IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza resa in data 4 giugno 2019 il Tribunale di Padova - quale giudice della esecuzione - ha respinto l'istanza introdotta da G.G., tesa ad ottenere la rideterminazione della sanzione amministrativa accessoria (revoca della patente di guida) di cui alla sentenza emessa in cognizione in data 11 dicembre 2018.
1.1 In fatto, va premesso che la decisione emessa in cognizione risulta essere di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.) in relazione al reato di cui all'art. 590 bis c.p., comma 1 (lesioni personali colpose, gravi o gravissime, commesse tramite violazione delle norme del codice della strada).
La domanda di rideterminazione riguarda la revoca della patente di guida (disposta in sentenza) ed è posta dalla parte privata in riferimento a quanto deciso dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 88 del 19 febbraio 2019 (posteriore al giudicato).
In particolare, con tale sentenza la Corte Costituzionale ha stabilito che lì dove non ricorrano le circostanze aggravanti di cui all'art, 589 bis, comma 2 e 3, art. 590 bis, comma 2 e 3, il giudice può disporre - in alternativa alla revoca della patente la sospensione.
1.2 Nel valutare la domanda, il Tribunale di Padova evidenzia, in sintesi, che:
a) la natura giuridica della revoca della patente è quella di sanzione amministrativa in senso stretto, trattandosi di misura che non persegue finalità repressiva o afflittiva;
b) lì dove le decisioni della Corte Costituzionale incidano su sanzioni amministrative (anche lì dove si trattasse di sanzioni sostanzialmente penali) è la stessa Corte Costituzionale - nella sentenza numero 43 del 2017 - ad aver escluso la possibilità di rivisitazione del giudicato.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - G.G., deducendo erronea applicazione della disposizione di legge di cui alla L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 4 e carenza di motivazione.
Dopo aver riepilogato i fatti, il ricorrente evidenzia che la risposta - negativa fornita dal giudice della esecuzione si basa esclusivamente sui contenuti di Corte Cost. n. 43 del 2017, lì dove andava analizzata la specifica decisione del giudice delle leggi (88 del 20/19) relativa al sistema della revoca o sospensione della patente di guida. Si ribadisce che, in tesi, la revoca del titolo abilitativo alla guida con inibizione per cinque anni ad un nuovo rilascio - ha natura penale per la sua marcata afflittività, con scopo preventivo ma anche punitivo. Andava pertanto ritenuta applicabile la disposizione di legge di cui alla L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 4, non ostandovi il passaggio in giudicato della sentenza.
3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.
3.1 Va ricordato, in premessa, che ai sensi della L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 4 quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali. Da ciò deriva che il primo tema della decisione è rappresentato dalla soluzione del punto in diritto relativo alla attribuzione, o meno, alla revoca della patente di guida, come disciplinata dall'art. 222 C.d.S. (D.Lgs. n. 285 del 1992 e succ. mod.), di "effetto penale" della condanna, ferma restando la qualificazione nominalistica di "sanzione amministrativa accessoria".
A tal fine, possono ritenersi utilizzabili i noti parametri Engel, tratti dalla sedimentata giurisprudenza di Strasburgo, per cui la sanzione può essere definita penale - al di là del nomen attribuito dal legislatore interno - in rapporto all'analisi concreta delle finalità perseguite e del grado di affilittività, nel senso che lì dove risulti prevalente la finalità punitiva (rispetto a quella preventiva) o lì dove risulti particolarmente elevato il grado di afflittività, la misura in questione va attratta nel cono delle garanzie penalistiche.
3.2 Ora, circa tale preliminare aspetto, il Collegio osserva che - ferma restando la ineliminabile componente afflittiva correlata all'effetto inibitorio allo svolgimento di una attività - dall'analisi del testo di legge e dagli stessi contenuti della decisione Corte Cost. n. 88 del 2019 emerge tanto la prevalente finalità preventiva della revoca della patente che la temporaneità del divieto di conseguire nuovo titolo, aspetti che portano ad escludere la possibile attribuzione a tale misura della etichetta di sanzione penale.
Ed invero, lo stesso giudice delle leggi, nel censurare la disposizione introdotta con L. n. 41 del 2016 in tema di revoca della patente (per tutte le ipotesi previste dagli artt. 589 bis e 590 bis c.p.), definisce sempre la revoca quale sanzione amministrativa accessoria e ne evidenzia l'irragionevole automatismo (oggetto, appunto, della declaratoria di illegittimità costituzionale) in presenza di condotte illecite, cui accede, diverse da loro per manifestazione di pericolosità concreta.
Da qui la violazione del parametro della "ragionevolezza intrinseca" con mantenimento della revoca obbligatoria nei soli casi in cui le condotte di reato siano state commesse in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Non vi è pertanto alcuna attrazione in ambito penale del tema della revoca della patente di guida - in detta decisione - quanto l'applicazione di un canone di ragionevolezza (art. 3 Cost.), con attribuzione al giudice della cognizione di una facoltà di scelta (tra sospensione e revoca) nelle ipotesi non aggravate.
Ciò porta ad escludere che la rimozione di tale automatismo - tra sospensione e revoca - possa avere l'effetto di ridiscussione del giudicato oggetto della richiesta dell'attuale ricorrente, anche in ragione delle caratteristiche obiettive della misura di cui si parla. La sanzione amministrativa, cui non sia attribuita natura sostanzialmente penale, è infatti pacificamente esclusa dall'ambito applicativo della previsione di legge di cui alla L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 4.
3.3 Va precisato, altresì, che la revoca è concepita dal legislatore come misura inibitoria correlata all'avvenuta manifestazione di pericolosità del soggetto autore dell'illecito penale, dunque essenzialmente quale misura di prevenzione, atteso che la inibizione alla guida assicura la collettività dalla possibile reiterazione del comportamento pericoloso, con estraneità funzionale agli aspetti meramente afflittivi della pena.
Nel suo risvolto temporale, la inibizione derivante dalla revoca non è, peraltro, indefinita, posto che - nell'ipotesi ordinaria - dopo cinque anni è possibile ottenere nuovo titolo abilitativo (art. 222, comma 3ter).
Tale aspetto, ad avviso del Collegio, rappresenta ulteriore conferma dell'assenza di profili di afflittività concreta di entità tale da determinare qualificazioni diverse rispetto a quella nominalistica.
Da quanto sinora affermato deriva il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020