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Intercettazioni: il mancato rilascio di copia delle registrazioni da parte del PM non è causa di inutilizzabilità

Intercettazioni

Cassazione penale sez. VI, 14/04/2021, n.26447

In tema di riesame, il mancato rilascio di copia delle registrazioni da parte del pubblico ministero non determina l'inutilizzabilità delle stesse ai sensi dell'art. 191 c.p.p., bensì dà luogo ad una nullità di ordine generale, a regime intermedio, ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p., i cui effetti sono limitati alla sola fase dell'impugnazione cautelare. (In motivazione, la Corte ha precisato che la nullità in questione travolge la sola pronuncia del tribunale del riesame, emessa sulla base delle intercettazioni non messe a disposizione della difesa, ma non determina alcun effetto invalidante retroattivo rispetto all'ordinanza cautelare genetica).

Utilizzazione dei risultati delle intercettazioni operate con captatore informatico: La Corte chiarisce l'ambito di applicazione dell'art. 270, comma 1-bis c.p.p.

Intercettazioni: omessa consegna dei files audio da parte del PM - Art. 268 c.p.p.

Intercettazioni con Trojan Horse: utilizzabilità senza necessità di attività criminosa - Art. 266 c.p.p.

Intercettazioni: onere della parte e rilevanza probatoria

Intercettazioni: l'inutilizzabilità per violazione del segreto professionale può intervenire in ogni stato e grado del giudizio

Intercettazioni: utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati dal vincolo della continuazione

Intercettazioni e Riesame: PM e Trasmissione dei Decreti Autorizzativi - Art. 268 c.p.p.

Intercettazioni: Accesso ai Supporti Contenenti le Registrazioni e Obblighi del PM - Art. 268 c.p.p.

Intercettazioni: gravi indizi di reato e resistenza dell'illecito penale - Art. 266 c.p.p.

Intercettazioni con captatore informatico: sono utilizzabili se eseguite nel domicilio anche in assenza di attività criminosa

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. P.M. veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, con ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Lucca, essendogli contestato di aver costituito un'associazione per delinquere, cui partecipavano amministratori comunali, tecnici ed imprenditori, dediti alla commissione di plurime ipotesi di corruzione e turbativa d'asta. In particolare, si assumeva che il P., in qualità di vertice dell'amministrazione comunale, avrebbe disposto l'esecuzione di lavori pubblici mediante affidamento diretto alle imprese appartenenti al sistema corruttivo, facendo risultare l'esistenza dei presupposti per procedere con urgenza ed al di fuori delle ordinarie procedure, nonché consentendo ed agevolando lo svolgimento di attività estrattiva presso le cave presenti nel territorio comunale. La remunerazione, per il compimento di tali condotte illecite, sarebbe avvenuta mediante plurime compravendite di terreni, che il P. avrebbe ceduto agli imprenditori beneficiati, a prezzi maggiorati rispetto al valore reale dei beni. 2. L'indagato impugnava l'ordinanza cautelare dinanzi al Tribunale del riesame di Firenze, eccependo in primo luogo la lesione del diritto di difesa e, nel merito, contestava la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della misura. 3. Il tribunale del riesame accoglieva parzialmente il ricorso della difesa. In merito alla dedotta nullità conseguente al mancato rilascio di copia dei brogliacci e dei supporti contenenti le intercettazioni, l'ordinanza (pp. 54-56) riteneva l'insussistenza della lamentata lesione delle prerogative difensive, posto che il pubblico ministero aveva autorizzato l'ascolto delle intercettazioni, mentre risultava giustificato il diniego di ricevere copia delle stesse, atteso che la mole delle captazioni non consentiva di procedere alla trasposizione integrale, né la difesa aveva con precisione indicato quelle ritenute rilevanti. Nel merito, il tribunale del riesame ricostruiva l'intera complessa vicenda, segnalando come la consulenza, svolta dal geologo incaricato dal pubblico ministero, aveva dimostrato l'insussistenza dei presupposti di urgenza per procedere all'affidamento senza gara dei lavori, ricostruendo i plurimi collegamenti tra l'indagato e le imprese beneficiate dalle sue condotte, nonché l'esistenza di dichiarazioni accusatorie. Pur confermando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il tribunale del riesame applicava, in sostituzione degli arresti domiciliari, la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici. 4. Avverso la suddetta decisione, il P. ha proposto ricorso per cassazione formulando tre motivi. 4.1. Il ricorrente lamenta in primo luogo la lesione del diritto di difesa conseguente alla mancata messa a disposizione delle intercettazioni, nonostante i difensori avessero a più riprese sollecitato l'estrazione di copia, rappresentando la necessità dell'esame di tale mezzo di prova ai fini della proposizione del riesame. 4.2. Nel merito, si deduce che la motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sarebbe meramente apparente o, comunque, illogica, nella parte in cui si è desunta la prova dell'avvenuto pagamento della remunerazione per la corruzione dalla sproporzione tra il valore catastale dei terreni ed il prezzo effettivamente versato. Inoltre, si contestava la carenza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, sul presupposto che il Tribunale del riesame si sarebbe limitato a motivare le ragioni della sostituzione della misura degli arresti domiciliari, senza valutare la ricorrenza del presupposto applicativo della cautela. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è fondato, con conseguente assorbimento delle restanti questioni dedotte. 2. L'esame del motivo di ricorso concernente la mancata messa a disposizione degli atti relativi alle intercettazioni telefoniche richiede il sintetico richiamo delle richieste avanzate dalla difesa. I difensori dell'indagato, dopo aver verificato che presso l'ufficio del g.i.p. non erano stati depositati gli atti relativi alle intercettazioni poste a base della misura cautelare, richiedevano - con p.e.c. del 31 dicembre 2020 - che il pubblico ministero rilasciasse copia delle registrazioni o, quanto meno, delle trascrizioni sommarie, in quanto non rinvenute nel fascicolo rimesso al g.i.p. unitamente alla richiesta di misura cautelare, specificando l'urgenza di tale documentazione, necessaria ai fini della discussione del riesame (con udienza fissata per il 4 gennaio 2021). La richiesta non veniva accolta dal pubblico ministero sul presupposto che la mole di intercettazioni non consentiva il tempestivo rilascio delle copie richieste, invitandosi il difensore a specificare le conversazioni di interesse. 2.1. L'ordinanza impugnata, pur ricostruendo la dinamica processuale nei medesimi termini indicati dalla difesa (si veda pg.55), ha disatteso l'eccezione difensiva, affermando che il pubblico ministero aveva consentito l'ascolto delle intercettazioni e l'esame della documentazione, mentre la richiesta di copia non poteva essere accolta, stante l'impossibilità tecnica di provvedere in tempo utile rispetto all'udienza del riesame, anche in considerazione della mancata indicazione delle intercettazioni di interesse. 2.2. L'argomentazione recepita nell'ordinanza del riesame è contraddittoria, nella parte in cui, richiamando la richiesta del difensore, specifica che questi si era espressamente riferito alle sole intercettazioni indicate a sostegno della misura, per poi affermare che non sussiste, in fase cautelare, il diritto della difesa ad avere copia integrale delle intercettazioni. Invero, la specificazione delle intercettazioni richieste era formulata per relationem con riguardo a quelle utilizzate dal pubblico ministero. Fatta tale premessa, si ritiene che la conclusione cui è giunto il tribunale del riesame non sia conforme ai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza in materia. 2.3. La disciplina concernente i diritti difensivi conseguenti all'adozione della misura cautelare è chiaramente improntata all'esigenza di consentire la tempestiva ed incondizionata possibilità dell'indagato ad esaminare tutti gli atti che sono stati utilizzati dal pubblico ministero nell'avanzare la richiesta. In base al combinato disposto dell'art. 291 c.p.p., comma 1 e art. 293 c.p.p., comma 3, il pubblico ministero deve depositare presso la cancelleria del g.i.p. quanto meno le trascrizioni sommarie delle intercettazioni, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, ove devono rimanere a disposizione della difesa dopo l'adozione della misura. In tal modo si realizza, quindi, la selezione delle conversazioni rilevanti in fase cautelare, consentendo da un lato al pubblico ministero di non disvelare integralmente il materiale d'indagine, dall'altro di permettere alla difesa l'immediato acceso alle fonti di prova sulle quali si basa l'adozione della misura. Tale selezione, peraltro, è sostanzialmente un'anticipazione parziale di quella complessiva e tendenzialmente definitiva - che avviene nel momento del deposito delle intercettazioni telefoniche in sede di conclusione delle indagini preliminari. La compiuta regolamentazione della selezione e del deposito delle intercettazioni telefoniche in fase cautelare è strettamente funzionale al diritto dell'imputato ad estrarre copia delle trascrizioni sommarie, nonché a richiedere copia delle registrazioni ritenute rilevanti dalla pubblica accusa, come riconosciuto prima con gli interventi della Corte costituzionale (sent. n. 336 del 2008 e sent. n. 192 del 1997) e, successivamente, mediante la riformulazione dell'art. 293 c.p.p., comma 3, in occasione della recente riforma delle intercettazioni. Proprio in virtù di tali principi, concorde giurisprudenza riconosce che, a seguito dell'adozione della misura cautelare, il difensore ha diritto di esaminare ed estrarre copia dei verbali delle intercettazioni, nonché di ottenere la trasposizione delle intercettazioni su supporto idoneo. L'illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto o dall'ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi dell'art. 268 c.p.p., comma 4, l'accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei cosiddetti brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. c), in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che pur non inficiando il risultato probatorio, ne impedisce l'utilizzo in fase cautelare (in tal senso, Sez.U, n. 20300 del 22/4/2010, Lasala, Rv.246907; il principio è stato anche recentemente ribadito, tra le tante, da Sez.3, n. 10951 del 17/1/2019, Spada, Rv.275868; Sez.6, n. 32391 del 22/05/2019, Rugnetta, Rv. 276476). 2.4. A fronte del suddetto principio, non confutato in punto di diritto, il Tribunale del riesame ha escluso la rilevanza dell'omessa consegna delle copie richieste dalla difesa sul presupposto che la parte non avesse indicato le registrazioni rilevanti. Si afferma, infatti, che la difesa dell'indagato avrebbe dovuto provvedere all'ascolto del materiale registrato, successivamente operando la cernita delle conversazioni ritenuti utili a fini difensivi, il che avrebbe consentito di predisporre le copie richieste, aggiungendo che l'ascolto delle registrazioni avrebbe in ogni caso garantito il pieno esercizio del diritto di difesa. Si tratta di un'affermazione non condivisibile. Invero, la difesa dell'indagato si era limitata a richiedere copia delle registrazioni richiamate nella richiesta di misura cautelare e nella conseguente ordinanza, sicché la richiesta doveva ritenersi del tutto specifica, posto che l'art. 293 c.p.p., comma 3, non prevede affatto che la richiesta debba essere ulteriormente specificata mediante l'indicazione dei RIT di riferimento, tantomeno è necessario che la difesa indichi le ragioni per cui le intercettazioni sono necessarie. Nel caso di specie, la difesa dell'imputato aveva adempiuto all'onere di specificità, avendo precisato che richiedeva solo le intercettazioni che erano state utilizzate dal p.m. nella richiesta cautelare e che, quindi, dovevano ritenersi compiutamente individuabili sulla base di una mera operazione ricognitiva di tipo materiale. Ne' il diritto della parte può essere limitato adducendo - come nel caso in esame - la presunta impossibilità di predisporre in tempo utile la copia delle intercettazioni, in considerazione dell'elevato numero delle stesse. Invero, in fase cautelare è rimesso esclusivamente al pubblico ministero di procedere alla selezione delle intercettazioni rilevanti, con la conseguenza che ove questi adduca a sostegno della richiesta una molteplicità di conversazioni è suo onere predisporre, fin dal momento del deposito, adeguate cautele che permettano il tempestivo rilascio di copia alle difese degli interessati, in quanto le difficoltà organizzative legate alla consegna delle copie non possono ricadere a carico della difesa, già gravata del rispetto di termini estremamente ristretti per procedere all'impugnazione cautelare. E' pur vero che il pubblico ministero non è tenuto a trasmettere al g.i.p. e, successivamente, al tribunale del riesame le tracce foniche relative alle intercettazioni utilizzate (Sez.6, n. 22570 del 11/4/2017, Cassese, Rv.270036), ma ciò non esclude che, a seguito della richiesta della difesa, sorga l'obbligo di fornire tali dati al richiedente e, quindi, è onere dell'accusa predisporre quanto necessario per assolvere tempestivamente al suddetto obbligo di rilascio delle copie, non potendosi risolvere in danno della difesa l'inerzia dell'organo dell'accusa (in tale senso si veda, in motivazione, Sez.6, n. 50760 del 26/9/2017, Delli Castelli, Rv.271510; nonché Sez.4, n. 46478 del 21/10/2011, Saohi, Rv.251434). Deve conseguentemente affermarsi il principio secondo cui l'istanza difensiva volta ad ottenere copia delle sole intercettazioni indicate nella richiesta cautelare e nell'ordinanza è di per sé specifica e circoscritta, a nulla rilevando la circostanza che, in concreto, tali intercettazioni possano essere in numero più o meno elevato, essendo in ogni caso onere del pubblico ministero garantire il diritto della difesa ad ottenere tempestivamente copia degli atti. Il fatto che per una carenza organizzativa il pubblico ministero non sia, in concreto, in grado di provvedere a predisporre copia delle registrazioni non si può tradurre in una compressione del diritto di difesa, tanto più ove si consideri che - in fase cautelare - è rimesso esclusivamente al pubblico ministero di procedere alla effettiva selezione delle conversazioni rilevanti e, quindi, l'organo dell'accusa ben è a conoscenza, fin dalla fase della richiesta cautelare, della probabile necessità di dover consegnare copia delle intercettazioni utilizzate. 2.5. Una volta accertato che, nel caso di specie, il diritto di difesa è stato indebitamente compresso con la conseguente sussistenza di una nullità a regime intermedio, tempestivamente eccepita dinanzi al tribunale del riesame, occorre verificare le conseguenze invalidanti che ne derivano. In linea generale, deve escludersi la sussistenza di un'ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, posto che il mezzo di prova è stato correttamente acquisito, non essendo in alcun modo contestata l'assunzione in violazione di divieti stabiliti dalla legge, come richiesto dall'art. 191 c.p.p., tanto meno la ricorrenza di un caso di inutilizzabilità di cui all'art. 271 c.p.p.. Ferma restando l'utilizzabilità dibattimentale delle intercettazioni, è configurabile esclusivamente una nullità per violazione del diritto di difesa ex art. 178 c.p.p., lett. c), i cui effetti sono destinati ad operare nell'ambito del subprocedimento cautelare. In tal senso si è espressa la giurisprudenza, secondo cui in tema di riesame, l'illegittima compressione del diritto di difesa derivante dal rifiuto o dall'ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi dell'art. 268 c.p.p., comma 4, l'accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria e il rilascio di copia delle stesse, dà luogo, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), ad una nullità di ordine generale, a regime intermedio, nel procedimento di acquisizione della prova, con la conseguenza che le suddette trascrizioni di polizia non possono essere utilizzate come prova nel giudizio cautelare (da ultimo Sez. 3, n. 10951 del 17/1/2019, Spada, Rv. 275868). Secondo tale impostazione, quindi, l'invalidità riscontrata determinerebbe non già l'inutilizzabilità della prova ai sensi dell'art. 191 c.p.p., bensì la mera impossibilità di avvalersi di tale mezzo nell'ambito della fase cautelare in cui la nullità si è verificata. La richiamata sentenza, infatti, afferma che il termine "inutilizzabilità" non è impiegato in senso tecnico, ma allo scopo di designare le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla nullità che si è verificata nel subprocedimento di assunzione della prova nel giudizio de libertate, a seguito della produzione di brogliacci da parte del pubblico ministero e dell'inosservanza del diritto del difensore all'accesso all'audio e al rilascio copie, mentre nessun vizio inficia sia l'attività di ricerca della prova, cioè le intercettazioni, sia il risultato probatorio conseguito, ossia i dialoghi captati. Partendo da tale premessa, resta da verificare se la nullità in esame travolga la sola ordinanza adottata in sede di impugnazione, ovvero si estenda all'intero subprocedimento cautelare. Sul tema si registrano pronunce non del tutto allineate e frutto anche della diversa rilevanza assunta dalle intercettazioni nei diversi procedimenti esaminati. Secondo una soluzione recentemente emersa, l'omessa consegna da parte del pubblico ministero dei file audio delle registrazioni di conversazioni intercettate, utilizzate per l'emissione dell'ordinanza cautelare, determina l'inutilizzabilità a fini cautelari, sicché è stata annullata senza rinvio sia l'ordinanza del tribunale del riesame, sia quella custodiale del giudice per le indagini preliminari (Sez.6, n. 32391 del 22/05/2019, Rugnetta, Rv.276476). In quel caso, la Corte ha ritenuto che l'omessa consegna delle intercettazioni avesse determinato l'inutilizzabilità infra-procedimentale delle stesse, che determinava il venir meno del quadro indiziario essenzialmente basato proprio sulle captazioni. Si tratta di una conclusione che, evidentemente, risente della specificità del caso esaminato, ma che non pare espressione di un principio generale, valevole anche nei casi - quale quello in esame - in cui le intercettazioni costituiscono uno dei plurimi elementi indiziari. Si ritiene preferibile, infatti, circoscrivere gli effetti della nullità derivata dall'omesso rilascio di copia delle intercettazioni alla sola fase dell'impugnazione cautelare. A tale conclusione si giunge valorizzando il fatto stesso che il vizio in esame è qualificato quale nullità e, quindi, i suoi effetti non possono che travolgere i soli atti consequenziali e successivi, in virtù del principio dell'invalidità derivata dettato dall'art. 185 c.p.. Per le ragioni in precedenza esposte, infatti, l'omesso rilascio di copia delle intercettazioni non rende le stesse in assoluto inutilizzabili, bensì impone un divieto relativo di valutazione, circoscritto alla sola fase del riesame cautelare, dato che è quello il momento in cui la difesa subisce la lesione delle proprie prerogative. Ne consegue che il vizio travolge la pronuncia del tribunale del riesame, emessa valutando anche le intercettazioni, ma non determina alcun effetto invalidante retroattivo rispetto all'ordinanza cautelare genetica. E' del tutto evidente, infatti, che rispetto all'ordinanza cautelare, essendo emessa inaudita altera parte, non può porsi neppure in astratto un problema di lesione del diritto di difesa, proprio perché questo si riespande solo nella successiva fase impugnatoria, nella quale si instaura il contraddittorio tra le parti. Quanto detto, comporta che a fronte della rilevata nullità, l'ordinanza resa dal tribunale del riesame va annullata con rinvio, dovendosi procedere ad un nuovo giudizio nel quale non si potrà tener conto dei risultati delle intercettazioni. 3. Rimangono assorbiti nella pronuncia tutti i restanti motivi di ricorso concernenti l'apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari che, evidentemente, andranno rivalutati alla luce della mutata base probatoria esaminabile da parte del tribunale del riesame, al netto delle intercettazioni non valutabili in quella sede. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze competente ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 7. Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021. Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021
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