RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza deliberata il 20/01/2023, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza del 01/03/2022 con la quale il Tribunale di Messina aveva dichiarato Mu.Sa., quale titolare dell'omonima azienda, responsabile dei reati di truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato o di ente pubblico (capo a: perché, con artifici e raggiri consistiti nel presentare all'INPS la denuncia aziendale per il 2015 le dichiarazioni di manodopera trimestrale, dichiarando contrariamente al vero l'esistenza di svariati rapporti di lavoro in agricoltura, induceva in errore l'ente previdenziale permettendo ai lavoratori formalmente assunti di procurarsi l'ingiusto profitto consistente nelle somme di denaro erogate a titolo di indennità, con pari danno dell'INPS) e falso ideologico in atto pubblico per induzione (capo b: con le condotte di cui al capo che precede, induceva in errore l'INPS, che formava falsi elenchi di beneficiari cui erogare le indennità), condannandolo alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Messina ha proposto ricorso per cassazione Mu.Sa., attraverso il difensore Avv. Carmelo Occhiuto, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 640 cod. pen., della legge n. 608 del 1996 e del d.l. n. 338 del 1989. La Corte di appello ha escluso che le prestazioni lavorative fossero intervenute nel 2014, ma ai sensi dell'art. 9-quinquies della legge n. 608 del 1996 l'elenco nominativo annuale è pubblicato entro il 31 maggio dell'anno successivo, aumentato di altri due mesi rispetto alla legge del 1986 relativa agli elenchi trimestrali, mentre, secondo l'art. 7 del d.l. 338 del 1989, il termine di scadenza per la presentazione delle domande di disoccupazione in agricoltura deve considerarsi il 31 marzo dell'anno successivo rispetto al verificarsi della disoccupazione agricola, sicché i benefici previdenziali disoccupazione e ANF, nonché indennità malattia richiesti e risultanti dalla certificazione amministrativa, riguardavano l'iscrizione negli elenchi del 2015 e relativi a rapporti in agricoltura dell'anno 2014; pertanto, in assenza dell'iscrizione negli elenchi annuali del 2016 nessuna domanda poteva essere inoltrata all'INPS, sicché il reato è rimasto solo nella fase del tentativo.
2.2. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 48,479,483,157 cod. pen., I. n. 606 del 1998 e I. 98 del 2011. La questione posta al giudice di appello riguardava la qualificazione giuridica della mera trasmissione di manodopera agricola trimestrale (c.d. dmag), non essendo stati iscritti i lavoratori nella dichiarazione annuale nel 2016, attesa la data del verbale ispettivo INPS del marzo 2016 e la relativa predisposizione degli elenchi a maggio 2016. La predisposizione degli elenchi trimestrale è stata soppressa dall'art. 38 della legge n. 98 del 2011, sicché la mera trasmissione delle dichiarazioni poteva integrare il reato di cui all'art. 483 cod. pen., ma non il falso ideologico per induzione.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 640,48-479 e 316-ter cod. pen., in quanto nel caso in esame mancano gli artifici e raggiri tipici del reato di truffa, rappresentati da un'azienda agricola inesistente, dai falsi contratti di affitto, mentre tutto ruota intorno all'autocertificazione, ossia alla trasmissione del dmag attestante un monte ore amplificato rispetto al lavoro effettivo e all'assenza dell'iscrizione nel 2016 per il rapporto di lavoro in agricoltura anno 2015.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata deve essere annullata, per le ragioni e nei termini di seguito indicati.
2. Il primo motivo non è fondato. Anche a prescindere dal rilievo che il riferimento all'art. 9-quinquies della legge n. 608 del 1996 risulta, alla luce della sintesi dei motivi di appello operata dallo stesso ricorrente del tutto inedito ex art. 609 cod. proc. pen., il ricorso svilisce indebitamente il dato fattuale valorizzato, ossia le risultanze delle certificazioni amministrative acquisite agli atti e riportanti il riferimento al 2015 (e non al 2014): lungi dunque dal far leva come il ricorso su un'astrattizzante ricostruzione normativa, il giudice di appello ha fondato il proprio ragionamento sul solido terreno di concreti e precisi dati fattuali, univocamente convergenti nel senso dell'individuazione dell'anno in questione.
3. Anche il secondo motivo non è fondato. Come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare, risponde del reato di falso ideologico in atto pubblico, per induzione in errore del pubblico ufficiale redigente, il privato che renda una falsa dichiarazione assunta a presupposto di fatto dell'atto pubblico, sicché essa non ha alcun rilievo autonomo in quanto elemento che concorre all'attestazione del pubblico ufficiale, alla quale si perviene mediante false notizie e informazioni del privato, mentre ricorre il reato di cui all'art. 483 cod. pen. nel caso in cui il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell'atto la dichiarazione ricevuta, della cui verità risponde il dichiarante in relazione a un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero (Sez. 5, n. 11597 del 12/02/2010, Deda, Rv. 246711). Nel caso di specie, la Corte distrettuale ha chiarito che nella strutturazione degli elenchi dei lavoratori agricoli beneficiari, l'atto pubblico veniva confezionato sulla base dell'inveritiera dichiarazione del privato, che ne determinava ("condizionava") il contenuto. Nei termini indicati, la Corte distrettuale ha dato conto del "ruolo" della dichiarazione del privato, concorrente nella formazione della volontà dell'ente pubblico, laddove inidonei a scalfire le conclusioni della sentenza impugnata sono le deduzioni del ricorrente.
4. Il terzo motivo è fondato. Il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia da quello di truffa aggravata, finalizzata al conseguimento delle stesse, per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore dell'ente erogatore, il quale si limita a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati dal richiedente, senza svolgere una autonoma attività di accertamento, la quale è riservata ad una fase meramente eventuale e successiva (Sez. F, n. 44878 del 06/08/2019, Rv. 279036 - 03). Ora, il terzo motivo di appello aveva invocato la riqualificazione dei delitti contestati in quello di cui all'art. 316-fercod. pen., nella forma tentata, deducendo, tra l'altro, la differenza tra quest'ultimo reato e quello di truffa aggravata nei termini appena richiamati. La sentenza impugnata non ha dato congrua risposta al motivo di appello in quanto si è limitata a replicare con riguardo all'imputazione di falso, senza chiarire se, nel caso di specie, fosse o meno intervenuta un'autonoma attività di accertamento da parte dell'ente erogatore. Ne consegue che, in parte qua, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
5. Rileva, inoltre, la Corte un'insuperabile incertezza in ordine al tempus commissi delicti: già l'imputazione contesta, con riguardo sia alla truffa aggravata, sia al falso per induzione, la continuazione, indicando il tempus della prima "fino al 31/12/2016" e quello del secondo "in epoca anteriore e prossima alle date di pagamento delle indennità"; né più specifiche indicazioni si rinvengono nella motivazione della sentenza impugnata, che si limita a far riferimento (pag. 5) alle dichiarazioni trimestrali dell'imputato nell'anno agricolo 2015 e fino ai primi mesi del 2016. Nei termini indicati, l'incertezza del tempus commissi delicti preclude a questa Corte il necessario apprezzamento in ordine all'eventuale perfezionamento della causa di estinzione dei reati per prescrizione, apprezzamento - anch'esso rimesso al giudice del rinvio - che, sotto questo profilo, impone l'annullamento in toto della sentenza impugnata sempre con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
Così deciso il 14 Febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2024.