Corte appello Napoli sez. III, 25/06/2024, n.7386
In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, ex art. 2 D.lgs. 74/2000, la responsabilità penale si configura anche in capo al titolare formale di una società priva di struttura operativa, mezzi e personale idoneo. L'onere probatorio dell'imputato comprende l'allegazione di elementi che dimostrino la veridicità delle operazioni contestate e la reale operatività della società. La gravità del reato è aggravata dalla normativa europea, giustificando sanzioni severe proporzionali agli importi e alle modalità del profitto illecito.
Svolgimento del processo
Il processo era trattato in forma camerale in data 17/6/2024 dopo il rinvio dal 15/4/2024; rituali le notifiche alle parti, si procedeva in assenza dell'imputata; dopo la relazione, le parti concludevano come sopra indicato; all'esito della camera di consiglio, la Corte decideva come da dispositivo pubblicato come per legge.
Motivi della decisione
I motivi di appello.
Estremamente stringati ed anche connotate da scarsa intellegibilità sono i motivi di appello, pressoché inammissibile in toto, che tuttavia ad ogni buon conto si espongono e valutano.
1. assoluzione ai sensi dell'art. 530 comma 2 c.p.p.
Il quadro probatorio non sarebbe chiaro, non ravvisandosi11 gli elementi probatori volti ad acclarare la responsabilità penale della Co.An.
Nella sentenza si fa riferimento ad una serie di società coinvolte, tuttavia senza aver dimostrato la corrispondenza dei documenti fiscali delle suindicate società"
2. minimo della pena previa concessione delle attenuanti generiche con revoca delle pene accessorie.
Risulterebbe eccessiva la pena applicata perché all'imputata venivano negate le circostanze attenuanti generiche, in assenza di adeguata motivazione.
La richiesta di pena sospesa (che dovrebbe presupporre una richiesta di riduzione della pena entro la soglia dei due anni) è solo enunciata e non argomentata; così pure la richiesta di revoca delle pene accessorie.
Le valutazioni della Corte.
La richiesta assolutoria è palesemente inammissibile non contenendo una specifica censura alle argomentazioni del Tribunale e, invero, non comprendendosi neppure dal criptico argomentare riportato come in atto (cfr. sopra tra virgolette) che cosa voglia dire l'appellante e di cosa si dolga. In ogni caso, e facendo integrale rinvio alle argomentazioni del Tribunale, la richiesta assolutoria è anche palesemente infondata.
Per mero scrupolo si riportano alcuni passaggi dell'impugnata sentenza da cui risulta che dagli atti acquisiti era dimostrato che gli accertamenti a carico della società amministrata dall'imputata nascevano da una più ampia indagine nei confronti di molteplici società, solite emettere o utilizzare, a seconda delle situazioni, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di evasione fiscale, utilizzando poi marchingegni contabili e bancari successivi all'emissione della fattura volti ad occultare la fittizietà delle operazioni (come pagare l'importo della fattura per poi prelevarlo subito dopo facendolo sparire).
Risultava infatti provato che all'esito della verifica fiscale contabile del 24.2.16 in capo alla (…), (dedita alla commercializzazione di (…)li ferrosi), era accertata l'emissione da parte della stessa nel 2013 di fatture per operazioni inesistenti per circa 28 milioni di euro in favore della (…) s.p.a. con l'intermediazione della (…) s.r.l. (costituita il 21.2.13 tra (…) sino al 6.7.15 e D.Lo. l.r. dal 6.7.15 in poi), per un volume di affari di circa 29 milioni di euro. Come confermato anche dalla consulenza del p.m., la (…) risultava costituita il 18.1.12 e autorizzata ad operare solo il 20.12.12, dichiarando un volume di affari sino al 31.12 di 10 milioni di euro circa, il tutto in assenza di dipendenti (assunti a partire da maggio 2013) e di mezzi, acquistati e locati solo a partire dal 2013, come da documentazione della società. Diverse erano, inoltre, le anomalie anche in ordine al 2013, considerato che dalla documentazione della società non erano identificati i clienti, indicati genericamente nelle note di magazzino e nelle "autofatture" come "clienti privati" (risultando, tra l'altro, anomalo che un cliente privato potesse caricare su automezzi quintali di materiale); non era tracciabile il pagamento indicato sempre in contanti, e non veniva esibita la "prima nota cassa"; soprattutto nell'ultimo trimestre, le merci vendute erano superiori a quelle acquistate, e risultavano operazioni anche nel periodo in cui i capannoni della società erano stati oggetto di sequestro (dal 11.11.13 al 26.11.13). La struttura operativa della società era, inoltre, insufficiente alle ravvisate operazioni; assolutamente "anomale" erano anche le movimentazioni dei c.c. ove i bonifici dei clienti venivano dirottati su altro conto per poi essere prelevati in contanti, anche per notevoli importi: euro 200. 000 il 15.5.13) con molteplici prelievi a distanza di pochi minuti presso un unico o diversi uffici postali. Anche i trasporti della merce (rottami ferrosi) presentavano anomalie atteso che dei 21 vettori (non coincidenti con i fornitori) risultanti per il 2013, solo per 5 era aperto un numero di conto ove riepilogare trasporti e pagamenti e, tra questi, la scheda del vettore "Na." non risultava movimentata, con conseguente inverosimiglianza dei relativi trasporti.
L'Agenzia delle Entrate concludeva per la fittizietà del 98 per cento delle operazioni di acquisto merci della (…), per un totale di 28 milioni di euro circa, accertamento non impugnato dalla citata società. Ne conseguiva anche la fittizietà delle operazioni di cessione di merci a diversi clienti, tra cui la MA. DI. destinataria nel 2013 di merci per un valore di circa 4 milioni di euro.
Seguivano, poi, verifiche anche nei confronti di altri fornitori della Ma. per l'anno 2013 che davano esiti similari, come di seguito esposto e meglio analizzato nella relativa consulenza in atti, che avevano come caratteristica comune il fatto di simulare avvenuti acquisti di materiale ferroso (non meglio tracciabile) da occasionali venditori, pagati in contanti in modo da poter ricorrere all'autofattura per fornirne giustificazione contabile e simulare così l'ingresso di merce rivendibile nel proprio patrimonio, e di conseguenza poter cedere, sempre simulatamente, la stessa merce che, in realtà, non era mai esistita nel mondo reale, emettendo fatture per operazioni oggettivamente inesistenti di cui si giovavano a fini di risparmio tributario le ditte a cui favore era simulata la cessione a titolo oneroso di merce; altro tratto comune era costituito dalla mole degli importi in danaro autodichiarati apparentemente sborsati per acquistare il materiale ferroso da ambulanti venditori, veramente immensi; di conseguenza erano da reputare fittizie tutte le successive operazioni di cessione a terzi del materiale ferroso, tra l'altro non identificabile attese le caratteristiche della merce; così:
- la (…) s.r.l. documentava a monte i suoi acquisti di materiale ferroso, a dire del l.r., da venditori ambulanti non identificati, a mezzo "autofatture" pagate in contanti per un importo totale di ben circa 28 milioni di euro, acquisti ritenuti dall'Agenzia delle entrate fittizi, come da relativo verbale di accertamento in atti, definitivo per la società, con conseguente fittizietà anche delle conseguenti operazione di cessione delle merci (ferro) per circa 1 milione di euro vendute alla Ma. Di nel 2013 che pertanto era ritenuta fittizia acquirente delle stesse.
-La (…) s.r.l. l.r. di Po.Ma., documentava acquisti solo con autofatture pagate in contanti rivelando alla fine dell'anno un saldo cassa negativo, dato contabile da ritenersi inverosimile che conduceva anche in tal caso a far ritenere da parte dell'Agenzia delle Entrate le operazioni fittizie nella quasi totalità, per complessivi 7 milioni di euro circa, con accertamenti definitivi anche per gli anni 2012 e 2014, con conseguente fittizietà anche in tal caso della merce venduta alla Ma. Di nel 2013 per circa euro 600.000,00.
- La (…) srl che si riforniva da società (…), (…) srl, (…) srl, la (…) srl e la (…) srl emittenti f.o.i. non supportate da idonea documentazione e mezzi e strutture rapportate alle operazioni per i motivi indicati a p. 30 e seg. cui si rinvia.
- La (…) srl che a sua a volta acquistava dalla Social (…) di cui sopra e dalla Euro (…) sud s.a.s., evasore totale.
- La (…) s.r.l. in sentenza meglio approfondita e riconducibile di fatto (come la Ma.) sempre al Ma., l.r. dal figlio Ma.Fl., avente rapporti meramente "cartolari" sempre con le medesime società sopra attenzionate (forniture da (…) spa (…) srl, della (…) srl supportate da bonifici in entrata cui seguivano bonifici in uscita in favore della (…), (…) srl, della (…) srl).
Anche quanto alla Ma. si accertavano, poi, anomalie nei pagamenti delle fatture (eccessivi pagamenti in contanti e bonifici dei clienti contestuali o addirittura anteriori ai pagamenti ai fornitori), nonché "anomalie" quanto ai trasporti di cui alle fatture emesse (…) s.r.l. in favore della (…) s.p.a., che apparivano fittizi sulla scorta di diversi plurimi elementi, dettagliatamente indicati per ciascun vettore, come di seguito riportato e meglio dettagliato nella consulenza del p.m. in atti del 22.7.19 e nel relativo all. 1 a cui si rinvia.
Era provato dagli atti acquisiti ed incontestati che vi erano fittizie forniture in capo alla MA. per euro 7 milioni circa da parte di diversi fornitori (in merito si rinvia alla sentenza impugnata), cui seguivano operazioni attive da parte della citata società per euro 7.3 milioni. Era, inoltre, emesso ai danni del Ma. per utilizzazione di f.o.i. di cui sopra decreto di sequestro preventivo anche per equivalente il 22.7.20 per più di 1.500.000,00 di euro quale profitto del contestato reato di cui all'art. 2 D Lgs. 74/00 in relazione all'anno 2013.
Ma.Do. l.r. amministratore della Ma. sino al 2015, già in precedenza risultava di fatto operativo attraverso altra società, la "(…)" costituita nel 2004, sempre dedita alla commercializzazione di materiale ferroso, (già beneficiaria di f.o.i. da parte della (…) Industry),
messa in liquidazione nel 2015. Il Ma., poi, come da c.n.r. della G.D.F. in atti, era risultato percettore di redditi da lavoro dipendente da parte della "(…)li srl" già emittente f.o.i. in favore della Ma. e Ir. dal figlio Ma.Fl.
La suddetta società era risultata, di fatto, gestita dallo stesso Ma.Do., come da s.i.t. dei dipendenti(1).
Evidenzia poi l'impugnata sentenza: "Venendo agli elementi a carico dell'imputata, la suddetta società (Pa.), che aveva rapporti con le stesse società in rapporti con la MA., nonché con la stessa Ma., era destinataria di verifica da parte della G.d.f. di Capua che si concludeva con segnalazione per art. 2 D.Lvo 74/2000 in relazione a fatti commessi nel 2016 e 2017. La stessa era poi attenzionata anche per gli anni successivi, risultando acquisti di dubbia veridicità per il 2019 e il 2020 soprattutto da parte di diverse ditte individuali, tra cui la (…) ammontanti ad euro 550.000,00 circa per il 2020, ritenuti fittizi per molteplici ragioni, ma, sostanzialmente, perché si tratta di società operante fittiziamente.
Come da c.n.r. in atti, e meglio specificato dal teste escusso, risultava che la (…), amministrata dall'imputata, era un'impresa individuale neo costituita (alla fine del 2019), l.r. da soggetto privo di pregressa esperienza imprenditoriale e privo di redditi dal 2014 (beneficiaria addirittura dal 2020 di reddito di cittadinanza e, quindi, dichiaratasi nullatenente), avente ad oggetto commercio all'ingrosso non specializzato.
All'esito della perquisizione del 17.12.19 presso l'abitazione di Co.An. in Napoli, via (…), l'imputata dichiarava che la documentazione della società (…) si trovava presso il sig. Ge.Ma. in Casoria alla via (…). Seguiva la perquisizione presso l'abitazione del predetto, ma lo stesso, premesso di conoscere la Co. da circa 12 mesi, quale amica della sua convivente Sa.Gr., riferiva di ignorare persino che la stessa fosse titolare di ditta individuale. Aggiungeva, inoltre, di svolgere lavori saltuari, quali l'ambulante di frutta e verdura e di non essere commercialista. Non era, quindi, in possesso della citata documentazione contabile (cfr. sul punto all. 13 e 14 alla c.n.r. del 18.12.20). Infine, la società (…), come precisato dal Cap. del nucleo polizia economico-finanziaria di Napoli Pa.Gi. in udienza del 29/9/2022, non aveva né un deposito, né dipendenti per i lavori di cui alle fatture contestate.
Era perciò ritenuta palese la falsità delle fatture emesse sia in favore della (…) srl, che della "(…) srl" (di cui all'elenco in atti), essendo la (…) una ditta individuale solo cartolare, priva di sede, di dipendenti, di attrezzature idonee alle forniture di cui alle indicate fatture".
Appare perciò assolutamente condivisibile il giudizio di responsabilità per il reato ascritto, atteso il ruolo svolto dalla titolare dell'impresa individuale, mera cartiera, che non risulta neppure gestita di fatto da altri, e che non ha neppure provato a fornire una versione alternativa dei fatti atta a documentare la reale operatività della propria ditta individuale emittente le fatture, la veridicità delle operazioni di cui alle fatture incriminate, tutte presenti agli atti del fascicolo GUP, a favore delle due società, o la propria totale estraneità alla condotta delittuosa.
D'altra parte come sopra indicato il motivo d'appello appare inammissibile in quanto non contiene alcuna specifica censura all'argomentazione della sentenza impugnata.
2. Infondata (oltre che inammissibile) è la richiesta di ritenere le attenuanti generiche risultando pienamente condivisibile quanto indicato, ed incontestato, dal Tribunale, perché occorrono elementi positivi per giudicare attenuata la gravità del fatto ed effettivamente l'imputata nulla ha fatto per meritarle, e del resto l'appellante difesa nulla allega a sostegno della propria richiesta se non la opportunità di adeguare la pena al fatto. Va considerato il notevolissimo importo delle fatture false ed il marchingegno predisposto, atto a consentire a terzi, ben due diverse società, di non pagare tributi per i considerevoli importi indicati in imputazione.
Il fatto-reato è ritenuto dal legislatore, in conformità con la normativa europea, particolarmente grave tanto da aver aggravato notevolmente le sanzioni con la riforma in vigore dal 27/10/2019 applicabile ai fatti per cui si procede. Quindi il minimo della pena è di anni 4 di reclusione: l'imputata ha emesso fatture per importi considerevoli pari a oltre 800.000 euro, così consentendo alle società favorite nutrite evasioni fiscali a tutto danno della collettività. Gli importi delle fatture giustificano pienamente il trattamento sanzionatorio, di soli 6 mesi superiore al minimo edittale e ben inferiore al massimo.
L'appello va di conseguenza respinto, anche per le subordinate richieste, risultando la sanzione incompatibile con i benefìci di legge, nonché con l'art. 131 bis c.p.
Di conseguenza l'appellante va anche condannata al pagamento delle spese processuali del secondo grado di giudizio.
P.Q.M.
Visti gli artt. 599, 605 cpp conferma la sentenza del Tribunale di Napoli del 29.09.2022 e condanna l'appellante Co.An. alla rifusione delle maggiori spese processuali
Così deciso in Napoli il 17 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2024.
(1) (In particolare, Ci.Ca., premesso di essere dipendente della citata società da circa 3 anni, assunto dal Ma.Fl., riferiva che la società si occupava di selezionare rottami di (…), in prevalenza alluminio. Aggiungeva che presente ogni giorno in azienda era Ma.Do. dedito alla contabilità. Riferiva di ignorare da quale azienda, la Ma. acquistasse (…). Veniva, altresì, sentito l'altro operaio D.Cr., assunto, a suo dire, dal Ma. da circa 1 anno e mezzo, il quale ribadiva che la società si occupava di selezionare (…)li, in prevalenza alluminio. Precisava che raramente era usata la pressa, idonea a compattare i (…) in quanto gli stessi arrivavano diverse volte già compattati. In pratica, quindi, le operazioni si esaurivano nello scarico e nel successivo carico dei (…) sui mezzi di trasporto; al riguardo, aggiungeva che anche la cesoia era fuori uso da molto tempo. Dei trasportatori, ne conosceva solo uno di nome Sa.; le istruzioni ai dipendenti erano impartite da Ma.Do., presente giornalmente in azienda e dedito anche alla contabilità, al contrario di Fl. che veniva meno spesso. Era, poi, escusso Pa.Sa., altro operaio della (…), che ribadiva dì occuparsi principalmente della selezione dei (…) depositati nel capannone e successivamente caricati sui camion per essere venduta. Quindi, la selezione dei (…) era, in pratica, l'attività principale dell'azienda, anche perché la cesoia si era guastata. Anche il Paudice riferiva che la società acquistava soprattutto alluminio, distinto in "semidolce" (lastre); "profilo" (ricavato da infissi) e "vasellana" (alluminio utilizzato per piccoli contenitori}. Non riferiva il nome dei trasportatori quanto cambiavano spesso.
Le istruzioni le riceveva da Ma.Fl. e Do., quest'ultimo presente in ufficio e dedito alle fasi di pesatura del carico, e direzione degli operai e dei trasportatori. Dalle suddette dichiarazioni risulta, quindi, che Ma.Do., lungi dall'essere un mero dipendente della (…), l.r. da figlio, ne era il gestore di fatto").