richiesta del Pubblico ministero la condotta che secondo la difesa era invece stata esclusa, volta appunto ad ottenere la cautela reale per la molteplicità di condotte contestate, tutte specificamente indicate e richiamate nei provvedimenti in questione.
Ciò premesso, appare evidente come le plurime censure sul punto siano manifestamente infondate, atteso che il Tribunale di Matera ha adeguatamente considerato le doglianze inoltrate, con una motivazione logica, argomentata ed approfondita, in relazione alla fase procedimentale in corso, chiarendo criteri ed elementi di valutazione dei beni, ritenendo dunque evidentemente non condivisibile la prospettazione alternativa fornita dai ricorrenti, specificando portata del profitto delle ulteriori condotte oggetto di imputazione, con richiamo specifico alle stesse, alla portata, al valore dell'operazione. Con tale motivazione i ricorrenti non si confrontano effettivamente.
4. Il Tribunale ha, dunque, compiutamente considerato il tema del profitto dell'autoriciclaggio, facendo corretta applicazione dei principi già affermati da questa Corte, che qui si devono intendere ribaditi, sebbene relativi a diverso reato presupposto, secondo i quali in tema di sequestro preventivo, ricorre il "fumus" del delitto di autoriciclaggio nell'ipotesi di versamento dì denaro, provento del delitto presupposto, presso un istituto bancario o per acquisti immobiliari, o mediante la realizzazione di una serie di fatturazioni per operazioni inesistenti, atteso che tali condotte realizzano in modi diversi ed efficienti la sostituzione del profitto del reato presupposto predetto, che assume diversa destinazione e transita nella disponibilità dì altro soggetto giuridico o consente la confluenza di un bene immobile nel patrimonio, permettendo, inoltre, all'imputato di godere dei beni e denaro senza che sia immediatamente tracciabile la provenienza illecita, tra l'altro essendo irrilevante che l'operazione sia tracciabile, ricorrendo comunque un ostacolo all'individuazione del compendio delittuoso (Sez. 2, n. 35260 del 08/09/2021, Pari, Rv. 281942-01).
In senso del tutto conforme questa Corte ha anche precisato, di recente, con principio che qui si intende ribadire, che "la lecita vestizione delle somme, dei beni o delle altre utilità provenienti dalla commissione del delitto presupposto, derivando da una successiva condotta di impiego, sostituzione o trasferimento, costituisce il risultato empirico dell'attività delittuosa" ed è proprio "in forza di tale variegata condotta che le risorse di provenienza delittuosa, pur essendo legate da un nesso di derivazione causale con il delitto presupposto, assumono una diversa veste giuridica naturalistica, in quanto dotate - a seguito dell'operata trasformazione - di una loro autonoma individualità sia per causa che per effetto". Ne consegue quindi un fenomeno di "autonomizzazione" di quella che "da un punto di vista economico potrebbe qualificarsi come la provvista del nuovo illecito trasformativo, non soltanto della res in quanto tale, ma anche della sua stessa destinazione funzionale che muta da quella originaria" (Sez. 2, n. 37754 del 07/12/2023, Melandri).
Sono quindi state compiutamente affrontate tutte le censure difensive, tra l'altro reiterate in questa sede, in assenza di violazione di legge, con una motivazione che certamente non si può ritenere né assente, né apparente o mancante o ancora basata su travisamento, genericamente dedotto tra l'altro.
5. I ricorsi devono in conclusione essere dichiarati inammissibili, con condanna della dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2024.