Corte appello Palermo sez. III, 18/05/2017, n.2188
In tema di rissa aggravata ex art. 588, comma 2, c.p., la qualificazione del reato deve considerarsi come una circostanza aggravante ad effetto speciale e non come una fattispecie autonoma di reato. In tali casi, è necessario operare il giudizio di comparazione tra l'aggravante e le eventuali circostanze attenuanti. Inoltre, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata quando la violenza e le modalità dell'azione non consentono di qualificare il fatto come lieve.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con sentenza del 16.06.2015 il Tribunale di Palermo, in composizione monocratica. ha dichiarato (omissis...), (omissis...), (omissis...), (omissis...) ed (omissis...) colpevoli del reato di rissa -commesso il 10.07.2012- e li ha condannati, concesse le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi due di reclusione ciascuno, con esecuzione della stessa sospesa.
Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore di (omissis...) che ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto, anche riconoscendo la scriminante della legittima difesa, ed in subordine il riconoscimento della speciale causa di non punibilità, di cui all'art. 131-bis c.p. ed in ulteriore subordine la concessione delle circostanze attenuanti generiche da ritenere equivalenti all'aggravante contestata, di cui al comma 2 dell'art. 588 c.p., con condanna alla pena della sola multa.
Avverso la sentenza ha proposto appello, anche, il difensore di Figuccia, Norfo, Quattrocchi ed Alaimo che -con il primo motivo- ha chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato e, con il secondo motivo, il riconoscimento della speciale causa di non punibilità, ai sensi dell'art. 131-bis c.p..
Con altro motivo è stato prospettato che il primo Giudice avrebbe errato nel qualificare il reato contestato, ai sensi del secondo comma dell'art. 588 c.p., come fattispecie autonoma di reato e non già come reato con circostanza aggravante ad effetto speciale, sicché avrebbe dovuto procedersi al giudizio di comparazione, con contenimento della pena.
Gli atti di gravame sono fondati, nel senso che deve essere, correttamente, qualificato il reato come contestato, ai sensi del secondo comma dell'art. 588 c.p., non come fattispecie autonoma di reato ma come reato nella forma aggravata, sicché, in considerazione delle già concesse circostanze attenuati generiche, deve effettuarsi il necessario giudizio di bilanciamento, in termini di equivalenza, rideterminandosi la pena nella misura di € 300,00 di multa ciascuno ("In tema di patteggiamento, è illegale la pena applicata dal giudice che, operando il giudizio di bilanciamento tra le circostanze, compari le attenuanti ed una sola delle aggravanti, in quanto l'art. 69 cod. pen. impone di procedere alla simultanea comparizione di tutte le circostanze ritenute. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza in cui, in relazione al reato di rissa aggravata ai sensi dell'art. 588, comma secondo cod. pen., il giudice, dopo aver riconosciuto all'imputato le circostanze attenuanti generiche, aveva effettuato il giudizio di comparazione solo tra queste e la recidiva e non anche con la suddetta aggravante di cui al citato art. 588, comma secondo, cod. pen.)" -Cass. Sez. 5, Sent. n. 24054 del 23/05/2014-; "In tema di applicazione della pena concordata, se è vero che il consenso prestato dalle parti sottrae la sentenza alle censure riguardanti l'entità della pena e le modalità della sua determinazione, è pur vero che l'eccezione a tale principio è rappresentata dalla illegalità pena applicata. (Fattispecie relativa al delitto di rissa aggravata, per il quale, a seguito di concessione delle attenuanti generiche prevalenti, avrebbe dovuto essere applicata la pena pecuniaria e non, come nel caso in esame, quella detentiva. Nell'enunciare il principio sopra riportato, la Suprema Corte ha ricordato che la fattispecie di cui al comma secondo dell'art. 588 cod. pen. costituisce non titolo autonomo di reato, ma circostanza aggravante" - Cass. Sez. 5, Sent. n. 5018 del 19/10/1999-).
Nel resto, devono essere rigettate le altre richieste difensive, tese a conseguire un giudizio assolutorio.
In tal senso, è stato prospettato, nell'interesse dalla (omissis...), che la predetta non avrebbe partecipato alla rissa ma sarebbe rimasta vittima, limitatamente al proprio figlio (omissis...), dell'aggressione, effettuata da un gruppo di soggetti, composto da (omissis...), (omissis...), (omissis...), (omissis...) ed (omissis...).
Il B. si sarebbe recato nell'abitazione del (omissis...), al fine di ottenere la remissione di un debito, precedentemente contratto e lo avrebbe aggredito, in presenza della madre, per il rifiuto oppostogli.
I due congiunti si sarebbero, quindi, portati in strada, per trovare riparo, così sopraggiungendo le forze dell'ordine.
È stato, anche, prospettato, nell'interesse degli altri appellanti, che il carabiniere (omissis...) non avrebbe fornito alcun elemento, in relazione all'apporto dato da ciascuno dei corrissanti ed il carabiniere V. si sarebbe limitato a descrivere una situazione di grande confusione, con insulti reciproci, senza fornire alcuna indicazione circa la condotta tenuta dai singoli imputati.
La contesa avrebbe, comunque, riguardato, solo, il (omissis...) ed il (omissis...) mentre gli altri soggetti sarebbero intervenuti, solo, nel tentativo di interrompere la violenta contesa tra i due soggetti, sicché non sussisterebbe il reato di rissa.
contrariamente a quanto assunto dagli appellanti, invero, la Corte osserva che il carabiniere (omissis...) ha, puntualmente, dichiarato che, giunto sul posto, aveva, da subito, notato due gruppi tra loro contrapposti ("... c'era il P.D. ed il B.P., che litigavano probabilmente per questioni di soldi, perché sentivamo che uno chiedeva all'altro del denaro e l'altro diceva che li avrebbe dato a poco a poco. Di fatto iniziavano a litigare, proferendo tutti ingiurie e, poi, si è creata la calca, nel senso che tutti si sono azzuffati...").
Dunque, all'inizio, vi erano solo il (omissis...) ed il (omissis...), contrapposti l'uno all'altro, dopodiché gli altri erano intervenuti, per picchiarsi, reciprocamente, riferendo, in particolare, il detto militare che "ci sono stati sputi, spintoni, calci... poi tutti gli altri, anziché dividere, hanno iniziato a colpirsi, e a colpire diciamo le due parti".
Anche le doglianze della (omissis...) devono essere disattese, posto che il predetto carabiniere ha, espressamente, dichiarato che la predetta imputata era stata, dallo stesso, notata, mentre "colpiva con la mano sia il B.P. sia gli amici di quest'ultimo" (pag. 8 della trascrizione), aggiungendo che, per la concitazione del momento e la rapidità del reciproco coinvolgimento nel vortice violento, nello specifico, non si era potuto capire chi avesse percosso chi, anche se, per la (omissis...), è stato precisato che "ha colpito la controparte e le altre persone, che, nel frattempo, si erano messe in mezzo".
Deve, peraltro, essere esclusa l'invocata scriminante della legittima difesa, chiesta per (omissis...), posto che, né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo, e ravvisabile un intervento nella rissa, necessitato per difendere se stessa od il proprio figlio da un grave ed attuale pericolo di un'offesa ingiusta, in considerazione del conclamato animus offendendi, come dichiarato dal carabiniere escusso (vedi, in tal senso, le dichiarazioni del testi (omissis...) e (omissis...), il quale, peraltro, ha riferito che i contendenti si tiravano i capelli, si davano schiaffi e pugni, reciprocamente, gli uni contro gli altri ("praticamente fra di loro si sono picchiati tutti quanti").
Contrariamente, dunque, a quanto assunto dall'appellante, non può trovare spazio l'invocata scriminante della legittima difesa, che, peraltro, è tendenzialmente incompatibile con il delitto di rissa, non essendo risultata alcuna condotta derogatrice, attesa la volontaria e reciproca aggressione, caduta sotto la percezione visiva dei carabinieri intervenuti sul posto ("È inapplicabile al reato di rissa la causa di giustificazione della legittima difesa, considerato che i corrissanti sono ordinariamente animati dall'intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non può dirsi necessitata; essa può, tuttavia, essere eccezionalmente riconosciuta quando, sussistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata un'azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un'offesa che, per essere diversa a più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta" -Cass. Sez. 5, Sent. n. 32381 del 19/02/2015-).
Inoltre, le lesioni riportate da taluno dimostrano -senza dubbio alcuno- la cosciente e volontaria partecipazione all'aggressione reciproca, senza che alcuno dei partecipi tosse animato dall'intento di dissuadere dalla colluttazione e, anzi, non disdegnavano il coinvolgimento attivo, sorretto dal reciproco animus offendendi ("per la configurazione del reato di rissa è necessario e sufficiente che, nella violenta contesa, vi siano gruppi contrapposti, con volontà vicendevole di attentare all'altrui incolumità personale" Cass. Sez. 6, Sentenza n. 24630 del 15.5.2012), essendo irrilevante, ai fini della sussistenza del reato, accertare chi per primo sia passato alle vie di fatto "una volta accertata l'intenzione offensiva di tutti i contendenti" (vedi Cass. Sez. V, 84/164470).
Ciò detto, deve ritenersi provato, con il grado di certezza che si richiede, il reato di rissa, come contestato a tutti gli odierni appellanti, non potendosi ritenere la speciale causa di non punibilità, prevista dall'art. 131-bis del codice penale.
Invero, non può essere riconosciuta la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, sia perché gli elementi offerti non sono apprezzabili in tal senso (" In tema di particolare tenuità del fatto, l'art. 131-bis cod. pen. individua un limite negativo alla punibilità del fatto medesimo, la prova della cui ricorrenza è demandata all'imputato, tenuto ad allegare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l'indicazione di elementi specifici "-Cass. Sez. 2, Sent. n. 32989 del 10/04/2015-) sia perché non ne ricorrono i presupposti, atteso che gli imputati, invero, hanno commesso il fatto con le modalità sopra descritte, con violenza alla persona.
Dunque, non può ritenersi il fatto lieve, avuto riguardo, proprio, alle modalità del fatto ed all'entità complessiva dei danni cagionati ("L'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l'esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto "-Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39806 del 24/06/2015-).
Pertanto, deve essere parzialmente riformata l'impugnata sentenza, nei termini sopra precisati.
P.Q.M.
Letti gli artt. 605 e 592 c.p.p.;
in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, in data 16.06.2015, appellata da (omissis...), (omissis...), (omissis...), (omissis...) ed (omissis...), ritenute le concesse circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, di cui al secondo comma dell'art. 588 c.p., ridetermina pena in € 300,00 di multa ciascuno e conferma nel resto l'impugnata sentenza.
Visto l'art. 544, comma terzo, c.p.p.;
indica in giorni trenta il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Palermo, il 12 maggio 2017.
Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2017.