RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato C.N. per omissione di soccorso (art. 593 c.p.).
Secondo quanto si legge in sentenza l'imputato - che viaggiava, come trasportato, a bordo dell'auto guidata da O.A.I. - omise di dare avviso all'Autorità dopo che l'auto su cui viaggiava aveva investito R.A., il quale, in sella a una bicicletta, stava attraversando un incrocio mentre il semaforo proiettava, nella sua direzione di marcia, luce verde.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato lamentando, con un primo motivo, la violazione dell'art. 603 c.p.p., comma 2, art. 495 c.p.p., commi 1 e 2, art. 190 c.p.p. per essere stata rigettata, dal giudice d'appello, la richiesta di rinnovazione istruttoria con l'acquisizione di documentazione comprovante l'impossibilità, per C., di dare avviso all'Autorità, stante il fatto che il telefono cellulare da lui posseduto si era deteriorato nell'incidente.
Con altro motivo lamenta l'erronea applicazione dell'art. 593 e un vizio di motivazione concernente il giudizio di responsabilità, per non essere stata data risposta a rilievi decisivi contenuti nell'atto di impugnazione, laddove era stato dedotto: a) che C. "non aveva trovato" il corpo di R., ma aveva avuto solo notizia dell'incidente dagli altri occupanti del veicolo, non essendosi accorto dell'investimento perché - seduto sul sedile posteriore - era occupato a messaggiare con la fidanzata; b) che altri testimoni oculari dell'incidente avevano attivato i servizi di emergenza, sicché non sussisteva la situazione di pericolo che imponeva l'attivazione dell'imputato; c) che era mancato, in tutti gli occupanti della vettura, il dolo di omissione; che C., anzi, aveva suggerito ai compagni di "tornare indietro tutti insieme".
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, stante l'eccezionalità della rinnovazione dell'istruttoria in appello, a cui deve procedersi solo laddove sia impossibile decidere sulla base degli elementi disponibili; e tale valutazione, riservata al giudice di merito, non è censurabile in cassazione se non a fronte della manifesta illogicità della motivazione con cui è stata rigettata la relativa richiesta. Nella specie, la ricchezza degli elementi valorizzati per il giudizio di responsabilità rende pienamente ragione della decisione di rigetto, atteso che dagli stessi emerge - per quanto si dirà - la piena adeguatezza del compendio probatorio acquisito in primo grado e disponibile al giudice d'appello. Tanto a prescindere dalla decisività della prova nuova, motivatamente esclusa dal giudicante sul rilievo che altri mezzi - oltre al telefono cellulare - erano nella disponibilità dell'imputato; mezzi con i quali gli era possibile far fronte all'obbligo di legge.
2. Il secondo motivo contiene censure in parte infondate e in parte inammissibili. Sono inammissibili, perché meramente ripetitive di quelle sottoposte al vaglio del giudice d'appello e da questi motivatamente disattese, le censure concernenti la prova del fatto e dell'elemento soggettivo. Contrariamente all'assunto del ricorrente, la Corte d'appello ha ampiamente valutato le difese dell'appellante, rilevando l'inverosimiglianza della tesi difensiva, atteso che la violenza dell'impatto dell'autovettura col ciclista - fino al punto che ne risultò infranto il parabrezza - non poteva non essere avvertita dal passeggero dell'auto, anche se seduto sul sedile posteriore, e atteso che niente consentiva di riferire l'impatto al terzo trasportato. Tanto a prescindere dal fatto che l'auto investitrice si fermò a poca distanza dal sinistro e tutti discussero dell'accaduto, prendendo la decisione correttamente imputata agli occupanti. Anche la motivazione sull'elemento soggettivo è priva, quindi, di qualunque lacuna o inconcongruenza.
Infondata, invece, è l'interpretazione dell'art. 593 c.p. da parte della difesa, giacché il reato di omissione di soccorso in caso di investimento non sussiste allorché l'investito non riporti alcuna lesione o quando la necessaria assistenza sia stata prestata da altri ovvero l'investitore ne deleghi ad altri il compito. Poiché, però, tali fatti devono essere accertati prima che l'investitore si allontani dal luogo dello incidente, il reato è configurabile tutte le volte che questi non si fermi e si dia alla fuga, a nulla rilevando che in concreto l'assistenza sia stata prestata da altri, se l'investitore ignori la circostanza perché fuggito (Cass. n. 4380 del 2/12/1994, rv 201501-01). Nella specie, la sentenza spiega che l'auto investitrice proseguì - dopo l'impatto - imperterrita nella fuga, sicché nessuno degli occupanti pote' rendersi conto del fatto che altri avevano attivato i soccorsi (anzi, secondo il ricorrente, C. non s'era nemmeno accorto del sinistro, per cui certamente non pote' aver pensato che il malcapitato fosse stato soccorso da altri). Tanto senza considerare che l'abbandono di un corpo inerte sulla strada esponeva R.A. al rischio di essere ulteriormente investito da altri veicoli, sicché nemmeno l'attivazione - a distanza - dei soccorsi avrebbe esonerato C. e compagni da responsabilità per il reato contestato. Appare perfettamente calzante al caso di specie, invero, la risalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui integra il reato di omissione di soccorso (art. 593 c.p.) la condotta dell'automobilista che, imbattutosi in un incidente stradale, si allontani da tale luogo dopo essersi fermato ed avere avvisato telefonicamente la competente autorità di polizia, in quanto, ai fini della prestazione della "assistenza occorrente" di cui all'art. 593 c.p., comma 2, non è sufficiente contattare la polizia e le autorità sanitarie, ma occorre anche presidiare il luogo dell'incidente allo scopo di adottare tutte le cautele necessarie a limitare il danno riportato dalla vittima, in primis a scongiurare la sua esposizione al pericolo di essere investito ulteriormente da parte di altre vetture (cass., n. 3397 del 14/12/2004, rv 231409-01).
Consegue a tanto che il ricorso, proposto per motivi in parte infondati e in parte inammissibili, va rigettato. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2021