Tribunale Vicenza, 22/10/2021, n.1070
L'inserimento in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti integra il reato di dichiarazione fraudolenta ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 74/2000, anche in presenza di un contratto e documentazione contabile apparentemente regolare, quando tali documenti risultino generici, incongruenti o inidonei a provare l'effettività delle prestazioni. Il dolo specifico di evasione si desume dall'insieme delle condotte idonee a simulare operazioni inesistenti per ridurre la base imponibile fiscale.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con decreto emesso dal G.U.P. presso il Tribunale di Vicenza in data 15 settembre 2017, (...) veniva tratto a giudizio con rito ordinario per rispondere del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture inesistenti, come contestato nel capo di imputazione.
Alla prima udienza del 9 gennaio 2018, il giudice, verificata la regolarità delle notifiche, dichiarava l'assenza dell'imputato e apriva il dibattimento ammettendo le prove richieste dalle parti.
Alla successiva udienza del 20 novembre 2018 nessuna attività veniva svolta, in quanto il difensore dell'imputato dichiarava di aderire all'astensione proclamata dalle associazioni di categoria: veniva disposto, quindi, un rinvio alla data dell'8 ottobre 2019 con conseguente sospensione del termine di prescrizione del reato.
In tale ultima udienza veniva sentito il teste del P.M. Mazzeracco Nicola, con rinvio per l'audizione dei testi citati dalla difesa e non comparsi.
Successivamente, in data 8 gennaio 2020, veniva disposto un nuovo rinvio a prescrizione sospesa, stante l'adesione del difensore alla astensione proclamata dalle associazioni di categoria.
All'udienza del 27 ottobre 2020 il Tribunale differiva l'udienza a altra data, attesa l'impossibilità di trattazione del procedimento per ragioni di organizzazione del ruolo.
In data 19 maggio 2021 la difesa dichiarava di rinunciare al teste (...), che veniva quindi revocato, mentre non veniva sentito il teste (...), assente per motivi di salute, il quale dunque veniva esaminato alla successiva udienza del 23 giugno 2021.
La discussione aveva luogo in data 14 luglio 2021, all'esito della quale veniva disposto un rinvio per eventuali repliche.
All'ultima udienza del 22 settembre 2021, in mancanza di repliche delle parti, il giudice pronunciava la sentenza, di cui alla presente motivazione, mediante lettura del dispositivo.
2. All'esito del giudizio risulta provata la penale responsabilità di (...) in ordine ai reati al medesimo contestati.
Costituiscono fonti di prova della decisione le deposizioni dei testi (...) e (...). Rileva altresì la documentazione acquisita al fascicolo per il dibattimento, con particolare riguardo all'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate nei confronti di (...) s.r.l. per l'anno di imposta 2011, alla fattura n. 23 datata 11 luglio 2011 e alla n. 41 del 27 dicembre 2011, al contratto stipulato fra (...) s.r.l. e (...) s.r.l. e ai c.d. "rapportini tecnici" emessi nell'ambito di esecuzione del predetto contratto e, infine, alla visura camerale della società (...).
Di tali risultanze è necessario dare riassuntivamente conto ai fini di una compiuta ricostruzione dei fatti oggetto del presente procedimento.
2.1. Dalla deposizione testimoniale del teste (...) e dalla lettura dell'avviso di accertamento dal medesimo redatto emerge come nell'anno 2016 l'Agenzia delle Entrate avesse proceduto a effettuare un controllo della posizione fiscale della società (...) s.r.l. esercente l'attività di "installazione di impianti elettrici" e avente quale legale rappresentante (...) (cfr. visura camerale acquisita agli atti).
Tale controllo era stato intrapreso a seguito delle irregolarità riscontrate in capo a una delle società con cui la (...) s.r.l. aveva intrattenuto rapporti commerciali, ovvero la società (...) s.r.l. Unipersonale, la quale risultava avere emesso fatture verso società clienti totalmente difformi da quelle indicate nel modello di comunicazione delle cessioni rilevanti a fini IVA (c.d. spesometro-cedente). In particolare, la (...) aveva indicato nello spesometro cessionario relativo all'anno 2011 fatture di acquisto verso la (...) s.r.l. per complessivi 40.000 euro, dato coincidente con quanto dichiarato da quest'ultima nel proprio spesometro cedente: tuttavia tali prestazioni non risultavano dalla documentazione acquisita dalla ITC in sede di controllo degli studi di settore, non essendovi alcuna fattura attestante lo svolgimento di prestazioni a favore della (...) s.r.l.
Quest'ultima, quindi, in sede di controllo fiscale aveva prodotto documentazione al fine di comprovare la natura effettiva delle prestazioni svolte a proprio favore dalla (...) s.r.l.
Nello specifico, aveva esibito copia del contratto stipulato fra (...) e (...) datato 18 gennaio 2011 e avente a oggetto "lo svolgimento di attività di consulenza e analisi sulle applicazioni hardware e software per la gestione di impianti domotici" unitamente a alcune decine di "rapportini tecnici" attestanti l'attività svolta in esecuzione del contratto. Inoltre, erano state prodotte le due fatture che (...) avrebbe emesso nei confronti della società cliente per le prestazioni eseguite: si trattava nello specifico della fattura n. 23 dell'11/7/2011, avente imponibile di euro 20.000 + IVA e della fattura n. 41 del 27/12/2011, avente anch'essa imponibile di euro 20.000+IVA; entrambe risultavano regolarmente annotate nel registro IVA acquisti della (...) e l'IVA relativa alle stesse portata in detrazione.
Ad avviso dei verificatori, tuttavia, tale documentazione appariva inidonea a comprovare l'effettivo svolgimento delle prestazioni indicate nelle due fatture.
In primo luogo, si rilevava come l'oggetto del contratto fosse assai generico: in esso infatti si leggeva soltanto che la (...) operava "nel mercato dell'informatica offrendo soluzioni gestionali industriali per aziende attraverso una consulenza e analisi fornite da strutture sul territorio con un'ampia copertura per le diverse aree funzionali e i differenti settori del mercato sempre innovative dal punto di vista tecnologico". L'offerta contrattuale veniva poi genericamente suddivisa in "progetto" e "servizi professionali" senza però alcuna specificazione in ordine alle attività che in concreto sarebbero state effettuate e senza una stima precisa dei tempi necessari per la loro realizzazione.
Si era poi constatato come, oltre alla genericità del contenuto contrattuale, gli stessi rapportini tecnici prodotti dalla (...) s.r.l. fossero costituiti da prestampati, compilati con indicazioni manoscritte solo nella parte relativa alla apposizione della data e del progressivo di rendicontazione. Di questi in particolare, venticinque risultavano sottoscritti dal capo-progetto e altri quaranta dal consulente applicativo: il teste specificava però che tali documenti erano sottoscritti dallo stesso legale rappresentante della (...)
- in qualità di capo progetto e, quanto alla figura del consulente applicativo, da un soggetto che comunque non figurava come dipendente della società, atteso che la (...) non risultava avere assunto lavoratori alle proprie dipendenze. Tali rapportini ad ogni modo non davano conto alcuno dell'attività concretamente effettuata, non specificando le prestazioni eseguite né i risultati conseguiti o comunque non indicando alcun dato atto a consentire la verifica del tipo di attività svolta.
Il teste riferiva, peraltro, che la (...), per dimostrare l'effettività del contratto stipulato, aveva prodotto un prospetto denominato "Consulenza e analisi di un sistema automatico e informatico applicato ai processi di gestione impianti domotici": agli stesso però aveva constatato come la parte descrittiva di tale documento fosse stata in buona parte copiata da un articolo tratto dalle fonti internet aperte (in specie da un articolo pubblicato sulla rivista "Attualità elettrotecnica" il cui autore è (...)). Inoltre, le tabelle allegate a tale prospetto, denominate "business pian (...)", per la semplicità dei dati inseriti e della loro elaborazione, non apparivano idonee a giustificare la corresponsione della somma di 40.000 euro, come avvenuto invece nel caso di specie.
(...) proseguiva riferendo che era stato avviato anche un contraddittorio con la (...) s.r.l., che aveva delegato a rappresentarla proprio il legale rappresentante della (...), il quale ultimo, però, non aveva fornito elementi specifici e ulteriori: costui, infatti, non era stato in grado di chiarire o documentato alcuni dei punti in cui era articolato il contratto, né come erano stati individuati i fabbisogni della società cliente, né il personale preposto a tale attività, gli applicativi utilizzati, etc.
Nell'avviso di accertamento si dava altresì atto di come la contabilizzazione della fattura della (...) s.r.l. in prossimità della fine dell'anno 2011 abbia con sentito alla (...) di abbattere l'utile civilistico e pertanto il reddito fiscalmente dichiarato (cfr. pag. 19 dell'avviso di accertamento).
Alla luce di quanto emerso, quindi, l'Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che la documentazione prodotta dalla (...) s.r.l. non avesse dato conto delle prestazioni svolte a proprio favore da parte di (...): in altri termini, l'indeterminatezza delle informazioni contenute nel contratto prodotto dalla società e l'assenza di ulteriori elementi atti a corroborare l'attività svolta impedivano di identificare l'oggetto della prestazione e quindi di ritenere che la stessa fosse stata effettivamente eseguita.
Peraltro, erano state eseguite in parallelo delle verifiche sulla stessa (...) s.r.l., all'esito della quale l'Agenzia delle Entrate aveva concluso per la non operatività di tale società nell'anno di imposta 2011.
Tale conclusione era stata ricavata da una serie di elementi ritenuti fortemente indicativi della natura di cartiera della stessa.
In primo luogo, era emerso che la società non aveva alcun dipendente né si avvaleva di collaboratori esterni (dato ricavato dal prospetto di conto economico del 31/12/2011 prodotto dalla società e comunque dalla mancanza di dichiarazione mod. 770, etc.), che la stessa non disponeva di alcuna attrezzattura (informazione ricavata dal prospetto dello stato patrimoniale al 31/12/2011 e dai bilanci depositati per gli esercizi precedenti) e inoltre che essa non risulta avere effettuato alcun acquisto nell'esercizio della propria attività (dato appurato dallo spesometro integrato e dall'analisi delle movimentazioni finanziarie della società).
La società (...), dunque, non risultava avere una capacità finanziaria, commerciale e strutturale né una organizzazione di mezzi e persone tale da giustificare l'esercizio di ima attività produttiva del valore d'affari accertato mediante il controllo incrociato dei dati, pari nell'anno di imposta 2011 a oltre (800.000 euro, di entità assai al superiore al volume d'affari realizzato negli anni precedenti.
Tale conclusione risultava poi avvalorata dagli accertamenti finanziari eseguiti sui conti correnti intestati alla (...) s.r.l. e a quello personale del suo legale rappresentante: infatti, era emerso come nel conto intestato alla società fossero confluite cospicue somme, pari a circa 2.800.000 di euro, di molto superiori sia all'ammontare delle fatture di vendita emesse che all'ammontare indicato nello spesometro. Tali somme, inoltre, venivano automaticamente stornate con trasferimento ai conti personali di (...) mediante prelevamento in contanti, emissione di assegni o mediante effettuazione di disposizioni di pagamento a favore di soggetti, che non risultavano essere imprenditori commerciali o comunque legati alla società. Da tali accertamenti era poi emerso che le somme trasferite a (...) venivano, al momento della ricezione, automaticamente stornate anche e soprattutto con ricarica di carte prepagate, le quali venivano poi quasi totalmente scaricate presso svariati casinò.
Da tali elementi si era giunti, quindi, alla conclusione che la (...) s.r.l. fosse in realtà una "cartiera".
L'Agenzia delle Entrate aveva poi appurato che, quanto emerso in relazione alle movimentazioni nel loro complesso, trovava specifica conferma con riguardo alle singole movimentazioni finanziarie relative alle prestazioni asseritamente svolte a favore delle società clienti, fra cui la (...) s.r.l.: infatti, i pagamenti delle fatture effettuati dai clienti con sistemi tracciati, erano stati sempre stornati, con sistematico prelievo o trasferimento delle somme nei conti di (...) il giorno stesso o nei giorni immediatamente successivi all'accredito.
In conclusione, secondo l'Agenzia delle Entrate tali elementi, complessivamente considerati, dimostrerebbero l'oggettiva inesistenza delle prestazioni di servizi documentate nelle fatture emesse dalla società (...) s.r.l. e registrate dalla (...) per l'anno 2011, la quale in conseguenza di tali operazioni avrebbe registrato una base imponibile superiore di 40.000 euro, non deducibili in quanto relativi a operazioni oggettivamente inesistenti, da cui sarebbe derivato una risparmio d'imposta pari a 8.2000 euro.
2.2. Il teste (...) riferiva di avere ricevuto un incarico nel 2011 da parte di (...), il quale gli aveva chiesto di effettuare "una ricerca di mercato sui componenti elettronici" a favore della società (...), la quale era interessata a sviluppare una piattaforma domotica, un settore che all'epoca era in via di sviluppo.
Riferiva che aveva accettato, essendo all'epoca disoccupato, e che la sua attività era durata quattro o cinque settimane: non aveva redatto alcun rapporto in merito alle prestazioni svolte e non sapeva dire quante persone fossero stato coinvolte in tale progetto.
A domanda del P.M. precisava, infine, di essere stato regolarmente pagato dal committente ma di non ricordare l'importo, e di essere in possesso di qualifica professionale all'esito di un percorso di studi fino alla terza superiore.
3. Così ricostruire le risultanze istruttorie, risulta provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000 al medesimo contestato.
3.1. Quanto all'elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice, è certo che le due fatture sopra elencate ineriscano a operazioni oggettivamente inesistenti, in quanto relative a prestazioni non realmente effettuate dalla (...) s.r.l. a favore della (...) s.r.l..
Ciò si desume in modo inequivoco dagli approfonditi accertamenti compiuti dall'Agenzia delle Entrate, dai quali emergono elementi che, valutati nel loro complesso, costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti della falsità ideologica dei predetti documenti fiscali.
Si osserva, anzitutto, che le fatture in questione sono state emesse da un soggetto che, in base agli accertamenti compiuti, aveva un giro d'affari prossimo al milione di euro e tuttavia risultava privo delle potenzialità aziendali tali da consentirgli la produzione di un così importante fatturato: quest'ultimo risultava cioè ampiamente incompatibile rispetto alla potenzialità strutturale della azienda, di fatto inesistente, non avendo la società attrezzature né dipendenti.
Inoltre, non è stato possibile appurare, nemmeno all'esito dell'istruttoria, in cosa siano consistite concretamente le prestazioni fatturate: la lettura della documentazione prodotta da (...) in sede di verifica fiscale - contratto, progetto, rapportini - non consente di trovare risposta a tale quesito, proprio a causa della genericità delle indicazioni in esso contenute, della mancanza di dati certi e circostanziati e di elementi atti a fornire un contenuto specifico. Tale conclusione non è del resto obliterata nemmeno dalla deposizione del teste della difesa (...): anch'egli ha fornito risposte del tutto vaghe e sfuggenti, prive di un concreto contenuto.
I predetti elementi, globalmente considerati, portano a concludere con certezza che le predette fatture concernono operazioni oggettivamente inesistenti, in quanto riferibili a prestazioni d'opera mai eseguite.
Tale conclusione non è, del resto, contraddetta dalla circostanza che la (...) s.r.l. abbia effettuato regolarmente e con sistemi tracciabili i relativi pagamenti, atteso che non vale a escludere l'inesistenza dell'operazione il solo fatto che il corrispettivo venga pagato o che comunque figuri un flusso in uscita da parte del contribuente: invero, il meccanismo tipico della frode fiscale passa proprio attraverso la contabilizzazione di fatture fittizie, accompagnata da pagamenti in favore di chi risulta esecutore della prestazione ed emittente la fattura e dalla successiva restituzione di quanto ricevuto. E infatti, come si evince dalla lettura del p.v.c., gli accertamenti bancari sui conti correnti intestati alla ITC e al suo legale rappresentante hanno consentito di appurare che le somme ricevute dalle asserite società clienti - fra cui la (...) - venivano regolarmente stornate dopo l'accredito; del resto le stesse indagini bancarie hanno dimostrato come buona parte delle somme incamerate dalla (...) venissero fatte poi oggetto delle operazioni tipiche del riciclaggio di denaro, a riprova del carattere di società di comodo.
Ciò premesso, è poi pacifico che (...), quale legale rappresentante della (...) s.r.l. si sia avvalso delle predette fatture fittizie. Egli, infatti, come chiarito dal testimone dell'accusa, ha provveduto sia a registrarle nella propria contabilità (cfr. copia del Registro IVA allegata al p.v.c.) che a inserirle nelle dichiarazioni annuali relative alle imposte dirette e indirette, così indicando elementi passivi fittizi, rappresentati dagli importi oggetto delle suddette fatture false.
La condotta così descritta configura certamente il reato di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000, risultando integrati i due segmenti della condotta tipizzati dal legislatore: da un lato, l'utilizzo di fatture false, in quanto concernenti operazioni inesistenti e, dall'altro, la registrazione in contabilità delle predette fatture e il loro successivo inserimento nelle dichiarazioni dei redditi presentate all'Amministrazione finanziaria.
Infine, è certamente integrato l'elemento soggettivo del dolo specifico, rappresentato dal fine di evadere le imposte.
La condotta complessivamente descritta denota in modo certo come l'inesistenza delle relative operazioni fosse ben nota a (...) e dal medesimo posta al servizio del risultato di evasione delle imposte: invero, la falsità delle fatture, in un contesto imprenditoriale che presuppone una accorta e diligente contabilizzazione, ha come unica spiegazione la volontà di predisporre una realtà apparente, finalizzata a diminuire il carico dell'obbligo di imposta. In altri termini, la simulazione delle operazioni inesistenti e la confezione di documenti falsamente probatori è chiaramente indicativa di un unitario comportamento volto a sottrarsi al pagamento dell'imposta dovuta.
La sussistenza del dolo specifico non può certo essere esclusa dalla circostanza che (...) abbia presentato domanda di definizione agevolata della controversia tributaria e abbia pagato alcuni degli importi concordati: trattasi, infatti, di condotte successive alla commissione del reato che nulla hanno a che vedere con la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
In conclusione, deve essere riconosciuta la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti in relazione al periodo di imposta 2011.
4. Quanto al trattamento sanzionatorio si osserva che li criteri di cui all'art. 133 c.p., globalmente considerati, inducono a quantificare la pena-base nel minimo edittale previsto dalla legge, tenuto conto, in particolare, del danno contenuto arrecato all'Amministrazione finanziaria.
Non sussistono invece elementi di segno positivo valutabili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
In ragione di quanto premesso, si stima congrua la pena finale di anni imo e mesi sei di reclusione.
L'art. 12 D.Lgs. 74/2000 - vecchio art. 1 comma 143 1. 244/2007 - impone poi l'applicazione delle seguenti pene accessorie: l'interdizione dall'esercizio di uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata di mesi sei; la dichiarazione di incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di un anno; l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per la durata di un anno; l'interdizione perpetua dall'Ufficio di componente delle commissioni tributarie; l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno. Deve essere disposta, infine, la pubblicazione per estratto, ed a spese dell'imputato, della presente sentenza con le modalità di cui all'art. 36 c.p.
Sussistono poi i presupposti per il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, stante la prognosi positiva in ordine al fatto che l'imputato, formalmente incensurato, si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati.
5. Da ultimo, deve essere disposta la confisca della del profitto del reato, che nel caso di specie viene a coincidere con il risparmio di imposta conseguito mediante l'evasione del tributo.
Tale profitto coincide con la somma degli importi rappresentati nelle fatture fittizie inserite nella dichiarazione IVA, pari a 8.200 euro, oltre interessi.
La confisca delle somme suddette potrà essere effettuata anche per equivalente, essendo applicabile a tal fine la disciplina di cui all'art. 1, 143° comma, Legge n. 244/2007, la quale, già prima dell'introduzione dell'art. 12-bis D.Lgs. 74/2000, consentiva la confisca per equivalente del profitto nei reati tributari.
Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
Il concomitante carico di lavoro impone l'individuazione di un termine non inferiore a trenta giorni per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara l'imputato responsabile del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 12 D.Lgs. 74/2000,
applica all'imputato le pene accessorie dell'interdizione dall'esercizio di uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata di mesi sei, dell'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di anni uno, dell'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per la durata di anni uno, dell'interdizione perpetua dall'Ufficio di componente delle commissioni tributarie e dell'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno ed ordina la pubblicazione per estratto, ed a spese dell'imputato, della sentenza, con le modalità di cui all'art. 36 c.p.
Pena sospesa.
Visto l'art. 1, 143° comma, Legge n. 244/2007, ordina la confisca diretta del danaro che si trovi nella disponibilità dell'imputato, fino alla concorrenza con la somma di euro 8.200 oltre interessi ovvero, nel caso di incapienza del denaro, la confisca per equivalente dei beni dell'imputato, per un valore corrispondente alla stessa somma.
Visto l'art. 544, comma 3, c.p.p.,
indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione
Così deciso in Vicenza, il 22 settembre 2021.
Depositata in Cancelleria il 22 ottobre 2021.