RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 novembre 2021, la Corte d'appello di Roma ha confermato le condanne alle pene di legge in primo grado inflitte agli odierni ricorrenti A.G.L. e L.R. per il reato di concorso in indebite compensazioni di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 quater contestato al capo 2) e, quanto al solo A., altresì per il reato di truffa continuata contestato al capo 1).
2. Avverso detta sentenza, a mezzo dei difensore fiduciario, l'imputato A.G.L. ha proposto ricorso per cassazione deducendo, con il primo motivo, in relazione ai reati di truffa di cui al capo 1), la violazione della legge processuale con riguardo ai criteri legali di valutazione della prova ed all'ingiustificato diniego della richiesta di rinnovazione istruttoria per effettuare, mediante rogatoria presso la (Omissis), la ricostruzione delle movimentazioni effettuate nel periodo d'interesse sul conto corrente intestato all'imputato ed aperto presso l'indicata banca, dove, secondo l'impostazione d'accusa, sarebbero stati bonificati i versamenti provenienti dai conti correnti delle persone offese. In difetto di tale accertamento non sussisteva la prova che i bonifici in questione, effettuali dalla funzionaria della (Omissis) B.M., incaricata dal ricorrente di versare all'Erario l'imposta dovuta dalle persone offese nella misura da lui determinata, sarebbero invece stati effettuati sul suo conto corrente. Nel negare la richiesta di rogatoria, la Corte territoriale aveva illogicamente dato per provato ciò che invece avrebbe dovuto essere oggetto di puntuale dimostrazione e, con una motivazione apparente, aveva ritenuto irrilevanti le deposizioni al proposito rese dai testimoni M.G. e B.B., sottoposte a valutazione con il gravame di merito.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater per aver la Corte territoriale affermato - richiamando un orientamento giurisprudenziale controverso nella giurisprudenza di legittimità - la sussistenza del reato non solo nel caso di compensazione "verticale" concernente crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, ma anche nel caso di compensazione "orizzontale", concernente crediti e debiti d'imposta di diversa natura. La controversa questione di diritto - rispetto alla quale si sollecita l'assegnazione del ricorso alle Sezioni unite - sarebbe nel caso di specie rilevante, non essendosi accertato se le operazioni di compensazione oggetto di contestazione avessero ad oggetto, ed in che misura, somme dovute a titolo di imposta sui redditi o sul valore aggiunto.
2.2. Con il terzo motivo si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva reiterata, avendo la sentenza impugnata fatto ricorso ad una mera formula di stile, senza effettuare un'analisi specifica del rapporto intercorrente tra le risalenti condanne precedenti e le eterogenee violazioni nella specie contestate.
Con successiva memoria, data 5 ottobre 2022, contenente note di replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale, il difensore ha inoltre lamentato l'illegalità dell'aumento di pena operato per la recidiva reiterata, salvo successivamente rinunciare a tale doglianza con nota del 4 novembre 2022.
2.3. Con il quarto motivo - cui si aggiungono gli argomenti svolti nella citata memoria difensiva - si deducono violazione dell'art. 61 c.p., n. 5 e vizio di motivazione per non essere stata esclusa la circostanza aggravante della minorata difesa. Per un verso - allega il ricorrente - si era evocato il vago concetto di "complessità della materia", estraneo ai criteri indicati nella citata disposizione normativa; per altro verso, era mancata la prova che l'imputato avesse approfittato delle condizioni personali delle vittime, che gli stessi giudici di merito hanno attestato essere perfettamente inserite nel contesto sociale, con elevati titoli di studio e tenore di vita; quanto, poi, alla loro età , si rileva come soltanto con riguardo a tre di esse la stessa potesse ritenersi avanzata e che nel caso di specie la circostanza non aveva avuto alcun rilievo, come dimostrato dalla pronta reazione avuta allorquando emerse la vicenda e dal fatto che tra le vittime vi erano anche persone ben più giovani. La motivazione era poi apodittica e frutto di mera congettura laddove valorizzava la particolare condizione emotiva correlata alla necessità di "mettere al sicuro i risparmi di una vita".
2.4. Con il quinto motivo di ricorso - e con le ulteriori argomentazioni svolte nella citata memoria difensiva - si lamenta l'omessa valutazione della richiesta di specificare gli aumenti di pena a titolo di continuazione interna per gli episodi di truffa contestati al capo 1).
2.5. Con l'ultimo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio di motivazione quanto al denegato riconoscimento del vincolo della continuazione con i reati di concorso in bancarotta fraudolenta e indebita compensazione per i quali vi era stata condanna, divenuta definitiva, da parte del Tribunale di Milano. Si lamenta che il giudice d'appello non avesse considerato che anche quei reati erano stati commessi da A.G.L. nello svolgimento della sua attività professionale e utilizzando per la compensazione lo stesso codice tributo impiegato nella vicenda qui sub iudice, rispetto alla quale neppure poteva dirsi sussistente una netta cesura temporale, essendo dunque evidente che tutti i reati costituivano espressione di un'unica deliberazione criminosa tesa all'accumulazione d'ingenti profitti attraverso l'attività professionale.
3. Nell'interesse dell'imputato L.R. sono stati depositati, a mezzo dei difensori fiduciari, due ricorsi.
3.1. Con il ricorso proposto dall'avv. Emilio Siviero si deducono violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater e dell'art. 192 c.p.p., con illogicità della motivazione, per essere stato ritenuto il concorso del ricorrente con il coimputato A. nel contestato reato fiscale.
Sotto un primo profilo si lamenta che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, non vi era stato alcun mutamento di strategia tra la proposizione del gravame ed il successivo deposito di una memoria difensiva con allegata consulenza tecnica, avendo l'imputato sempre sostenuto di non essere mai stato consapevole di alcuna illiceità e di essersi affidato ad un professionista rinomato nel settore, non avendo egli le competenze per valutare le opzioni fiscali a disposizione della società da lui rappresentata.
Sotto altro profilo si censura l'illogicità delle ragioni addotte dalla Corte territoriale per ritenere inattendibile la versione dell'imputato, non essendo rilevanti la collocazione della sede societaria presso lo studio professionale del coimputato né la condotta collaborativa tenuta da L. nel corso della verifica fiscale, ed essendo illogiche le interpretazioni dell'interrogatorio del medesimo e di una conversazione intercettata date nella sentenza impugnata.
Si lamenta, inoltre, l'omessa considerazione di altri elementi probatori che deponevano nel senso che fosse il coimputato il dominus dell'intera operazione e che per L. difettasse la prova dell'elemento psicologico del reato e ciò anche con riguardo alla citata memoria difensiva con allegata consulenza, erroneamente ritenute inammissibili dalla Corte territoriale, le quali dimostravano come la società amministrata dal ricorrente godesse di un effettivo credito d'imposta in relazione a costi di ricerca pacificamente sostenuti, sicché non v'era necessità di utilizzare il codice tributo scelto da A. per effettuare la compensazione, ben potendo utilizzarsi altro codice certamente ammissibile e lecito.
Da ultimo, anche con questo ricorso si solleva la questione dell'insussistenza del reato per mancanza di prova circa la natura dei crediti portati in compensazione, evidenziandosi il contrasto esistente sul punto nella giurisprudenza di legittimità e sollecitandosi pertanto la rimessione del ricorso alle Sezioni unite.
3.2. Questo aspetto viene ulteriormente approfondito - e la conclusione circa l'investitura della Sezioni unite ribadita - nel primo motivo del ricorso a firma dell'avv. Francesco Caroleo Grimaldi, ove si sostiene la correttezza della tesi secondo cui il reato in esame è configurabile esclusivamente in relazione all'omesso versamento delle somme dovute a titolo di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, allegandosi che non v'e' nella specie prova della natura dei debiti compensati.
3.2. Con il secondo motivo del suddetto ricorso si lamentano l'erronea applicazione degli artt. 62 bis e 133 c.p. per non essere state riconosciute le circostanze attenuanti generiche (omettendosi di valutare il buon comportamento tenuto dal ricorrente sin dalla fase delle indagini, l'assenza di precedenti specifici, il marginale ruolo da lui rivestito nella vicenda) e per non essere stata ridotta la pena, sproporzionata con riguardo alla capacità a delinquere ed alla personalità del reo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo del ricorso proposto da A.G.L. è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
1.1. Ed invero, il ricorrente non si confronta con l'articolata motivazione della sentenza impugnata, che, in modo non illogico, ha argomentato la certa sussistenza del reato per aver tutte le persone offese riferito, anche a seguito dell'esibizione di false ricevute, in apparenza attestanti l'esborso di anticipi da parte dell'imputato, di aver versato le somme da lui indicate affinché egli potesse effettuare in loro nome le procedure di voluntary disclosure, mediante bonifici effettuati sul conto corrente della società a lui riferibile aperto presso la Banca Internazionale di Lussemburgo. Le deposizioni testimoniali riprodotte in stralcio in ricorso non inficiano in alcun modo la conclusione, che, del tutto logicamente, la sentenza reputa confortata dagli altri convergenti elementi di prova riepilogati (pagg. 13-14), rispetto ai quali il generico ricorso non muove alcuna contestazione.
1.2. Nessun dubbio, pertanto, sulla manifesta infondatezza dell'addotta violazione dell'art. 192 c.p.p., avendo la sentenza valorizzato plurimi elementi di prova gravi, precisi e concordanti che il ricorrente neppure analizza, e della incensurabile valutazione circa la non necessità della richiesta rinnovazione istruttoria, da esaminarsi ai sensi della previsione di cui all'art. 603, c.p.p., comma 1 potendo la stessa essere accolta soltanto "se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti".
Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, tale impossibilità sussiste unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l'incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228; Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, Panozzo, Rv. 237410). D'altra parte, come confermato anche da questa Corte nella sua più autorevole composizione, la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso, appunto, esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità , di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820; Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 256968). Proprio per questo, tra l'altro, secondo un orientamento da tempo consolidato, il giudice d'appello ha l'obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento nel solo caso di suo accoglimento, mentre può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo (Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Motta Pelli Srl, Rv. 275114; Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 259893; Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 247872; Sez. 6, n. 40496 del 21/05/2009, Messina e a., Rv. 245009; Sez. 6, n. 5782/2007 del 18/12/2006, Gagliano, Rv. 236064).
In sede di ricorso per cassazione, pertanto, la mancata rinnovazione
in appello dell'istruttoria dibattimentale può essere censurata qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità , ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Impellizzeri, Rv. 273577; Sez. 2, n. 48630 del 15/09/2015, Pircher e aa., Rv. 265323), mentre il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 25/01/2021), ciò che nella specie si verifica per quanto sopra osservato.
2. Il secondo motivo del ricorso proposto da A.G.L. - così come l'identico motivo contenuto nei due ricorsi proposti nell'interesse di L.R. - è infondato.
Premesso che non rileva in alcun modo, né mai lo si è sostenuto, la natura dei crediti suscettibili di compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, la più recente giurisprudenza di questa Corte - che il Collegio condivide ed intende ribadire - ha ripetutamente affermato che il reato di indebita compensazione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-quater riguarda l'omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzato il modello di versamento unitario (Sez. 3, n. 23083 del 22/02/2022, Beoni, Rv. 283236; Sez. 3, n. 389 del 18/09/2020, dep. 2021, Scalvini, Rv. 280776; Sez. 3, n. 13149 del 03/03/2020, Bonelli, Rv. 279118-01; Sez. 3, n. 8689 del 30/10/2018, dep. 2019, Dalla Torre, Rv. 275015; - 01; Sez. 3, n. 5934 del 12/09/2018, dep. 2019, Giannino, Rv. 275833), così superando il precedente contrario orientamento espresso, in una sola occasione, con la decisione invocata dai ricorrenti (Sez. 1, n. 38042 del 10/05/2019, Santoro, Rv. 278825). La sentenza impugnata (pag. 16) attesta - senza che siano state mosse contestazioni - l'avvenuto utilizzo del modello di versamento unitario e ha fatto applicazione di tale più recente, ed oramai consolidato, orientamento interpretativo.
Le argomentazioni addotte nelle citate decisioni a sostegno del medesimo dai ricorrenti non specificamente contestate - possono dunque essere qui richiamate per riaffermare una conclusione sulla quale non si registra alcun attuale contrasto, o rischio di contrasto, interpretativo suscettibile di legittimare l'investitura delle Sezioni unite ai sensi dell'art. 618 c.p.p., comma 1, Quest'ultima, di fatti, richiede la ravvisabilità di un contrasto sufficientemente consolidato, sì che risulti superata la soglia dell'ordinario svolgimento di una riflessione giurisprudenziale in progressivo affinamento per essere sedimentate posizioni delle quali non è prevedibile l'ulteriore evoluzione (Sez. 4, n. 39766 del 23/05/2019, Cappadona, Rv. 277559-02).
3. Il terzo motivo del ricorso proposto da A.G.L. è inammissibile per manifesta infondatezza e perché proposto per ragioni non consentite.
3.1. Ci si limita, invero, a criticare il legittimo esercizio del potere discrezionale affidato al giudice di merito circa la concreta verifica se la reiterazione dell'illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, ciò che - per consolidato orientamento - deve avvenire con riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all'eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibe' e a., Rv. 247838; Sez. 6, n. 43438 del 23/11/2010, Manco e a., Rv. 248960). In particolare, occorre verificare se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di maggiore riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, De Silvio, Rv. 256713) e l'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, dep. 2015, Gordyusheva, Rv. 263464). La valutazione del giudice, dunque, deve consistere nella concreta disamina, in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p., del rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, onde verificare se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato "sub iudice" (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, Del Chicca, Rv. 270419).
3.2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata (pag. 17) ha fatto buon governo di tali principi, argomentando come i precedenti penali (per abusivo esercizio di una professione e uso illecito di carte di credito continuato in concorso), benché risalenti nel tempo, rivelino l'influsso criminogeno sui fatti oggetto del presente giudizio facendo assumere a questi ultimi la valenza espressiva di una maggiore capacità a delinquere acquisita nel tempo dall'imputato, con particolare riguardo all'abilità nel realizzare le condotte fraudolente integrative delle truffe ed alla spregiudicatezza mostrata nella commissione del grave delitto fiscale. Si tratta di valutazioni non illogicamente argomentate e non scalfite dalle censure proposte in ricorso, attinenti al merito ed in questa sede pertanto non ulteriormente valutabili.
4. Il quarto motivo - rispetto al quale l'imputato ha interesse poiché il giudice dell'impugnazione, qualora accolga l'appello dell'imputato relativamente a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati dalla continuazione, ha l'obbligo di diminuire corrispondentemente la pena complessivamente irrogata (Sez. 6, n. 16239 del 27/02/2013, Turone e aa., Rv. 256250) - è fondato.
4.1. Secondo un consolidato orientamento interpretativo - di recente ribadito da questa Corte nella sua più autorevole composizione - ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della minorata difesa, prevista dall'art. 61 c.p., n. 5, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente abbia profittato, devono tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini, Rv. 282095-02). Con particolare riguardo all'età avanzata della persona offesa, si è ritenuto che non è possibile per ciò solo affermare una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità del soggetto passivo dalla quale l'agente trae consapevolmente vantaggio (Sez. 2, n. 47186 del 22/10/2019, Bona, Rv. 277780) e, si è inoltre precisato, l'età avanzata della vittima (nella specie, ottuagenaria) è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della minorata difesa purché venga accertato che la pubblica o privata difesa siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano altre circostanze, di diversa natura, di segno contrario (Sez. 5, n. 4273 del 10/12/2021, dep. 2022, Leva, Rv. 282741). Ancora, per afferma la sussistenza della circostanza aggravante in parola occorre valorizzare situazioni che, nel singolo caso, abbiano ridotto o comunque ostacolato la capacità di difesa della parte lesa, agevolando in concreto la commissione del reato, non potendo utilizzarsi riferimenti a situazioni generali di carattere socio-economico (cfr. Sez. 2, n. 28795 del 11/05/2016, De Biasi, Rv. 267496, che, decidendo in tema di truffe commesse ai danni di giovani disoccupati, ha ritenuto insufficiente il riferimento, operato dai giudici di merito, alla generale crisi economica ed occupazionale che investe il settore giovanile, ed alla generica aspirazione di un posto di lavoro).
4.2. Nel caso qui sub iudice, reputa il Collegio che la sentenza impugnata non abbia fatto buon governo di tali condivisibili principi e che le critiche mosse dal ricorrente colgano nel segno.
Ed invero, va in primo luogo osservato che il riferimento alla "particolare complessità della materia trattata" non appare riconducibile alle circostanze (di tempo, di luogo, di persona) cui l'art. 61 c.p., n. 5, ancora la verifica della sussistenza della minorata difesa, mentre gli stessi giudici di merito contraddittoriamente - hanno riconosciuto che le persone offese erano "soggetti in possesso di elevati titoli di studio ed altresì pienamente inseriti nel tessuto sociale di provenienza" (pag. 7 della sentenza impugnata, che riporta il giudizio del giudice di primo grado, integralmente condiviso dal giudice d'appello: v. pag. 13 sentenza).
Quanto all'età , come si ricava dalla lettura del capo d'imputazione, soltanto tre delle sette persone offese avevano, all'epoca dei fatti, un'età definibile come avanzata (circa 80 anni), requisito, questo, invece insussistente per gli altri, sicché, avendo la sentenza ricostruito l'identità del modus operandi seguito in tutte le truffe, in difetto di argomentazioni spese sul punto dai giudici di merito, appare condivisibile il rilievo del ricorrente circa la mancanza di prova che il requisito dell'età delle persone offese più anziane abbia in concreto influito nel ridurre le capacità di resistenza delle vittime, posto che altrettanto neppure è ipotizzabile con riguardo alle persone offese più giovani.
L'ulteriore elemento addotto in sentenza (la "necessità di uscire da una condizione di illiceità e regolarizzare una situazione fiscale, quantitativamente importante, in tempi rapidi, in una condizione emotiva particolare, correlata alla necessità di mettere al sicuro i risparmi di una vita"), in assenza di puntuali richiami ad elementi di prova acquisiti con riguardo alle otto, diverse, persone offese, appare genericamente speso. Anzi, trattandosi di persone che si erano consapevolmente poste in una situazione di illiceità fiscale per non aver dichiarato capitali - anche per importi significativi, chiosa la sentenza - depositati all'estero e che avevano deciso di sfruttare la possibilità , loro consentita dalla legge, di sanare quella posizione mediante il versamento di una somma concordata con l'Erario, emerge come costoro disponessero di non indifferenti risorse economiche, ciò che stride, sul piano della logica, con la dedotta "condizione emotiva particolare" che avrebbe caratterizzato i rapporti da ciascuno intrattenuti con A.G.L. nell'ottica di salvaguardare i presunti "risparmi di una vita".
5. Il quinto motivo del ricorso di A.G.L. non è fondato.
Benché la Corte territoriale non abbia specificato il quantum di aumento per la continuazione applicato per ciascuno degli episodi di truffa contestati al capo 1) d'imputazione, l'aumento complessivamente applicato sulla pena inflitta per il più grave delitto di cui al capo 2) è stato determinato in modo contenuto sia pur diversamente da quanto precisato in sentenza - non nel limite minimo di legge statuito dell'art. 81 c.p., comma 4. Nella parte in cui tale disposizione prevede che nei confronti di coloro ai quali sia stata applicata la recidiva reiterata l'aumento non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per la violazione più grave, la disposizione va infatti interpretata come riferibile all'aumento complessivo per la continuazione e non alla misura di ciascun aumento successivo al primo (Sez. 2, n. 18092 del 12/04/2016, Lovreglio e aa., Rv. 266850). Nel caso di specie, avendo il primo giudice stabilito la pena per il reato più grave di cui al capo B) in complessivi anni cinque, mesi uno di reclusione e 1.400 Euro di multa, l'aumento minimo di un terzo sarebbe stato pari ad anni uno, mesi otto e giorni 10 di reclusione e 466 Euro di multa.
In concreto, tuttavia, l'aumento è stato determinato in misura di poco superiore (anni due di reclusione e 800 Euro di multa) e ben lontana dal massimo edittale (vale a dire il triplo della pena base), sicché - in conformità a quanto ritenuto da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269 - non occorreva una particolare motivazione per consentire la verifica del rispetto del rapporto di proporzione tra le pene e dei limiti previsti dall'art. 81 c.p. per evitare un surrettizio cumulo materiale. Trattandosi, del resto, di plurimi episodi di truffa pluriaggravata rispetto ai quali la sentenza impugnata attesta analoghe modalità di commissione dei fatti, in difetto di diversa indicazione deve ritenersi che la pena in aumento sia quantificabile in egual misura - peraltro contenuta - per ciascun reato.
6. L'ultimo motivo di ricorso di A.G.L. è inammissibile per manifesta infondatezza e perché proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità .
6.1. Secondo il più recente ed autorevole insegnamento di questa Corte, il riconoscimento della continuazione necessita di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). Laddove, tuttavia, quest'ultima condizione non risulti, l'identità del disegno criminoso è apprezzabile anche in base alla constatazione di alcuni soltanto di tali elementi indicatori, purché significativi (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Daniele, Rv. 255156; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098).
Va peraltro considerato che l'omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale di alcune di esse, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un'unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094), essendo gli stessi sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un'abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, D'Amico, Rv. 267580). Imprescindibile, dunque, resta l'onere, per chi invochi la continuazione, di allegare elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all'art. 81 c.p., comma 2, si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, Bencivenga, Rv. 275451).
6.2. Nel negare il riconoscimento dell'invocata continuazione, la sentenza impugnata ha fatto buon governo di tali principi, avendo la Corte territoriale non illogicamente argomentato (pag. 19 sentenza) come le vicende trattate nei due procedimenti, anche per l'insussistenza di prossimità temporale, lungi dall'essere accomunate da un medesimo disegno criminoso, esprimono, "al contrario, professionalità acquisita dell'appellante nel (e consuetudine col) crimine societario, ed, al più, un generico programma criminoso, alias un programma di vita criminale". Le censure svolte in ricorso non inficiano la logicità della motivazione e, in quanto attinenti alla valutazione di merito, non possono essere in questa sede ulteriormente approfondite.
7. Le residue doglianze contenute nel ricorso proposto dall'avv. Emilio Siviero nell'interesse di L.R., ulteriori rispetto alla questione in diritto affrontata supra, sub p.. 2, sono in parte inammissibili ed in parte, e comunque, infondate.
7.1. Diversamente da quanto opina il ricorrente, va in primo luogo osservato che non illogicamente la sentenza impugnata ha argomentato un mutamento di strategia tra le difese prospettate nel gravame e quelle contenute nella memoria successivamente depositata, posto che soltanto in quest'ultima occasione introducendosi peraltro inammissibilmente in giudizio, in difetto di rinnovazione istruttoria, una consulenza tecnica di parte che rappresentava fatti in precedenza non acquisiti - si era sostenuta l'esistenza di una ragione di compensazione di crediti fiscali diversi da quelli oggetto di contestazione, che avevano costituito oggetto di accertamento nel giudizio di primo grado e rispetto ai quali sin dall'inizio della verifica fiscale l'imputato aveva mostrato la sua piena consapevolezza.
7.2. Ed invero, gli indizi indicati in sentenza (pag. 21) a riprova di quest'ultima circostanza (la conversazione intercettata, l'interesse ad ottenere un illecito profitto da impiegare, come poi avvenne, nell'acquisto di un immobile personale, la documentazione fornita da L. in sede di verifica fiscale per giustificare la compensazione, le sue stesse ammissioni in sede di interrogatorio sul fatto che egli discusse col coimputato dei limiti di utilizzabilità degli incentivi territoriali per le Zone Franche Urbane, la conseguente competenza mostrata in materia, lo stretto legame tra i due correi) supportano non illogicamente la raggiunta conclusione circa la sussistenza dell'accordo criminoso. Quanto all'interpretazione data alla conversazione telefonica intercettata, deve ribadirsi che l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), potendo l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni essere oggetto di scrutinio soltanto nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea e aa., Rv. 268389), profili, questi, non ravvisabili nel caso di specie alla luce della generica contestazione mossa dal ricorrente.
8. L'ultimo motivo del ricorso a firma dell'avv. Francesco Caroleo Grimaldi nell'interesse di L.R. è inammissibile per genericità , manifesta infondatezza e perché proposto per ragioni non consentite.
8.1. Quanto alla conferma della determinazione della pena, il percorso logico seguito dai giudici di merito è stato adeguatamente esposto (pagg. 22-23), non appare inficiato da illogicità manifesta e non è dunque sindacabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), essendo peraltro ossequioso dei parametri, previsti dall'art. 133 c.p., sulla gravità del reato (essendo stata considerata la significativa entità del profitto ricavato dal delitto e la reiterazione dello stesso in tre anni d'imposta) e sulla spregiudicatezza dell'imputato quale emergente dalle conversazioni intercettate. D'altra parte, può altresì richiamarsi il principio secondo cui, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale - quale complessivamente, sia pur di poco, è quella nella specie applicata all'imputato per il reato base, senza, peraltro, che sia stato neppure effettuato l'aumento per la contestata continuazione interna - non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197).
8.2. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, va ribadito che, pure al proposito, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità , purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Del resto, premesso che in tema di attenuanti generiche, la meritevolezza dell'adeguamento della pena, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni del fatto o del soggetto, non può mai essere data per presunta, ma necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Lamin, Rv. 271315), quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, Piliero, Rv. 266460).
Nella specie, peraltro, la sentenza (pag. 22) ha bensì considerato il comportamento processuale dell'imputato invocato a sostegno della richiesta, ma, con giudizio di merito non illogicamente argomentato ed in questa sede non sindacabile, l'ha ritenuto recessivo rispetto alla gravità dei fatti e all'antisocialità della condotta tenuta dall'imputato nella presente vicenda come in passato, alla luce dei sia pur risalenti precedenti penali.
9. In conclusione, con riguardo al giudizio sulla sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 5, nei confronti del ricorrente A. la sentenza impugnata dev'essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Trattandosi di questione non estranea all'azione civile risarcitoria esercitata in processo, il giudice del rinvio provvederà altresì al regolamento delle spese sostenute dalle parti civili intervenute nel presente giudizio di legittimità . Il ricorso del medesimo A. va nel resto rigettato.
Vanno parimenti rigettati i ricorsi proposti dal coimputato L., con condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.G.L. limitatamente alla circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Rigetta nel resto il ricorso di A.G.L..
Rigetta i ricorsi di L.R. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2022.
Depositato in Cancelleria, il 11 gennaio 2023