RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di Lucca del 3 maggio 2016, con la quale è stata affermata la responsabilità di S.S. per il reato di cui all'art. 593 c.p., commi 1 e 2, in concorso con L.M. e B.V., separatamente giudicate, oltre statuizioni accessorie.
1.1. I fatti riguardano la morte di P.F., constatata dai sanitari del 118 alle ore (OMISSIS), località (OMISSIS), dove l'equipe era stata indirizzata in seguito alla segnalazione, alle ore (OMISSIS), di un anonimo. Già alle ore (OMISSIS), il passante C.D. - che ne avrebbe dato successivamente notizia alla polizia giudiziaria, appena rincasato, in quanto sprovvisto di cellulare aveva notato fermarsi presso il belvedere un'automobile, dalla quale erano scesi tre giovani che avevano trasportato l'uomo, adagiandolo in terra vicino alla panchina dove sarebbe stato rinvenuto.
Gli accertamenti medico-legali eseguiti avevano ricondotto il decesso per arresto cardiocircolatorio del P. ad una congestione poliviscerale conseguente ad assunzione, per via endovenosa, di brupopione, sostanza farmacologica antidepressiva che, in relazione alle modalità di assunzione, dispiega effetto stupefacente (tanto da essere nota come "cocaina dei poveri") e che, all'esito dell'autopsia, risultava presente nel sangue della vittima nella concentrazione di 475 nanomilligrammi/millilitro.
Le indagini avevano consentito di ricostruire l'identità dei protagonisti della vicenda, maturata nell'ambito di un programmato consumo di gruppo tra P.F. e l'amico S.S., la fidanzata di quest'ultimo, B.V., e L.M.; la sequenza ed i tempi delle condotte antecedenti; l'inoculazione della sostanza al P. praticata dal S., presso l'abitazione in suo uso, dopo le (OMISSIS), ora nella quale il medesimo aveva acquistato delle siringhe in una farmacia del luogo, dotata di impianto di videoregistrazione.
1.2. Il Tribunale di Lucca ha affermato la responsabilità di S.S. - all'esito della valutazione delle conclusioni del consulente tecnico del Pubblico Ministero e delle prove orali e documentali - per il reato di omissione di soccorso, aggravato dalla morte della persona offesa, in considerazione del lasso temporale intercorso tra l'insorgenza di una evidente condizione patologica del P., manifestatasi nell'immediatezza dell'inoculazione del brupopione, e la richiesta di soccorsi, formulata dal telefono cellulare di L.M. solo alle (OMISSIS), successivamente all'abbandono del medesimo P. in luogo pubblico.
1.3. La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca valorizzando, da un lato, la natura di reato di pericolo del delitto per cui si procede e, dall'altro, respingendo l'ipotesi causale alternativa prospettata dalla difesa, intesa ad accreditare un immediato decesso determinato da shock anafilattico conseguente ad agopuntura.
2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l'imputato, per il tramite del difensore, Avv. Massimo Neri, articolando tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione della legge processuale, sub specie di mancanza della motivazione, in riferimento al nesso eziologico tra l'assunzione di bupropione e il decesso.
Oltre ad avere operato una impropria equiparazione tra i concetti di "tossico" e "letale", la Corte territoriale ha - nella prospettiva del ricorrente omesso di affrontare e risolvere le specifiche doglianze rassegnate sul punto con l'atto d'appello, che avevano contrastato le conclusioni medico-legali poste a fondamento della affermazione di responsabilità attraverso una verifica casistica e secondo la letteratura scientifica sul tema, richiamando acriticamente la sentenza di primo grado.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, analoga censura in relazione al rapporto di causalità tra omissione di soccorso e decesso.
Anche al riguardo, la Corte d'appello ha trascurato i rilievi difensivi, volti ad introdurre l'immediatezza del decesso rispetto all'assunzione della sostanza, con conseguente inidoneità di un più tempestivo intervento di soccorso a scongiurare l'exitus, risultando sul punto del tutto disatteso lo scrutinio delle valutazioni tecniche a discarico.
2.3 Con il terzo motivo, denuncia vizio della motivazione per travisamento della prova riguardo la valutazione delle deposizioni delle coimputate L. e B., promiscuamente valutate a fini di corroborazione della tempistica e contraddittoriamente utilizzate rispetto alla valutazione di attendibilità.
Risulta, in particolare, travisata la convergenza delle rispettive ricostruzioni in relazione alle condizioni del P. tanto nell'immediatezza dell'inoculazione che durante il trasporto del medesimo, oltre che sullo snodo essenziale inerente all'assunzione della stessa sostanza da parte dei tre coimputati; circostanze sulle quali le fonti dichiarative non convergono e delle quali risulta, invece, operata una inammissibile valutazione frazionata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. Le censure svolte dal ricorrente nei primi due motivi di ricorso investono, unitariamente considerate, l'accertamento del nesso di causalità tra l'omissione contestata al S. e l'exitus del P. ed il difetto di motivazione riguardo alle argomentazioni svolte sul punto nell'atto d'appello.
1.1. Accertato - ed incontestato - che la richiesta di soccorso fu effettuata solo alle ore (OMISSIS), e dunque ad oltre due ore dall'assunzione della sostanza rinvenuta, nella concentrazione di 475 nanomilligrammi/millilitro, nel sangue del P., e dopo che questi fu abbandonato in luogo pubblico, il ricorrente aveva ampiamente argomentato, nell'atto di gravame, riguardo alla plausibilità di un determinismo causale alternativo, riferibile a shock da agopuntura e di portata tale da rendere sostanzialmente inutili i soccorsi, sostenendo la sopravvenienza di una serie eziologica autonoma, capace di per sè sola di determinare l'evento letale, mediante il richiamo alle conclusioni rassegnate dai consulenti di parte e alla stregua della prospettata contestuale ed innocua assunzione della medesima sostanza da parte di tutti i partecipi.
Siffatto profilo di censura introduce alla contestazione dell'aggravante di cui all'art. 593 c.p., comma 3, ritenuta dal giudice di primo grado e - nella prospettazione del ricorrente - apoditticamente riaffermata dalla Corte territoriale, nonostante la latitudine delle deduzioni articolate al riguardo.
1.2. Le argomentazioni critiche rassegnate nel gravame sono state respinte dalla Corte territoriale mediante il richiamo del principio di diritto secondo cui "il delitto di omissione di soccorso sussiste, sotto il profilo dell'omesso avviso all'autorità, anche se si accerti che l'assistenza sarebbe stata impossibile o inutile, mentre esso è escluso solo se la persona da assistere sia già morta", valorizzando la natura di reato di pericolo della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 593 c.p. e ritenendo, pertanto, inconducenti i rilievi svolti in relazione al decorso causale che ha determinato l'exitus del P..
2. Siffatta statuizione integra il vizio di violazione di legge dedotto con il ricorso di legittimità.
2.1. in riferimento alla natura giuridica del delitto di omissione di soccorso, questa Corte ha affermato come il reato previsto dall'art. 593 c.p., comma 2, in quanto reato di pericolo solo eventualmente aggravato ai sensi del predetto art., u.c., sussiste, sotto il profilo dell'omesso avviso all'autorità, anche se si accerti che l'assistenza sarebbe stata impossibile o inutile, ed è escluso, sotto il profilo dell'omissione di soccorso, soltanto se la persona da assistere era già morta (Sez. 1, n. 12342 del 05/07/1978, Alfarano, Rv. 140184).
Tale ricostruzione sistematica è stata costantemente ribadita (Sez. 5, n. 18840 del 13/02/2013, Rv. 256245, n. 15194 del 1990, n. 29891 del 2008 Rv. 240437), in linea con l'impostazione dottrinaria che, facendo leva sulla natura di reato di pericolo della fattispecie non aggravata, prescinde coerentemente dall'accertamento del fattore causale, ritenendo penalmente rilevante l'omissione quale che sia l'origine dello stato patologico della persona offesa ed il grado di incidenza del soccorso rispetto all'evento letale.
Nella delineata prospettiva, il reato - proprio - di omissione di soccorso è integrato dalla inosservanza dell'obbligo di immediato avviso all'autorità, fondato sul dovere di solidarietà sociale finalizzato alla tutela della salute e della vita, in presenza di una evidente situazione di pericolo che rende necessario il soccorso e che è, pertanto, esclusa solo ove la persona offesa sia già deceduta.
1.2. Le argomentazioni critiche rassegnate nel gravame sono state respinte dalla Corte territoriale mediante il richiamo del principio di diritto secondo cui "il delitto di omissione di soccorso sussiste, sotto il profilo dell'omesso avviso all'autorità, anche se si accerti che l'assistenza sarebbe stata impossibile o inutile, mentre esso è escluso solo se la persona da assistere sia già morta", valorizzando la natura di reato di pericolo della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 593 c.p. e ritenendo, pertanto, inconducenti i rilievi svolti in relazione al decorso causale che ha determinato l'exitus del P..
2. Siffatta statuizione integra il vizio di violazione di legge dedotto con il ricorso di legittimità.
2.1. In riferimento alla natura giuridica del delitto di omissione di soccorso, questa Corte ha affermato come il reato previsto dall'art. 593 c.p., comma 2, in quanto reato di pericolo solo eventualmente aggravato ai sensi del predetto art., u.c., sussiste, sotto il profilo dell'omesso avviso all'autorità, anche se si accerti che l'assistenza sarebbe stata impossibile o inutile, ed è escluso, sotto il profilo dell'omissione di soccorso, soltanto se la persona da assistere era già morta (Sez. 1, n. 12342 del 05/07/1978, Alfarano, Rv. 140184).
Tale ricostruzione sistematica è stata costantemente ribadita (Sez. 5, n. 18840 del 13/02/2013, Rv. 256245, n. 15194 del 1990, n. 29891 del 2008 Rv. 240437), in linea con l'impostazione dottrinaria che, facendo leva sulla natura di reato di pericolo della fattispecie non aggravata, prescinde coerentemente dall'accertamento del fattore causale, ritenendo penalmente rilevante l'omissione quale che sia l'origine dello stato patologico della persona offesa ed il grado di incidenza del soccorso rispetto all'evento letale.
Nella delineata prospettiva, il reato - proprio - di omissione di soccorso è integrato dalla inosservanza dell'obbligo di immediato avviso all'autorità, fondato sul dovere di solidarietà sociale finalizzato alla tutela della salute e della vita, in presenza di una evidente situazione di pericolo che rende necessario il soccorso e che è, pertanto, esclusa solo ove la persona offesa sia già deceduta.
2.2. Del tutto diversa è, invece, la natura giuridica del reato aggravato dall'evento previsto dall'art. 593 c.p., comma 3.
In tema di responsabilità per l'evento aggravante non voluto, invero, la norma incriminatrice richiamata delinea un reato omissivo improprio di danno, posto a carico dell'agente in virtù della derivazione causale dell'evento morte dalla colpevole condotta inosservante dell'obbligo di avviso e di soccorso.
In altri termini, la fattispecie in disamina si caratterizza per la previsione di un evento di danno, consistente nella morte della persona in pericolo, che attualizza e concretizza il rischio declinato dall'art. 593 c.p., comma 2, modellando il reato aggravato come omissivo improprio.
Donde la necessità della positiva dimostrazione della riconducibilità dell'evento alla colposa omissione dell'agente, che involge necessariamente l'accertamento del fattore eziologico causativo dell'exitus.
Secondo le coordinate ermeneutiche tracciate da questa Corte, autorevolmente compendiate nei principi enunciati dalle Sezioni Unite (n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138) e dalla unanime giurisprudenza successiva, siffatta verifica del nesso eziologico deve essere condotta alla stregua di un giudizio prognostico a base totale, in quanto nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicchè esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo, ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. In particolare, è stato ribadito (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn, Rv. 261103) come il giudizio di alta probabilità logica debba essere fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo, elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto, alla stregua di una verifica controfattuale intesa a dimostrare se, valutate le circostanze concrete, l'evento si sarebbe comunque verificato in conseguenza dell'omissione.
Deve essere, pertanto, affermato il principio di diritto secondo il quale mentre il delitto di omissione di soccorso sussiste, sotto il profilo dell'omesso avviso all'autorità, anche ove si accerti che l'assistenza sarebbe stata impossibile o inutile e deve escludersi solo se la persona da assistere sia già deceduta - per l'applicazione dell'art. 593 c.p., comma 3, è necessario accertare il nesso causale tra omissione ed evento, alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, per cui la fattispecie è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo, ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.
Pertanto, nel caso in esame, l'indagine riguardo al fattore causale del decesso e l'incidenza dell'omissione sull'evento aggravante non voluto, in termini di concretizzazione del rischio letale, assume rilievo decisivo ai fini dell'affermazione di responsabilità per il reato aggravato in contestazione.
3. Con siffatti principi la Corte d'appello di Firenze non si è confrontata.
3.1. A fronte della ricostruzione alternativa proposta dall'appellante, incentrata sulla critica del nesso eziologico tra omissione ed evento che come rilevato - costituisce l'asse portante dell'imputazione aggravata elevata a carico del S., la Corte territoriale si è limitata ad evocare impropriamente la natura di reato di pericolo, invece pertinente all'ipotesi non aggravata del delitto per cui si procede, sostanzialmente abdicando attraverso il richiamo della motivazione della sentenza di primo grado - alla verifica della portata demolitoria delle deduzioni rassegnate nell'atto d'appello.
In tal senso, la Corte territoriale è venuta meno all'obbligo di valutazione e scrutinio delle articolate critiche rivolte, in punto di sussistenza della fattispecie aggravata, alla sentenza di primo grado in quanto, in presenza di un atto di appello non inammissibile per carenza di specificità, il giudice di secondo grado non può limitarsi al mero e tralaticio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, poichè anche laddove l'atto di appello riproponga questioni già di fatto dedotte e decise in primo grado, egli ha l'obbligo di motivare, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente, in modo puntuale e analitico su ogni punto a lui devoluto (Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Di Schiena, Rv. 274719 - 02).
Alla stregua dei recenti interventi normativi, maturati nel solco dei principi già elaborati da questa Corte (Sez. Un. Galtelli, n. 8825 del 2017), si delinea, invero, la costruzione di un modello legale di motivazione della sentenza di secondo grado che si raccorda con la specificità dei motivi di impugnazione, in termini di diretta proporzionalità dell'apparato giustificativo rispetto alla precisione ed alla portata delle censure, tanto da ostendere la formulazione di una valutazione critica delle medesime e le ragioni, autonomamente apprezzate, della loro reiezione.
Di guisa che viene a valorizzarsi l'intima correlazione tra struttura della motivazione della sentenza di secondo grado e forma dell'atto di impugnazione: la sentenza, difatti, deve esplicitare il vaglio critico dei motivi di censura, contrastandone la portata demolitoria con altrettanta precisione e compiutezza, attraverso la prospettazione della ricostruzione in fatto e delle ragioni di diritto che ne abbiano determinato la valutazione di infondatezza.
Del resto, in tema di adeguatezza dell'apparato giustificativo della decisione di secondo grado, già la giurisprudenza di questa Corte si è consolidata nel senso che è affetta da nullità per difetto di motivazione la sentenza di appello che, a fronte di motivi specifici di impugnazione con cui si propongono argomentate critiche alla ricostruzione del giudice di primo grado, si limiti a "ripetere" la motivazione di condanna senza rispondere a ciascuna delle contestazioni adeguatamente mosse dalla difesa con l'atto di appello (per tutte: Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, Floresta, Rv. 271700), a meno che ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Currò, Rv. 275500) attraverso una trama argomentativa che espliciti la riconsiderazione dei punti della sentenza impugnata, attinti dalle censure dell'appellante, respingendone la portata con rinnovata ed adeguata plausibilità.
3.2. E siffatta verifica s'appalesa, nel caso di specie, tanto più necessaria in quanto in tema di reato colposo omissivo improprio, l'insufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell'omissione dell'agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo comportano l'esito assolutorio del giudizio (ibidem Sez. U, n. 30328 del 2002, Rv. 222139), con conseguente necessità di adeguato scrutinio delle relative censure.
4. Alla stregua delle rassegnate argomentazioni - che assorbono, senza precluderle, le ulteriori censure formulate nel terzo motivo - la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice d'appello perchè, in piena libertà di giudizio ma facendo corretta applicazione degli enunciati principi - proceda a nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante ex art. 593 c.p., comma 3, e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Firenze. Dichiara irrevocabile l'accertamento della responsabilità in ordine alla omissione di soccorso.
Così deciso in Roma, il 23 agosto 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2019