Tribunale Trieste, 17/08/2023, n.969
La ritrattazione della persona offesa deve essere valutata alla luce delle dichiarazioni rese nell'immediatezza del fatto, le quali, se coerenti e spontanee, prevalgono su versioni successive contraddittorie.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta emesso in data 04/05/2022, Fa.AL. veniva tratto a giudizio avanti all'intestato Tribunale per rispondere del reato di lesioni personali dolose pluriaggravate, come meglio descritto in rubrica. Alla prima udienza del 07/10/2022, dichiarata l'assenza dell'imputato (che aveva ricevuto la notifica in mani proprie), il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento.
Alla successiva udienza del 10/02/2023 l'imputato compariva e si procedeva all'istruzione della causa mediante l'esame dei testimoni Si.CI. e Gl.BA.
All'udienza del 12/05/2023 era la volta delle testimoni Pa.BR. e Ma.FE.
All'esito, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, le parti discutevano la causa concludendo come da verbale di udienza e il Tribunale pronunciava sentenza di condanna come da dispositivo.
Il difensore, in forza di procura speciale, prestava per conto dell'imputato il consenso all'applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità . Il Tribunale delegava gli opportuni approfondimenti all'U.E.P.E., anche per l'eventuale elaborazione di un programma mirato, rinviando la decisione sulla sostituzione della pena detentiva.
Da ultimo, all'udienza del 07/07/2023, sulla base della relazione trasmessa dall'U.E.P.E. il Tribunale sostituiva la pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità .
Motivi della decisione
Deve essere pronunciata sentenza di condanna nei confronti dell'imputato in ordine al delitto a lui ascritto in rubrica.
1. Fatto e risultanze istruttorie.
Pa.BR. ha dichiarato in dibattimento che la sera del 02/12/2021 aveva accompagnato la Figlia quattordicenne Asia presso il padre Fa.AL., il quale viveva insieme ad una nuova compagna, Gl.BA., in una abitazione sita a Trieste in Via (…).
Circa due ore dopo, però, la BA. l'aveva chiamata al telefono, riferendole in lacrime che l'AL. nel corso di una lite l'aveva aggredita fisicamente, spintonandola e colpendola alla bocca con il telefono così da cagionarle una ferita al labbro.
Nonostante l'espresso invito rivoltole dalla BA. a non chiamare la polizia poiché intimorita dall'AL., la BR., data la presenza nell'abitazione della figlia, aveva sollecitato l'intervento delle forze dell'ordine e si era precipitata sotto l'abitazione dell'imputato, dove aveva trovato la BA. sulla strada, ancora in lacrime e con un labbro lesionato.
La BR. ha aggiunto che la BA. già in precedenza le aveva riferito di un episodio di violenza subito per mano dell'AL., il quale l'aveva colpita con un pugno.
Del resto, l'AL., durante la loro relazione intercorsa tra il 2005 e il 2013, si era più volte dimostrato violento anche nei confronti della stessa BR., la quale, subito dopo la loro separazione, era stata vittima pure di condotte persecutorie da parte dell'imputato.
Ad ogni modo, dopo qualche minuto dal suo arrivo, l'imputato era sceso in strada, cercando insistentemente di convincere la BA. a rientrare in casa, nonché insultando e minacciando la BR., cui aveva anche sputato in faccia per aver chiamato la polizia.
Sul posto era quindi giunta una volante della Polizia di Stato, che, oltre a raccogliere le sommarie informazioni e registrare un comportamento ondivago e combattuto della BA. nei confronti dell'AL., aveva constatato un rigonfiamento al labbro della persona offesa (cfr. deposizione ag. sv. CI.).
FE., operatrice del centro antiviolenza G.O.A.P., ha dichiarato che a seguito dell'episodio oggetto di contestazione, la BA. aveva contattato il suddetto centro per chiedere aiuto e sostegno.
Il 03/12/2021, ovvero il giorno dopo il fatto, la FE. aveva ricevuto la BA. e notato il taglio al labbro.
La persona offesa le aveva quindi confidato di essere molto spaventata, poiché il compagno-convivente, che nell'ultimo anno l'aveva colpita in altre due occasioni, il giorno precedente l'aveva nuovamente aggredita, scagliandole contro il telefono cellulare e cagionandole la lesione al labbro.
In particolare, all'apice di un litigio avviato dallo stesso AL. per futili motivi, quest'ultimo, dopo aver afferrato il telefono che ella teneva in mano davanti al volto per proteggersi, glielo aveva premuto addosso, accompagnando il gesto con le parole: "Questo te lo faccio mangiare!"
La BA. aveva quindi chiamato la BR. affinché venisse a riprendere la figlia; poi, su richiesta di quest'ultima, era intervenuta anche la polizia. Allontanatasi la volante, l'uomo aveva fatto rientro in casa, minacciando pesantemente la BA. per l'accaduto.
A seguito del racconto della donna, il G.O.A.P. l'aveva quindi collocata per qualche giorno in una casa protetta.
Sentita in dibattimento, la persona offesa Gloria BA. ha cercato di ritrattare quanto dichiarato nell'immediatezza del fatto, ammettendo che il 02/12/2021 aveva avuto un vivace litigio con l'AL., ma sostenendo che lo stesso era rimasto sul piano meramente verbale e nell'occasione non aveva riportato alcuna lesione, essendosi lesionata il labbro in altre circostanze non meglio chiarite.
2. Valutazione della prova e qualificazione giuridica.
Così ricostruite le emergenze dibattimentali appare ampiamente provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine al delitto a lui ascritto in rubrica. Quanto accaduto tra le mura domestiche la sera del 02/12/2021 è stato puntualmente, dettagliatamente, logicamente e coerentemente riferito dalla persona offesa a ridosso del fatto, dapprima alla BR., poi agli agenti di polizia giunti sul posto e, infine, il giorno dopo, all'operatrice del centro antiviolenza, contattato dalla stessa BA.
Tale versione, indubbiamente spontanea e veritiera proprio perché resa sulla base della spinta emotiva del momento, trova riscontro estrinseco nella lesione al labbro notata da tutti i soggetti terzi entrati in contatto visivo con la persona offesa (la BR., l'ag. sc. CI., l'operatrice del G.O.A.P.). Viceversa, appare manifestamente non credibile la diversa versione del fatto resa dalla persona offesa in dibattimento, poiché confusa, illogica e contraddittoria:
posta di fronte alle contestazioni del pubblico ministero rispetto al contenuto delle prime sommarie informazioni, la BA. non è riuscita a dare una plausibile giustificazione circa l'asserita falsità della prima versione, imputandola ad un fantomatico stato confusionale, peraltro non registrato da nessuno dei testimoni terzi;
la persona offesa non ha saputo dare una giustificazione credibile alla lesione del labbro, dapprima illogicamente attribuita ad un diverso episodio e poi ad una causa non meglio precisata ma comunque estranea alla lite;
infine, la ricostruzione dibattimentale della BA. si pone in insanabile contrasto logico con i comportamenti dalla stessa tenuti subito dopo il fatto, ovvero quello di chiamare in lacrime la BR.; di confermare l'aggressione ai poliziotti; infine, di contattare il G.OA.P. e riparare in una casa protetta per alcuni giorni.
Risulta, quindi, palese la natura mendace della ritrattazione dibattimentale della BA., volta evidentemente a preservare l'AL., con il quale nel frattempo è tornata a convivere, dalle conseguenze penali della propria condotta. Sussiste, pertanto, il delitto di lesioni personali dolose, doppiamente aggravato dall'aver commesso il fatto ai danni della compagna convivente e dall'uso di un oggetto atto ad offendere (il telefono cellulare), circostanza quest'ultima che rende il reato procedibile d'ufficio.
Il delitto è stato inequivocabilmente sorretto dal dolo lesivo, come dimostrano le parole con cui l'AL. ha accompagnato il gesto: "Questo te lo faccio mangiare!"
Deve trovare applicazione la contestata recidiva specifica e infraquinquennale: l'AL. - tra gli altri - è stato più volte condannato per reati con violenza alla persona (resistenza a pubblico ufficiale, rissa), l'ultimo dei quali con sentenza divenuta irrevocabile il 28/07/2017, a riprova dell'indole violenta del prevenuto indicativa di una accresciuta pericolosità sociale e colpevolezza. Viceversa, non vi è alcuna ragione che giustifichi il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: seppur molto lieve sotto il profilo del danno, il reato si colora di gravità per essere l'ultima manifestazione di una consolidata tendenza dell'AL. a compiere atti di violenza di genere nei confronti delle proprie compagne (nel corso del dibattimento sono stati riferiti almeno altri tre episodi). Contro l'AL. muove anche il comportamento tenuto dopo il fatto, avendo lo stesso aggredito con insulti e minacce sia la BR. che la BA.
Trattamento sanzionatolo Valutati i criteri stabiliti dall'art. 133 c.p., risulta pena congrua quella pari a mesi 10 di reclusione, così determinata: - pena base: mesi 6 di reclusione;
- pena aumentata per la recidiva specifica e infraquinquennale (art. 99 co. 3 c.p.): mesi 9 di reclusione;
- pena aumentata per la circostanza aggravante dell'uso di un'arma (585 c.p.): mesi 9 giorni 15 di reclusione;
- pena aumentata per aver commesso il fatto nei confronti di persona stabilmente convivente (art. 585-577 co. 1 n. 1 c.p.): mesi 10 di reclusione.
I plurimi precedenti penali dell'AL., letti alla luce dell'indole violenta e prevaricatrice nei confronti del genere femminile, impediscono una prognosi positiva in ordine alla futura astensione dalla commissione di ulteriori reati. Tuttavia, la natura lievissima delle lesioni cagionate rende più proporzionata, anche in un'ottica di rieducazione e risocializzazione dell'AL., la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità , purché accompagnata da un percorso psicologico mirato alla prevenzione della violenza di genere, così come meglio precisato in parte dispositiva.
Alla condanna consegue ai sensi dell'art. 535 c.p.p. il pagamento delle spese processuali.
Data la natura della vicenda processuale e il carico del ruolo risulta termine congruo per la redazione della motivazione quello pari a giorni 60.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara AL.Fa. colpevole del reato a lui ascritto in rubrica e, applicata la contestata recidiva specifica e infraquinquennale, lo condanna alla pena di mesi 10 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 545-bis c.p.p., 53 e ss. e 56-bis della L. n. 689/1981,
sostituisce la pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità per la durata di mesi 10, pari a 600 ore, da svolgersi presso (…) con sede a Trieste in (…), e per l'effetto;
dispone che il condannato svolga detto lavoro secondo gli orari e le modalità da concordare specificamente con l'ente e l'U.E.P.E., comunque con orario settimanale compreso tra 6 e 15 ore e con limite massimo giornaliero di 8 ore, nel rispetto del programma redatto dal medesimo ente comprensivo di un percorso valutativo di tipo psicologico con successivo percorso mirato con l'Associazione (…).
Visto l'art. 56-ter della L. n. 689/1981, prescrive all'imputato:
1. di non detenere o portare a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;
2. di non frequentare, senza giustificato motivo, pregiudicati, soggetti sottoposti a misure di sicurezza o di prevenzione o comunque persone che lo espongano al rischio di commissione di reati, salvo si tratti dei familiari o di altre persone stabilmente conviventi;
3. di permanere all'interno del territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia;
4. di conservare e portare sempre con sé e presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia copia del presente provvedimento (e di eventuali modifiche) e un documento di identificazione;
e dispone il ritiro del passaporto e la sospensione di validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente.
Visto l'art. 66 della L. n. 689/1981, avverte il condannato al lavoro di pubblica utilità sostitutivo che, in caso di violazioni di legge o di violazioni gravi e reiterate degli obblighi e delle prescrizioni, la pena sostitutiva potrà essere revocata con conversione del residuo nella pena detentiva sostituita ovvero aggravato nella semilibertà o nella detenzione domiciliare sostitutive.
Le FF.OO. e l'U.E.P.E. segnaleranno immediatamente al giudice che ha applicato il lavoro di pubblica utilità ogni eventuale inadempimento agli obblighi o violazione delle prescrizioni.
Visti gli artt. 63 e 65 della L. n. 689/1981,
incarica l'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Trieste della verifica circa l'effettivo svolgimento del programma del lavoro di pubblica utilità e dispone la trasmissione per estratto al suddetto ufficio e all'ente sopra indicato della presente sentenza non appena divenuta irrevocabile.
Visto l'art. 544, co. 3, c.p.p.,
indica il termine di giorni 60 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Trieste il 12 maggio e il 7 luglio 2023.
Depositata in Cancelleria il 17 agosto 2023.