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Truffa: il diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato sia a chi subisce il danno patrimoniale

Truffa

Cassazione penale sez. II, 07/02/2024, n.15134

In tema di truffa, la titolarità del diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato e materialmente defraudato del bene alla cui apprensione era diretta la condotta illecita, sia al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ovvero a colui che vanta il diritto di proprietà sul bene illecitamente appreso, essendo possibile la coesistenza di più soggetti passivi di un medesimo reato.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 12/07/2023, la Corte di appello di L'Aquila confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Pescara in data 13/10/2021 con la quale Co.Sa. era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 300 di multa per il reato di truffa in concorso. 2. Avverso la predetta sentenza, nell'interesse di Co.Sa., è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 120,185 cod. pen. e 74 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale errato nel rigettare il motivo di gravame volto a censurare il difetto di legittimazione alla querela sporta da Ci.Mi., non essendo quest'ultima la persona offesa della condotta di truffa, non avendo la stessa subito il danno patrimoniale consistito nel profitto ricevuto dal Co.Sa., in riferimento alla disciplina civilistica contrattuale applicabile nei rapporti della querelante ed i promissari acquirenti del bene. Secondo motivo: vizio di motivazione per avere la Corte territoriale omesso di esaminare il secondo motivo di appello relativo al "mancato raggiungimento della prova in merito alla consumazione del reato di truffa e mancato raggiungimento della prova della responsabilità penale del Co.Sa., anche sotto il profilo concorsuale, per il reato contestato, risultando tutto al più una responsabilità civile per indebito arricchimento" nonché il terzo motivo di appello relativo alla "insussistenza dell'elemento oggettivo del reato ed erronea valutazione delle prove ai fini della responsabilità dell'imputato". Terzo motivo: vizio di motivazione per avere la Corte territoriale omesso di esaminare il quarto motivo di appello relativo "all'insussistenza dell'elemento soggettivo - dolo specifico - per non essere stata provata la colpevolezza del Co.Sa.". Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 131-bis cod. pen. e all'art. 62 n. 4 cod. pen. ed al mancato esame del quinto motivo di appello con cui si censurava la mancata assoluzione per tenuità del fatto, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62-bis e 62 n. 4 cod. pen. e l'eccessiva quantificazione della pena. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Preliminarmente va ritenuta priva di effetto la dichiarazione fatta pervenire dal difensore, in limine litis, di adesione all'astensione indetta dalla categoria di appartenenza. Invero, si afferma in giurisprudenza che, nel giudizio di cassazione celebrato secondo la disciplina emergenziale pandemica, in assenza di tempestive richieste di discussione orale (quale il presente giudizio), è priva di effetti l'istanza di rinvio presentata dal difensore che dichiari di aderire all'astensione collettiva proclamata dai competenti organismi di categoria, non avendo l'istante diritto di partecipare all'udienza camerale (Sez. 5, n. 26764 del 20/04/2023, Dalla Tomba, Rv. 284786, nella quale la S.C. ha precisato che il rinvio può essere concesso solo in relazione ad atti o adempimenti per i quali sia prevista la presenza del difensore e che, dunque, in caso di trattazione scritta, rimangono del tutto irrilevanti, ai fini dell'accoglimento dell'istanza, ulteriori circostanze quali la data di scadenza del termine previsto per la trasmissione delle conclusioni o se tale termine ricada nel periodo di astensione). 3. Aspecifico e comunque manifestamente infondato è il primo motivo. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la stretta relazione tra il bene illecitamente appreso e la persona che patisce l'azione fraudolenta consente di identificare nel possessore raggirato la "persona offesa" dal reato (nella specie, Ma.Fi., soggetto materialmente truffato), anche se il danno patrimoniale incide la sfera patrimoniale di un altro soggetto (nella specie, Ci.Mi., madre del Ma.Fi.). La valorizzazione ai fine della identificazione della persona offesa, e dunque del titolare del diritto di querela, del "possesso penalistico" inteso come stretta relazione tra cosa e persona, che si realizza indipendentemente dall'esistenza di un titolo di rilevanza civilistica, non è incompatibile con la condivisa giurisprudenza secondo cui il delitto di truffa è configurarle anche quando il soggetto passivo del raggiro è diverso dal soggetto passivo del danno ed anche in difetto di contatti diretti tra il truffatore e il truffato, sempre che sussista un nesso di causalità tra i raggiri o artifizi posti in essere per indurre in errore il terzo, il profitto tratto dal truffatore ed il danno patrimoniale patito dal truffato (cfr., Sez. 2, n. 2281 del 06/10/2015, dep. 2016, Della Monica, Rv. 265773; Sez. 2, n. 43143 del 17/07/2013, Saracino, Rv. 257495; Sez. 2, n. 2705 del 11/05/1973, dep. 1974, Spina, Rv. 126644; Sez. 5, n. 950 del 26/08/1969, Cabella, Rv. 112507; Sez. 6, n. 8418 del 25/08/1975, Tarantino, Rv. 130681; Sez. 2, n. 6335 del 29/10/1998, dep. 1999, Santini, Rv. 212266; Sez. 2, n. 10085 del 05/03/2008, Minci, Rv. 239508). Tale giurisprudenza, infatti, non si sofferma sul tema del possesso, determinante per la identificazione della persona offesa, ma si limita a rilevare la possibilità che il danno sia patito da persona diversa dalla vittima dei raggiri, conseguentemente legittimata a presentare querela. La relazione tra la persona e la cosa è stata, invece, valorizzata espressamente da quella giurisprudenza che ha ritenuto che l'atto di disposizione patrimoniale del terzo ingannato può avere rilievo ai fini della configurazione del reato solo nel caso in cui questi abbia la gestione degli interessi patrimoniali del titolare e la possibilità di compiere atti aventi efficacia nella sfera patrimoniale aggredita (Sez. 5, n. 18968 del 18/01/2017, F., Rv. 271060). Si ritiene, dunque, che quando si procede per truffa la titolarità del diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato e materialmente defraudato del bene alla cui apprensione era diretta la condotta illecita, sia al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ovvero a colui che vanta il diritto di proprietà sul bene appreso illecitamente, essendo possibile la coesistenza di più soggetti passivi di un medesimo reato (Sez. 2, n. 41785 del 18/07/2018, De Rosa, non mass.). 4. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono sia il secondo che il collegato terzo motivo. Le censure proposte non si confrontano con la motivazione che ha correttamente valorizzato gli elementi decisivi per la riferibilità della truffa perlomeno anche al ricorrente, evidenziandone gli elementi decisivi e - rendendo non rilevante il dato relativo al fatto che la moglie del ricorrente avesse intrapreso le trattative - per attribuire al ricorrente la condotta, avuto riguardo agli elementi decisivi o comunque preponderanti rappresentati dal fatto che costui fosse il titolare sia dell'utenza utilizzata per le dette trattative, sia del conto corrente sul quale era avvenuto il pagamento: da qui la ritenuto inverosimiglianza della tesi difensiva secondo la quale il Co.Sa. non avrebbe avuto intenzione e contezza di ricevere il pagamento della somma de qua, avuto riguardo al fatto che risulta essere stato dimostrato che il conto corrente dell'imputato è stato destinatario anche di altri pregressi accrediti, sempre per la vendita del medesimo bene. 5. Aspecifico e comunque manifestamente infondato è, infine, anche il quarto motivo. La Corte territoriale ha espressamente escluso sia la riconoscibilità della speciale causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. che delle circostanze attenuanti generiche, affermando che "... nonostante l'assenza di precedenti penali a carico dell'imputato, il danno arrecato alla persona offesa - giustificato nella misura di euro 970,00 - non può ritenersi particolarmente esiguo e, dunque, idoneo a giustificare il (primo) beneficio. Parimenti, per le medesime ragioni, deve escludersi anche la concessione delle circostanze attenuanti generiche, stante, altresì, la condotta manipolativa assunta dal prevenuto, sintomatica di un'abilità nella commissione di reati". La motivazione è del tutto giustificata e priva di vizi logico-giuridici. Il "comune" dato della misura del danno ben ha potuto giustificare il diniego di tutti e tre i benefici richiesti, ivi compresa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 cod. pen., implicitamente disattesa, nonché della misura del trattamento sanzionatorio applicato (cfr., Sez. 1, n. 9950 del 06/05/1994, Licata, Rv. 199739, secondo cui la valutazione sotto diversi profili della medesima situazione di fatto non costituisce né violazione dell'art. 133 cod. pen. né del principio del "ne bis in idem" sostanziale). 6. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, così determinata in considerazione dei profili di colpa emergenti dal ricorso. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2024.
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