Tribunale Napoli sez. I, 06/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 06/11/2018), n.10403
La prosecuzione di lavori abusivi su un manufatto sottoposto a sequestro integra una nuova violazione dell'art. 44 lett. b) del D.P.R. n. 380/2001, configurando un reato permanente. Il custode giudiziario dell'opera abusiva, che prosegua i lavori in violazione dei sigilli, risponde del delitto di violazione ex art. 349 c.p., il quale include l'abuso dei poteri inerenti al ruolo. La sospensione condizionale della pena può essere subordinata alla demolizione del manufatto abusivo entro un termine specifico, quale misura atta a garantire il ripristino della legalità.
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli P.N. è stata citata in giudizio per rispondere dei reati riportati nella rubrica del presente provvedimento.
All'udienza del 5 ottobre 2015 su richiesta della difesa per valutare la scelta di un rito alternativo il giudice, sospendendo i termini di prescrizione del reato, rinviava il processo fino al 17 ottobre 2016.
All'udienza del 17.10.2016, preliminarmente l'imputata formulava - tramite il difensore e procuratore speciale - formulava richiesta di giudizio abbreviato allo stato degli atti.
Il Giudice disponeva l'acquisizione del fascicolo del P.M. agli atti del dibattimento, ammettendo la richiesta e rinviava per la discussione.
All'odierna udienza, mutato il giudice persona fisica designato alla trattazione, il giudice invitata le parti a formulare le loro conclusioni.
Le parti concludevano come in epigrafe ed il G.M. dava lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.
L'istruttoria dibattimentale evidenzia la penale responsabilità dell'imputata con riferiménto ai reati a lei ascritti ai capi a), b), c), d).
Le prove su cui si fonda la presente decisione sono costituite dai verbali comunicazione di notizia di reato e di sequestro preventivo del 24.6.13 e del 10.10.2013 redatti dalla polizia municipale di Napoli con l'allegata documentazione fotografica e dalle ordinanze di sospensione dei lavori emesse dal Genio Civile. Deve ritenersi attendibile il contenuto dei verbali redatti dalla polizia municipale, in assenza di ogni elemento di senso contrario, trattandosi di atti provenienti da pubblici ufficiali (agenti di polizia municipale) che hanno deposto su fatti dell'ufficio in modo chiaro, preciso, logicamente coerente e sostanzialmente conforme senza che siano emersi motivi di rancore o pregiudizio nei confronti dei prevenuti.
Orbene in base alle prove prima richiamate risulta che l'imputata proprietaria dell'appartamento sito in Napoli alla Via P.L.C. aveva ampliato lo sporto del balcone di mt 10,00 per mt 0,50 di profondità; per vano vv.c. rifinito ed arredato delle dimensioni di mt 2,75 x 1,50 di larghezza con un'altezza di mt 3,00 con copertura di lamiere coibentate, che ricoprono una superficie totale di 10,00 x 1,50, opere sequestrate in data 24.6.13. In data 10.10.2013 la polizia municipale si era recata presso l'appartamento per notificare il provvedimento di dissequestro ed aveva constatato che i lavori abusivi erano proseguiti in violazione dei sigilli precedentemente apposti, in particolare la P.N. aveva ultimato il w.c. creato sul balcone, con rifiniture. La P.N. non erano in grado di esibire alcun permesso di costruire che la legittimasse alla realizzazione dei lavori neppure avevano presentato denuncia al Genio Civile nonostante il manufatto fosse stato costruito in zona notoriamente sismica.
In data 25.6.2013 P.P. dichiarava spontaneamente di essere amica della P.N. e che le opere abusive era preesistenti.
Si tratta di dichiarazioni del tutto generiche che non sono in grado né di datare con esattezza l'epoca delle opere né di smentire quanto accertato ed in particolare la circostanza che dopo il sequestro la P.N. ultimava le opere ed il vano vv.c., circostanza queste che induce a ritenere che le opere fossero iniziate proprio a ridosso del giugno 2013.
Durante il processo - all'udienza del 10.10.16 - l'imputata ha reso dichiarazioni spontanee affermando di aver realizzato il vano w.c. per ragioni igieniche avendo cinque figli.
Alla luce delle prove sopra illustrate deve ritenersi dimostrato che l'imputata abbia commissionato le opere abusive contestate ed invero la polizia municipale ria accertato che era proprietaria dell'appartamento in cui era stato realizzato il vano w.c. di rilievo per il presente processo, che la P.N. era stata nominata custode del manufatto sottoposto a sequestro ed è stata trovata dalla polizia municipale in occasione del sequestro. Le opere realizzate (prosecuzione dei lavori e loro ultimazione) costituiscono, poi, un intervento di nuova costruzione (ex art 3 D.p.r. n. 380 del 2001) per il quale gli imputati avrebbe dovuto richiedere il permesso di costruire (ex art 10 D.p.r. n. 380 del 2001).
Nel caso in esame le opere commissionate dalla P.N. è stata eseguita senza il previo rilascio del permesso di costruire e pertanto la condotta accertata in occasione della notifica del sequestro integra la violazione dell'art 44 lett. b) Dpr. N. 380 del 2001. A tal proposito va evidenziato che il reato previsto dall'art. 44 lett. b) è permanente ma il sequestro penale, comportando la sospensione dei lavorio vale ad integrare la cessazione dell'attività delittuosa, pertanto la ripresa dei lavori dopo il sequestro finisce con l'integrare una nuova violazione dell'art. 44 D.p.r. n. 380 del 2001 e ciò anche qualora per le opere eseguite, prese autonomamente, non fosse necessaria un autonomo permesso di costruire. Ed infatti la valutazione di un manufatto edilizio abusivo va effettuata con riferimento all'opera nel suo complesso, non potendosi quindi, considerare separatamente i suoi singoli componenti ma dovendosi, invece, valutare ogni nuovo intervento edilizio sulla stessa opera come parte integrante della complessiva attività edilizia che stava a realizzare (v. Cass., sez. 3, 6.11.2002, n. 4048, Tucci; Cass., sez. 3, 24.8.11993, Cordone).
Sussiste certamente il dolo in capo agli imputati con riferimento alla contravvenzione in esame come può agevolmente desumersi dalle circostanze di fatto prima illustrate ed in particolare dalla constatazione che le opere erano di rilevante consistenza, l'edificio su cui sono stati eseguiti i lavori abusivi era stato già in precedenza sequestrato nel 2000 e non è stata presentata alcuna richiesta di permesso di costruire.
Non può poi ritenersi prescritta né la prima né la seconda violazione dell'art. 44 lett b) D.p.r. n. 380 del 2001 (considerando il periodo di un anno e 12 giorni di sospensione) consumata mediante la commissione della prosecuzione dei lavori edili nella cantina, sul pianto terra ed al primo piano dell'edificio abusivo, considerato che non risulta agli atti (v al riguardo anche le fotografie acquisite) il completamento della costruzione abusiva con la realizzazione anche delle opere di rifinitura (v. a tal proposito Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8172 del 27/01/2010 secondo cui il momento consumativo del reato permanente di costruzione abusiva si realizza con l'ultimazione dei lavori, coincidente con la realizzazione delle rifiniture, anche per le parti che costituiscono annessi dell'abitazione).
Risulta, poi, accertata in modo inequivoco la prosecuzione, da parte della P.N. dei lavori relativi all'immobile oggetto di sequestro su cui erano stati apposti i sigilli in data 24.6.13 ed infatti in occasione del primo controllo la polizia municipale aveva constatato che i lavori abusivi erano proseguiti con il completamento del vano w.c.
In capo all'imputata sussiste il dolo relativo al reato previsto dall'art 349 c.p. viste le complessive modalità dei fatti e la constatazione che la P.N. era presente allorquando era intervenuta la polizia municipale in data 24.6.13 ed era stata edotta dei doveri e delle conseguenze penali che discendevano dall'eventuale violazione dei sigilli, (v. al riguardo Cass. n. 21918 del 2008 secondo cui l'elemento psicologico del reato è configurabile anche nella forma del dolo eventuale non rilevando l'eventuale buona fede dell'agente cui incombe l'obbligo, nei casi dubbi, di interpellare il proprio difensore o l'autorità procedente).
Possono riconoscersi all'imputata le attenuanti generiche vista la sua età, le condizioni economiche, le dichiarazioni confessorie rese e valutate le dimensioni e caratteristiche dell'intervento edile eseguito in violazione dei sigilli, tali attenuanti devono ritenersi equivalenti rispetto all'aggravante contestata (art. 349 comma 2 c.p.) che pure ricorre in quanto la P.N. era stata nominata custode del manufatto abusivo in occasione del sequestro del 24.6.13. Le circostanze attenuanti generiche devono ritenersi equivalenti rispetto all'aggravante contestata (art 349 co. 2 c.p.) considerato che i lavori ulteriormente eseguiti non risultano di modesta entità (come desumibile dalle fotografie agli atti).
I lavori eseguiti dall'imputata sono stati realizzati in zona sismica senza il previo deposito degli atti progettuali presso l'ufficio del Genio civile, senza l'autorizzazione dell'ufficio competente, senza far redigere un progetto esecutivo ed affidare la direzione dei lavori ad un tecnico competente in tal modo i prevenuti hanno integrato anche le fattispecie previste dai capi b) e c) dell'imputazione.
Tenuta presente la tipologia delle opere ed i tempi degli accertamenti da parte dei vigili (avvenuti a breve distanza gli uni dagli altri) appare chiara l'esistenza di un medesimo disegno criminoso volto sin dall'inizio alla realizzazione dell'intera opera in assenza del permesso di costruire e delle necessarie autorizzazioni. Se a ciò si aggiunge l'intima connessione obiettiva esistente tra i predetti reati ed il necessario nesso teleologico intercorrente tra le violazioni di sigilli ed i reati urbanistici, deve riconoscersi tra tutte le fattispecie contestate l'esistenza del vincolo della continuazione ai sensi dell'art. 81 cpv. cp.
Quanto alla pena, tenuto conto dei criteri espressi dall'art. 133 c.p. e principalmente considerate il carico urbanistico, comunque, significativo della costruzione abusiva, appare congruo determinarla, considerato l'aumento per la continuazione, in mesi nove di reclusione ed euro 300,00 di multa (pena base, ritenuto più grave il reato di cui all'art. 349 c.p. in quanto unico delitto, e considerata l'equivalenza delle circostanze attenuanti generiche con l'aggravante prevista dall'art 349 co. 2 c.p., anni uno di reclusione ed euro 400,00 di multa aumentata in virtù della riconosciuta continuazione di mesi uno e giorni quindici di reclusione ed euro 50 di multa - 35 giorni di reclusione ed euro 40 per il capo a), 5 giorni di reclusione ed euro 5 per il capo b) e 5 giorni di reclusione ed euro 5 per il capo c), ridotta per il rito alla pena inflitta.
Visto l'art. 31 c.p. P.N. va dichiarata interdetta dai pubblici uffici per la durata di anni uno avendo violato i doveri imposti dalla legge per le persone nominate custodi giudiziari (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14238 del 08/03/2006 Ud. dep. 21/04/2006 secondo cui il delitto di violazione dei sigilli commesso dal custode rientra nella categoria dei delitti perpetrati con abuso di poteri o con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, sicché alla condanna segue l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici).
Alla P.N. può concedersi la pena sospesa in quanto ricorrono tutti i presupposti di legge previsti dagli artt. 163 e ss. c.p. potendosi ritenere che l'imputata, vista l'età, dalle caratteristiche dei lavori abusivi si asterrà, in futuro, dal commettere altri reati. Considerata la gravità della condotta desumibile dall'entità delle opere realizzate nonostante, tra l'altro, fosse stato anche disposto il sequestro preventivo dell'area, è necessario subordinare, la predetta sospensione alla demolizione della costruzione abusiva oggetto di contestazione a cui la condannata dovrà provvedere a sue spese entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della presente sentenza (in ordine alla possibilità di condizionare la pena sospesa alla demolizione delle opere v. Cass. S.U. n. 714 del 1997).
Deve, comunque, ordinarsi, nel caso che l'abbattimento non sia eseguito in virtù di quanto sopra, la demolizione dell'opera abusiva di cui al capo di imputazione ex art. 31 D.P.R. 380/01 a cura dell'imputata. Non potendosi disporre la confisca dell'opera abusiva ne va ordinato, ex art 323 c.p.p., il dissequestro e la restituzione all'avente diritto dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
P.Q.M.
Letti gli artt. 438 e ss 533 e 535 c.p.p.
Dichiara P.N. colpevole dei reati a lei ascritti ai capi a), b), c), d), e per l'effetto, concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti rispetto all'aggravante prevista dall'art. 349 comma 2 c.p., unificati i reati ex art 81 c.p., la condanna alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 300,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art 163 c.p. concede a P.N. la sospensione condizionale della pena subordinando la stessa alla demolizione dei manufatti abusivi in sequestro entro il termine di giorni sessanta dal passaggio in giudicato della presente sentenza.
Letto l'art. 31 c.p. dichiara P.N. interdetta dai pubblici uffici per la durata di anni uno.
Ordina la demolizione delle opere abusive di cui al capo di imputazione ex art. 31 D.P.R. 380/01 laddove l'imputata non vi provveda spontaneamente.
Dispone il dissequestro dell'opera abusiva e la restituzione della stessa all'avente diritto da eseguirsi dopo il passaggio in giudicato della presente sentenza.
Napoli, 29.10.2018