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Non punibilità per particolare tenuità del fatto: requisiti di occasionalità e esiguità del danno (Giudice Giuliana Taglialatela)

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Tribunale Napoli sez. IV, 07/02/2023, n.1222

L'applicazione dell'art. 131-bis c.p. è giustificata da un'unica condotta occasionale con esiguità del danno e assenza di abitualità nel comportamento illecito.

Riduzione della pena per rissa aggravata: concessione delle attenuanti generiche ed esclusione della legittima difesa

Assoluzione per il reato di rissa: mancanza di prova della partecipazione attiva e configurabilità di condotte difensive (Giudice Luca Purcaro)

Assoluzione per insufficienza probatoria nel reato di rissa: mancanza di contrapposizione tra gruppi e motivazione sottesa alla condotta violenta (Giudice Serena Corleto)

Reato di rissa aggravata: esclusione della legittima difesa e responsabilità penale di tutti i partecipanti

Configurazione del reato di rissa e limiti alla legittima difesa nei confronti di condotte attive

Riforma della condanna per rissa aggravata: rideterminazione della pena e limiti alla particolare tenuità del fatto

Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate: conferma della condanna con concessione della non menzione della pena

Rissa sul luogo di lavoro: legittimità del licenziamento disciplinare per condotta incompatibile con il vincolo fiduciario

Rissa: esclusione della responsabilità per chi agisce al solo fine di separare i litiganti.

Partecipazione attiva e reciproca come requisito per la configurabilità del reato di rissa.

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto del 21.01.2022 il PM disponeva la citazione a giudizio degli imputati per l'udienza del 24.5.2022 innanzi al Tribunale di Napoli per rispondere del reato loro ascritto in rubrica.

L'udienza del 24.05.2022, veniva rinviata per assenza degli imputati detenuti non tradotti. All'udienza del 31.1.23, il giudice, dichiarata l'assenza dell'imputato Ci. scarcerato il 13.11.2022, regolarmente citato e non comparso, in assenza di questioni preliminari, dichiarava aperto il dibattimento. Le parti articolavano le rispettive richieste di prova, che il giudice ammetteva; veniva escusso il teste del PM (...), (in servizio presso la Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Napoli Poggioreale) e, con il consenso delle parti, si acquisiva la relazione di servizio del 22.07.2021. Il PM rinunciava al teste residuo Isp. Pe.Fr., che veniva revocata. Si procedeva all'esame dell'imputato Ma.

Il giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, e all'esito della discussione delle parti e della deliberazione in camera di consiglio, rendeva pubblica la presente sentenza mediante lettura del dispositivo.

Motivi della decisione
Alla luce delle risultanze dibattimentali, ritiene questo giudice che, pur sussistendo il reato contestato agli imputati, ricorra un'ipotesi di particolare tenuità (art.131 bis c.p.) delle condotte illecite agli stessi ascritte.

MA.GI., assistente CC in servizio presso la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale, ha dichiarato di lavorare come preposto al Reparto Italia del carcere di Poggioreale, ove, all'epoca dei fatti, erano detenuti gli odierni imputati, tutti lavoranti in quel reparto. "In quel frangente stavano nella loro camera. Dato che il reparto Italia è sottoposto a regime aperto, tutte le stanze sono comunicanti tra di loro. Sono aperti i detenuti". Il 22 luglio 2021, durante il suo turno di lavoro, mentre il suo collega era in pausa, aveva udito un grande trambusto provenire dal primo piano del reparto. Si era, allora, ivi recato e, precisamente, nella stanza n. 16: qui aveva notato che gli odierni imputati stavano litigando tra loro, colpendosi l'uno contro l'altro, anche lanciandosi contro varie suppellettili; ne disconosceva il motivo ("non so chi ha torto e chi ha ragione"). Pertanto, aveva chiamato i rinforzi e grazie a loro e ad altri detenuti italiani che erano, in quel momento, fuori dalle loro stanze, era riuscito a dividere i rissanti. Poi, li aveva mandati al Pronto soccorso affinché si facessero medicare; successivamente aveva allertato l'Ispettore di sorveglianza per il prosieguo delle indagini sull'accaduto. Il teste ha specificato che gli odierni imputati non erano tutti allocati nella stessa cella: precisamente, Ma. ed altri (...), erano nella stanza n. 16, mentre il Ci. occupava un'altra cella. Il reparto in cui si trovavano era "a regime aperto" e, dunque, gli stessi erano liberi di circolare. Ha aggiunto di non aver visto i colpi che ciascun detenuto aveva sferrato all'altro, "ho visto solo che stavano tutti accapigliati tra di loro. Però non vi so dire chi ha torto, chi ha ragione e chi abbia aggredito chi". Gli imputati Ci., Eb. e Ma. apparentemente non presentavano lesioni né alcun segno visibile di colluttazione. Il teste ha riferito di non aver mai avuto sentore che tali soggetti avessero avuto diverbi o contrasti in precedenti occasioni; dopo il litigio, erano stati separati e spostati in altri reparti. Con il consenso delle parti è stata acquisita la relazione di servizio del 22.07.2021, in cui l'Ispettore Capo Fr.Pe., dopo aver dato atto di quanto accaduto tra il Ci., Eb., Ma. e Me. (non imputato), aveva provveduto allo spostamento degli stessi, con collocazione nel rispettivo reparto di provenienza e con applicazione al solo Ci. della sanzione disciplinare della esclusione per sette giorni dall'attività in comune.

Ma.JA. ha dichiarato che l'episodio in questione era avvenuto verso le 12.00, mentre stava riposando nella sua cella. Tre giorni prima, aveva avuto una piccola discussione con altro detenuto, tale Gi. di nazionalità srilankese, non più detenuto: precisamente, mentre si trovava da solo nella sua cella, intento a prepararsi una premuta d'arancia, Gi. era entrato "qualcuno mi ha passato così", senza neanche dire "un permesso, un buongiorno". Ora, proprio perché in quel momento era da solo nella stanza, aveva pensato che, se per caso fosse scomparso qualche oggetto, ne avrebbe dovuto rispondere con i compagni. Allora, aveva richiamato Gi., facendogli presente il suo pensiero. Questi, però, si era risentito ed aveva avuto da ridire, (lui comincia "Ma che vuoi"); in ogni caso, la discussione era finita lì ("Io l'ho lasciato uscire. Stava solo").

Successivamente a questo piccolo diverbio, dopo quattro giorni, allorquando egli era in cella a riposare, "Gi. ha fatto gruppetto con i romeni" e qualcuno lo aveva svegliato, intimandogli di scendere dal letto, domandandogli cosa fosse accaduto con Gi.

Gli aveva, allora, spiegato la motivazione del diverbio ("ho detto: "no, che c'entrate voi? Io ho parlato con Gi.; fratello mio, no stavo dicendo a lui, se non è neanche stanza mia, cioè stanza di qualcuno prima di entrare almeno un permesso, buongiorno, puoi entrare. Se manca qualcosa lì nella bilancetta di qualcuno, responsabile sono io").

Improvvisamente, l'uomo gli aveva sferrato un pugno: questa persona non era da sola, ma insieme ad altre cinque persone, che lo avevano aggredito, provocandogli delle lesioni. In quel frangente Eb., suo compaesano e compagno di cella, non era presente all'aggressione perchè era al lavoro: tuttavia, lo aveva dissuaso dall'intervenire ("no, lascia stare. Lascia perdere. Qua pensiamo solo al lavoro"), allorquando questi aveva saputo quanto occorso all'amico. Ma anche lo stesso Eb., una volta tornato dal lavoro, era stato colpito.

L'imputato ha confermato quanto ribadito all'ispettore del Consiglio disciplinare ovvero che Eb. non c'entrava nulla ("E' un mio problema con uno che si chiama Gi., però abbiamo chiuso il discorso. Dopo tre giorni questi mi hanno aggredito nella cella mia"). Le persone che lo avevano aggredito appartenevano alla cella 24 e solo uno di questi era in cella con lui, un certo Da., di cui non ricordava il cognome. Ha aggiunto di essere stato aggredito con calci, pugni ed anche con uno sgabello. Ebbene, alla luce delle propalazioni puntuali e chiare rese dal teste, della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, corroborate anche dalla documentazione prodotta in atti (cfr. referti medici), si ritiene sussistere il reato contestato agli odierni imputati.

Secondo il tradizionale insegnamento della Corte di Cassazione, cui questo giudice intende senz'altro prestare adesione, per la configurazione del reato di rissa è necessario che nella contesa violenta esistano più fronti di aggressione, con volontà vicendevole di attentare all'altrui personale incolumità; il che può realizzarsi anche quando qualcuna delle "parti" protagoniste sia rappresentata da un solo soggetto, con l'unico limite che il numero dei corrispondenti non sia inferiore a quello di tre (Sez. 5, n. 12508 del 07/02/2014, Scognamiglio e altri, Rv. 259999; Sez. 5, n. 11245 del 10/03/1988, Verona, Rv. 179757). Sussistente tale condizione, non occorre, peraltro, neppure che i corrissanti - benché presenti in un unico contesto spazio-temporale, vengano contemporaneamente ed insieme a vie di fatto, né che la rissa abbia luogo in un unico e ben determinato posto, ben potendo le modalità dell'azione implicare spostamenti in luoghi vicini e frazionamenti in vari episodi, che rimangono sempre concatenati tra loro. Donde, a mente della lezione ermeneutica correttamente evocata dalla Corte di merito, non viene meno l'unicità di contesto spazio-temporale allorché la violenta, reciproca aggressione tra più soggetti contrapposti abbia una dinamica progressiva e si verifichi attraverso manifestazioni tra loro concatenate e prive di soluzioni di continuità, anche se in luoghi diversi e vicini, posto che a nulla rileva, in tal caso, che i gruppi si scindano in sottogruppi, anche di due sole persone o che, al limite, ad uno degli episodi in successione rimangano presenti solo due dei corrissanti (Sez. 5, n. 7013 del 03/11/2010 - dep. 23/02/2011, Sc. e altri, Rv. 249827; Sez. 5, n. 1729 del 16/10/1987 - dep. 11/02/1988, Cr-, Rv. 177558; Sez. 5, n. 3866 del 23/01/1986, Pa., Rv. 172731). Sempre la Cassazione ha sostenuto che, in tema di rissa, è configurabile la legittima difesa in uno scontro tra gruppi contrapposti solo quando coloro che si difendono si pongono in una posizione passiva, limitandosi a parare i colpi degli avversari o dandosi alla fuga, così da far venir meno l'intento aggressivo, e non quando la difesa si esplica attivamente (nella specie, tentando di sferrare calci e pugni agli oppositori) - cfr. Sez. 5 Sentenza n. 33112 del 08/10/2020-. Dunque, proprio per quanto riferito dal teste di pg Ma., che ha riferito di una violenta lite che coinvolgeva ben quattro persone, tutte intente vicendevolmente a colpirsi, sussiste il delitto come contestato agli imputati (verosimilmente pari addebito non è stato contestato anche al Me., coinvolto solo marginalmente, tant'è che nessuna lesione ha subito).

Tuttavia, deve rilevarsi che nel caso in esame può ritenersi che ricorra un'ipotesi di particolare tenuità (art.131 bis c.p.) della condotta illecita agli stessi ascritta. La norma dell'art. 131 bis cp circoscrive la sua sfera di applicazione ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a quella detentiva. Alla luce della riforma Cartabia, la particolare tenuità del fatto è stata estesa ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni.

I criteri di determinazione della pena sono indicati nel senso di non tenere conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale; in tale ultimo caso non si opererà il giudizio di bilanciamento di cui all'articolo 69 cp.

Il 5 co. chiarisce, infine, che la non punibilità si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante. La rispondenza ai limiti di pena rappresenta dunque la prima delle condizioni per l'esclusione della punibilità, che infatti richiede congiuntamente la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento.

E nel caso in esame trattandosi del delitto p. e p. dall'art. 588 c.p., tali limiti di pena sono rispettati.

Il criterio della particolare tenuità dell'offesa si articola, a sua volta, in due requisiti, che sono la modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall'art. 133 cp (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell'azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità del dolo o grado della colpa); la non abitualità andrà poi esclusa non solo in caso di formale dichiarazione dell'autore quale delinquente abituale, professionale o per tendenza, ma altresì ove lo stesso abbia commesso più reati della stessa indole (anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità), nonché nel caso in cui ricorrano reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Si richiede pertanto al giudice di rilevare se, sulla base della modalità della condotta e dell'esiguità del danno e del pericolo, sussista o meno la particolare tenuità dell'offesa e se ricorra altresì la non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità.

Alla luce di tali considerazioni, rileva il Giudice che, nel caso di specie, emergono in concreto dati indicativi di una gravità dei fatti decisamente limitata, ed in concreto idonei a supportare l'operatività dell'art. 131 bis cp.

Invero, occorre tener presente che trattasi di un singolo, unico, occasionale episodio di rissa intervenuto tra gli odierni imputati, all'epoca, detenuti presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale. Tali soggetti, seppur gravati da precedenti (cfr. casellario in atti), non avevano mai avuto altri diverbi o contrasti tra loro o con terze persone, come dichiarato dallo stesso teste di PG.

Dunque, l'occasionalità della condotta criminosa, unitamente all'esiguità del danno accertato (nei referti medici si fa menzione di "piccole ferite al labbro superiore e di "piccole escoriazioni) consentono di ritenere il fatto valutato nella sua globalità di non rilevante gravità.

Quanto premesso appare sufficiente per prevenire ad una pronuncia di proscioglimento in favore degli odierni imputati in relazione al reato a loro contestato, in quanto non punibile per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell'art. 131 bis cp.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 cpp e 131 bis cp assolve Ci., Eb., Ma., dal reato loro ascritto in rubrica perché non punibile per particolare tenuità del fatto.

Manda alla cancelleria per le annotazioni del casellario giudiziale degli imputati della presente sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 131 bis cp.

Così deciso in Napoli il 31 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

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