Tribunale Palermo sez. IV, 11/06/2024, n.1388
Il reato di rissa non richiede la contestualità degli atti violenti, ma può configurarsi anche attraverso episodi collegati da un nesso di continuità psicologica ed eziologica; è esclusa la legittima difesa qualora la condotta assuma carattere attivo e aggressivo.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza del 7.03.2022 il Tribunale di Trapani, in composizione monocratica, ha dichiarato Fi.Ma., La.Ba., Re.Mi. e Bo.Gi. colpevoli del reato di cui agli artt. 588, co. 2, c.p. - commesso il 23.04.2017 - e li ha condannati alla pena di mesi tre di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali; con sospensione condizionale della pena nei confronti di tutti gli imputati; con condanna al risarcimento in favore delle parti civili costituite, Fi.Ma. e La.Ba., da liquidarsi in separata sede.
Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore di Fi.Ma., che ha chiesto - con il primo motivo - l'assoluzione perché il fatto non sussiste ex art. 530, comma 1, c.p.p.; - con il secondo motivo - l'assoluzione perché il fatto non sussiste ex art. 530, comma 2, c.p.p.
Ha proposto appello il difensore di La.Ba., che ha chiesto - con il primo motivo - l'assoluzione perché il fatto non sussiste ex art. 530, comma 1, c.p.p.; - con il secondo motivo - l'assoluzione perché il fatto non sussiste ex art. 530, comma 2, c.p.p.
Ha proposto appello il difensore di Re.Mi. e Bo.Gi., che ha chiesto - con il primo motivo - l'assoluzione perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso, ai sensi dell'art. 530, commi 1 e 2, c.p.p.; - con il secondo motivo - la concessione delle circostanze attenuanti generiche con il contenimento della pena. Ritiene la Corte che la sentenza di primo grado meriti integrale conferma.
1. Rinviando alla suddetta pronuncia per la ricostruzione degli elementi essenziali in punto di fatto, occorre brevemente rappresentare come dall'istruttoria dibattimentale sia emerso che, in data 23.04.2017, al culmine di rapporti di vicinato già tesi, fosse scoppiata una violenta rissa tra due gruppi rivali: da un lato, la famiglia Re./Re.An., costituita da Re.An., Re.An., Re.Mi., Ra.An., Bo.Gi. e To.An.; dall'altro, la famiglia La.Ba./Fi.Ma., costituta da La.Ba., Fi.Ma., La.Ba. e Bo.Ca.
Precisamente, dalla corretta valutazione del compendio probatorio, si rilevava che la lite fosse intercorsa in due momenti differenti.
Inizialmente, infastidito dalla musica, ascoltata ad alto volume, all'interno della propria autovettura dal minore Re.An., La.Ba. Ba. gli si avvicinava, chiedendo, con fare arrogante, di porre fine al frastuono; per tutta risposta, il minore tornava a casa, al fine di prendere un bastone da poter utilizzare contro il rivale, dando, così, avvio ad una discussione animata, costellata da colpi e spintoni reciproci. Allertate dalle urla, sopraggiungevano a supporto dei relativi familiari - in un primo momento - Re.Mi. (zia di Re.An., avvisata dalla di lui madre Re.El.) e Bo.Gi. (nonna del minore), - successivamente - Fi.Ma. (madre di La.Ba.); le donne, allora, si univano alla precedente lite, anch'esse colpendosi reciprocamente e cadendo rovinosamente per terra. Inoltre, dalle ulteriori risultanze dibattimentali emergeva che, a seguito della suddetta rissa, avessero riportato le lesioni personali, meglio descritte nel capo di imputazione, tanto Fi.Ma., quanto Re.Mi.
2. Ciò brevemente posto in punto di fatto, occorre, preliminarmente, evidenziare come la difesa di Fi.Ma. e La.Ba. abbia presentato motivi di appello sostanzialmente analoghi, i quali, allora, possono ben essere trattati congiuntamente.
Precisamente, con il primo motivo di doglianza, i suddetti appellanti invocano l'assoluzione perché il fatto non sussiste.
2.1. A tal proposito, anzitutto, si evidenzia come, nel caso di specie, non si sarebbe realizzato l'elemento oggettivo del delitto di rissa, trattandosi di singole aggressioni, che si sarebbero realizzate in momenti differenti.
Tuttavia, la questione è già stata risolta dal primo Giudice, con motivazione diffusive ragionevole cui questa Corte non intende discostarsi.
Ed invero, come correttamente opina la costante giurisprudenza di legittimità, il reato in contestazione non richiede necessariamente la contestualità della colluttazione, essendo sufficiente che i vari episodi di cui si compone la rissa si siano realizzati in rapida successione e siano avvinti da un nesso di continuità eziologica e psicologica. Ciò è proprio quello che si è realizzato nel caso di specie.
Difatti, in un primo momento, la lite era intercorsa esclusivamente tra La.Ba. Ba. e Re.An. (il quale aveva afferrato anche un bastone); tuttavia, nell'immediatezza dei fatti, erano intervenute le familiari dei contendenti, le quali si erano unite ai corrissanti nella perpetrazione di violenze reciproche. Tanto si evince dalla annotazione di P.G., allegata agli atti, ove si rappresenta la contestualità dell'intervento delle imputate, a supporto dei rispettivi familiari, impegnati nella lite, espressa inequivocabilmente tramite l'utilizzo della locuzione "nel mentre": "Poco prima del nostro arrivo, mentre il suddetto Re.An. era intento ad ascoltare musica all'interno dell'autovettura di famiglia porcata proprio dinanzi l'abitazione La.Ba. lo aggrediva verbalmente poiché stanco di tale situazione e che erano circa 3 ore che la musica andava avanti. Di contro il RE.AN. si recava immediatamente nella propria abitazione afferrando un bastone (classico manico in legno da scopa che veniva rinvenuto sul posto ma non si riteneva opportuno porre sotto sequestro a conferma del quadro probatorio) e cercando di colpire il LA.BA. che di forza riusciva a strappargli dalle mani e a colpirlo al capo. Nel mentre accadeva quanto suddetto sopraggiungevano RA.An. e Re.Mi., quest'ultima si scaraventava addosso al LA.BA. strappando anche in parte la camicia dallo stesso indossata (strappo di una decina di centimetri, costatato dal sottufficiale intervenuto, nella parte centrale del petto) e visto ciò Fi.Ma. a supporto del di lei figlio si scaraventava addosso a Re.Mi. che rovinava a terra".
2.2. Sotto diverso punto di vista, le difese di La.Ba. e Fi.Ma. sostengono che i predetti imputati si sarebbero limitati alla difesa personale.
Anche la suddetta doglianza non è fondata.
Difatti, come si evince dall'annotazione di P.G. sopra menzionata, nel caso di specie, è stato pienamente asseverato che gli appellanti abbiano partecipato attivamente alla contesa, anch'essi sferrando colpi ai contendenti e partecipando attivamente alla contesa.
2.2.1. Segnatamente, quanto alla posizione del La.Ba., quest'ultimo, dopo aver dato avvio alla lite, aveva respinto l'aggressione perpetrata dal Re.An., disarmandolo del bastone e colpendolo con tale strumento sulla testa ("Di contro il RE.AN. si recava immediatamente nella propria abitazione afferrando un bastone (classico manico in legno da scopa che veniva rinvenuto sul posto ma non si riteneva opportuno porre sotto sequestro a conferma del quadro probatorio) e cercando di colpire il LA.BA. che di forza riusciva a strappargli dalle mani e a colpirlo al capo").
2.2.2. Quanto, invece, alla posizione di Fi.Ma., occorre, preliminarmente, rappresentare come sia stata allegata agli atti copiosa documentazione medica, dalla quale si evince che l'imputata è affetta da "grave condropatia bilaterale alle ginocchia aggravata dall'obesità, la quale non consente alla donna di "stare a lungo in posizione eretta"; dal che si dovrebbe dedurre l'impossibilità dell'imputata di partecipare alla rissa.
Tuttavia, rileva la Corte come le predette patologie non sono di certo incompatibili rispetto alla contestazione che le viene mossa, dal momento che la Fi.Ma., al fine di difendere il figlio, si era "scaraventata addosso a Re.Mi. che rovinava a terra" (cfr. annotazione di P.G. allegata agli atti); difatti, si tratta di un'azione repentina e subitanea, la quale non avrebbe richiesto alla donna di sostare in posizione eretta per lungo tempo, unico impedimento derivante dallo stato di salute dell'imputata.
Pertanto, si deve concludere che la condotta sopra descritta, a tutta evidenza, abbia costituito elemento idoneo ad integrare l'elemento oggettivo del delitto in contestazione, avendo l'appellante aggredito fisicamente la sua rivale, cagionandole la rovinosa caduta a terra.
3. Sempre in seno al primo motivo di appello, le difese del La.Ba. e della Fi.Ma., in termini del tutto generici e non personalizzanti, sostengono l'insussistenza del dolo, tipico del reato di rissa.
A tal proposito, rileva la Corte che, alla luce delle modalità del fatto e del tenore delle violenze reciproche, poste in essere dalle due fazioni, appare evidente la sussistenza della piena coscienza e volontà di tutti i coimputati di partecipare alla contesa, con animo offensivo, rispetto alla quale, peraltro, le difese non hanno allegato alcun elemento significativo, in grado di far pervenire a considerazioni differenti.
4. Con l'ultimo motivo di gravame presentato dalle difese del La.Ba. e della Fi.Ma. inoltre, si invoca l'assoluzione dei predetti appellanti ai sensi dell'art. 530, comma 2 c.p.p.
In particolare, sostengono gli impugnanti che dall'esame del complessivo quadro probatorio non sarebbe stato possibile addivenire ad una ricostruzione dei fatti univoca, essendo emerse più possibili versioni degli accaduti.
In realtà, anche la suddetta doglianza è stata già risolta correttamente dal primo Giudice.
Il Decidente, invero, ha sottolineato come, al più, le diverse ricostruzioni dei fati avessero riguardato le precise modalità, in cui la condotta si sarebbe verificata diversamente, tutti gli elementi probatori convergono nell'evidenziare la sussistenza di una rissa, caratterizzata da due diverse fazioni, che si sono contrapposte nello sferrare reciproche aggressioni ed offese.
Se ne deduce che, anche sul punto, l'appello, presentato negli interessi dei suddetti coimputati, non può essere accolto.
5. Passando a trattare la posizione dell'imputata Re.Mi., sostiene il su difensore che la stessa avrebbe agito per mera legittima difesa, essendo intervenuto nella contesa, al sol fine di porre in salvo i suoi familiari.
Sul punto, occorre ricordare che "in tema di rissa, è configuratile la legittima difesa in uno scontro tra gruppi contrapposti solo quando coloro che si difendono né pongono in una posizione passiva, limitandosi a parare i colpi degli avversari dandosi alla fuga, così da far venir meno l'intento aggressivo, e non quando la difesa si esplica attivamente" (sent. Corte di Cassazione, sez. V, n. 33112/2020). Ebbene, nel caso di specie, come è stato più volte evidenziato, nell'annotazione di P.G., in atti, si legge che la Re. si era "scaraventata addosso al LA.BA., strappando anche in parte la camicia dallo stesso indossata (strappo di una decina di centimetri, costatato dal sottufficiale intervenuto, nella parte centrale del petto)", sicché, l'imputata, lungi dall'essersi limitata ad una mera difesa passiva, ha in prima persona, perpetrato atti violenti ed aggressivi.
Senza contare che deve escludersi la sussistenza della scriminante in esame, anche perché è risultato carente il requisito dell'inevitabilità dell'asserita condotta difensiva, richiesto dall'art. 52 c.p.
Difatti, l'imputata avrebbe ben potuto e dovuto limitarsi ad arrestare la lite in corso e fuggire dinnanzi alla pervicace violenza della fazione avversaria (c.d. commodus discessus), di contro, ella ha, deliberatamente, deciso di partecipare attivamente all'interno della violenta colluttazione, già in atto, rispondendo alle offese ricevute e realizzandone di proprie.
Se ne deduce la piena sussistenza della penale responsabilità dell'imputata per i fatti di reato contestatile, non potendo questi ultimi essere scriminati dalla legittima difesa.
6. In ultimo, deve essere altresì confermata la sussistenza della penale responsabilità di Bo.Gi.
Difatti, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, la sua partecipazione al fatto di reato in esame appare asseverata dalle propalazioni, rese a sommarie informazioni, da Bo.Ca. (soggetto, che aveva assistito alla rissa dall'esterno). La donna, invero, ricordava come "Bo.Gi., la madre di RE.El. e Re.Mi., graffiava sul labbro e dava calci e pugni" in direzione della Fi.Ma.
A tutta evidenza, allora, non sussistendo ragioni per poter ritenere inattendibile il suddetto narrato (anche alla luce dell'insussistenza di doglianze difensive sul punto), quanto evidenziato è, di certo, sufficiente al fine di ritenere configurata la penale responsabilità dell'imputata, avendo anch'essa partecipato in posizione attiva e con piena consapevolezza alla contesa.
7. Passando alla trattazione delle questioni inerenti alla pena, in ultimo, con il secondo motivo di doglianza, presentato negli interessi di Bo.Gi. e Re.Mi., visto lo stato di incensuratezza delle imputate ed il molo asseritamente marginale da loro tenuto nell'illecito, la difesa lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
A tal proposito, va precisato che le attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p. non costituiscono una forma di benevola elargizione da parte del Giudice ma devono essere, invece, ancorate a seri elementi di valutazione, riferiti al caso concreto, nel cui contesto anche la presenza di un solo indice negativo può portare ad escluderle; nel caso di specie; tuttavia, nel caso in esame, avuto riguardo ai criteri di cui all'art. 133 c.p., non può essere riconosciuta alcuna attenuazione della pena od una riduzione della stessa.
Difatti, risulta essere ostativo all'accoglimento della doglianza in esame la gravità della condotta in contestazione, cosi come tratteggiata in precedenza. In particolare, le appellanti si sono rese responsabili di una condotta grave, caratterizzata dalla realizzazione di un rilevante episodio di violenza, contraddistinto dall'alto grado di pericolosità, dal quale sono scaturiti ingenti danni alle persone offese, tanto che Fi.Ma. aveva riportato delle lesioni guaribili in ben venti giorni di prognosi.
Inoltre, non appare secondario - da un lato - l'utilizzo all'interno della rissa di un'arma impropria (quale un bastone), - dall'altro - il gran numero di soggetti coinvolti; circostanze queste dalle quali si evince l'elevata pericolosità, caratterizzante i fatti in esame.
D'altro canto, ritiene la Corte che la sanzione, così come inflitta nel primo gradò di giudizio, non possa essere ridotta, in quanto perfettamente congrua e proporzionata (ex artt. 133 c.p. e 27 Cost.) e, come tale, insuscettibile di alcuna modifica in melius.
8. In conclusione, viste le suesposte argomentazioni, gli appelli devono essere ritenuti infondati e, all'esito, deve essere riconosciuta integrale conferma alla pronuncia impugnata.
Al rigetto dei motivi di gravame, segue la condanna degli appellanti al pagamento delle spese processuali del presente grado del giudizio, nonché alla refusione delle spese sostenute in questo grado di giudizio dalle parti civili, che si liquidano in euro 724,50 ciascuno, oltre accessori, come per legge, con distrazione in favore dello Stato.
La delicatezza delle questioni giuridiche affrontate, non disgiunta dal complessivo carico di ruolo, ha imposto l'indicazione del termine specificato in dispositivo per il deposito della sentenza, ai sensi del terzo comma dell'art. 544 c.p.p.
P.Q.M.
Letti gli artt. 605 e 592 c.p.p.;
conferma la sentenza del Tribunale di Trapani, in composizione monocratica, in data 7.03.2022, appellata da Fi.Ma., La.Ba., Re.Mi. e Bo.Gi., che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali. Condanna l'imputato alla refusione delle spese sostenute in questo grado del giudizio dalla costituita parte civile, Fi.Ma. e La.Ba., che liquida in euro 724,50 ciascuno, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge, con distrazione in favore dello Stato.
Visto l'art. 544, comma terzo, c.p.p.;
indica in giorni novanta il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Palermo il 13 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria l'11 giugno 2024.