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Assoluzione per il reato di rissa: mancanza di prova della partecipazione attiva e configurabilità di condotte difensive (Giudice Luca Purcaro)

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Tribunale Napoli sez. V, 16/01/2018, n.205

Non sussiste il reato di rissa qualora non sia provata la partecipazione attiva e consapevole di tutti i soggetti coinvolti alla colluttazione violenta, e non siano individuabili due o più gruppi contrapposti animati dal reciproco intento di arrecarsi danno. Inoltre, condotte meramente difensive o finalizzate a dividere i contendenti non configurano il delitto di rissa.

Riduzione della pena per rissa aggravata: concessione delle attenuanti generiche ed esclusione della legittima difesa

Assoluzione per il reato di rissa: mancanza di prova della partecipazione attiva e configurabilità di condotte difensive (Giudice Luca Purcaro)

Assoluzione per insufficienza probatoria nel reato di rissa: mancanza di contrapposizione tra gruppi e motivazione sottesa alla condotta violenta (Giudice Serena Corleto)

Reato di rissa aggravata: esclusione della legittima difesa e responsabilità penale di tutti i partecipanti

Configurazione del reato di rissa e limiti alla legittima difesa nei confronti di condotte attive

Riforma della condanna per rissa aggravata: rideterminazione della pena e limiti alla particolare tenuità del fatto

Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate: conferma della condanna con concessione della non menzione della pena

Rissa sul luogo di lavoro: legittimità del licenziamento disciplinare per condotta incompatibile con il vincolo fiduciario

Rissa: esclusione della responsabilità per chi agisce al solo fine di separare i litiganti.

Partecipazione attiva e reciproca come requisito per la configurabilità del reato di rissa.

La sentenza integrale

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
A. Il G.U.P. del Tribunale di Napoli, con decreto emesso in data 20.7.2012, disponeva il rinvio a giudizio di B.R., C.M., G.A. e F.A. davanti al giudice monocratico della V Sezione Penale affinché rispondessero del reato di rissa aggravata, come in epigrafe contestato.

Alla prima udienza del 30.10.2012 - svoltasi alla presenza degli imputati B.R., G.A. e F.A., nonché nella contumacia di C.M., regolarmente citato e non comparso in giudizio senza addurre alcun impedimento - il processo non poteva essere celebrato per l'assenza dei testi della pubblica accusa.

Alla successiva udienza del 2.4.2013, il processo era rinviato per analogo motivo.

All'udienza celebratasi in data 8.10.2013, dopo la formale dichiarazione di apertura del dibattimento, erano ammesse le prove documentali e orali richieste dalle parti anche ai sensi dell'art. 493, comma 3, c.p.p., tra cui l'annotazione di p.g. redatta il 15.10.2012 da appartenenti al Commissariato P.S. di Napoli-S. Ferdinando. Si procedeva, poi, all'istruttoria dibattimentale mediante l'esame del teste A.B., Assistente in servizio anche all'epoca dei fatti presso il citato Ufficio. Le parti, quindi, rinunciavano concordemente all'esame del teste G.S. e il giudice revocava l'ordinanza ammissiva delle prove relativamente allo stesso. Il processo, infine, era rinviato per l'assenza dell'ultimo teste di cui alla lista del P.M..

Alla successiva udienza del 18.2.2014, il processo non poteva essere celebrato, poiché il difensore degli imputati, nominato ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p., dichiarava di volere aderire all'astensione dalle udienze proclamata dall'O.U.A. il 16.1.2014.

All'udienza del 7.10.2014, il processo era rinviato per l'assenza dell'ultimo teste della pubblica accusa.

Alla successiva udienza del 3.2.2015, si proseguiva nell'istruttoria dibattimentale mediante l'esame di D.C.. Il processo, quindi, era rinviato per l'esame degli imputati.

All'udienza del 15.09.2015, l'istruttoria dibattimentale proseguiva con l'esame dell'imputato G.A.. Il processo, poi, era rinviato per l'esame degli altri imputati.

Alla successiva udienza del 15.3.2016, si proseguiva nell'istruttoria dibattimentale mediante l'esame dell'imputato C.M.. Il giudice, quindi, su richiesta del rappresentante della pubblica accusa disponeva ex art. 513 c.p.p. l'acquisizione del verbale di interrogatorio reso il 17.6.2011 da F.A. presso il Commissariato P.S. di Napoli-S. Ferdinando, su delega del P.M.. Il processo, infine, era rinviato per l'esame dell'ultimo imputato e del teste della difesa.

All'udienza del 3.5.2016, si completava l'istruttoria dibattimentale mediante l'esame di A.C.. Il processo, quindi, era rinviato per la discussione.

Alla successiva udienza del 20.9.2016, il processo non poteva essere celebrato per l'assenza del giudice titolare.

All'udienza del 13.12.2016, svoltasi per la prima volta davanti a questo G.M., si procedeva alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. Le parti reiteravano le loro richieste istruttorie, prestando il consenso all'attività già svolta solo relativamente all'esame degli imputati e del teste della difesa, mentre il giudice emetteva nuovamente ordinanza ammissiva delle prove. Il processo, quindi, era rinviato per l'assenza dei testi della pubblica accusa.

Alla successiva udienza del 2.5.2017, il processo non poteva essere celebrato, poiché i difensori degli imputati dichiaravano di volere aderire all'astensione dalle udienze proclamata dall'Unione Camere Penali Italiane.

All'udienza del 23.6.2017, si procedeva all'istruttoria dibattimentale mediante l'esame del teste A.B., Assistente in servizio anche all'epoca dei fatti presso il Commissariato P.S. di Napoli-S. Ferdinando. Le parti, quindi, rinunciavano concordemente all'esame del teste G.S. e il giudice revocava l'ordinanza ammissiva delle prove relativamente allo stesso. Il processo, infine, era rinviato per l'assenza dell'ultimo teste di cui alla lista del P.M..

Alla successiva udienza del 17.10.2017, si completava l'istruttoria dibattimentale mediante l'esame del teste D.C.. Il processo, quindi, era rinviato per la discussione.

All'odierna udienza, dichiarati chiusa l'istruttoria dibattimentale e utilizzabili ai fini della decisione gli atti contenuti nel fascicolo dibattimentale, ha avuto luogo la discussione finale, in cui le parti hanno concluso nei sensi trascritti nel verbale di udienza.

B. Ritiene questo giudicante che, alla stregua delle risultanze processuali emerse dall'espletato dibattimento, non sia sufficiente la prova che il reato ascritto agli imputati sussista.

L'istruttoria dibattimentale è consistita nell'esame di soli tre testi, il primo dei quali è un pubblico ufficiale, che, però, è intervenuto solo quando la rissa era terminata, per cui ha identificato i partecipanti alla stessa in base al racconto dei pochi testi oculari rinvenuti, tra cui D.C.. Tale ultimo teste, sentito al dibattimento, è l'unico che ha permesso una compiuta ricostruzione dei fatti, anche se non si può definire del tutto neutrale, poiché all'epoca dei fatti la C. era collega di lavoro di G.A. e C.M., oltre ad avere avuto una relazione sentimentale con quest'ultimo. Le dichiarazioni di A.C., teste della difesa, sono apparse poco credibili e, in ogni caso, non difformi da quelle rese da D.C.. A tali elementi si deve aggiungere, infine, la versione fornita dagli imputati C.M. e G.A., sovrapponibile a quella dei testi, mentre del tutto inattendibili sono apparse le dichiarazioni di F.A. contenute nel verbale di interrogatorio acquisito agli atti. I referti di pronto soccorso attestanti le lesioni subite da quest'ultimo imputato e da B.R., infine, sono del tutto neutri quanto alle modalità di causazione delle stesse.

Tali elementi hanno permesso di accertare, in punto di fatto, quanto segue.

La sera del quattordici ottobre 2010 l'odierna imputata B.R. si recò presso il ristorante "Rosso Pomodoro", sito sul lungomare di Na., chiedendo di parlare con il direttore G.B., con il quale aveva avuto una relazione sentimentale. Il successivo incontro tra i predetti sfociò in un'accesa discussione, durante la quale la donna iniziò a gridare, insultò e percosse il B., il quale, senza reagire, invitò l'imputata ad allontanarsi. La B., allora, si portò fuori del locale, rimanendo tra i tavoli esterni, iniziando a spingerli unitamente alle sedie e a rompere alcune piante di addobbo che si trovavano in loco.

A questo punto l'altro imputato C.M., cameriere in servizio nell'esercizio commerciale in esame, invitò B.R. a calmarsi, anche perché erano presenti diversi clienti, i quali, spaventati, stavano abbandonando i tavoli. La prevenuta non accennò a calmarsi, ma graffiò sul naso il C., il quale, allora, la spinse fino a farla arretrare.

Improvvisamente intervenne un'altra persona uscita da un'autovettura parcheggiata nelle vicinanze, in seguito identificata nell'altro imputato F.A., il quale colpì con un pugno C.M., determinandone analoga reazione da parte di quest'ultimo, con la successiva caduta e terra di entrambi.

G.A., altro cameriere in servizio al ristorante, intervenne in difesa del collega, "per tirarlo fuori da questa azzuffata" (così pag. 20 del verbale stenotipico della deposizione del teste D.C. all'udienza del 3.2.2015); "per levarmelo di dosso, perché lui mi scaraventò a terra" (così pag. 3 del verbale stenotipico relativo all'esame di C.M. reso all'udienza del 15.3.2016); per cercare "di dividere le persone, non di tirarmi il C., ma calmare un po' le acque togliendo le due persone" (così pag. 7 del verbale stenotipico relativo all'esame di G.A. reso all'udienza del 15.09.2015).

Fu chiamata, infine, la Polizia, la quale intervenne quando la rissa era già finita, trovando B.R. stesa su un tavolo, in attesa dell'intervento dei sanitari.

C. Gli elementi di fatto esposti inducono a considerare non sufficientemente provata la sussistenza del reato ascritto agli imputati.

La costante giurisprudenza di legittimità ha affermato che per la configurabilità del reato di rissa è necessario che "i partecipanti alla rissa devono essere animati dal reciproco intento di recare offesa agli avversari, di tal che, mancando detto elemento caratterizzante - come avviene nel caso in cui uno dei gruppi antagonisti si limita soltanto ad una difesa passiva - il delitto di rissa non sussiste nè a carico degli aggrediti nè a carico degli aggressori, i quali rispondono soltanto delle eventuali conseguenze della loro azione violenta in danno di coloro che si sono limitati a difendersi" (così Cassazione penale, sez. V, 24 febbraio 1992, B. e altro). In altre sentenze si è ribadito, poi, che "ai fini della configurazione del delitto di rissa è necessario che un gruppo di persone in numero superiore a tre venga alle mani con il proposito di ledersi reciprocamente; allorchè invece un gruppo di persone assalga deliberatamente altre, e queste ultime si difendano, non è ravvisabile il delitto di rissa nè a carico degli aggrediti nè a carico degli aggressori, i quali rispondono soltanto delle eventuali conseguenze della loro azione violenta in danno di coloro che si sono limitati a difendersi" (così Cassazione penale, sez. I, 11/12/2007, n. 1476, A. e altro. Cfr., tra le tante in senso conforme, Cassazione penale, sez. V, 13/05/2004, n. 43524, G. e altro) e che "l'illecito di rissa si configura se, nella colluttazione violenta, le fazioni contrapposte sono entrambe animate dalla volontà di arrecare un danno all'incolumità altrui. La fattispecie in esame non è integrata ove uno dei gruppi partecipanti alla contesa ponga in essere condotte finalizzate a resistere all'aggressione o meramente difensive" (così Cassazione penale, sez. V, 16/04/2015, n. 48007, M.D.).

Orbene, nel presente procedimento non sono individuabili due gruppi contrapposti di partecipanti alla rissa, poiché dall'istruttoria dibattimentale, anche volendosi prescindere dalle dichiarazioni degli imputati, è emerso che G.A. è intervenuto solo per separare e dividere F.A. e C.M.. Quanto a quest'ultimo, in base agli atti a disposizione, non si può escludere che lo stesso si sia limitato a difendersi dall'aggressione subita, inizialmente, da B.R. e, successivamente, da F.A..

Quanto ai referti medici in atti, si ritiene che non costituisca prova sufficiente della partecipazione attiva alla rissa la semplice circostanza che alcuni degli odierni imputati hanno riportato delle lesioni, non implicando di per sé un intervento attivo e ben potendo le stesse essere la conseguenza dei colpi ricevuti dai soggetti che cercavano di difendersi o di separare i contendenti.

In conclusione, non è possibile escludere che alcuni degli imputati presenti ai fatti si siano limitati a resistere all'altrui aggressione o a una mera difesa passiva ovvero siano intervenuti per dividere i contendenti venendo a loro volta colpiti, circostanza che esclude la sussistenza del reato.

P.Q.M.
Il G.M., letto l'art. 530, cpv., c.p.p. assolve B.R., C.M., G.A. e F.A. dal reato loro ascritto in rubrica perché il fatto non sussiste.

Così deciso in Napoli, il 9 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2018.

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