Corte appello L'Aquila, 31/05/2018, n.1227
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando il comportamento dell’imputato non si limiti a un mero tentativo di liberarsi, ma consista in un’azione attivamente volta a contrastare l’operato del pubblico ufficiale, integrando anche il dolo specifico richiesto dalla norma. Inoltre, il concorso tra resistenza e lesioni personali può comportare l’aggravante del nesso teleologico quando l’azione violenta eccede la semplice resistenza e provoca lesioni.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del Tribunale di Pescara, pronunciata in data 08.02.2017 B.B. è stato dichiarato colpevole del delitto di resistenza a P.U. contestato in rubrica, in concorso con quello di lesioni volontarie aggravate dal nesso teleologico ed è stato condannato alla pena di mesi nove di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Contro la sentenza ha proposto tempestivo appello, con atto depositato il 30.9.2016, il difensore di ufficio dell'imputato deducendo:
- quanto alla condanna per il capo a) che ingiustamente era stata affermata la penale responsabilità del B.B., essendosi questi limitato a divincolarsi in modo spontaneo ed istintivo e senza alcuna intenzione di costringere il personale operante a compier atti contrari ai doveri di ufficio o ad omettere un atto d'ufficio;
- il difetto del dolo specifico richiesto dalla norma;
- l'insussistenza conseguente della aggravante del nesso teleologico;
- la ricorrenza dei presupposti per assolvere l'imputato almeno ai sensi dell'art. 530 II c.p.p., avendo la teste D. riferito in maniera imprecisa e contraddittoria sull'episodio;
- il contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza pubblicata in relazione alla concessione della sospensione condizionale della pena;
- l'assenza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Instava pertanto per la pronuncia dell'assoluzione dell'imputato dal reato di cui all'art. 337 c.p. con conseguente eliminazione dell'aggravante del nesso teleologico contestata in relazione alle lesioni e quindi declaratoria di non doversi procedere per difetto di querela in relazione a detto ultimo reato. In subordine per la concessione delle attenuanti generiche da considerare prevalenti sulla contestata aggravante, con riduzione al minimo della pena e concessione dei benefici di legge.
All'odierna udienza, assente l'imputato, all'esito della discussione il P.G. ha concluso chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza, mentre la difesa ha insistito per l'accoglimento dei motivi di appello.
Al termine della camera di consiglio, la Corte ha pronunziato la sentenza dando lettura del dispositivo.
L'appello è infondato e va pertanto rigettato.
Contrariamente a quanto assume la difesa, non v'è dubbio che il comportamento dell'imputato, lungi dall'essere consistito nel mero divincolarsi, è stato attivamente rivolto a contrastare l'intervento degli agenti di Polizia Municipale che stavano tentando di impedirgli di continuare a picchiare l'altro soggetto con cui era in corso una rissa nel momento in cui si sono avvicinati.
Sul punto vi è sostanziale uniformità delle deposizioni dei testi esaminati in dibattimento ed addirittura il teste S. riferisce che al momento del suo intervento il B.B. sbatteva la collega D. che cercava di fermarlo da una parte all'altra e che lui è stato colpito violentemente sullo sterno ed il B.B., nel tentativo di divincolarsi, Io faceva cadere a terra e comunque tirava gomitate e testate anche all'indietro per cercare di colpire i colleghi che tentavano di immobilizzarlo.
Deve dunque ritenersi integrata la fattispecie di reato contestata di cui ricorrono gli elementi oggettivo e soggettivo.
Parimenti dimostrato sulla base dell'espletata istruttoria e della documentazione medica prodotta è che gli agenti di polizia intervenuti ed anche un soggetto terzo, abbiano riportate le rispettive lesioni certificate dal Pronto soccorso.
Pacifica è poi la ricorrenza dell'aggravante del nesso teleologico. Infatti come chiarito in giurisprudenza, quando la violenza esercitata nei confronti di un pubblico ufficiale, al fine di opporglisi mentre compie un atto dell'ufficio, eccede il fatto di percosse e volontariamente provoca lesioni personali in danno dell'interessato, si determina il concorso tra il delitto di resistenza e quello di lesioni e per quest'ultimo sussiste l'aggravante della connessione teleologica, a nulla rilevando che reato mezzo e reato fine siano integrati dalla stessa condotta materiale (cfr. Cass. pen. sez. VI, 5-12-2003, Colletti; Cass. pen. sez. I, 14-1-1997, conf., comp. GIP Pret. Firenze; Cass. pen. sez. II, 23-3-1994, conf., comp. GIP Trib. Brescia).
Del tutto equa e rispondente ai criteri di cui all'art. 133 cp. è l'individuazione della pena comminata avuto riguardo alla particolare dinamica dell'azione di resistenza ed alla estrema violenza descritta da tutti i testi intervenuti.
Né l'imputato per le stesse ragioni appare meritevole della concessione delle attenuanti generiche.
Va poi corretto il dispositivo della sentenza pubblicata (in quanto in contrasto con la motivazione e con il dispositivo letto in udienza, con l'inserimento della concessione della sospensione condizionale della pena, trattandosi, all'evidenza di una mera omissione materiale e concesso altresì il beneficio della non menzione della condanna nel certificato giudiziale in presenza dei relativi presupposti.
P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p., in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pescara del 08.02.2017 appellata dall'imputato B.B., concede il beneficio della non menzione.
Conferma del resto.
Visto l'art. 130 c.p.p. dispone che nel dispositivo della sentenza di primo grado, dopo le parole "spese processuali" debba leggersi ed intendersi la frase "pena sospesa".
Motivazione entro il 30.6.2018.
L'Aquila, 09.05.2018