RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata ordinanza, il Tribunale di Caltanissetta rigettava l'appello cautelare proposto nell'interesse del Fallimento della Servizi Ambientali Integrati Società Cooperativa in liquidazione avverso il provvedimento con il quale il G.i.p. del Tribunale di Gela aveva respinto l'istanza di dissequestro della somme di denaro rinvenute, in sede di esecuzione della misura ablativa finalizzata alla confisca diretta, sui rapporti bancari riferibili alla menzionata persona giuridica eccedenti il saldo dei rispettivi conti correnti alla data dell'ultima delle indebite compensazioni oggetto di addebito ex art. 10-quater D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ovvero rinvenute su un rapporto bancario acceso in epoca successiva a tale momento.
Pur dando atto di un'oscillazione giurisprudenziale, il Tribunale ha aderito all'orientamento di gran lunga prevalente il quale, nel declinare nell'ambito dei reati tributari i principi espressi dalle Sezioni n. 42415 del 27 maggio 2021, la confisca ex art. 12-bis D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante ha natura di confisca diretta in quanto le stesse costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all'omesso versamento delle imposte.
2. Avverso l'indicata ordinanza, il Fallimento della Servizi Ambientali Integrati Società Cooperativa in liquidazione, per il ministero del difensore di fiducia nominato procuratore speciale, propone ricorso per Cassazione, affidato a un unico, articolato, motivo, che denuncia la violazione di legge in con riferimento all'art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000 in relazione alla somme di rinvenute su un conto corrente della società acceso in epoca successiva alla consumazione del reato tributario oggetto di contestazione. Espone il difensore che il profitto del reato di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, oggetto di contestazione, è rappresentato dal risparmio di spesa conseguente alle indebite compensazioni e, quindi, delle somme di denaro che non sono state destinate alla spesa fiscale; a tal proposito, evidenzia il difensore, citando pertinenti arresti giurisprudenziali, che il profitto da risparmio di spesa ha ad oggetto il saldo attivo presente sul conto corrente del contribuente al momento della consumazione de reato. Se così è, le somme di cui si era chiesto il sequestro, non potendo essere "risparmiate" essendo state rinvenute su un conto corrente della società accesso dopo la consumazione del reato, non possono costituire il profitto del reato, ma rappresentano unicamente l'unità di misura equivalente del debito fiscale scaduto e non onorato, come affermato da Sez. 3, n. 31516 del 2022. Aggiunge il difensore che tale conclusione non si pone in contrasto con l'indirizzo assunto dalle Sezioni Unite (si indicano le sentenze n. 10561 del 2014, n. 31617 del 2015 e n. 42415 del 2021) - che, peraltro, si erano occupate della confisca del "profitto accrescitivo" e non del "risparmio di spesa" -, perché, appunto, se la somma di denaro è estranea al reato - come nel caso in esame -essa non può essere oggetto di confisca diretta, ma, semmai per equivalente.
Una diversa interpretazione, ad avviso del difensore, legittimerebbe la confisca diretta su somme che non sono il profitto del reato con conseguente violazione dell'art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, come affermato da Sez. 3 n. 11086 del 2022. Il difensore, pertanto, chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata o, in subordine, la rimessione della questione alle Sezioni Unite, atteso il contrasto sorto in seno alla Sezione terza dopo l'intervento regolativo delle Sezioni Unite Coppola.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Si osserva, preliminarmente, che, nelle more del giudizio di cassazione, all'udienza del 22 giugno 2023 le Sezioni Unite, investite della questione, evidentemente pregiudiziale rispetto al merito della questioni dedotte con il ricorso, "se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamelo del debitore erariale per effetto dell'apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta", hanno affermato il principio secondo cui l'avvio della procedura fallimentare non osta all'adozione o alla permanenza, ove già disposto, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari (Sez. U, n. 40797 del 22/06/2023, Fallimento Lavanderia Giglio Snc, Rv. 2851449.
Nel solco già tracciato S.U. n. 29951 del 2004, Focarelli, ad avviso delle Sezioni Unite beni attratti alla massa fallimentare non possono considerarsi beni "appartenenti a persona estranea al reato", con la conseguenza che la dichiarazione di fallimento dell'imputato non osta al provvedimento di confisca diretta o per equivalente, ai sensi dell'art. 12-bis, D.Lgs. n. 74 del 2000; il che giustifica la prevalenza su eventuali diritti di credito gravanti sul medesimo bene, a prescindere dal momento in cui intervenga la dichiarazione di fallimento, non potendo essere attribuiti alla procedura concorsuale, anche se intervenuta prima del sequestro, effetti preclusivi rispetto all'operatività della cautela reale disposta nel rispetto dei requisiti di legge.
3. Ciò posto, così venendo al merito del ricorso, appare innanzitutto utile richiamare il consolidato principio secondo cui è configurabile il profitto del reato anche in termini di risparmio di spesa, in particolare con riguardo ai reati tributari.
Una fondamentale indicazione in materia è stata fornita da Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036-01, la quale ha affermato, per quello che interessa in questa sede, che, in tema di reati tributari, il profitto confiscabile è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario.
Il principio appena indicato non è stato mai messo in discussione.
Anzi, secondo la consolidata elaborazione giurisprudenziale, il risparmio di spesa è utilità idonea ad integrare il profitto del reato in linea generale, in relazione a tutte le fattispecie di illecito penale e non solo con riferimento a quelle di diritto penale tributario (cfr., a titolo di esempio, Sez. U, n. 38342 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261117-01, in materia di responsabilità da reato degli enti, affermata in relazione a delitti-presupposto costituiti da reati colposi di evento, nonché Sez. 4, n. 29397 del 08/06/2022, Torregrossa, Rv. 283388-02, la quale, in tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ha ribadito che il profitto confiscabile può consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario).
4. Il tema della ammissibilità della confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità di una persona giuridica quale profitto del reato commesso a suo vantaggio dai suoi rappresentanti è invece oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale.
4.1. In una prima fase, dopo alcune iniziali decisioni, è intervenuta Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648-01.
Sez. U, Gubert, cit., muovendosi in linea con precedenti decisioni, come ad esempio Sez. 3, n. 33182 del 14/05/2013, De Salvia, Rv. 255871-01, ha affermato che è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l'ente una persona estranea al detto reato.
Il principio enunciato da Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648-01, per una parte, quella relativa alla posizione dell'ente rispetto al reato tributario commesso a suo vantaggio ed alla conseguente ammissibilità di una confisca diretta del profitto nei confronti dell'ente, risulta essere stato più volte ribadito e mai messo in discussione.
Reiteratamente, infatti, si è precisato che, in tema di reati tributari, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, l'ente che trae profitto dall'altrui condotta illecita non può mai essere considerato terzo "estraneo" al reato (così, in particolare, Sez. 3, n. 17840 del 05/10/2018, Umetti, Rv. 275599-02, e Sez. 3, n. 6205 del 29/10/2014, dep. 2015, Mataloni, Rv. 262770-01, nonché Sez. 3, n. 19113 del 10/06/2020, Pignata, non massimata).
4.2. L'altra parte del principio enunciato da Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648-01, quella relativa all'ammissibilità della confisca diretta di somme di denaro nei confronti dell'ente, ha costituito invece oggetto di ampia discussione.
In linea generale, si è contestato che le somme di denaro possano sempre e comunque costituire oggetto di confisca diretta, anche quando non sia ravvisabile un legame tra le stesse ed il reato, o, anzi, sia accertata la loro provenienza lecita.
In argomento, però, sono intervenute nuovamente e ripetutamente le Sezioni Unite.
Segnatamente, Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264437-01, ha enunciato il principio secondo cui qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato.
Di recente, il principio appena indicato è stato ribadito e puntualizzato da Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01. La decisione appena citata ha enunciato il principio di diritto così riportato nella massima ufficiale: "La confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell'autore della condotta, e che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione".
5. Con specifico riferimento ai reati tributari, poi, si è contestata l'ammissibilità della confisca diretta di somme di denaro acquisite da una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa.
5.1. In particolare, a partire da Sez. 3, n. 8995 del 30/10/2017, Barletta, Rv. 272353-01, si era consolidato l'orientamento secondo cui, in tema di reati tributari, la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante dell'ente, in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto (cfr., per la più recente massimata, Sez. 3, n. 31516 del 29/09/2020, Casa di cura Trusso Spa in liquidazione, Rv. 280152-01).
5.2. Un ripensamento è avvenuto dopo la sentenza Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01.
Invero, secondo diverse decisioni, il principio di diritto enunciato dall'indicata decisioni delle Sez. U n. 42415 2021, deve ritenersi applicabile anche ai reati tributari, e perciò in tutti i casi in cui il profitto consista in un risparmio di spesa, atteso che - ai fini del vantaggio conseguito, siccome in ciò si risolve prevalentemente il profitto del reato - l'accrescimento patrimoniale e il mancato decremento delle risorse monetarie nella disponibilità del soggetto che ha tratto profitto dall'illecito, rappresentano concetti equivalenti" (così Sez. 3, n. 3575 del 26/11/2021, dep. 2022, Commisso, poi ripresa da Sez. 3, n. 11630 del 02/02/2022, Boca Srl , e da Sez. 3, n. 30710 del 23/06/2022, Progresso Srl).
Nel medesimo senso, sia pure con enunciazioni di principio meno esplicite, sembrano essersi orientate anche altre pronunce che hanno ritenuto applicabile la confisca diretta, a titolo di profitto di un reato tributario, nei confronti delle somme di denaro "comunque entrate" nel patrimonio dell'ente (cfr. Sez. 3, n. 25317 del 31/05/2022, Ciurmino, e Sez. 3, n. 12934 del 24/02/2022, Biavati, le quali hanno specificamente richiamato Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, nonché Sez. 3, n. 31921 del 04/05/2022, Fall. Tradeco Srl).
5.3. Un divergente arresto della giurisprudenza di legittimità, indicato dal ricorrente, ha affermato, invece, che, in tema di reati tributari, le somme di denaro affluite sul conto corrente della gestione commissariale di una società ammessa a procedura di amministrazione straordinaria in data successiva alla consumazione del delitto ad opera del suo amministratore non sono suscettibili di confisca diretta, in quanto, non derivando da reato, non ne costituiscono il profitto (così Sez. 3, n. 11086 del 04/02/2022, Pulvirenti, Rv. 283028-01).
A base di questo principio, si è evidenziato, fondamentalmente, che Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, fa riferimento all'ablazione della somma che sia "già entrata" nel patrimonio dell'autore del reato a causa della commissione dell'illecito ed ivi sia ancora rinvenibile, e che, però, nei reati tributari, il profitto è essenzialmente costituito da un risparmio di spesa, e, quindi, si caratterizza non per un incremento del patrimonio, bensì per una mancata decurtazione dello stesso. Si è quindi concluso che, nel caso di risparmio di spesa, proprio perché la somma non può ritenersi "già entrata" nel patrimonio dell'autore a causa della commissione dell'illecito, il denaro acquisito successivamente a tale momento "rappresenta un'unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, confiscabile se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente". Per completezza, occorre aggiungere che la decisione, a suo fondamento, ha anche valorizzato un elemento proprio della fattispecie esaminata: il denaro oggetto di sequestro era pervenuto sui conti della società non solo a distanza di tempo dalla commissione del reato, ma per effetto della vendita di cespiti aziendali effettuata dalla gestione commissariale di una società ammessa a procedura di amministrazione straordinaria, ossia una procedura "proiettata verso il salvataggio dell'impresa".
6. Il Collegio ritiene di condividere l'orientamento che risulta accolto dalla maggior parte delle più recenti decisioni, secondo cui il principio di diritto enunciato da Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037, deve ritenersi applicabile anche ai reati tributari, e in tutti i casi in cui il profitto consista in un risparmio di spesa (da ultimo, Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, L'Angolana, Rv. 283714-01).
Invero, Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, ha enunciato un principio di carattere generale, senza operare alcuna espressa distinzione tra profitto costituito da "accrescimento patrimoniale" e profitto integrato da "risparmio di spesa", distinzione che, pur ragionevole sotto il profilo empirico e classificatorio, non risulta recepita da disposizioni normative in materia di confisca, sì da far rilevare un'indicazione del legislatore favorevole a differenziare il regime giuridico applicabile alle due categorie.
E la precisata distinzione non sembra dirimente neppure nella prospettiva di quello che appare essere l'argomento centrale esposto da Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037-01, a fondamento delle proprie conclusioni. In effetti, le Sezioni Unite, per affermare che, "nel caso in cui il prezzo o il profitto del reato siano originariamente costituiti da numerarlo, quest'ultimo esorbita dal sistema della confisca per equivalente", sottolineano che "il denaro rappresenta non solo cosa essenzialmente fungibile, ma anche l'archetipo di bene corrispettivo di valore. Esso è, infatti, parametro di valutazione unificante del valore di cose tra loro diverse" (cfr. p. 15 del Considerato in Diritto). Ora, anche nel profitto determinato da risparmio di spesa viene in rilievo il denaro, quale archetipo di bene corrispettivo di valore: precisamente, in questa ipotesi, il denaro rileva quale somma non versata a causa della commissione del reato.
Del resto, diversamente opinando, si dovrebbe ritenere che il profitto del reato, quando consiste in un risparmio di spesa, non sarebbe mai costituito da denaro, perché non vi è mai una somma di denaro fisicamente identificabile che "entra" nel patrimonio del beneficiato. Ciò, però, comporterebbe la generale esclusione, per tutte le ipotesi di profitto integrato da risparmio di spesa, dell'ammissibilità della confisca diretta e, quindi, anche quando il denaro sia già presente sul conto corrente bancario al momento della commissione del reato.
Tuttavia, l'ammissibilità della confisca diretta anche con riguardo all'ipotesi di profitto derivante da risparmio di spesa sembra discendere dall'art. 12-bis, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000, ossia proprio la disposizione che detta la disciplina relativa alla confisca nei reati tributari, a tenore della quale "in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prezzo o il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando questa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto".
In altri termini, alla luce del dato testuale della disposizione appena citata, sembra che il legislatore, proprio con riferimento alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, pur statuendo per reati in relazione ai quali il profitto è generalmente determinato da "risparmio di spesa" - circostanza che evidentemente il Legislatore non poteva ignorare - abbia previsto come misura "ordinaria" proprio la confisca diretta.
7. In conclusione, è corretta in diritto la decisione impugnata, laddove ha confermato il decreto di sequestro preventivo ai fini di confisca delle somme di denaro rinvenute su un conto, intestato alla società, ma aperto in epoca successiva alla commissione del reato.
Sulla base delle indicate ragioni, non v'è perciò spazio per un'ulteriore rimessione della decisione alle Sezioni Unite della Corte e il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2024.