Tribunale Vicenza, 10/05/2023, n.257
Principio di diritto:
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti richiede la prova "oltre ogni ragionevole dubbio" della falsità oggettiva o soggettiva delle operazioni commerciali documentate. Le prassi di mercato, la documentazione di supporto e l’assenza di dolo specifico dell’imputato possono escludere la configurabilità del reato.
Sintesi della sentenza:
Il Tribunale di Vicenza ha assolto l’imputato, amministratore unico di una società operante nel commercio di pellami, dal reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. 74/2000. L’accusa si basava su fatture emesse da una società ritenuta "cartiera" per operazioni inesistenti. Tuttavia, l’istruttoria ha dimostrato che le operazioni commerciali contestate erano coerenti con le prassi del settore e che i documenti presentati, pur parziali, supportavano l’effettività delle transazioni. Non è emersa prova del dolo specifico né della partecipazione del prevenuto a un disegno fraudolento. La presenza di documentazione finanziaria e commerciale, riconosciuta dai testi, ha corroborato la plausibilità della difesa, portando all’assoluzione per insussistenza del fatto.
Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio emesso in data 27.02.2020, MA.Di. è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale in composizione monocratica per rispondere del reato di cui all'art. 2 d.lgs. 74/2000, relativamente all'anno di imposta 2014, come meglio specificato in epigrafe.
Alla prima udienza del 28.09.2020, verificata la regolarità delle notifiche, è stata dichiarata l'assenza dell'imputato, avendo, lo stesso, ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza.
Alla successiva udienza del 10.12.2020 è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove richieste dalle parti.
Durante l'istruttoria sono stati sentiti i testi del P.M. (…), dipendente dell'Agenzia delle Entrate di Vicenza, (…), entrambi in servizio presso la Guardia di Finanza di Padova, nonché i testi della difesa Ma. ed altri (…). E' stato, inoltre, sentito, ai sensi dell'art. 507 c.p.p. il teste assistito ex art. 197 bis, comma 1, c.p.p. (…).
E' stata, infine, acquisita la documentazione prodotta dalle parti, meglio indicata a verbale. All'udienza del 27.01.2023, il PM e la difesa hanno formulato le conclusioni trascritte a verbale e, alla successiva udienza del 09.02.2023, fissata per le repliche, il Tribunale ha pronunciato sentenza dando lettura del dispositivo.
2. RISULTATI DELL'ISTRUTTORIA DIBATTIMENTALE
Gli elementi acquisiti conducono a un giudizio di assoluzione dell'odierno prevenuto in ordine ai reati a lui ascritti per insussistenza del fatto.
2.1. Il presente procedimento trae origine da una verifica fiscale effettuata dall'Agenzia delle Entrate di Vicenza nei confronti della (…) s.r.l., società con sede ad (…), operante nel settore del commercio all'ingrosso di pellami e di cui MA.Di. era amministratore unico e legale rappresentante.
Tale attività ispettiva scaturì, a sua volta, dalle risultanze delle indagini svolte dalla Guarda di Finanza di Padova nei confronti della (…) che aveva emesso le fatture di cui al capo di imputazione.
In particolare, la (…)(1) oltre a risultare inesistente presso la sede legale e la sede amministrativa (site, rispettivamente, in (…), aveva la disponibilità di un deposito ubicato in via (…) ad Arzignano che, però, non era mai stato adoperato e presso il quale non erano presenti insegne o riferimenti alla società; inoltre, la (…) che si accertò successivamente essere di fatto gestita da (…), i quali si avvalevano di molte altre società ritenute cartiere al fine di frodare il Fisco - era stata, nel tempo, formalmente amministrata da soggetti stranieri che si erano poi resi irreperibili, era priva di qualsivoglia struttura operativa o commerciale e risultava essere evasore totale, non avendo mai presentato alcuna dichiarazione fiscale. Si accertò, altresì, che tale società - avente ad oggetto il commercio all'ingrosso di cuoio e di pelli gregge lavorate- aveva emesso fatture nei confronti di svariate imprese operanti nel settore delle pelli.
Vennero, quindi, svolti ulteriori accertamenti presso i singoli utilizzatori, tra cui figurava la (…) che aveva registrato in contabilità tre fatture emesse dalla (…) nel corso del 2014. Il riferimento è, in particolare, alle fatture n. (…) del 17.04.2014 per 25.567,00 euro di imponibile e 6.064,74 di IVA, n. (…) del 25.06.2014 per 9.254,60 euro di imponibile e 2.036.01 di IVA, n. (…) dell'11.11.2014 per 41.188,00 euro di imponibile e 9.036,36 di IVA. Tali fatture, che avevano ad oggetto la vendita di pelli da parte della (…) vennero registrate nella contabilità della (…) e le relative componenti negative di reddito confluirono nella dichiarazione fiscale del 2015 presentata ai fini delle imposte sui redditi.
Instaurato il contradditorio con MA., venne chiesto a quest'ultimo di esibire la documentazione in suo possesso inerente alle operazioni oggetto delle predette fatture. Egli si mostrò collaborativo e produsse, in primo luogo, la documentazione attestante l'avvenuto pagamento delle fatture al fornitore (la fattura n. (…) venne pagata tramite assegno, mentre le altre due tramite bonifici bancari).
L'imputato esibì, inoltre, i seguenti documenti: una lettera di vettura internazionale, (…), relativa a un lotto di pelli (per un peso lordo di 23.859 kg) provenienti dalla Romania, acquistate dalla (…) e trasportate presso la (…), come da attestazione di ricezione del 14.10.2014; documentazione relativa a due pesate di pellame effettuate alla Pesa pubblica di (…) in data 14.10.2014; un'e-mail inviata in data 12.11.2014 con la quale la (…) confermava alla (…) che le pelli acquistate dalla Romania e depositate presso la (…) erano state vendute alla (…), una seconda e-mail, sempre del 12.11.2014, in cui l'odierno imputato comunicava alla (…) di aver, a sua volta, venduto alla (…) le pelli che aveva acquistato dalla (…) provenienti dalla Romania in giacenza presso la (…), chiedendo a quest'ultima di mettere la merce a disposizione del nuovo acquirente; la fattura n. (…) emessa dalla (…) nei confronti della (…) in data 11.11.2014; le fatture n. (…) emesse dalla (…) nei confronti della (…), rispettivamente datate 17.04.2014, 23.04.2014 e 30.06.2014; documentazione comprovante l'incasso degli importi relativi a tali fatture di vendita.
Gli accertatoli ritennero che tale documentazione non fosse sufficiente a dimostrare l'effettiva sussistenza delle operazioni commerciali oggetto delle fatture oggetto dell'odierno capo di imputazione.
In particolare, l'Agenzia delle Entrate rilevò come la descrizione della merce indicata nelle predette fatture (…) fosse eccessivamente generica, non consentendo di identificare compiutamente i beni oggetto della compravendita.
In secondo luogo, si riscontrò che non vennero esibiti i documenti di trasporto relativi alle menzionate fatture, precisando come non fosse possibile evincere, dalla sola lettera di vettura internazionale prodotta, che questa si riferisse specificamente alla merce oggetto della fattura n. (…) successivamente emessa dalla (…) nei confronti della verificata.
Inoltre, secondo gli accertatoli, non sussisterebbero elementi sufficienti per sostenere con certezza che le pelli indicate nelle fatture oggetto di contestazione corrispondano a quelle poi rivendute dalla (…) ai clienti (…) e (…). Nel corso del 2014, infatti, la società verificata ebbe rapporti con molteplici fornitori: pertanto, in assenza di precisi elementi di raccordo tra tutti gli acquisti effettuati durante l'anno e le successive rivendite a terzi, nonché considerata la menzionata genericità delle fatture, non sarebbe possibile risalire alla provenienza della merce rivenduta dalla (…) ai clienti prima indicati.
Un altro elemento di anomalia riscontrato riguardava il luogo di giacenza delle merci: queste non sarebbero transitate dal fornitore (…) - come visto, privo di un magazzino effettivamente operativo - ma sarebbero rimaste presso la (…), un soggetto terzo rispetto alle parti del rapporto commerciale di compravendita. Per di più, apparve singolare che l'e-mail con cui la (…) informava la (…) della vendita alla (…) delle merci che si trovavano presso il loro deposito fosse datata 12.11.2014, atteso che le medesime pelli risultavano già vendute dalla società verificata alla (…) in data 11.11.2014. Si rilevò, altresì, che, all'infuori delle tre fatture oggetto del capo di imputazione, non venne rinvenuta ulteriore documentazione attestante la sussistenza di rapporti commerciali tra la verificata e la (…).
Pertanto, in ragione delle criticità riscontrate e delle risultanze emerse dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Padova in relazione alla (…), gli organi accertatoli ritennero che le fatture oggetto dell'imputazione - per un imponibile complessivo pari a 78.009,00 euro con IVA pari a 17.337,11 euro - fossero state emesse per operazioni oggettivamente inesistenti e che, quindi, i relativi costi non fossero deducibili, non risultando provato che le spese indicate fossero state effettivamente sostenute.
Dopo la notifica dell'avviso di accertamento -avverso il quale MA. presentò ricorso - l'imputato fornì ulteriore documentazione a supporto della propria posizione, esaminata la quale gli agenti dell'Agenzia delle Entrate ritennero che le operazioni in questione, se pur effettivamente poste in essere, sarebbero state in ogni caso insistenti sotto il profilo soggettivo, atteso che la (…) era da considerarsi quale fornitore fittizio.
Degli accertamenti svolti hanno dato atto in dibattimento i testi (…), in servizio presso l'Agenzia delle Entrate di Vicenza, (…), entrambi in servizio presso la Guardia di Finanza di Padova.
A riscontro di quanto riferito sono stati prodotti: la visura camerale della società verificata; la dichiarazione fiscale presentata dalla stessa relativa al periodo di imposta 2014; l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate; il processo verbale di constatazione redatto in data 16.02.2017 dalla Guardia di Finanza di Padova e relativo alla (…).
2.2. In dibattimento sono stati sentiti anche i testi della difesa Ma. ed altri (…), rispettivamente amministratori della (…) ed altri (…).
In particolare, (…) ha spiegato che la (…) si occupava della lavorazione delle pelli per conto di terzi. In particolare, la merce veniva fatta recapitare dai clienti presso la sede della propria società che si occupava della lavorazione. Se il cliente rivendeva le pelli in questione a terzi, informava dell'operazione la (…), autorizzandola a mettere la merce a disposizione del nuovo acquirente. Tra il 2013 e il 2014 la (…) ebbe rapporti commerciali con la (…) il cui referente era (…): in particolare, in due o tre occasioni, la (…) fece depositare presso i magazzini della (…) della merce grezza che venne poi rivenduta a terzi.
Anche l'odierno imputato era un cliente della (…), Ma. ha riferito che probabilmente MA. e Be. si conobbero presso la sede della propria società e che fu il teste a presentarli. Egli, però, non entrò nel merito dei loro accordi commerciali.
Ma. ha riconosciuto i documenti prodotti dalla difesa attestanti i rapporti con le menzionate società nel corso del 2014.
Tra questi, figurano i documenti di trasporto della (…) datati 20.06.2014 e 14.10.2014 per la consegna di pelli presso la (…); le e-mail del 28.04.2014, 26.06.2014 e 12.11.2014 con cui la (…) comunicava che la merce tenuta in deposito presso la (…) era stata venduta alla (…) e che, pertanto, doveva essere messa a disposizione di quest'ultima; un assegno emesso dalla (…) a favore della (…) che Ma. aveva siglato attestandone la ricezione (nell'e-mail del 26.06.2014 la (…) aveva, infatti, autorizzato la (…) a consegnare la merce alla società dell'odierno imputato solo dopo aver ricevuto l'assegno); ulteriore documentazione attestante la vendita delle pelli in deposito presso la (…) dalla (…) ai clienti (…) e (…).
Quanto a Sartori, questo ha riferito che la (…) si occupava di commercio di pellame. Egli ha spiegato che, nel settore, è prassi comune che le pelli si trovino presso un terzo che ha la disponibilità dei magazzini e dei locali adibiti alla lavorazione; la merce viene, pertanto, visionata, scelta e acquistata presso terzi, per poi essere direttamente rivenduta, previa lavorazione, ad altri clienti, senza che questa necessariamente transiti presso i vari acquirenti e rivenditori. La stessa (…) - al pari della (…) - stante l'attività di natura unicamente commerciale svolta, non possedeva un magazzino (cfr. pag. 10 del verbale stenotipico dell'udienza del 28.10.2022: si comprava presso terzi, si lavorava presso terzi, si spediva da terzi).
Sa. ha confermato di aver avuto molti rapporti commerciali con MA. nel 2014, riconoscendo le fatture emesse dalla società verificata e attestanti la vendita in suo favore delle pelli in deposito presso la (…).
MA. aveva riferito al teste di aver acquistato tali pelli o, almeno, parte di queste da Be.
Sa. ha, infine, dichiarato di aver egli stesso acquistato della merce, in un paio di occasioni, da Be. che lavorava per la (…). Anche in questi casi la merce era in deposito presso i magazzini della (…).
Parimenti, Bo. ha confermato che è prassi comune che il commerciante di pelli proceda all'acquisto e alla vendita della merce che rimane depositata presso un terzista. Egli ha confermato di aver avuto rapporti commerciali con MA. nel corso del 2014, avendo acquistato dal medesimo delle pelli che erano in deposito presso la (…).
Il teste ha riferito che conosceva Be. Perché era un commerciante di pellame.
2.3. Si è proceduto, infine, all'escussione di Be. ai sensi dell'art. 507 c.p.p.
Egli è stato sentito in qualità di teste assistito stante il collegamento probatorio ex art. 371, comma 2, lett. b) c.p.p. tra il reato di cui è chiamato a rispondere l'odierno imputato e i reati contestati a Be. (associazione per delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti e auto riciclaggio, tramite l'utilizzo, tra le altre, della (…) e oggetto della sentenza n. 1471 di applicazione della pena su richiesta delle parti emessa dal GUP presso il Tribunale di Vicenza in data 26.10.2016, divenuta irrevocabile il 05.07.2017. Be. ha confermato di essersi occupato dell'attività commerciale della (…), di aver incontrato MA. presso la (…) e di essersi accordato con il medesimo in due o tre occasioni per la vendita di pellame.
Motivi della decisione
Alla luce di quanto è emerso dall'istruttoria dibattimentale, non può ritenersi provata la penale responsabilità di MA.Di. in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti a lui ascritto.
3.1. Come è noto, il delitto di cui all'art. 2 d.lgs. 74/2000 è integrato dall'utilizzo in dichiarazione di fatture attestanti operazioni in tutto o in parte prive di riscontro nella realtà, sia in senso oggettivo, perché mai poste in essere o poste in essere solo parzialmente, sia in senso soggettivo, in quanto intervenute tra soggetti diversi da quelli indicati. E invero, l'operazione imponibile si compone di ambedue gli elementi - oggetto e soggetti - sicché l'alterazione o l'assenza di uno solo di essi integra la falsità del mezzo probatorio costituito dalla fattura.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte evidenziato che la fattispecie in questione si connota come quella più grave ontologicamente in quanto non solo l'agente dichiara il falso, ma supporta la propria condotta mediante un impianto contabile, o più genericamente documentale, diretto a sviare o ostacolare la successiva attività di accertamento dell'amministrazione, avvalorando in modo artificioso l'inveritiera prospettazione di dati inseriti nella dichiarazione. Tale fattispecie criminosa si configura come un reato di pericolo e di mera condotta, il quale si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione è presentata agli uffici finanziari e prescinde dal verificarsi dell'evento di danno.
In particolare, la Corte ha chiarito che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti, in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale (cfr. Cass. 1998/2019).
3.2. Tanto premesso, si rileva come, nel caso di specie, l'impianto accusatorio si basi su quanto rilevato in sede di verifica fiscale dall'Agenzia delle Entrate che, a fronte delle criticità riscontrate -prima nel dettaglio evidenziate- e delle risultanze emerse dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Padova in relazione alla (…) ritenne che le fatture oggetto dell'imputazione fossero state emesse per operazioni inesistenti, rilevando che la documentazione fornita dall'imputato non fosse tale da comprovare la reale effettività delle prestazioni riportate nelle fatture in questione.
3.3. Le risultanze dibattimentali non hanno consentito di confermare tale
assunto.
Si consideri, in primo luogo, che tutti i testi sentiti in dibattimento, amministratori di società operanti nel settore del commercio del pellame, hanno evidenziato come non sia inusuale che chi si occupa dell'acquisto e della rivendita di pelli non abbia necessariamente la disponibilità di un magazzino, avvalendosi di soggetti terzi che si occupano di ricevere la merce, tenerla in deposito, esporla in visione e lavorarla per conto altrui. Il teste Sa. ha riferito, difatti, che le stesse (…) e (…) non disponevano di un proprio deposito e che la merce da acquistare e rivendere veniva visionata presso la (…).
Pertanto, il fatto in sé che le pelli oggetto delle fatture contestate non siano transitate presso la (…) prima di essere rivendute alla (…) rimanendo in deposito presso la (…), appare conforme alla prassi di mercato.
Si consideri, inoltre, che la difesa ha prodotto documentazione -riconosciuta dai testi-comprovante l'invio di pellame dalla (….) alla (…), nonché tre e-mail del 2014 con cui la (…) informava la (…) che aveva venduto le pelli tenute in deposito presso quest'ultima alla (…), chiedendo di metterle a disposizione dell'odierno imputato; in una di queste comunicazioni si legge che la (…) aveva autorizzato la (…) a consegnare la merce alla (…) solo dopo la ricezione dell'assegno attestante il pagamento: l'amministratore della (…) ha riconosciuto in dibattimento l'assegno emesso dalla società verificata in favore della (…) che egli ricevette in consegna e che siglò per ricevuta.
La prassi prima descritta consente, altresì, di comprendere il motivo per cui MA. non è stato in grado di produrre la documentazione di trasporto della merce oggetto delle operazioni di compravendita contestate: come visto, le pelli non transitavano presso la sede della società verificata ma, rimanendo in deposito presso la (…), venivano rivendute a terzi.
Quanto alla mancanza di documentazione attestante la sussistenza di ulteriori rapporti commerciali tra la (…) e la (…), si rileva che le operazioni poste in essere e riscontrate tra le due società furono unicamente le tre compravendite oggetto di contestazione: sul punto la difesa ha sostenuto - come confermato dai testi - che l'imputato incontrò Be. presso la (…) dove i due si accordarono di persona per la vendita delle pelli.
Inoltre - pur nella consapevolezza che tale circostanza non varrebbe, di per sé sola, a escludere l'ipotesi delittuosa contestata (cfr. Cass. 1998/2019 'non vale ad escludere l'inesistenza della operazione il fatto che il corrispettivo venga pagato o che comunque figuri un flusso in uscita dalle casse del contribuente) - si osserva, in ogni caso, che le tre fatture indicate nel capo di imputazione vennero pagate per gli interi importi - comprensivi di IVA - mediante assegno o bonifici bancari e che non è emersa in alcun modo la prova di un'eventuale retrocessione di somme a favore dell'imputato.
Con riferimento agli accertamenti effettuati nei confronti della (…), pur prendendo atto dell'attività criminosa posta in essere da Be. e An. che adoperavano questa e altre società al fine di emettere fatture per operazioni inesistenti, non può del tutto escludersi, alla luce di quanto emerso, che almeno parte delle operazioni poste in essere dalla (…) siano state effettivamente realizzate. Come visto, infatti, per l'attività di commercio di pellame le società non hanno necessariamente bisogno di disporre di magazzini e strutture, ben potendosi avvalere del deposito e della lavorazione presso terzisti.
Si consideri, altresì, che nel folto elenco di fatture che sono state ritenute emesse per operazioni inesistenti dalla (…) nel periodo di riferimento - oggetto di contestazione nel menzionato procedimento a carico di Be. e altri - non figurano quelle emesse nei confronti della (…), (cfr: capi di imputazione 19, 20 e 21 della sentenza n. 1471 del 26.10.2016 prima richiamata).
In aggiunta, si tenga conto del fatto che, nel personal computer in uso a Be. e ad An., è stata rinvenuta, nel procedimento a loro carico, la ed. contabilità nera della (…), costituita da prospetti mensili in cui venivano elencate le fatture emesse, a cui corrispondevano diverse voci, tra cui quelle relative alla percentuale che veniva riconosciuta alle aziende utilizzatrici e ai profitti spettanti a Be. e ad An.
Ebbene, in tali prospetti, nella quasi totalità dei casi, nulla era indicato nella colonna relativa al costo delle pelli sostenuto dalla (…) a ulteriore riprova del fatto che le operazioni fossero fittizie; deve rilevarsi, invece, che, con riferimento alle fatture emesse nei confronti di MA. (e solo in sporadici altri casi), oltre a non essere quantificato alcun importo da retrocedere alla società utilizzatrice, erano effettivamente indicati i costi sostenuti dalla (…) per l'acquisto delle pelli, con l'indicazione del guadagno o della perdita conseguente alla rivendita della merce alla società verificata. Ne consegue che, per quanto la (…) fosse coinvolta nell'attività di sistematica emissione di fatture per operazioni inesistenti, l'insieme di tali elementi non consente di escludere che almeno alcune delle operazioni che figuravano nelle fatture - tra cui quelle poste in essere nei confronti della (…) - siano state effettivamente realizzate.
Deve rilevarsi, infatti, che sebbene -come sostenuto dagli organi accertatoli- non possa affermarsi con certezza che la merce oggetto delle fatture contestate sia la medesima merce poi rivenduta dalla società verificata alla (…) e alla (…) sono emersi tuttavia elementi tali da rendere quantomeno plausibile la tesi della difesa secondo la quale la (…) avrebbe effettivamente venduto alla (…) le pelli oggetto delle fatture contestate.
3.4. Alla luce di quanto esposto, pertanto, deve ritenersi che l'ipotesi accusatoria non abbia trovato conferma in dibattimento.
Sul punto si rammenta che Ha regola di giudizio che richiede l'accertamento della sussistenza del reato "al là di ogni ragionevole dubbio" implica che, in caso di prospettazione di un'alternativa ricostruzione dei fatti, siano individuati gli elementi di conferma dell'ipotesi accusatoria e sia motivatamente esclusa la plausibilità della tesi difensiva, (cfr: Cass. 10093/2018): nel caso di specie, alla luce delle emergenze processuali, non vi sono motivi per ritenere non plausibile la tesi alternativa fornita dalla difesa, secondo la quale le fatture di cui si discute si riferirebbero a operazioni effettivamente poste in essere tra i soggetti indicati.
3.5. Si aggiunga, poi, quanto all'elemento soggettivo del reato, che il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva {cfr. Cass. 52411/2018).
Ebbene, non sussistono elementi per sostenere che l'odierno imputato abbia agito con tale proposito o con l'intento di partecipare all'attività fraudolenta e infedele della (…) - società totalmente inadempiente quanto ai propri obblighi nei confronti del Fisco-essendo, al contrario, emerso come lo stesso abbia corrisposto gli integrali importi delle fatture alla controparte contrattuale per operazioni di cui non può dirsi dimostrata l'inesistenza.
Alla luce di quanto esposto, deve pronunciarsi una sentenza di assoluzione dell'odierno imputato in ordine al reato allo stesso ascritto con la formula indicata nel dispositivo.
Infine, ai sensi dell'art. 544, comma 3, c.p.p., ricorrono i presupposti per indicare in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Visto l'art. 530 c.p.p.,
assolve MA.Di. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
Termine di novanta giorni per la motivazione.
Così deciso in Vicenza il 9 febbraio 2023.
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2023.
(1) (Il riferimento è alle indagini svolte nell'ambito dei procedimenti n. 952/2015 R.G.N.R. - Procura di Vicenza - e n. 8942/2013 - Procura di Padova).