Corte appello , Cassino , sez. II , 14/03/2024
Il subagente assicurativo che trattiene somme ricevute per finalità specifiche, senza destinarle all’investimento concordato, integra un illecito aquiliano ai sensi dell’art. 2043 c.c., indipendentemente dalla prescrizione del reato penale, con obbligo di risarcimento per il danno patrimoniale e di immagine subito dalla parte lesa.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Cassino, con sentenza emessa il 6 luglio 2023 all'esito di giudizio ordinario, ha riconosciuto KA.En. responsabile del reato di cui in rubrica e lo ha condannato come da dispositivo sopra trascritto. Con la medesima decisione, il Tribunale ha condannato l'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile Al.Ca., amministratore della (…) e (…) S.r.l., da liquidarsi in separata sede.
L'affermazione della responsabilità dell'imputato è basata sulla testimonianza di Re.Al.
Quest'ultimo, che conosceva da tempo l'imputato quale subagente assicurativo e promotore finanziario dell'(…) S.p.a. Agenzia di Velletri, della quale è amministratrice la parte civile, il 7 ottobre 2016 aveva consegnato al KA. un assegno di Euro 30,000,00 di per un investimento bancario sotto forma di polizza vita, fidandosi de! predetto. Tuttavia, l'Al., successivamente, tentava invano di contattare il KA. per conoscere l'esito dell'operazione e, preso contatto con l'Agenzia di Velletri, veniva a conoscenza che non risultava alcuna polizza o investimento a suo nome.
2. La sentenza è stata impugnata dal difensore dell'imputato che ha chiesto, come riportato nelle conclusioni dell'atto di appello: in via principale, l'assoluzione del Sig. KA. En. perché il fatto non sussiste o quantomeno ai sensi dell'art. 530, c. 2, c.p.p.; in via subordinata e nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della prima richiesta, alla luce di quanto più realisticamente ricostruito in fatto, che venga rimodulato il trattamento sanzionatorio individuando una pena base inferiore.
All'odierna udienza, svoltasi in pubblico dibattimento, le parti hanno concluso come sopra riportato e la Corte ha deciso come da separato dispositivo, del quale ha dato lettura in udienza.
Motivi della decisione
1. Il reato, del quale l'imputato è stato riconosciuto responsabile, è estinto per prescrizione.
Il termine massimo di prescrizione del delitto di cui all'art. 646 c.p., punito, all'epoca dei fatti, con la pena massima di tre anni di reclusione, è di sette anni e sei mesi decorrenti dal 7 ottobre 2016, data di incasso dell'assegno da parte dell'imputato, sicché, in mancanza di cause di sospensione dell'anzidetto termine, la prescrizione è maturata il 7 aprile 2024.
Tuttavia, a norma dell'art. 578 c.p.p., nel giudizio di impugnazione il giudice, nel dichiarare prescritto il reato per il quale è stata pronunciata condanna, anche generica, al risarcimento dei danni, è tenuto a decidere sull'impugnazione ai soli effetti civili. A tale fine, devono essere compiutamente esaminati motivi d'impugnazione proposti dal difensore dell'imputato, non potendosi dare conferma alle statuizioni civili in ragione della mera mancanza della prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall'art. 129, secondo comma, c.p.p.
E ciò tenendo presente che in base alla giurisprudenza di legittimità e della Corte Costituzionale il giudice dell'impugnazione penale, ne! decidere sulla domanda risarcitoria, non è chiamato, stante il principio di presunzione di innocenza, a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta contestato; egli deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell'illecito aquiliano (art. 2043 cod. civ.) applicando, però, in base alla recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, della quale è stata pubblicata l'informazione provvisoria, i "principi enunciati da Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273", in base alla quale in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili.
2. Con il primo motivo di gravame, vertente sulla responsabilità dell'imputato, la difesa ha sostenuto che le dichiarazioni di Re.Al., unica fonte di prova sulla quale è basata l'affermazione di responsabilità dell'imputato, sono inattendibili in quanto in contrasto con quanto rappresentato dalla parte civile con la querela proposta il 10 marzo 2020, originata da quanto riferito dall'Al. alla stessa. Quest'ultimo, che ha proposto querela il 9 marzo 2020, ha denunciato che il KA. avrebbe indebitamente trattenuto, quale subagente, somme, circostanza quest'ultima non vera poiché tutte le dazioni economiche sono state fatte dall'Al., nel corso del lungo rapporto con l'imputato che è iniziato nel 2006, con assegni o bonifici intestati direttamente alla società (…) o all'Agenzia di Velletri, per la quale l'Al. lavorava. L'assegno di Euro 30.000,00 consegnato dall'Al. al KA. il 7 ottobre 2016 e incassato da quest'ultimo sul conto corrente intestato a Ka.En. in qualità di subagente dell'Ag. (…) di Velletri" è riconducibile a rapporti personali tra l'imputato e l'Al.
A conferma di tali rapporti personali la difesa ha evidenziato: che l'imputato poiché Re.Al., svolgendo attività di portiere di uno stabile, aveva delle difficoltà derivanti dagli orari di lavoro a recarsi presso l'ufficio del subagente si recava presso l'abitazione del cliente; che lo stesso Al. ha confermato di avere rapporti di amicizia con il KA., con il quale era andato qualche volta a cena e una volta in vacanza, che il KA. gli aveva cambiato degli assegni nei senso che egli gli consegnava il titolo e l'imputato lo versava e, quindi, gli portava i soldi. Il transito di somme tra l'imputato e l'Al. non era, dunque, imputabile esclusivamente a rapporti professionali, di qui l'ipotesi alternativa possibile e non inverosimile ossia della restituzione all'imputato di somme attribuibili a rapporti esclusivamente personali e non dì proprietà dell'Agenzia assicurativa della parte civile, ipotesi quest'ultima che non consente di pervenire, al di là di ogni ragionevole dubbio, ad una sentenza di condanna.
Il rilievo è infondato in quanto smentito dalle concordi dichiarazioni della parte civile e dell'Al., riscontrate dalla documentazione prodotta all'udienza dei 13 aprite 2023.
Va premesso che l'oggetto del presente processo consiste nella condotta dell'imputato che, anziché destinare la somma di Euro 30.000,00 datagli dall'Al. per investirla in una polizza vita, la ha incassata su un conto corrente a lui intestato senza rimetterla all'Agenzia di Velletri, del quale era subagente, e senza accendere la polizza concordata con il cliente. Le altre vicende relative alle somme versate dall'Al. al KA. nel corso del loro rapporto e oggetto, come emerge dalla documentazione depositata, dell'atto di costituzione in mora e diffida dei legali di Re. e An.Al., sorella del primo, e, probabilmente, della querela presentata dall'Al. il 9 marzo 2020, alla quale ha fatto riferimento l'appellante ma non presente agli atti, non sono oggetto dell'imputazione, dunque, del presente processo. D'altra parte, è stato lo stesso Al., nel corso della testimonianza, a rappresentare che è in corso un altro processo nei confronti dell'odierno imputato per l'impossessamento di altre somme date all'imputato nell'ambito del rapporto con il KA. (cfr. pag. 9 della trascrizione "io ho querelato anche En.KA., quindi tra qualche giorno c'è un processo…l'ho querelato perché non c'ho più niente di quello che avevo").
Il presente processo origina, infatti, dalla querela presentata il 10 febbraio 2020 e ribadita il 14 febbraio 2023 in ragione dell'entrata in vigore della cosiddetta riforma Cartabia, a seguito della quale il reato contestato è divenuto procedibile a querela, da Al.Ca., odierna parte civile. Dalle dichiarazioni rese da quest'ultima nel corso del dibattimento e dalla documentazione depositata dalla parte civile all'udienza del 13 aprile 2023 emerge che la Ca. ricevette una comunicazione scritta a firma dell'Al. (allegato 2), con la quale costui lamentava di avere consegnato il 7 ottobre 2016 ad En.KA., in virtù del rapporto di amicizia di lunga data, un assegno di Euro 30.000,00 per un investimento in polizza vita, di avere cercato di contattare invano per circa due anni il KA. al fine di avere la documentazione relativa alla polizza. L'Al. trasmetteva anche copia dell'assegno (allegato 1). La testimone ha evidenziato di avere anche incontrato il cliente, di avere accertato che la polizza vita non era stata mai emessa e che l'assegno era stato versato il 7 ottobre 2016 per l'incasso presso la (…) e accreditato sul conto corrente intesto a " KA. Enrico in qualità di subagente dell'Ag. (…) di Velletri di (…) EC S.r.L.", come confermato dalla e-mail della Banca Popolare di Milano (allegato 4). Ha proseguito la testimone riferendo di avere chiamato e incontrato il KA. per avere delucidazioni ma quest'ultimo affermava di non ricordare e, nonostante gli avesse dato del tempo per fare mente locale, costui nulla faceva sapere, sicché esercitava il recesso per giusta casa (cfr. allegato 3). Al.Re., al netto di quanto dichiarato in ordine ad altre somme che avrebbe consegnato all'imputato per investimenti mai eseguiti non oggetto del presente processo (cfr. anche atto di diffida e messa mora dei legali del predetto e di An.Al.), ha confermato la vicenda relativa all'assegni di Euro 30.000,00 riferita dalla Ca. e ha riconosciuto l'assegno e la nota da lui sottoscritta esibitigli dal difensore della parte civile (cfr. pag. 9 delle trascrizioni).
Le anzidette emergenze processuali dimostrano che l'imputato, che ha conseguito la disponibilità della somma di Euro 30.000,00 consegnatagli dall'Al. per un investimento in polizza vita, non ha acceso, come pattuito, la relativa polizza e non ha rimesso la somma all'Agenzia per la quale svolgeva l'attività di subagente, così trattenendo per sé la somma con danno per la Ca., anche sotto il profilo dell'immagine, e per l'Al.
La tesi alternativa offerta dalla sola difesa, non avendo l'imputato fornito né spiegazioni alla Ca. e né nel corso del processo, essendo rimasto assente, è priva di qualsiasi riscontro.
Va, al riguardo, osservato che nell'ordinamento processuale penate non è ovviamente previsto un onere probatorio a carico dell'imputato, ma è pur sempre prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale egli è tenuto a fornire le indicazioni e gli elementi necessari all'accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore (Sez. 5, sentenza n. 32937/2014, Rv. 261657; Sez. 2, sentenza n. 20171/2013, Rv. 255916; Sez. 2, sentenza n. 40529 /2019), onere di allegazione quest'ultimo che, come detto, non è stato adempiuto dall'imputato.
Il Giudice di legittimità ha, altresì, specificato che a fronte dell'onere probatorio assolto dalla pubblica accusa spetta all'imputato allegare il contrario sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, poiché è l'imputato che, in considerazione del principio della c.d. "vicinanza della prova", può acquisire o quanto meno fornire, tramite l'allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva (Sez. 2 - , Sentenza n. 6734 /2020 , Rv. 278373 - 01 che ha richiamato Sez. 2, sentenza n. 7484 /2014, Rv. 259245; Sez. 2, sentenza n. 50710/2019, Sez. 2, n. 43387 /2019, e Sez. 2, sentenza n. 31549 /2019, Simply Soc. Coop, non massimate).
Nella fattispecie in esame, la pubblica accusa, come sopra evidenziato, ha assolto l'onere probatorio attraverso le testimonianze della Ca. e dell'Al. riscontrate dalla documentazione sopra richiamata, mentre l'imputato non ha offerto alcun elemento a conforto della tesi difensiva.
Il secondo motivo di impugnazione, riguardante la quantificazione della pena, è assorbito dalla dichiarazione di non doversi procedere per prescrizione.
La condotta dell'imputato sopra descritta, dalla quale è derivato un danno ingiusto per l'Agenzia della Ca., integra gli estremi della responsabilità ex art. 2043 c.p., sicché le situazioni civili devono essere confermate.
La sentenza impugnata va, pertanto, riformata dovendosi dichiarare non doversi procedere nei confronti di KA.En. perché il reato a lui ascritto è estinto per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili.
L'imputato deve essere condannato, stante la conferma delle statuizioni civili, al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile per il presente grado di giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
Il termine per il deposito della motivazione, stante il carico di lavoro dell'Ufficio, è fissato in giorni novanta.
P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p.
in riforma della sentenza del Tribunale di Velletri in data 6 luglio 2023, appellata da KA.En. dichiara non doversi procedere nei confronti di quest'ultimo perché il reato a lui ascritto è estinto per prescrizione.
Conferma nel resto ivi comprese le statuizioni civili.
Condanna KA.En. al pagamento delle spese di difesa e di rappresentanza sostenute dalla parte civile per il presente grado di giudizio, che si liquidano in Euro 2.000,00 oltre IVA CPA e spese generali.
Fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Roma il 14 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2024.