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Fattura per operazione inesistente: confermata la responsabilità, esclusa la recidiva e ridotta la pena

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Corte appello Ancona, 21/06/2022, n.834

Principio di diritto:
L’utilizzo di una fattura emessa per operazione inesistente è configurabile anche in presenza di errori formali nei documenti, se dalle prove emerge che l’operazione commerciale non è mai avvenuta. La contestata recidiva può essere esclusa in presenza di un unico precedente specifico risalente nel tempo, non sufficiente a dimostrare una maggiore pericolosità sociale dell’imputato.

Sintesi della sentenza:
La Corte d’Appello di Ancona ha confermato la condanna per l’utilizzo di una fattura relativa a un carrello elevatore emessa per un’operazione inesistente, rigettando l’eccezione di prescrizione e le richieste di assoluzione. Dalle indagini è emerso che il bene in questione non è mai stato di proprietà del venditore indicato in fattura, ma era stato concesso in comodato gratuito all’imputato. La Corte ha escluso la recidiva per l’assenza di elementi indicativi di una maggiore pericolosità sociale e ha ridotto la pena a un anno e nove mesi di reclusione, mantenendo inalterate le altre statuizioni.

Emissione di fatture per operazioni inesistenti: responsabilità penale e accertamenti tributari

Dichiarazione fraudolenta e interposizione fittizia: condanna di titolare formale e dominus effettivo

Assoluzione e onere della prova nell’utilizzo di fatture sospette.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e rilevanza del pagamento del debito tributario.

Prescrizione del reato e revoca della confisca per equivalente di natura sanzionatoria in caso di fatti antecedenti all’introduzione dell’art. 578-bis c.p.p.

Dichiarazione fraudolenta con utilizzo di fatture inesistenti: responsabilità e dolo specifico nell'elusione fiscale

Prova dell'emissione di fatture per operazioni inesistenti e limiti di responsabilità penale

Fatture per operazioni inesistenti e configurabilità del reato di riciclaggio

Assenza di prova sull’inesistenza giuridica delle operazioni sottostanti alle fatture e assoluzione per insussistenza dei fatti

Le presunzioni tributarie non costituiscono prova automatica dell’illecito penale e devono essere corroborate da elementi concreti

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La difesa, limitatamente alla ritenuta falsità della fattura, ha contestato il percorso argomentativo e le prove poste dal giudice di prime cure a fondamento delle proprie decisioni e ha chiesto in via principale l'assoluzione del proprio assistito, anche ex art. 530 comma 2 c.p.p., in quanto il giudice avrebbe fondato il proprio convincimento su accertamenti riguardanti un carrello elevatore avente numero di matricola ((omissis)) differente rispetto a quello oggetto della fattura (516024005336).

Secondo la difesa la differenza tra detti numeri di matricola non potrebbe essere giustificata da un mero errore materiale, atteso che il carrello, in tutta la documentazione relativa ai vari passaggi di proprietà di cui agli atti del procedimento, è stato identificato sempre con il primo dei due numeri di matricola di cui si è detto e non con quello indicato in fattura, venendo così sostanzialmente a mancare la prova che si trattasse dello stesso bene.

In subordine è stata chiesta la disapplicazione della recidiva e, in ogni caso, la riduzione della pena e la concessione dei benefici di legge.

Con motivi aggiunti depositati in data 3.5.2022, il nuovo difensore dell'imputato ha chiesto preliminarmente la riunione del procedimento con quello rubricato al n. R.G.C.A. 1411/2020, sempre pendente innanzi a questa Corte, con udienza fissata per il 30.6.2022, essendo i fatti avvinti dalla continuazione e, in via principale, emettersi sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione con riferimento alla condotta commessa in data 28.9.2011.

In subordine si è insistito per la concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p.

Per l'udienza del 19.5.2022 il P.G. ha chiesto per iscritto la conferma della sentenza di I grado e la difesa accogliersi i sopra compendiati motivi di appello.

La Corte non ha accolto la richiesta di riunione per i motivi già espressi nel relativo verbale d'udienza.

Ritenuto che l'impugnazione meriti accoglimento nei soli limiti di cui al dispositivo, essendo la responsabilità dell'imputato in ordine al delitto a lui ascritto stata riconosciuta ed affermata dal giudice di prime cure sulla base di valutazioni congrue, logiche, aderenti al materiale istruttorio raccolto e atte a sorreggere il percorso argomentativo seguito, onde non può che richiamarsi in parte qua la motivazione della gravata sentenza, non senza osservare quanto segue a confutazione dei motivi di appello.

All'esito del procedimento di primo grado è stato accertato che l'imputato ha portato in detrazione, quale costo, in plurime annualità fiscali, una fattura emessa a fronte di un'operazione inesistente, atteso che l'asserito venditore del carrello elevatore, An. Ca., non è mai stato proprietario dello stesso.

È stato, invece, pacificamente provato che il muletto era stato dato in comodato d'uso gratuito all'imputato dalla società proprietaria, Fa. Ca. S.r.l., che poi aveva riavuto il bene in restituzione.

Più precisamente, dalle indagini svolte dalla G.d.F. sul bene di che trattasi (cfr. deposizione teste Fa.) è emerso che il carrello elevatore marca (omissis) modello (omissis) con n. di matricola (omissis) è stato prodotto dalla società tedesca "ST. Gm." e poi, in data 8.4.2003, venduto come usato alla società Eu. Ca. s.r.l. di (omissis).

Quest'ultima società ha ceduto il muletto alla società Co. Lu. snc, la quale, a sua volta, in data 30.9.2003, l'ha venduto alla Fa. Ca. s.r.l. di (omissis) al prezzo di Euro 8.000.

Negli anni successivi, la Fa. Ca. ha noleggiato il carrello a varie aziende, fino a quando, nel 2007, stante l'ormai modestissimo valore del bene, lo ha concedesse in comodato d'uso gratuito alla Sa. s.r.l. del Mo., la quale, come contropartita, si è impegnata a corrispondere le spese per la manutenzione ordinaria, che continuava ad essere effettuata dalla Fa. Ca..

Nel 2013, a fronte delle gravi difficoltà nei pagamenti da parte della Sa., la Fa. Ca. ha sospeso l'esecuzione della manutenzione e nel giugno del 2014 si è rivolta a uno studio legale per ottenere la restituzione del carrello, carrello che è stato effettivamente reso dal Mo.

In un simile contesto nessun credito può essere attribuito alla tesi, prospettata dalla difesa, secondo cui il carrello elevatore oggetto della fattura portata in detrazione sarebbe differente rispetto a quello acquistato dalla Fa. Ca. e dato alla Sa. in comodato d'uso, in quanto i muletti di cui si discute sono della stessa marca e dello stesso modello e i relativi numeri di matricola, composti da una sequenza numerica di dieci numeri, differiscono solamente per la cifra iniziale (un sei anziché un cinque).

A tal riguardo risulta decisiva la deposizione del teste Co. An., legale rappresentante della Fa. Ca., il quale ha confermato che il carrello acquistato e poi dato in comodato d'uso a Ma. Mo. aveva numero di matricola (omissis) sebbene in fattura sia stato erroneamente riportato il numero di matricola (omissis), specificando "probabilmente c'è stato un errore di scrittura, ma la macchina comunque è quella" (cfr. deposizione teste Co.).

Inoltre non corrisponde al vero che, nei vari passaggi di proprietà, il carrello è sempre stato identificato con il numero di matricola che inizia con il numero sei, atteso che, al contrario, è stato correttamente riportato il numero di serie (omissis) sia nella documentazione riguardante l'originario atto di vendita tra la società tedesca e la Eu. Ca. srl, sia nella missiva inviata dal legale della Fa. Ca. alla Sa. srl per ottenerne la restituzione (cfr. documenti depositati dal PM all'udienza del 4.4.2019 pagg. 15 e 39)

A ciò si aggiunga che l'asserito venditore, Ca. An., non è stato in grado di esibire alcuna fattura di acquisto del carrello elevatore in oggetto e che la sua ditta, fittiziamente operante nel settore del commercio all'ingrosso di carta, cartone e articoli di cartoleria, era assolutamente priva di stabile organizzazione aziendale, di sedi, di personale e di beni strumentali (cfr. deposizione teste Brig.Ca Pe.).

Tali elementi appaiono inequivocabilmente indicativi della circostanza che la fattura di cui al capo di imputazione sia stata emessa a fronte di un'operazione inesistente.

Del resto, appare difficile ritenere che l'imputato, il quale dal 2007 si trovava già nella disponibilità di un carrello elevatore a titolo gratuito, nel 2010 si sia determinato ad acquistarne un altro della stessa marca, dello stesso modello e di un quasi uguale numero di matricola al prezzo di Euro 30.600,00.

In ogni caso, a fronte della accertata circostanza per cui nel 2014 la Sa. s.r.l. non era più in possesso del carrello elevatore immatricolato con il n. (omissis), la difesa non ha fornito alcuna indicazione su quale sia stata la sorte di tale carrello (se ad es. sia stato venduto ad un'altra società, se sia stato dismesso ecc.).

L'eccezione di intervenuta prescrizione della condotta commessa il 28.9.2011 risulta infondata.

Deve infatti rilevarsi che il termine ordinario di prescrizione di dieci anni di cui al combinato disposto degli artt. 157,160 ult. Co. e 161 c.p.p. e 17, co. 1 bis, D.lgs. 74/2000, andava a scadere il 28.9.2021, ma tenuto conto delle sospensioni per complessivi anni uno e giorni tre - derivanti dalla normativa per il sisma verificatosi nella Regione Marche dal 16.2.2017 sino al 5.10.2017 (7 mm e 21 gg) e dall'astensione dei difensori all'udienza del 22.11.2018 rinviata al 4.4.2019 (4 mm e 12 gg), la condotta illecita in esame si prescriverà solo l'1.10.2022.

Non risulta applicabile l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., posto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la condotta commessa in data 28.9.2011 non è prescritta e, in ogni caso, la concessione della circostanza in parola presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, circostanza che obiettivamente non può riferirsi al danno cagionato dal Mo., che si è sostanziato in migliaia di Euro.

Si ritiene, invece, di poter disapplicare la recidiva, atteso che a carico dell'imputato figura un unico precedente specifico per un fatto risalente nel tempo (anno 2005), sicché il nuovo reato non denota una maggiore colpevolezza o pericolosità sociale del soggetto agente.

Le richieste relative al trattamento sanzionatorio sono manifestamente inammissibili per la totale mancanza di motivi a loro sostegno e, in ogni caso, infondate, in quanto il precedente di cui si è detto e la non esiguità del danno cagionato alla p.o. non consentono, in assenza di pregnanti elementi positivi di tipo diverso (che non sono stati indicati neppure dalla difesa, né emergono dal carteggio processuale), di ritenere l'imputato meritevole della concessione delle circostanze generiche e del beneficio di cui all'art. 175 c.p.

La disapplicazione della recidiva impone, nondimeno, la rideterminazione della pena inflitta come seguente: p.b. anni uno e mesi sei di reclusione, aumentata come in dispositivo per la continuazione rispetto alle condotte illecite del 26.09.2012, del 18.09.2013 e del 26.09.2014 (mesi uno ciascuna, sempre in considerazione dell'esclusione della recidiva).

P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p.,

in parziale riforma della sentenza impugnata, dispone non tenersi conto della contestata recidiva e riduce la pena inflitta ad anni uno e mesi nove di reclusione.

Conferma nel resto

Motivazione in novanta giorni.

Così deciso in Ancona, il 19 maggio 2022

Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2022

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