Tribunale , Vicenza , sez. I , 08/02/2024 , n. 3797
Costituisce appropriazione indebita la condotta del detentore che, avendo ricevuto beni per motivi di lavoro, omette di restituirli entro il termine pattuito, dimostrando un'oggettiva interversione del possesso e agendo con dolo specifico per conseguire un ingiusto profitto.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
A seguito dell'intervenuta regolare notifica del decreto di citazione a giudizio, l'odierno imputato, generalizzato come in atti, veniva citato a comparire avanti l'intestato Tribunale, in composizione monocratica, all'udienza del 17.09.2021 ad ore 12.30.
Dichiarata l'assenza dell'odierno prevenuto e aperto il dibattimento, venivano ammesse le prove richieste dalle parti e veniva fissata, avanti l'odierno giudicante, l'udienza del 23.05.2022 ad ore 12.15 per l'intera istruttoria. Stante il legittimo impedimento del difensore dell'imputato in quanto risultato positivo al Covid, il procedimento veniva rinviato, con sospensione dei termini della prescrizione, all'udienza del 16.01.2023 ad ore 11.00, autorizzando il P.M. alla citazione del teste Pi.Al., non comparso.
Con il consenso delle parti, venivano acquisiti e dichiarati utilizzabili gli atti ed i documenti presenti nel fascicolo del P.M. e, in accoglimento dell'istanza di quest'ultimo e alla luce della documentazione prodotta dalla difesa, veniva fissata per l'audizione della persona offesa, non comparsa, l'udienza del 10.07.2023 ad ore 13.30, con l'espresso avvertimento che, in caso di sua mancata comparizione, la stessa verrà ritenuta quale remissione tacita di querela. Si procedeva, quindi, all'esame, in qualità di teste, del sig. Pi.Al., persona offesa, e il procedimento veniva rinviato all'udienza del 27.11.2023 ad ore 14.00 per dare la possibilità alla difesa, così come richiesto, di produrre apposita ulteriore documentazione in ordine all'intervenuta spedizione e consegna della merce di proprietà della (…) s.r.l.
Stante il legittimo impedimento del difensore dell'imputato, il procedimento veniva rinviato al 22.01.2024 ad ore 14.30 per i medesimi incombenti. Veniva, altresì, fissata per i medesimi incombenti l'udienza del 13.05.2024 ad ore 11.00, disponendo altresì l'audizione della persona offesa in ordine all'intervenuto trasporto effettuato dalla ditta Bartolini e relativa consegna della merce meglio indicata nel documento di trasporto di data 23.04.19 ed acquisito in atti. Vista l'ennesima mancata comparizione del difensore di fiducia, si procedeva alla nomina ex art. 96 IV comma c.p.p. di un sostituto processuale e veniva disposto un nuovo esame della persona offesa in ordine alla documentazione prodotta dalla difesa in data 16.01.2024 ed il procedimento veniva rinviato al 27.05. 2024 ad ore 11,00 per la chiusura dell'istruttoria e la discussione, mandando alla Cancelleria la notifica del verbale d'udienza al difensore di fiducia, non comparso senza alcuna giustificazione.
Alla presenza del difensore di fiducia dell'imputato veniva chiusa l'istruttoria e, sentite le conclusioni delle parti, veniva data lettura al dispositivo della presente sentenza con riserva di depositare la relativa motivazione nei termini di legge.
Pu.Ro. risulta essere imputato del reato di cui "all'art 646 c.p." perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, avendo ricevuto dalla società (…) s.r.l. quale agente addetto alla vendita, in data 24.09.2018 un campionario costituito da 981 gr di monili in argento per un valore di euro 1.987,00 e in data 27.12.2018 un campionario costituito da 870 gr. di monili in argento per un valore di 6.622,00, se ne appropriava. Reato commesso in Vicenza il 10.04.2019 e con la recidiva ex art. 99 comma 4, II ipotesi c.p.
Dall'istruttoria dibattimentale e dall'analisi degli atti e documenti acquisiti nel fascicolo di causa risulta provata, senza dubbio alcuno, la penale responsabilità dell'odierno prevenuto in ordine ai fatti di reato meglio descritti nel suindicato capo d'imputazione.
Al Pu., infatti, nella sua qualità di agente addetto alle vendite, risulta essere stata consegnata dalla società (…) s.r.l., in data 24.09.18, il campionario costituito da monili in argento per un valore di euro 1.987,00 nonché, in data 27.12.2018, altro campionario di monili in argento per un valore di euro 6.622,00 (cfr. documenti di trasporto e atto di querela in atti acquisiti con il consenso delle parti). Nonostante la richiesta di restituzione del campionario, restituzione che doveva avvenire entro il 10.04.19 (cfr. raccomandata di data 02.04.19 in atti), non risulta che l'imputato abbia restituito la merce oggetto del presente capo d'imputazione.
Infatti, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, la merce restituita dall'imputato di cui al documento di trasporto n. 2 di data 23.04.19 è sicuramente diversa da quella oggetto del capo d'imputazione, consegnata allo stesso con i documenti di trasporto di data 24.09.18 e
27.12.18, come del resto precisato anche dal sig. Pi. (cfr. verbale d'udienza del 16.01.2024 e del 13.05.2024). Ciò trova conferma anche dall'analisi del documento di trasporto n. 02 di data 23.04.19 prodotto dalla difesa: la merce restituita riguarda, infatti, i documenti di trasporto della (…) s.r.l. nn. 69 e 70 del 28.01.19 e non quelli, sicuramente diversi, con cui veniva consegnata all'imputato la merce oggetto del succitato capo d'imputazione.
A parere dell'odierno giudicante, quindi, risulta provato che, dopo il ricevimento della raccomandata di data
02.04.19, il Pu. non abbia provveduto a restituire, in toto, il campionario di cui ai sopracitati documenti di trasporto di data 24.09.18 e 23.12.18.
Risulta, infatti, provato, anche alla luce della documentazione in atti, che l'imputato - come ribadito dalla persona offesa anche in sede di istruttoria dibattimentale - dopo la diffida del 02.04.19, non abbia provveduto a restituire interamente la merce di cui ai documenti di trasporto meglio indicati nel capo d'imputazione.
Come risulta anche dall'esame dell'atto di querela in atti , infatti, l'imputato ha restituito alla (…), con il documento di trasporto n. 1 di data 19.01.19 e sicuramente prima del dell'intervenuta messa in mora, solo parte (gr.564) della merce di cui al capo d'imputazione, il cui valore complessivo è stato calcolato in base al peso e non al singolo prezzo , in complessivi euro 8.609,00, di cui euro 1.987,00 relativi alla fornitura del 24.09.18 ed euro 6.622,00 di cui al documento di trasporto di data 27.12.2018.
Ciò trova conferma dalle dichiarazioni rese dalla parte offesa, le quali risultano del tutto attendibili e suffragate anche dalla documentazione in atti.
Integra, infatti, il delitto di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) l'omessa restituzione della cosa da parte del detentore al legittimo proprietario, rilevandosi dal comportamento tenuto dal detentore un'oggettiva interversione del possesso (Cass. pen., sez. II, 21.03.2013, n. 13797).
La sussistenza del reato di appropriazione indebita risulta provata anche sotto l'elemento soggettivo: l'imputato con coscienza e volontà si è appropriato del campionario dallo stesso detenuto per ragioni di lavoro, sapendo di agire senza averne diritto e allo scopo di ottenere una illegittima utilità.
Del resto, dall'istruttoria dibattimentale, non sono emerse ipotesi alternative dei fatti diversa da quella risultante dalle suindicate risultanze istruttorie, dato che l'imputato ha scelto di rimanere assente e, quindi, ha rinunciato di prospettare una sua versione dei fatti. A parere dell'odierno giudicante, infatti, la penale responsabilità trova piena conferma nei documenti in atti e nelle dichiarazioni della persona offesa, che a detta della giurisprudenza possono esser assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell'imputato (cfr. ex plurimis, Cass. n. 4343/14).
In ordine alla quantificazione della pena, tenuto conto di quanto disposto dall'art. 133 c.p., della natura del reato, delle modalità dell'azione, delle conseguenze della condotta e del danno nonché dell'intensità del dolo si ritiene equo condannare Pu.Ro., come in atti generalizzato, ritenuta l'equivalenza tra la contestata recidiva e le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., alla pena finale di anni mesi sei di reclusione ed euro 1.400,00 di multa, così determinata: mesi sei di reclusione ed euro 1.400,00 di multa (pena base e finale). Segue per legge il pagamento delle spese processuali. La Corte costituzionale, con sentenza 21 febbraio 2024, n. 46 (in G.U. 27/03/2024 n. 13), ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 646, primo comma, del codice penale, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera u), della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), nella parte in cui prevede la pena della reclusione "da due a cinque anni" anziché "fino a cinque anni".
La pena pecuniaria da applicarsi al caso concreto rimane, invece, quella prevista dall'attuale 646 c.p., così come modificato dall'art. 1 comma 1 lett. U della suindicata L. n. 3/19 (da euro 1000 ad euro 3.000).
Si ritiene di dover riconoscere l'equivalenza della contestata recidiva sulle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., tenuto conto della personalità dell'imputato, della sua condotta processuale e delle conseguenze dannose della sua condotta.
Visti gli artt. 163 e ss. c.p. non può essere riconosciuto all'odierno prevenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena visti i precedenti penali ostativi. Ritiene, infine, l'odierno giudicante, anche in considerazione della condotta susseguente al reato e del considerevole danno alla persona offesa, di non applicare, nel caso di specie, l'esimente di cui all'art. 131 bis c.p., e nemmeno di procedere alla sostituzione della pena ex art. 545 bis c.p.p., attesa la mancata presenza di apposita procura da parte del difensore di fiducia, con conseguente conferma della pena sopra indicata.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara Pu.Ro., in atti generalizzato, responsabile del reato allo stesso contestato (cfr. capo d'imputazione) e, vista la personalità, la natura del reato ed i criteri di cui all'art. 133 c.p. nonché la gravità del danno, si ritiene equo condannare quest'ultimo, ritenuta l'equivalenza tra la contestata recidiva (alla luce del comportamento processuale) e le attenuati generiche ex art. 62 bis c.p., alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Motivazione riservata nei termini di legge.
Così deciso in Vicenza il 27 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2024.