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Appropriazione indebita e interversione del possesso in caso di mancata restituzione di un veicolo noleggiato

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Tribunale , Brindisi , 21/07/2023 , n. 1293

Nel reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), l'interversione del possesso si realizza nel momento in cui il possessore, compiendo un atto di dominio sulla cosa altrui, manifesta l'intenzione di tenerla come propria. Tale reato si consuma indipendentemente dalla rimozione o presenza di dispositivi che permettano la localizzazione o il recupero del bene. La mancata restituzione del bene, nonostante le richieste formali del legittimo proprietario, integra la condotta appropriativa.

Appropriazione indebita e abuso di relazione d’opera: indebita ritenzione di somme altrui in violazione di obblighi contrattuali (Giudice Elena di Tommaso)

Appropriazione indebita da parte di un amministratore condominiale: mancata restituzione di somme destinate a lavori straordinari (Giudice Raffaele Muzzica)

La certezza della prova è indispensabile per configurare il reato di appropriazione indebita

L'appropriazione indebita richiede il dolo specifico di profitto ingiusto e l'assenza di un diritto soggettivo all'uso della res.

Assegni familiari e responsabilità penale per appropriazione indebita

Appropriazione indebita e tempestività della querela (Giudice Raffaele Muzzica)

Appropriazione indebita e accesso abusivo: responsabilità penale e subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento (Giudice Martino Aurigemma)

La piena cognizione della condotta illecita determina la decorrenza del termine per proporre querela in caso di appropriazione indebita

Appropriazione indebita: remissione tacita di querela e criteri di accertamento del dolo specifico

Ruolo formale dell'amministratore e responsabilità per appropriazione indebita

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Lo.Gi. è stato giudicato dal Tribunale di Brindisi in composizione monocratica in ordine al delitto di cui all'art. 646 c.p.; all'esito del dibattimento, ritenuto colpevole del reato ascrittogli ed esclusa l'operatività della contestata recidiva, è stato condannato con sentenza in data 07.11.2017 alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

La fattispecie concreta è stata ricostruita in sentenza come di seguito brevemente riportato.

- Lo.Gi. sottoscriveva in data 16.3.2015 un contratto con la Ze. s.r.l., avente a oggetto il noleggio del veicolo Fiat Punto tg. (…) 130 AD.

All'interno del contratto veniva specificata la durata dello stesso - dal 27.03.2015 al 31.03.2016-, l'importo del canone mensile di noleggio pari a 390,00 Euro e una clausola risolutiva espressa destinata, tra l'altro, a trovare applicazione nell'ipotesi di omesso pagamento di una sola fattura.

- A seguito della mancato versamento dei canoni di noleggio, la società contattava infruttuosamente l'imputato nel dicembre 2015. Successivamente gli veniva inviata una raccomandata A/R da parte dell'Avv. Ma.Ma. per conto della Ze. s.r.l., con cui veniva comunicata la volontà di recesso di quest'ultima a causa del mancato pagamento di canoni mensili; inoltre l'odierno appellante veniva diffidato al pagamento della somma dovuta e delle spese legali sostenute, oltre alla restituzione dell'autovettura noleggiata. Copia della raccomandata veniva ricevuta dal Lo.Gi. il 22.12.2015.

- In data 19.04.2016 il Gip di Brindisi emetteva decreto di sequestro preventivo del veicolo Fiat Punto tg. (…) 130 AD, che veniva restituito alla Ze. s.r.l. il 17.05.2016.

L'istruttoria dibattimentale è consistita nell'escussione del teste Za.Mi., amministratore unico della società di noleggio, nonché nell'esame della documentazione in atti; esaurita detta fase, il Tribunale ha ritenuto l'imputato colpevole del delitto di appropriazione indebita. Decisiva, in tal senso, è risultata la testimonianza resa dallo Za., che viene ritenuta pienamente attendibile dal Giudice di prime cure in virtù dei caratteri di coerenza, precisione e concordanza che le vengono riconosciuti; a ciò si aggiunge l'assenza di ulteriori interessi in capo al teste, attesa la mancata costituzione di parte civile.

Avverso la decisione del Giudice di primo grado ha proposto tempestiva e rituale impugnazione il difensore di ufficio dell'imputato, Avv. Il.Gr., chiedendo la riforma della sentenza impugnata per i seguenti motivi:

- Nullità della sentenza di primo grado per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo.

Il difensore appellante pone in evidenza il contrasto sussistente tra la pena menzionata nella parte motiva della sentenza emessa dal Tribunale - indicata in mesi di reclusione ed Euro 400,00 di multa - e quella indicata nella parte dispositiva del medesimo provvedimento - indicata in mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa-; tale circostanza, pertanto, non consente di comprendere in maniera certa quale sia la reale volontà del Giudice in ordine alla pena da irrogare nei confronti dell'imputato.

- Nullità dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione diretta a giudizio per mancata corretta indicazione del tempus commissi delicti, non emergendo quest'ultimo nel capo di imputazione.

- Assoluzione dell'imputato per non aver commesso il fatto, anche con la formula di cui all'art. 530, comma 2, c.p.p. e/o perché la condotta non costituisce reato o con altra formula ritenuta di giustizia.

La difesa evidenza le varie contraddizioni emerse nel corso dell'esame testimoniale dello Za. e che non consentono di ritenere coerente e precisa la testimonianza sulla cui attendibilità il Giudice di prime cure ha fondato la condanna.

Inoltre, non sarebbe stata fornita alcuna prova in ordine ai tentativi della società di contattare informalmente l'imputato, ad eccezione delle dichiarazioni dello Za. il quale, come anticipato, non ha tuttavia operato una ricostruzione dei fatti sempre puntuale. A ciò si aggiunge l'incongruenza tra il contenuto della missiva inviata all'imputato dalla società di noleggio per il tramite del Avv. Ma.e quanto emerso nel corso dell'istruttoria e che si evince dalla documentazione acquisita agli atti; l'odierno appellante, infatti, pur essendosi arretrato nei pagamenti dei canoni, ha consegnato un assegno di Euro 500,00 a titolo di cauzione al momento della sottoscrizione del contratto e ha versato due mensilità. Infine, il difensore appellante contesta la ricorrenza dell'interversio possessionis, tenuto conto della sussistenza del dispositivo di antifurto satellitare all'interno del veicolo e mai rimosso da parte dell'imputato: circostanza, quest'ultima, che consente di escludere che la mancata consegna del mezzo sia stata accompagnata dalla volontà del Lo.Gi. di invertire il titolo possesso in dominio.

- Riduzione della pena inflitta all'imputato con concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge.

In punto di trattamento Sanzionatorio, la difesa sostiene che la concessione delle attenuanti generiche è stata negata da parte del Giudice di prime cure attraverso il ricorso a clausole di stile, senza alcun riferimento agli elementi dedotti dalle parti e rilevanti ai fini della concessione o del diniego; tra questi assume rilievo la mancata rimozione del dispositivo antifurto, che rappresenta un elemento valutabile positivamente ai fini del riconoscimento delle suddette circostanze.

All'odierna udienza, all'esito della camera di consiglio, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, la Corte ha deciso come da dispositivo.

L'appello è infondato.

Con riguardo al primo motivo di doglianza, non può che escludersi la nullità del provvedimento impugnato, atteso che il contrasto segnalato non integra alcuna delle ipotesi di cui all'art. 546, comma 3, c.p..

Invero, è di tutta evidenza come, nel caso di specie, si assista non a un'ipotesi di mancanza o incompletezza del dispositivo, bensì a un semplice errore materiale all'interno della stesura motivazione della sentenza ove il Giudice, da un lato, ha omesso di indicare per pura dimenticanza il numero dei mesi di reclusione inflitti all'imputato e, dall'altro, ha indicato una pena della multa superiore a quella menzionata nel dispositivo.

In realtà, ciò che rileva è quanto indicato nel dispositivo di sentenza, senza che l'omissione all'interno della motivazione del numero dei mesi costituisca un elemento di incertezza circa la volontà del giudice attesoché motivazione e dispositivo si integrano tra di essi (peraltro, quanto indicato in dispositivo è favorevole all'imputato con riferimento alla quantificazione della multa).

Con riferimento al secondo motivo d'appello, va esclusa la ricorrenza di un'ipotesi di nullità dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione diretta a giudizio per mancata corretta indicazione del tempus commissi delicti, poiché l'ambito temporale in cui si colloca il fatto addebitato è desumibile attraverso una lettura piena e logica del capo di imputazione che contiene sia la locuzione "fino alla data di sequestro", sia il riferimento alla raccomandata A/R ricevuta dall'odierno appellante in data 22.12.2015; pertanto, la formulazione del capo di imputazione, per come appena descritta, consente di ritenere salvaguardato l'esercizio del diritto di difesa dell'imputato.

Parimenti infondato risulta essere il terzo motivo di appello.

Con riferimento alla testimonianza di Za.Mi. le contraddizioni evidenziate dalla difesa, vertendo su aspetti del tutto marginali ai fini dell'accertamento della responsabilità dell'imputato, risultano inidonee a inficiare i caratteri di chiarezza, precisione e concordanza delle dichiarazioni rese del teste.

L'attendibilità della testimonianza, inoltre, consente, di ritenere raggiunta la prova in ordine ai tentativi della società di contattare informalmente l'imputato, così come riferito dallo Za. in sede di esame testimoniale. Occorre altresì rilevare l'infondatezza della questione relativa alla mancata corrispondenza tra il contenuto della lettera inviata all'imputato e quanto emerso nel corso dell'istruttoria e che si evince dalla documentazione acquisita: invero, all'interno della missiva viene operato un riferimento alle sole fatture oggetto di mancato pagamento, con conseguente esclusione delle due fatture saldate dall'imputato: ciò appare pienamente aderente alla realtà risultante dall'istruttoria e dalla documentazione presente in atti.

Quanto all'assegno di Euro 500,00 consegnato a titolo di cauzione al momento della sottoscrizione del contratto, non era necessario che la missiva ne facesse espressa menzione; ciò in quanto quest'ultima aveva ad oggetto la comunicazione, da parte della società di noleggio, della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, con contestuale richiesta di pagamento della somma dovuta, della spese legali sostenute e di restituzione del veicolo. Di conseguenza, dato che il riferimento alla dazione dell'assegno sarebbe stato del tutto ultroneo, la mancata indicazione di tale circostanza all'interno della missiva non è tale da incidere sulla corrispondenza tra il contenuto della stessa e la realtà emersa nel corso del processo.

Ancora, risulta evidente la realizzazione, nel caso di specie, di un'oggettiva interversione del possesso. Come anticipato, l'imputato ometteva di saldare alcune fatture; successivamente, nonostante il sollecito di pagamento dei canoni non versati e la richiesta formale di restituzione del veicolo avanzata dalla Ze. s.r.l. tramite raccomandata A/R, il Lo.Gi. disattendeva tali richieste non provvedendo alla consegna del mezzo; a tal proposito, si sottolinea che il veicolo è tornato nella disponibilità della società di noleggio in virtù del decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip di Brindisi in data 19.4.2016, dopo essere stato rintracciato attraverso il dispositivo GPS. Di conseguenza, appare del tutto irrilevante la circostanza della mancata rimozione dell'antifurto satellitare da parte dell'odierno appellante, posto che il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento dell'interversione del possesso, vale a dire quando il possessore ha compiuto un atto di dominio sulla "res", così manifestando l'intenzione di tenerla come propria; il reato, pertanto, non è escluso, né dal proposito del soggetto attivo di restituire la cosa o di risarcire il danno, né dalla possibilità di recupero o dell'avvenuto recupero della cosa medesima" (così Cass. Pen., Sez. II, n. 20231/2019).

Da ultimo, non può ritenersi meritevole di accoglimento l'ulteriore censura, relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche poiché, nel caso di specie, non emergono dagli atti elementi che risultino suscettibili di una valutazione positiva al fine della suddetta concessione. In tal senso, il fatto che l'imputato non abbia rimosso il GPS si configura, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, quale elemento del tutto neutro sul piano fattuale e giuridico e, di conseguenza, privo di rilevo in questa sede.

Peraltro, non sussistono i presupposti per il riconoscimento delle attenuanti generiche anche in considerazione dei precedenti penali di cui è gravato l'imputato che, inoltre, non consentono alcun beneficio di legge.

La pena irrogata dal primo giudice è congrua con riferimento alla concreta offensività del fatto.

Alla luce di quanto sopra espresso consegue la conferma della sentenza appellata da Lo.Gi., con condanna al pagamento delle spese di questo grado di giudizio.

Si fissa il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
La Corte, letti gli artt. 605 e 592 c.p.p. conferma la sentenza del Tribunale di Brindisi, in data 7.11.2017 appellata da Lo.Gi. che condanna al pagamento delle spese di questo grado di giudizio.

Termine di giorni novanta per il deposito della sentenza.

Così deciso in Lecce il 3 maggio 2023.

Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2023.

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