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Frode informatica: sussiste in caso di inserimento di una scheda clonata in una slot machine


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di frode informatica

La massima

Integra il reato di frode informatica, e non quello di truffa aggravata ai danni dello Stato, la sostituzione della scheda autentica di apparecchi elettronici per il gioco di intrattenimento (slot machine) con l'introduzione di una scheda clonata, così da impedire la comunicazione all'Amministrazione finanziaria dei dati delle giocate effettive, comportando tale operazione l'attivazione di un diverso programma mediante alterazione del funzionamento del sistema informatico dell'apparecchio (Cassazione penale , sez. II , 14/09/2021 , n. 47302).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. II , 14/09/2021 , n. 47302

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 14 marzo 2019 la Corte d'appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa il 22 gennaio 2014 dal Tribunale della stessa città, con cui S.D. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di cui all'art. 640 ter c.p..


Secondo la ricostruzione effettuata nelle sentenze del merito, l'imputato aveva installato schede clonate in apparecchi da gioco, che non consentivano di comunicare all'Amministrazione statale le giocate effettuate, così da ottenere l'ingiusto profitto con altrui danno, ravvisato nell'esercizio del gioco d'azzardo, non assoggettato al controllo telematico e alla conseguente tassazione.


Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, che ha-dedotto i seguenti motivi:


1) violazione degli artt. 187,192 c.p.p. e vizio di motivazione in relazione alla mancata valutazione da parte della Corte territoriale di una serie di documenti, prodotti in giudizio, e delle deposizioni di Sc.Da. e N.N., da cui sarebbe emerso che l'imputato, la sera del (OMISSIS), si era recato presso gli esercizi pubblici, dedotti nel capo di imputazione, non per sostituire le schede clonate con quelle regolari (come affermato nella sentenza impugnata), ma, come tutte le altre sere della settimana, al fine di effettuare il c.d. refill (introduzione nei giochi di monete metalliche destinate ad essere erogate ai clienti in caso di vincite), che non comporta l'apertura degli apparecchi da gioco nelle parti contenenti i sigilli apposti informalmente dalla Polizia di Stato. Anche dai report dei Monopoli di Stato non risulterebbe che l'imputato avesse sostituito le schede clonate con quelle lecite o viceversa, perché tale sostituzione sarebbe stata certamente registrata dall'apparecchio e, conseguentemente, trasmessa in tempo reale ai Monopoli di Stato. Le norme tecniche di produzione degli apparecchi in questione imporrebbero che la scheda lecita sia inserita in un contenitore metallico, la cui apertura è registrata dall'apparecchio da gioco unitamente alla successiva asportazione della scheda stessa. In altri termini, l'apparecchio registra e trasmette immediatamente ai Monopoli di Stato tre diversi eventi: manomissione del contenitore della scheda di gioco; manomissione della scheda di gioco; sostituzione della scheda di gioco. Dai report, provenienti dai Monopoli di Stato e prodotti dall'imputato, emergerebbe come gli apparecchi da gioco non avevano trasmesso i suindicati eventi. Da ciò conseguirebbe l'assoluta rilevanza della documentazione, rispetto alla quale entrambi i Giudici del merito avrebbero omesso ogni valutazione;


2) violazione degli artt. 187,192 e 238 bis c.p.p. e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione da parte della Corte d'appello di una serie di documenti e atti, prodotti in giudizio. La menzionata Corte non si sarebbe confrontata con la rilevante documentazione, allegata ai motivi aggiunti, attinente all'avvenuta condanna di una pluralità di soggetti, i quali, all'insaputa dell'imputato, in concorso con gli esercenti, avrebbe asportato dai giochi gli incassi destinati all'imputato;


3) violazione dell'art. 522 c.p.p., per essere la responsabilità dell'imputato stata basata anche sul presupposto erroneo della clonazione delle schede dell'apparecchio da gioco, installato presso il bar (OMISSIS), benché tale bar non fosse indicato nell'imputazione;


4) vizi della motivazione in ordine alla natura delle schede da gioco assunte come illecite. Dalla deposizione del teste C.C. emergerebbe che le schede da gioco, rinvenute presso il magazzino dell'imputato, si differenziano da quelle regolari per la mancanza del dispositivo di controllo (smart card), necessario per mettere in comunicazione la scheda da gioco con i Monopoli di Stato. Tale differenziazione porterebbe ad escludere che si possa parlare in senso tecnico di "clonazione". Mancando una identità di contenuto hardware e software tra le due schede da gioco, non sarebbe possibile parlare di clonazione. Inoltre, la Corte d'appello avrebbe omesso ogni considerazione con riguardo ai motivi per cui le schede da gioco, rinvenute presso il magazzino dell'indagato, dovessero essere ricondotte nell'alveo degli apparecchi con vincita in denaro di cui all'art. 110, comma 6, TULPS piuttosto che tra quelli di puro intrattenimento (ossia tra i giochi senza vincita di cui all'art. 110, comma 7 del TULPS);


5) vizi della motivazione ed erronea applicazione dell'art. 640 ter c.p., non applicabile al caso in esame, in ragione del fatto che le schede da gioco, detenute dall'imputato presso il proprio magazzino e ritenute illegali, non sarebbero state idonee in alcun modo ad accedere alla rete telematica dei Monopoli di Stato. Il reato di cui all'art. 640 ter c.p. risulterebbe configurabile se l'imputato avesse manomesso la scheda originale in modo tale da far sì che la stessa registrasse e comunicasse ai Monopoli di Stato dati non reali mentre le schede in questione non avrebbero consentito di accedere alla rete telematica trasmettendo dati alterati o non veritieri. Non sarebbe poi configurabile nemmeno l'aggravante contestata, atteso che l'imputato non rivestirebbe le qualifiche e le competenze tecniche necessarie per incidere sulla rete telematica dei Monopoli di Stato.


All'odierna udienza è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per prescrizione.


1.1 I primi due motivi del ricorso che possono essere trattati congiuntamente, afferendo entrambi alle valutazioni degli elementi probatori, compiuta dalla Corte d'appello - non sono consentiti.


Entrambi i giudici del merito sono pervenuti alla conclusione che l'imputato aveva inserito, in alcuni apparecchi, schede clonate, che non consentivano di comunicare all'Amministrazione statale le giocate effettuate, così da ottenere l'ingiusto profitto con altrui danno, ravvisato nell'esercizio del gioco d'azzardo, non assoggettato al controllo telematico e alla conseguente tassazione proporzionale.


Hanno ritenuto accertato, inoltre, che l'imputato, dopo l'apposizione dei sigilli agli apparecchi da gioco, aveva tolto le schede donate da tali apparecchi e inserito quelle originali.


A fondamento di siffatti epiloghi la Corte territoriale, richiamando la sentenza di primo grado, ha posto le dichiarazioni del teste V.R., sovrintendente della Polizia di Stato, in merito alle indagini compiute sugli apparecchi, gestiti dall'imputato, e del teste C.C., verificatore SOGEI, che aveva stilato la relazione di verifica tecnica sulle schede donate, prelevate nottetempo dall'imputato e consegnate il giorno dopo agli operanti dal suo dipendente Rodio.


Tali dichiarazioni erano state avvalorate da quelle di N.N., Sc.Da. e O.P., titolari di esercizi commerciali in cui si trovavano gli apparecchi di gioco, i quali avevano affermato - le prime due - che nella serata/nottata del (OMISSIS), ossia immediatamente dopo l'apposizione dei sigilli alle macchine da gioco, l'imputato aveva manomesso i suddetti apparecchi; il terzo che egli si era opposto all'effettuazione di interventi da parte dell'imputato sull'apparecchio da gioco, sito nella sua rivendita, tanto che in esso fu rinvenuta una scheda donata.


La Corte d'appello ha altresì puntualmente replicato al rilievo dell'appellante sulla sua estraneità ai fatti, avendo affermato che "la rimozione dei sigilli non poteva che essere attribuita all'imputato, oltre che per le circostanze riferite dalle coimputate N. e Sc. (assolte in primo grado) e dal teste O.P., anche per la considerazione che solo l'imputato poteva dolersi di eventuali conseguenze negative del controllo della Polizia giudiziaria, in quanto noleggiatore dei giochi".


A fronte della lettura della sentenza impugnata deve rilevarsi che la Corte del merito ha passato in rassegna le emergenze processuali oggetto dell'ampia disamina del primo decidente e ha poi puntualmente vagliato i motivi di gravame, espressi nell'atto di impugnazione, rilevandone con esauriente e coerente percorso valutativo l'infondatezza e così pervenendo a ribadire l'univoco valore dimostrativo delle fonti di prova acquisite.


Di contro, le doglianze del ricorrente non sono consentite, in quanto tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici del merito, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell'art. 606 c.p.p.: il che fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questa Corte di legittimità.


Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata, infatti, l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/4/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).


1.2 Il terzo motivo è infondato, atteso che l'imputato è stato condannato per i fatti riportati nel capo di imputazione e le vicende relative al bar (OMISSIS) sono state valorizzate dai giudici del merito solo al fine della prova dei fatti così come contestati.


1.3 Il quarto motivo è infondato.


Giova premettere che questa Corte (Sez. 3, n. 13926 del 10 dicembre 2011, Rv. 252615; Sez. 2, n. 1309 del 22 novembre 1993, Rv. 197250) è ferma nel ritenere che, quando il giudice dell'appello abbia esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese e ai passaggi logico-giuridici della decisione, le motivazioni delle due sentenze del merito, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile, al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.


Nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata si fonde con quella della pronuncia di primo grado, alla quale la Corte d'appello fa espresso richiamo, avendola totalmente condivisa, con la conseguenza che al risultato organico delle due motivazioni occorre far riferimento per vagliare le censure sollevate dai ricorrenti.


Ciò vale in particolare per la doglianza del ricorrente sulla natura delle schede in questione.


Nella sentenza di primo grado, cui fa espresso rinvio la pronuncia impugnata, si riportano le dichiarazioni del teste C.C., verificatore SOGEI, il quale aveva sottolineato che "le schede in esame erano totalmente al di fuori del mercato lecito, quindi non erano delle schede originali, ma erano semplicemente delle schede che operavano su un mercato parallelo rispetto a quello lecito. Questo significa che non era presente a bordo di queste schede di gioco l'apposito dispositivo di controllo, che è un dispositivo prodotto dalla SOGEI e distribuito dai Monopoli di Stato ai produttori delle schede di gioco, che ha proprio l'obiettivo di controllare il corretto funzionamento delle schede di gioco in esercizio e di controllare la corretta comunicazione degli importi giocati al sistema di controllo dei Monopoli. Sono schede che in gergo si chiamano doni perché sulle stesse viene inserito un codice identificativo che di fatto corrisponde a un apparecchio regolarmente funzionante in esercizio e riproducono una modalità di gioco che è una copia dell'originale e consentono il funzionamento in assenza del collegamento alla rete telematica".


Alla luce della deposizione del teste, come riportate nella sentenza di primo grado, deve rilevarsi che correttamente la Corte d'appello ha considerato clonate le schede, essendo esse non originali, pur se riproducenti una modalità di gioco che è una copia dell'originale.


Ne' ha pregio il rilievo difensivo, secondo cui le schede erano relative a giochi di mero intrattenimento, non comportanti giocate onerose, atteso che, come rimarcato nella sentenza di primo grado, le schede clonate fino al giorno precedente erano inserite negli apparecchi da gioco installati presso esercizi commerciali, ove registravano giocate in denaro.


1.4 L'ultimo motivo è infondato.


Nella vicenda in esame viene in rilievo l'utilizzazione di giochi tipo slot-machine, ovvero quegli apparecchi "autosufficienti" che, con varie forme di automatismo, interagendo direttamente con il soggetto scommettitore, consentono la giocata previo inserimento di denaro, elaborano il meccanismo di vincita e, se del caso, consegnano immediatamente il premio al giocatore.


La L. 27 dicembre 2002, n. 289 ha modificato il R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110, disciplinando l'installazione di apparecchi automatici "leciti" nei seguenti termini:


- si è previsto che l'installazione degli "apparecchi automatici di cui ai commi 6 e 7, lett. b), dell'articolo in esame è consentita negli esercizi assoggettati ad autorizzazione ai sensi degli artt. 86 o 88" (comma 3);


- sono state regolamentate le macchine "autosufficienti" che prevedono la scommessa in denaro ed il gioco gestito esclusivamente dalla macchina locale (comma 6);


- sono state previste altre tipologie di macchine che non offrono la vincita diretta in denaro, ma per le quali si introduce un controllo diretto (anche) alla verifica del pagamento delle imposte che gravano sulle stesse (comma 7).


Con riferimento alle macchine "autosufficienti" (che qui maggiormente interessano) la norma prevede precise condizioni per l'esercizio del gioco (si fa riferimento alla previsione attuale, essendo intervenute varie modifiche delle percentuali di destinazione dell'incasso delle giocate), tra cui quella secondo cui gli apparecchi, di proprietà privata, sono leciti a condizione che siano "dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato" e siano "obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 14-bis, comma 4".


Nel caso in disamina, l'imputato aveva inserito una scheda cd. "clone" di contabilizzazione, al posto di quella originale, in alcune macchine collegate alla rete telematica dell'Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato e installate in locali a disposizione del pubblico; di conseguenza, all'Amministrazione finanziaria erano comunicati non i dati effettivi delle giocate, contabilizzati sulla scheda cd. "clone" non collegata alla rete telematica, bensì quelli risultanti sulle schede originali.


Entrambi i giudici del merito hanno qualificato i fatti ai sensi dell'art. 640 ter c.p. e tale approdo merita condivisione, contrariamente alla tesi difensiva, che ne propugna l'inquadramento come truffa.


Al riguardo deve premettersi, in punto di diritto, che questa Corte ha reiteratamente stabilito che il reato di frode informatica si differenzia da quello di truffa perché l'attività fraudolenta dell'agente investe non la persona (soggetto passivo), di cui difetta l'induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza della medesima, attraverso la manipolazione di detto sistema (ex plurimis: Sez. 2, n. 41435 del 9/6/2016, Rv. 268270; Sez. 2, n. 44720 del 11/11/2009, Rv. 245696).


In particolare, il reato di frode informatica prevede due distinte condotte.


La prima, consiste nell'alterazione, in qualsiasi modo, del "funzionamento di un sistema informatico o telematico": in tale fattispecie rientrano tutte le ipotesi in cui viene alterato, in qualsiasi modo, il regolare svolgimento di un sistema informatico o telematico.


Per sistema informatico o telematico deve intendersi "un complesso di apparecchiature destinate a compiere una qualsiasi funzione utile all'uomo, attraverso l'utilizzazione (anche parziale) di tecnologie informatiche, che sono caratterizzate - per mezzo di un'attività di "codificazione" e "decodificazione" dalla "registrazione" o "memorizzazione", per mezzo di impulsi elettronici, su supporti adeguati, di "dati", cioè di rappresentazioni elementari di un fatto, effettuata attraverso simboli (bit), in combinazione diverse, e dall'elaborazione automatica di tali dati, in modo da generare "informazioni", costituite da un insieme più o meno vasto di dati organizzati secondo una logica che consenta loro di esprimere un particolare significato per l'utente (Sez. 6, n. 3067 del 4/10/1999, Rv. 214945).


Per alterazione, quindi, deve intendersi ogni attività o omissione che, attraverso la manipolazione dei dati informatici, incida sul regolare svolgimento del processo di elaborazione e/o trasmissione dei suddetti dati e, quindi, sia sull'hardware che sul software. In altri termini, il sistema continua a funzionare ma, appunto, in modo alterato rispetto a quello programmato.


La seconda condotta, prevista dall'art. 640 ter c.p., è costituita dall'intervento senza diritto con qualsiasi modalità su- dati, informazioni o-programmi contenuti in un sistema informatico o telematico.


La condotta di intervento abusivo e', quindi, rivolta ai dati, alle informazioni o ai programmi, installati nell'hardware, e deve avvenire senza diritto, ossia in assenza del necessario consenso del titolare dei dati, informazioni o programmi contenuti nel sistema informatico ma anche secondo una modalità non consentita da norme giuridiche né da altre fonti.


Entrambe le fattispecie alternative sono a condotta libera, come si desume agevolmente dalle espressioni "in qualsiasi modo" e "con qualsiasi modalità", che indica chiaramente che per il perfezionamento dell'art. 640 ter c.p. non è richiesta alcuna specifica modalità di condotta.


Ora, applicando i suddetti principi al caso di specie, deve ritenersi che, correttamente è stato configurato il reato di cui all'art. 640 ter c.p., in quanto la condotta contestata è sussumibile nella prima ipotesi (quella dell'alterazione).


Come affermato già da questa Corte (Sez. 2, n. 54715 dell'1/12/2016, Rv. 268868; Sez. 5, n. 27135 del 19/03/2010, R.v. 248306), atteso che la scheda, originariamente contenuta nell'apparecchio, era la sede del software del sistema informatico complessivo, costituente l'impianto di gioco, è innegabile che la sostituzione di essa ha comportato l'attivazione di un diverso programma e, per tal via, quella "alterazione del funzionamento di un sistema informatico" che la norma penale è finalizzata a reprimere. Non rileva, cioè, il fatto che il software contenuto nella scheda originaria sia rimasto inalterato e possa operare regolarmente una volta riattivato: ciò che risulta alterato, nel caso in esame, è il funzionamento del sistema informatico nel suo complesso, in dipendenza della sostituzione del software con un altro diversamente operante: a ciò non essendo di ostacolo la reversibilità della modifica. Ne' si richiede necessariamente, ai fini della configurabilità della frode, che vi sia un intervento sui dati, poiché tale ipotesi è prevista dall'art. 640 ter c.p. in via alternativa all'alterazione del sistema informatico (come è espresso dall'uso della congiunzione disgiuntiva "o"); ciò che rileva è invece l'acquisizione di un ingiusto profitto con altrui danno, che nel caso di cui ci si occupa è ravvisato nell'esercizio del gioco d'azzardo senza assoggettarlo al controllo telematico e alla conseguente tassazione proporzionale.


Giova precisare che non può condividersi la tesi del ricorrente, pur supportata da un precedente di questa Corte (Sez. 6, n. 41767 del 20/06/2017, Rv. 271392), secondo cui integra il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato anziché quello di frode informatica, previsto dall'art. 640 ter c.p..


L'inserimento negli apparecchi elettronici da gioco di una scheda informatica, attivabile -a distanza, mediante -la quale la quota di spettanza dell'erario non viene comunicata e, conseguentemente, versata all'amministrazione finanziaria, senza che ciò comporti alcuna alterazione del sistema informatico o telematico altrui. Si è precisato che l'inserimento di una seconda scheda all'interno del medesimo apparecchio da gioco, non incide sul sistema informativo lecito, bensì funziona autonomamente, condividendo esclusivamente le periferiche di ingresso e uscita.


Tale tesi trascura di considerare che - come testualmente indicato nell'art. 640 ter c.p. - l'alterazione del sistema informatico può essere realizzata "in qualsiasi modo" e, quindi, anche attraverso la sostituzione della scheda originale con una avente diverse caratteristiche, atte a non consentire di comunicare i dati delle giocate all'amministrazione statale.


Non vi è dubbio, insomma, che, come evidenziato nella tesi suindicata, la scheda non originale, una volta installata all'interno di una slot machine, funziona autonomamente e non comunica i dati all'amministrazione finanziaria. Non è tuttavia revocabile in dubbio che, all'atto della sostituzione della scheda originaria e del conseguente venir meno del collegamento telematico, si opera un intervento manipolativo sul sistema informatico, così come originariamente costituito e normativamente disciplinato. Esso, infatti, non è più formato dalla scheda originale ma da una diversa e non può più realizzare lo scopo, cui era destinato.


In altri termini, l'attenzione deve essere rivolta non già alle modalità di funzionamento della nuova scheda, ossia quella clonata, inserita nella slot machine, ma al sistema informatico originario, che, con la sostituzione della scheda originaria, non ha più la stessa configurazione ed è stato quindi "alterato".


Ciò trova conforto nella ratio della norma, inserita dal legislatore con la L. n. 547 del 1993, al fine di offrire tutela al regolare funzionamento dei sistemi informatici e alla riservatezza dei dati ivi contenuti.


1.4.1 Infondata è anche la censura avente ad oggetto l'aggravante dell'abuso della qualità di operatore di sistema, che è stata applicata dal Giudice del merito in linea con l'orientamento di questa Corte (Sez. 2, n. 17318 del 5/4/2019, Rv. 276623), secondo cui, in tema di frode informatica, l'installatore di "slot machine", che provveda all'inserimento di schede informatiche, dallo stesso predisposte e tali da alterare il sistema informatico così da eludere il pagamento delle imposte previste con conseguente ingiusto profitto, assume la qualifica di operatore di sistema, rilevante ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante prevista dall'art. 640 ter c.p., comma 2.


2. L'infondatezza di alcuni motivi del ricorso consente di dichiarare l'intervenuta estinzione per prescrizione del reato.


Esso, difatti, risulta commesso in data anteriore e prossima all'accertamento, avvenuto il (OMISSIS), così che, calcolando il termine di 7 anni e mezzo e tenendo conto dei periodi di sospensione intervenuti nel corso del processo (dal 22 novembre 2012 all'8 maggio 2013 in primo grado e dal 7 dicembre 2017 al 28 giugno 2018 in appello), il reato si è estinto ad aprile 2020.


Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con la formula di cui in dispositivo.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.


Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 14 settembre 2021.


Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2021



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