RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza ex art. 444 c.p.p. è stata applicata nei confronti di F.C.D. la pena sospesa di anni 2 di reclusione, riconosciute le attenuanti generiche e disposta la riduzione, unitamente alla sanzione accessoria della revoca della patente di guida, per il reato di cui all'art. 589-bis c.p., comma 5, n. 3, per avere cagionato la morte di S.B., in quanto, procedendo alla guida di un furgone, in una carreggiata unica a doppio senso, a velocità di 66 km/h, leggermente superiore a quella consentita (50 km/h), effettuava una manovra improvvida di inversione di marcia a sinistra in prossimità di un'intersezione, senza avvedersi del motociclo che sopravveniva, condotto dalla vittima, la quale decedeva a seguito dell'abbattimento al suolo e della quale, già nel capo di imputazione, così come in sentenza, si è prospettato il concorso di colpa.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, deducendo l'erronea qualificazione giuridica del fatto, in quanto è stata ritenuta sussistente l'aggravante di cui all'art. 589-bis c.p., comma 5, n. 3, in assenza di una congrua ed adeguata motivazione, con travisamento, peraltro, della prova in atti, visto che non si è tenuto conto delle indicazioni del consulente tecnico del P.M., secondo cui la manovra di svolta o inversione era consentita secondo le regole generali di prudenza. Il ricorrente ha, inoltre, prospettato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 589-bis e 590 quater c.p. e art. 222 C.d.S. per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., atteso che trattano in modo uguale soggetti che versano in situazione diverse, sottoponendo allo stesso trattamento sanzionatorio, anche in punto di sanzioni amministrative accessorie, ed allo stesso divieto di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti coloro la cui condotta è stata caratterizzata da assunzione di alcool e sostanze stupefacenti e coloro la cui condotta è stata caratterizzata da semplice imprudenza, negligenza, imperizia o violazione delle norme sulla circolazione stradale.
3. La Procura Generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
1.Il ricorso non può essere accolto.
2. Il primo motivo è inammissibile, atteso che, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, l'erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (v., da ultimo, Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018 Cc. - dep. 06/04/2018, Rv. 272619 - 01). Nel caso di specie, del resto, è stata denunciata non tanto l'erronea qualificazione giuridica del fatto, quanto la carenza di motivazione in ordine alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e della condotta dei soggetti coinvolti, nonostante, nel rito del patteggiamento, l'obbligo di motivazione sia limitato in considerazione della particolare natura giuridica della sentenza, il cui sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all'esistenza dell'atto negoziale con cui l'imputato dispensa l'accusa dall'onere di provare i fatti dedotti nell'imputazione.
3. Le questioni di legittimità costituzionale prospettate appaiono manifestamente infondate.
Difatti, sia l'esclusione dell'equivalenza o prevalenza delle attenuanti, diverse da quelle di cui agli artt. 98 e 114 c.p., sulle specifiche aggravanti di cui all'art. 589-bis c.p., commi 2, 3, 4, 5 e 6, art. 589-ter c.p., art. 590-bis c.p., commi 2, 3, 4, 5 e 6, art. 590-ter, stabilita dall'art. 590-quater c.p., sia la previsione dell'automaticità della sanzione amministrativa accessoria della patente in tutte le ipotesi di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime, successive all'entrata in vigore della nuova disciplina, sono regole che rientrano nel legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore, che si estrinseca in una tutela rafforzata dell'incolumità personale nell'ambito della circolazione stradale, e non comportano alcuna violazione degli artt. 3 e 27 Cost..
Per quanto concerne il principio di uguaglianza, da un lato, la diversa gravità delle condotte può essere recuperata in sede di quantificazione della pena base tra il minimo ed il massimo edittale e, dall'altro lato, le situazioni de quibus presentano, comunque, un elemento comune che ne consente il trattamento uniforme sotto i profili sanzionatori (più precisamente il danno gravissimo alla persona derivato dalla condotta - nel caso di cui all'art. 589-bis c.p. consistente addirittura nella morte), in quanto prevalente rispetto alle differenze concernenti la specifica regola cautelare violata. A ciò si aggiunga che le aggravanti previste dall'art. 589-bis c.p., comma 4, sanzionano una serie di violazioni delle regole cautelari relative alla circolazione stradale tutte di particolare gravità, che ingenerano un pericolo di intensissima
gravità per la circolazione stradale e che si presentano, pertanto, di livello del tutto analogo alla guida in stato di ebbrezza o di alterazione da sostanze stupefacenti, che, in astratto, potrebbe anche determinare situazioni meno rischiose.
Nè dalla regola di bilanciamento di cui all'art. 590-quater c.p. o dall'automaticità della sanzione amministrativa di cui all'art. 222 C.d.S. discende alcuna compromissione della funzione rieducativa della pena, che può essere realizzata anche laddove siano previste alcune regole peculiari nella quantificazione della pena o alcune sanzioni automatiche rispondenti a particolari finalità preventive.
2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi ragioni di esonero, della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, liquidata come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale e inammissibile il ricorso nel resto. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2019