Tribunale Udine, 07/03/2023, n.408
Principio di diritto:
L'accertamento della responsabilità penale per l'utilizzo di crediti d’imposta indebiti richiede che gli indizi siano gravi, precisi e concordanti, dimostrando al di là di ogni ragionevole dubbio la natura fittizia delle operazioni sottostanti e l’intento fraudolento dell’imputato. La semplice inadeguatezza documentale o il sospetto di irregolarità non sono sufficienti per una condanna.
Sintesi della sentenza:
Il Tribunale di Udine ha assolto l’imputato dall’accusa di utilizzo indebito di crediti d’imposta per ricerca e sviluppo, non avendo il compendio probatorio soddisfatto i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 192 c.p.p. L’istruttoria ha evidenziato criticità documentali e anomalie nei rapporti tra le società coinvolte, ma non ha prodotto prove certe di operazioni fittizie o di assenza di flussi finanziari effettivi. La difesa ha presentato testimonianze, pur provenienti da soggetti connessi all’imputato, che non sono state confutate. L’assenza di ulteriori approfondimenti investigativi ha impedito di superare il ragionevole dubbio sulla genuinità delle operazioni contestate.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Ci.Fl. è stato tratto a giudizio per rispondere della sopra epigrafata imputazione con decreto del giudice dell'udienza preliminare 26.4.2022.
Il 7.7.2022, alla sua presenza, sono state ammesse le prove, testimoniali e documentali, richieste. Il 3.11.2022 è stato esaminato il testimone a carico e il p.m. ha prodotto ulteriore documentazione. L'udienza 1.12.2022 è stata rinviata per impedimento del giudice assegnatario.
Il 26.1.2023 e il 23.2.2023 sono stati esaminati i testi a discarico.
Le parti hanno, quindi, il 23.2.2023 stesso, formulato e illustrato le rispettive conclusioni e il giudice ha deliberato come da dispositivo riprodotto in calce.
Il testimone Ma., funzionario della Agenzia delle entrate, ha consultato nel corso del suo esame, la pratica d'ufficio relativa all'accertamento su cui si basa la tesi accusatoria.
La difesa ha eccepito che il relativo "avviso di accertamento" non è a firma del teste.
La questione però che pone l'art. 499 c.5 c.p.p. invocato dalla difesa non riguarda la sottoscrizione o meno da parte del soggetto degli atti che viene autorizzato a consultare in aiuto alla memoria.
La disposizione fa riferimento solo alla circostanza che gli atti sia stati "redatti" dal teste, termine che, in caso di attività d'ufficio, si estende anche a documenti non formalmente redatti o sottoscritti dal funzionario che però abbia partecipato alle operazioni, agli scambi o ai rapporti cui gli stessi si riferiscono. (Sez. 5, Sentenza n. 22115 del 22/03/2022 Ud. (dep. 07/06/2022) Rv. 283438 - 02).
E quest'ultima circostanza non può certo essere messa in dubbio atteso che il teste era il "referente" della pratica in questione (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 4 trascr.).
L'accertamento, ricostruito con queste modalità dal teste, ha riguardato i crediti di imposta per ricerca e sviluppo relativi all'attività di (…), società sospettata di intavolare rapporti fittizi al solo fine fornire fatture utilizzabili per questo tipo di crediti di imposta (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 4-5 trascr.).
Una di queste fatture (246/2012 del 30.11.2012) fu emessa nei confronti della (…), di cui il legale rappresentante era l'odierno imputato, e fu inserita come elemento passivo nelle dichiarazioni IVA e dei redditi della società della (…), (esame Ma., p. 7 e 17 trascr.) e fu utilizzata per compensazioni fiscali in varie annualità (solo nel 2013 però con superamento delle soglie di rilevanza penale, esame Ma., p. 5 e p. 14 trascr.).
La fattura è stata emessa a fronte di una pretesa "commessa di ricerca per il progetto analisi, studio e sviluppo di innovativi manufatti a base di lignina".
L'Agenzia delle Entrate ha chiesto la produzione della documentazione afferente detta commessa, ma non ha ottenuto alcuna documentazione attestante un'attività effettiva (ore di presenza, stati di avanzamento ecc. esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 8 trascr.).
Inoltre la generica documentazione con cui la (…) cercò di rispondere alla richiesta dell'Agenzia delle entrate è risultata, dall'esame delle email scambiate fra le parti, formalmente elaborata dalla (…), ma in realtà predisposta dalla (…) stessa e poi "confezionata" dalla (…) con propria carta intestata e "rigirata" in epoca coincidente con la formale conclusione della prestazione (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 8, 11 trascr., cfr. avviso di accertamento p. 13).
Al di fuori di questa "partita di giro", non sono stati prodotti in fase di verifica fiscale documenti che individuassero un qualche flusso documentale da (…) a Co. (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 12 trascr.).
Ne nasceva l'ipotesi accusatoria che sia stata la Co. stessa a svolgere l'attività di ricerca, attività che rientrava nel suo oggetto imprenditoriale (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 12 trascr.) che però doveva essere "attribuita" a (…) (esame Ma., p. 11 trascr.) al fine di rendere l'investimento in ricerca meritevole del beneficio fiscale (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 12-13 trascr.), almeno nelle intenzioni dei richiedenti (cfr. in senso contrario p. 18 avviso di accertamento).
Corroboravano infine questa ricostruzione le vicende del pagamento, che, secondo un classico modus operandi di questo tipo di frodi, non comporta effettivi esborsi, ma solo un giro di compensazioni (esame Ma., udienza 3.11.2022, p. 13 trascr.).
Il promettente compendio indiziario raccolto dalla Agenzia delle entrate, atto senza dubbio a livello amministrativo-fiscale a far ritenere l'attività svolta inidonea a integrare i presupposti per il diritto alla compensazione, non ha trovato però adeguato sviluppo investigativo.
Quanto al deficit documentale l'imputato (cfr. esame imputato 26.1.2023, p. 14 trascr.) ha riferito che gli scambi documentali antecedenti non avvenivano via mail per ragioni di sicurezza e riservatezza.
Il teste Ma.Co., madre dell'imputato e presidente del consiglio di amministrazione della (…), ha addirittura sostenuto che la relazione finale sarebbe l'unico documento vero e proprio redatto (cfr. esame Ma.Co., udienza 23.3.2023, p. 7 trascr.).
Il rappresentante della (…) ha riferito che la documentazione era più corposa, era stata elaborata e consegnata alla (…) e detenuta, in copia, anche da (…) (detta copia però sarebbe stata sequestrata nel corso delle più ampie indagini che avevano interessato la (…), cfr esame teste assistiti Santoro, udienza 26.1.2023, p 10 trascr.).
Il quadro offerto dalle prove testimoniali della difesa è quindi fumoso.
Va però sottolineato che difettano del tutto approfondimenti di indagine penale sui documenti presenti all'epoca presso la (…) e/o sequestrati presso la sua sede o per cristallizzare precisamente il senso del sospetto scambio di email a disposizione dell'Agenzia delle entrate, contenente ad es. l'offerta, da parte di personale della Co. e a mesi dalla chiusura della commessa, di fornire, se ritenuto opportuno, ingente "bibliografia" alla (…) per le sue necessità di documentazione tecnica (email 8.5.2013 acquisita all'udienza 3.11.2022).
La difesa per contro porta collaboratori che ricordano presenze e incontri in cui era coinvolto personale riferibile alla (…) in corso d'opera e/o che escludono che della ricerca si sia occupato personale riferibile alla (…); è vero che si tratta solo di soggetti di dubbia attendibilità in quanto parenti strettissimi di Ci.Fl. (madre, nonchè presidente della (…), e sorella) e coimputato in reato, connesso, ma è altrettanto vero che, in merito alle loro deposizioni, nessun elemento di smentita viene fornito.
Del pari dalle indagini nessun approfondimento in grado di dare concretezza alla suggestione che l'utilizzo di compensazioni a catena come forma di pagamento della commessa nascondesse l'assenza di effettivi spostamenti finanziari: che questo sia il sistema "classico" per far apparire pagamenti fittizi è un buon spunto investigativo ma di certo non un elemento di prova.
Ancora: l'apposizione di un timbro postale su fogli in bianco è tipico sistema per dare data certa ai documenti fasulli predisposti in questo tipo di frode e i verbali in bianco che sarebbero stati reperiti in sede di accesso depongono nel senso che la. (…) si avvalesse di questo espediente (del dettaglio vi è menzione a p. 8 dell'avviso di accertamento); ma nessun elemento concreto, documentale, logico o testimoniale, per sorreggere l'ipotesi che nel nostro caso, nei confronti della (…), sia successo un tanto è stato fornito.
Neppure la crisi di liquidità richiamata dal p.m. in sede di requisitoria ed emersa dall'esame sia dei testi (cfr. esame Ma.Co., udienza 23.3.2023, p. 8 trascr.) sia dell'imputato può rappresentare un valido movente, ma non è prova del fatto.
In conclusione, se indubbiamente gli elementi a carico sono sostanziosi, non sono però sufficienti per una affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio: in tema di prova indiziaria, ai sensi dell'art. 192, comma 2 cod. proc. pen., gli indizi devono essere gravi, ossia consistenti, resistenti alle obiezioni e capacità dimostrativa in relazione al "thema probandum", precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile, nonché concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati e elementi certi (Sez. 5, Sentenza n. 1987 del 11/12/2020 Ud. (dep. 18/01/2021) Rv. 280414 - 01).
P.Q.M.
Il Tribunale di Udine in composizione monocratica,
V. l'art. 530 c.p.p.,
assolve
l'imputato dai reati ascritti perché il fatto non sussiste.
Motivazione riservata nel termine di legge.
Così deciso in Udine il 23 febbraio 2023.
Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2023.