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Indebita compensazione: il reato ex art. 10-quater è a consumazione prolungata, non permanente

Indebita compensazione

Cassazione penale sez. III, 18/11/2022, n.2351

Il delitto di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000 è qualificabile come reato a consumazione (eventualmente) prolungata, e non come reato (eventualmente) permanente, in quanto può essere realizzato con una o più condotte, consistenti nell'utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti attraverso una o più presentazioni telematiche di modelli F24, e quando è realizzato con più condotte, ciascuna di esse resta autonoma e materialmente distinta dalle altre, ponendosi con queste in rapporto di soluzione di continuità, senza determinare una ininterrotta protrazione nel tempo della lesione dell'interesse protetto.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 2 novembre 2021, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli che aveva affermato la penale responsabilità di A.F. per i reati di partecipazione ad associazione per delinquere (capo 1), e di indebita compensazione di crediti inesistenti con l'aggravante di aver commesso il fatto nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista attraverso l'elaborazione di modelli di evasione fiscale (capi 5, 6, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31), e lo aveva condannato alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione, ritenuto più grave il reato di indebita compensazione di cui al capo 6), e previa concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto all'aggravante. Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, A.F.: -) da epoca prossima al gennaio 2015 e con condotta perdurante, avrebbe partecipato ad un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di indebita compensazione, in particolare apponendo il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali relative a sei società, per gli anni 2014, 2015 e 2016, e recanti crediti IVA inesistenti, utilizzati nel 2015, 2016 e 2017 in compensazione di debiti tributari e previdenziali della società "ALMA s.p.a." e di altre società a questa collegate, per un ammontare complessivo di 41.108.975,94 Euro, nonché trasmettendo, nel 2016, ventuno Modelli F24 con cui sono state eseguite indebite compensazioni di debiti tributari e previdenziali della società "ALMA s.p.a." con crediti IVA inesistenti della società "ILCLA s.r.l.", per Euro 8.269,66 (capo 1); -) dall'11 novembre 2015 al 29 novembre 2017, agendo quale intermediario abilitato, avrebbe apposto il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali delle società "Evolution Services s.r.l.", "ILCLA s.r.l.", "Servizi Integrati s.r.l.", "Studio SMB s.r.l.", "I.P.M. s.r.l." e "Fincom s.r.l.", riferite agli anni 2014, 2015 e 2016, e recanti crediti IVA inesistenti, utilizzati nel 2015, 2016 e 2017 in compensazione, mediante trasmissione telematica di Modelli F24, di debiti tributari e previdenziali della società "ALMA s.p.a." e di altre società a questa collegate, quali "E-Care s.p.a.", "Adriatic Food Delivery s.r.l.", "C.S.P. Service s.c.a.r.l.", "Alba 94 s.c.a.r.l.", "L.C.T. società cooperativa", "Hibripost s.c.a.r.l.", "Evo Recapiti s.r.l.", "Athena s.r.l.", "Job s.r.l.", "Igea s.r.l.", "Idea Lavoro Agenzia per il Lavoro s.p.a.", "Articolo 1 - Agenzia per il Lavoro s.r.l." e "S.C. Solutions s.c.a.r.l." (capi 5, 6, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31). 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe A.F., con atto sottoscritto dall'avvocato Antonio Nobile, articolando sei motivi. 2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 18 D.Lgs. n. 74 del 2000 e 8 c.p.p., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza della competenza per territorio del Tribunale di Napoli. Si deduce che la sentenza impugnata, in linea con quella di primo grado, pur riconoscendo come reato più grave quello di indebita compensazione di crediti inesistenti di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, ha affermato la competenza per territorio il Tribunale di Napoli per l'impossibilità di individuare il luogo dal quale sarebbero stati inoltrati i modelli F24 all'Agenzia delle Entrate. Si osserva che questa conclusione è erronea perché, in difetto di elementi di segno contrario, si sarebbe dovuto ritenere che l'invio dei modelli F24 sia avvenuto dallo studio professionale dell'imputato, sito in (Omissis), località ubicata nel circondario del Tribunale di Noia. 2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 110 c.p., 10-quater e 35 D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati di indebita compensazione di crediti inesistenti. Si deduce che la sentenza impugnata non evidenzia sufficienti elementi per affermare la consapevolezza, nell'attuale ricorrente, "della complessiva "architettura" della vicenda". Si premette che l'attuale ricorrente aveva apposto i visti di conformità sui crediti indicati nelle imputazioni su richiesta di un collega, tale 4Di Monda, e che la legittimità delle operazioni realizzate era stata definitivamente esclusa solo a seguito della risoluzione n. 140 del 15 novembre 2017 dell'Agenzia delle Entrate, come indicato a pag. 24 dell'atto di appello, e del D.L. n. 124 del 2019, convertito dalla L. n. 159 del 2019. Si osserva, poi, che non vi sono elementi per ravvisare la consapevolezza dell'imputato in ordine alla inesistenza dei crediti, perché il visto di conformità dal medesimo apposto era il c.d. "visto leggero", il quale implica controlli di mera regolarità formale delle dichiarazioni fiscali rispetto alla normativa e alla documentazione contabile dell'impresa, ma non anche controlli sostanziali sulla veridicità di quest'ultima (si citano il Memorandum per i professionisti rilasciato nel gennaio 2020 dall'Agenzia delle Entrate, nonché la circolare n. 57/2009 rilasciata dall'Agenzia delle Entrate). Si precisa, quindi, che le fatture esibite all'attuale ricorrente erano formalmente ineccepibili, come riconosciuto anche dagli ufficiali di polizia giudiziaria investiganti, e come riportato nella sentenza impugnata, e che il medesimo ricorrente era estraneo alle società coinvolte, ed anzi aveva ricevuto l'incarico professionale proprio per questa ragione. 2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 416 c.p., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., avuto riguardo alla ritenLta sussistenza del reato di partecipazione ad associazione per delinquere. Si deduce che, ai fini della configurabilità del reato di partecipazione ad associazione per delinquere, è necessaria anche la consapevolezza di far parte di un sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per l'attuazione del programma di tale gruppo, e che, però, nella specie, non vi sono elementi per affermare che l'attuale ricorrente conoscesse le finalità dell'organizzazione illecita. Si rileva che, anzi, la mancata conoscenza dei capi e dei promotori del sodalizio criminoso da parte dell'attuale ricorrente e la scelta di affidare al medesimo l'incarico dell'apposizione dei visti di conformità perché estraneo all'organizzazione delle aziende interessate sono piuttosto elementi di riscontro negativi per l'accusa. 2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 13-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di aver commesso il fatto nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista attraverso l'elaborazione di modelli di evasione fiscale. Si deduce che l'aggravante di cui all'art. 13-bis D.Lgs. n. 74 del 2000 richiede, oltre la qualifica professionale dell'agente, anche una specifica modalità operativa, e precisamente l'estrinsecazione della condotta attraverso l'elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione fiscale, e che, però, nella specie, tale situazione non è stata accertata. Si precisa che l'attuale ricorrente si è limitato all'apposizione dei visti di conformità sulle dichiarazioni fiscali e non ha certo ideato il sistema di frode realizzato; anzi, i capi e promotori del gruppo criminale, B. e S., nel corso dei loro interrogatori, hanno detto che l'idea fu loro proposta dal commercialista D.M., il quale successivamente individuò l'attuale ricorrente per l'incarico di apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali. Si aggiunge che l'interesse ad impugnare la sentenza della Corte d'appello in ordine alla circostanza, anche se questa è stata ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti generiche, si spiega per l'elevata pena base irrogata (si citano, a sostegno, Sez. 1, n. 35429 del 2014, e Sez. 1, n. 27826 del 2013). 2.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge" in riferimento agli artt. 125 e 546 c.p.p., a norma dell'art. 606, comrna 1, lett. c), c.p.p., avuto riguardo alla determinazione della pena con prevalenza della motivazione sul dispositivo. Si deduce che, all'esito del processo di primo grado, la pena era stata determinata, in dispositivo, in quattro anni e sette mesi cli reclusione, ed è "aumentata" in motivazione a cinque anni e sei mesi di reclusione, così da determinare un'illegittima prevalenza della seconda rispetto al primo (si citano, a sostegno, Sez. 2, n. 45193 del 2021, e Sez. 2, n. 15986 del 2016). Si precisa che la sentenza impugnata ha integralmente confermato la pena inflitta in primo - grado, limitandosi ad affermare che la motivazione del Tribunale spiegava l'erroneità del dispositivo sul punto. 2.6. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 133,62-bis e 69 c.p. e 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell'ad, 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p., avuto riguardo alla determinazione della pena. Si deduce che la sentenza impugnata ha irrogato una pena eccessiva, in particolare perché è partita da una pena base pari al triplo del minimo edittale, anche in considerazione del riconoscimento delle attenuanti generiche con prevalenza sulle aggravanti. Si evidenzia, poi, che proprio per questa ragione risulta errata l'affermazione della Corte d'appello secondo cui "(1),a pena applicata si discosta non eccessivamente dal minimo edittale", CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso, per le ragioni di seguito indicate, deve ritenersi complessivamente infondato con riguardo alle censure esposte nei primi quattro motivi, e, invece, fondato nella parte relativa alle censure esposte nel quinto motivo, con assorbimento di quelle enunciate nel sesto motiva. 2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano la ritenuta competenza per territorio del Tribunale di Napoli, deducendo che il luogo di commissione del reato più grave, quello di indebita compensazione, deve essere individuato nello studio del ricorrente, sito nel territorio del circondario del Tribunale di Noia, siccome da questo studio, in difetto di elementi di segno contrario, dovrebbe ritenersi siano stati trasmessi i modelli F24 utilizzati per effettuare le compensazioni. 3. Risulta utile premettere, per chiarezza, che, nella specie, il reato più grave tra quelli per cui si procede è sicuramente il delitto di indebita compensazione di crediti inesistenti, di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, siccome aggravato ex art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. cit. Invero, ai fini della competenza, a norma dell'art. 4 c.p.p., la pena per i reati per cui si procede si determina anche in considerazione delle circostanze augurati ad effetto speciale, ma non delle altre circostanze, e, a 1,1 norma dell'art. 16, comma 3, c.p.p., reato più grave è quello per il quale è prevista la pena più elevata nel massimo. I reati che vengono in rilievo nella specie, tenendo conto anche delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, sono, secondo quanto risulta dalle imputazioni, quello di cui all'art. 416 c.p., contestato all'attuale ricorrente come partecipe, nonché ad altri come capi e promotori, e quello di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, aggravato ex art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. cit., contestato all'attuale ricorrente in concorso con altri. La pena edittale per il reato di cui all'art. 416 c.p., con riferimento ai capi, promotori ed organizzatori, all'epoca dei fatti, e attualmente, è quella della reclusione da tre a sette anni. La pena per il reato di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, all'epoca dei fatti, e attualmente, è sì quella della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione, ma l'aggravante di cui all'art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. cit., comporta un aumento di pena "della metà"; per questa fattispecie così aggravata, quindi, la pena rilevante a norma dell'art. 4 c.p.p. è quella della reclusione da due anni e tre mesi a nove anni di reclusione. 4. Una volta precisato che il reato più grave è quello di indebita compensazione di crediti inesistenti di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, va rilevato che, in tema di determinazione della competenza per territorio relativamente a tale fattispecie, risultano soluzioni giurisprudenziali divergenti. 4.1. Secondo un orientamento, ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, atteso che l'obbligazione tributaria può essere adempiuta presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato, nella conseguente impossibilità di fare riferimento al luogo di consumazione di cui all'art. 8 c.p.p., il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato di cui all'art. 18, comma 1, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 c.p.p. (così Sez. 3, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, Magnozzi, Rv. 278597-01, ma anche Sez. 3, n. 25317 del 31/05/2022, Ciurmino, non massimata, e Sez. 3, n. 42307 del 11/10/2022, Marchetti, non massimata). Il principio si fonda sulla premessa che il delitto di cui all'art. 10 quater D.Lgs. n. 74 del 2000 "non è un mero reato clichiarativo perché si consuma nel momento e nel luogo in cui è omesso il versamento di imposte dovute per un importo superiore a E. 50.000", ed è qualificabile come "reato omissivo istantaneo" (così Sez. 3, n. 6529 del 2020, cit., in motivazione, p. 1 del Considerato in Diritto). 4.2. Secondo altra decisione, invece, "il delitto di indebita compensazione, di cui all'art. 10-quater D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno nteressato (...), in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente" (così Sez. 1, n. 41808 del 10/09/2021, G.i.p. Trib. Bergamo, non massimata). Sempre ad avviso di questa decisione, poi, quando non è possibile individuare il luogo di consumazione, deve farsi applicazione della previsione contenuta nell'art. 18, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000, secondo la quale, "se la competenza per territorio per i delitti previsti dal presente decreto non può essere determinata a norma dell'art. 8 del codice di procedura penale, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato". Applicando questi principi al caso di specie, la pronuncia appena indicata ha risolto il conflitto di competenza di cui era investita determinando la competenza in ragione del luogo di ubicazione dello studio nel quale erano stati predisposti, trasmessi per via telematica e, quindi, portati in compensazione i modelli F24 della società beneficiaria dell'operazione illecita. 5. Ad avviso del Collegio, ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, rileva il luogo in cui viene effettuata l'ultima utilizzazione del credito inesistente nell'anno interessato, mediante inoltro del modello F24, ovvero, se di esso non è possibile l'individuazione, il luogo di accertamento del reato, a norma dell'art. 18, comma 1, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, essendo questa disposizione prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 c.p.p.. 5.1. Innanzitutto, occorre premettere che, secondo l'orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza, il delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10-quater, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (così Sez. 3, n. 23027 del 23/06/2020, Mangieri, Rv. 279755-01, e Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 2019, Cappello, Rv. 274854-01). Questa soluzione appare persuasiva sia sotto il profilo della individuazione della condotta, commissiva e non omissiva, rilevante ai fini della integrazione della fattispecie, sia avendo riguardo al momento di consumazione del reato, perché coerente con il dato letterale dell'art. 10-quater, D.Lgs. n. 74 del 2000. La disposizione appena citata, infatti, al comma 2, sanziona chi "non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superore ai cinquantamila Euro". In altri termini, l'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, da un lato, seleziona specificamente, tra le diverse possibili condotte esperibili per omettere il versamento delle somme dovute, quale è anche la mera omissione, quella attuata mediante l'utilizzo in compensazione di crediti tributari inesistenti, quindi caratterizzata da un preciso comportamento attivo, sanzionandola penalmente e comunque trattandola in maniera più severa rispetto alle altre modalità comportamentali ipotizzabili, in ragione della sua specifica connotazione decettiva, funzionale a rendere più difficile l'accertamento dell'evasione fiscale. Dall'altro, il medesimo art. 10-quater cit.,, siccome assegna testuale rilievo al superamento di "un importo annuo", unifica tutte le condotte di utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti realizzate in tale periodo, e riferite ad un unico soggetto. Del resto, non risultano elementi letterali o sistematici per ritenere che il reato di indebita compensazione possa essere commesso più volte nello stesso anno quando vi siano condotte successive a quelle che, unitariamente considerate, abbiano superato la soglia di cinquantamila Euro, o che le condotte successive, se non oltrepassino questo importo, divengano penalmente irrilevanti. E, può aggiungersi, la soluzione appena indicata non risulta inedita nel nostro ordinamento, perché, ad esempio, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, anche il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, previsto dall'art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463 del 1983 (come modificato dall'art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha introdotto la soglia di punibilità di Euro 10.000 annui), si configura come una fattispecie connotata da una progressione criminosa nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell'ultima mensilità, ovvero, con la data del 16 gennaio dell'anno successivo (così Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, dep. 2017, Messina, Rv. 268813-01, e Sez. 3, n. 37232 del 11/05/2016, Lanzoni, Rv. 268308-01). 5.2. Posto che il delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000 si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato ed al medesimo soggetto, è al luogo in cui è compiuta questa (ultima) condotta che deve aversi riguardo ai fini della determinazione della competenza per territorio. Invero, a norma dell'art. 18, comma 1, D.Lgs. n. 74, la competenza si determina primariamente secondo quanto previsto dall'art. 8 c.p.p. E la disciplina generale posta dall'art. 8, comma 1, c.p.p. prevede: "La competenza per territorio è determinata dal luogo in a. i il reato è stato consumato". Nel sistema del comma 8 c.p.p., l'unica deroga al criterio generale di cui al comma 1 che potrebbe venire in rilevo con riguardo alla fattispecie di indebita compensazione è quella indicata al comma 3, posto che il comma 2 ha riguardo al fatto dal quale deriva la morte di una o più persone, e il comma 4 si riferisce al delitto tentato. Secondo quanto stabilisce l'art. 8, comma 3, c.p.p., se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. Tuttavia, il delitto di indebita compensazione è reato a consumazione (eventualmente) prolungata, e non certo reato permanente. Va osservato, in primo luogo, che, come già efficacemente precisato nella giurisprudenza di legittimità, il reato a consumazione prolungata o a condotta frazionata è caratterizzato dalla ripetizione di singole condotte lesive dell'interesse protetto dalla norma, sebbene con soluzione di continuità, e, in ragione di questa sua conformazione strutturale, si differenzia dal reato necessariamente o eventualmente permanente, rispetto al quale la fattispecie tipica esige o ammette una protrazione nel tempo senza soluzione di continuità (così Sez. 3, n. 16042 del 28/02/2019, Antonioli, Rv. 275396-01, la quale si è pronunciata con riferimento alla fattispecie di inquinamento atmosferico di cui all'art. 279, comma 2, D.Lgs. n. 152 del 2006, che è integrata dalla violazione dei valori limite di emissione stabiliti dall'Allegato I alla parte quinta del medesimo decreto legislativo, e può essere realizzata mediante la ripetizione di singole condotte che determinano, complessivamente considerate, il superamento dei limiti soglia nel tempo). Va poi evidenziato che il delitto di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000 è qualificabile come reato a consumazione (eventualmente) prolungata, e non come reato (eventualmente) permanente, in quanto può essere realizzato con una o più condotte, consistenti nell'utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti attraverso una o più presentazioni telematiche di modelli F24, e quando è realizzato con più condotte, ciascuna di esse resta autonoma e materialmente distinta dalle altre, ponendosi con queste in rapporto di soluzione di continuità, senza determinare una ininterrotta protrazione nel tempo della lesione dell'interesse protetto. Va, infinei rilevato che la figura del reato a consumazione prolungata, secondo l'ampia applicazione fattane in giurisprudenza, si contraddistingue, oltre che per la reiterazione di condotte che rimangono distinte tra di loro, per l'individuazione del momento consumativo in quello in cui avviene la cessazione delle condotte dell'agente (cfr., in questo senso, tra le tartissime, e a titolo esemplificativo: Sez. 6, n. 10790 del 08/01/2021, con riguardo al reato di cui all'art. 316-ter c.p.; Sez. 2, n. 35878 del 23/09/2020, Bianchi, Rv. 28031301, in riferimento al delitto di usura; Sez. 2, n. 3442 del 27/1:L/2019, dep. 2020, Camilleri, in ordine al delitto di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche; Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, dep. 2017, Messina, Rv. 268813-01, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali; Sez. 2, n. 29869 del 23/06/2016, Re, Rv. 267856-01, relativamente al delitto di riciclaggio; Sez. 5, n. 1324 del 27/10/2015, dep. 2016, Di Caudo, Rv. 26585001, concernente il reato di furto di energia elettrica; Sez. 5, n. 16118 del 14/12/2015, dep. 2016, Taddei Rv. 267142-01, afferente al reato di esercizio abusivo di intermediazione finanziaria). 5.3. Per concludere l'esame della questione, occorre segnalare che, quando non è possibile individuare il luogo in cui avviene la presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato ed al medesimo contribuente, non saranno applicabili le regole suppletive di cui all'art. 9, c.p.p., tra cui quella "dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione" (comma 1), atteso quanto stabilito dall'art. 18, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000. Risulta infatti orientamento consolidato, e coerente con l'espresso dettato normativo, quello in forza del quale, con riguardo ai reati tributari diversi da quelli di cui al capo I del titolo I del D.Lgs. n. 74 del 2000, ai fini della determinazione della competenza, quando non è possibile individuare il luogo di consumazione del reato, deve aversi riguardo al luogo dell'accertamento del medesimo, indicato dall'art. 18, comma 1, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e costituente criterio prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 c.p.p. (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, Magnozzi, Rv. 278597-01, e Sez. 3, n. 17060 del 10/01/2019, Lupo, Rv. 275942-01). 6. Individuato il luogo rilevante ai fini della determinazione della competenza del reato di indebita compensazione commesso con più condotte in quello della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato, deve ritenersi corretta, nella specie, l'affermazione della spettanza del processo al Tribunale di Napoli. 6.1. Occorre preliminarmente rilevare che all'imputato sono stati contestati più delitti di indebita compensazione di crediti inesistenti, tutti aggravati a norma dell'art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, e precisamente quelli di cui ai capi 5, 6, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31. Tali reati, inoltre, sono tutti commessi in concorso con altre persone e unificati sotto il vincolo della continuazione, vicende entrambe integranti casi di connessione rilevanti ai fini della determinazione della competenza per territorio, a norma del combinato disposto dell'art. 12, comma 1, lett. a) e b), e dell'art. 16 c.p.p.. Ciò posto, a norma dell'art. 16 c.p.p., già specificamente ritenuto applicabile anche in tema di reati tributari (cfr., per tale affermazione, Sez. 3, n. 42147 del 15/07/2019, Reale, Rv. 277984-03, nonché Sez. 3, n. 37858 del 04/06/2014, Piccioni, Rv. 260115-01), la competenza per connessione, in caso di più reati di pari gravità, si determina sulla base del primo reato, e la valutazione di gravità del reato va compiuta in astratto, sulla base delle pene edittali previste dalla legge, come si evince chiaramente dal comma 3. Di conseguenza, nella specie, tra i diversi reati di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, tutti parimenti aggravati a norma dell'art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. cit., ai fini della determinazione della competenza deve aversi riguardo a quello di cui al capo 5, siccome commesso dall'11 novembre 2015 al 15 dicembre 2015, quindi anteriormente a tutti gli altri. 6.2. Il reato di cui al capo 5 è contestato come commesso in (Omissis) e in Napoli, in concorso tra varie persone e mediante la presentazione di vari modelli F24, gli ultimi dei quali ad opera di F.C., che, anche per come esposto nell'imputazione di cui al capo l, risulta avere studio in Napoli. Ne discende che il precisato reato di cui al capo 5, in coerenza con quanto indicato nell'imputazione, deve ritenersi commesso in Napoli, quale luogo della presentazione dell'ultimo modello F24 utilizzato per l'effettuazione della compensazione di crediti inesistenti relativi al medesimo contribuente, nella specie la società "Alma s.p.a.", e nel medesimo anno. 6.3. La soluzione appena indicata è coerente con le indicazioni dell'imputazione di cui al capo 5, ed è in linea con quanto indicato nel ricorso, poiché anche in questo, sia pure in diversa prospettiva, si afferma che, in difetto di elementi di segno contrario, l'invio dei modelli F24 deve ritenersi effettuato dallo studio professionale del consulente che risulta avervi provveduto. Vaituttavia,precisato che il criterio che individua il luogo di presentazione dei modelli F24 in quello dello studio del professionista incaricato di tale incombenza è criterio indiziario, perché rispondente all'ics' quod plerumque accidit, ma non costituisce espressione di una inferenza indefettibile o comunque connotata da un grado di probabilità prossimo alla certezza. E il criterio dello studio professionale, nel presente processo, è stato ritenuto, da entrambi i giudici di merito, inidoneo ad assicurare la certezza del luogo di consumazione del reato, laddove hanno escluso di poter ritenere, accertato che i modelli F24 di cui al capo 6 siano stati inoltrati dallo studio dell'imputato, anche in ragione dell'ubicazione in Napoli della sede di tutte e sei le società alle cui dichiarazioni, dalle quali emergevano i crediti utilizzati in compensazione, il medesimo ha apposto il visto di conformità. Ora, nella specie, anche non accedere alla soluzione che individua il luogo di presentazione dell'ultimo modello F24 utilizzato per l'effettuazione della compensazione di crediti inesistenti oggetto del reato commesso per primo (capo 5) nello studio professionale di F.C. in Napoli, difettando altri elementi, dovrebbe aversi necessariamente riguardo al criterio del luogo dell'accertamento del reato, a norma dell'art. 18, comma 1., D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. E questo luogo è Napoli, come espressamente precisato nella sentenza impugnata. Ancora, se si volesse ritenere che, quando non sia possibile stabile il luogo di commissione del reato più grave, deve aversi riguardo al luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave tra gli altri reati (cfr., per l'indicazione di questo criterio, Sez. U, n. 40537 del 16/07/2009, Orlandelli, Rv. 244330-01, e, per un'applicazione in materia di reati tributari, Sez. 3, n. 14537 del 01/03/2022, Pagnin, Rv. 283589-01), nella specie verrebbe in rilievo il reato di associazione per delinquere di cui al capo 1. E con riguardo al reato associativo appena indicato non è stato mai posto in dubbio che il luogo di consumazione è da individuare in Napoli. 7. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano la responsabilità del ricorrente per i reati di indebita compensazione, quanto meno sotto il profilo della sussistenza del dolo, deducendo che l'illegittimità delle operazioni realizzate è stata definitivamente evidenziata solo dalla circolare n. 140 del 15 novembre 2017 e dal D.L. n. 124 del 2019, che il visto di conformità apposto è il cd. "visto leggero", implicante controlli di mera regolarità formale, che la documentazione contabile era formalmente ineccepibile e che l'imputato era estraneo alle società coinvolte. 7.1. La sentenza impugnata espone le ragioni del proprio convincimento in ordine alla colpevolezza dell'imputato per i reati di indebita compensazione sia indicando fatti specifici ritenuti particolarmente significativi, sia richiamando in modo espresso per relationem quanto rappresentato nella sentenza di primo grado, talvolta anche segnalando le pagine ritenute pertinenti. 7.1.1. La Corte d'appello, innanzitutto, indica le condotte a suo avviso rilevanti sotto il profilo oggettivo. Precisamente, si rappresenta che l'attuale ricorrente: -) ha apposto, negli anni 2015, 2016 e 2017, il visto di conformità sulle dichiarazioni integrative per l'anno d'imposta 2014 e sulle dichiarazioni per l'anno d'imposta 2015 delle società "Evolution Service s.r.l.", "Ilcla s.r.l." e "Servizi Integrati s.r.l.", nonché sulle dichiarazioni per l'anno d'imposta 2016 delle società "Studio S.M.B. s.r.l.", "Fincom S.r.l., e "I.P.M. s.r.l.", tutte recanti crediti IVA inesistenti, i quali sono stati utilizzati, negli anni 2015, 2016 e 2017, per effettuare compensazioni di debiti tributari e previdenziali per un ammontare complessivo pari a 41.108.975,94 Euro dalla società "Alma s.p.a." e da altre società a questa collegate (segnatamente: "E-Care s.p.a.", "Adriatic Food Delivery s.r.l.", "C.S.P. Service s.c.a.r.l.", "Alba 94 s.c.a.r.l.", "L.C.T. società cooperativa", "Hibripost s.c.a.r.l.", "Evo Recapiti s.r.l.", "Athena s.r.l.", "Job s.r.l.", ‘Igea s.r.l.", "Idea Lavoro Agenzia per il Lavoro s.p.a.", "Articolo 1 - Agenzia per il Lavoro s.p.a.", "Articolo 1 - Agenzia per il Lavoro s.r.l." e "S.C. Solutions s.c.a.r.l."); -) ha trasmesso, nell'anno 2016, ventuno modelli F24 per l'effettuazione di compensazioni di debiti tributari e previdenziali della società "Alma s.p.a." con crediti IVA inesistenti di "Ilcla s.r.l." per 8.269,66 Euro; -) agendo con le modalità appena indicate è concorso in diciannove reati di indebita compensazione di crediti inesistenti, di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 10-quater, comma 2. Si espone, poi, che questi episodi si collocano nel contesto dell'attività di un'organizzazione delinquenziale, diretta da B.F., socio e amministratore di fatto di "Alma s.p.a.", e dal suo stretto collaboratore S.L., e della quale hanno fatto parte oltre dieci persone, e che tale attività illecita ha consentito di realizzare una ingente frode per circa 80 milioni di Euro, sfruttando il meccanismo dell'accollo dei debiti tributari. Si precisa, inoltre, che, nell'interrogatorio di garanzia, B.F., in particolare, ha riferito: -) di essersi rivolto, per realizzare la frode, tramite S.L., al commercialista D.M.P., il quale, parlando con S., aveva confermato la possibilità di ricorrere al sistema illecito delle indebite compensazioni, ed aveva segnalato la necessità di rivolgersi al collega A.F., in quanto quest'ultimo, a differenza di lui, era un professionista abilitato a poter apporre il visto di conformità ed ad inoltrare le dichiarazioni; -) di non aver mai pensato di conferire il compito di apporre il visto di conformità a professionisti di sua fiducia, perché "sapeva che trattavasi di crediti inesistenti". Si aggiunge che l'attuale ricorrente ha detto di essere "grande amico" di D.M.P.. Si osserva, a questo punto, che, sotto il profilo causale, l'apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni recanti crediti IVA inesistenti utilizzati per effettuare compensazioni di debiti tributari e previdenziali costituisce condicio sine qua non per la commissione del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 10-quater, comma 2, e, di conseguenza contributo rilevante ai fini della configurabilità nel concorso in tale reato. Si rileva, quindi, che l'apposizione del visto di conformità, anche a ritenere che lo stesso fosse il c.d. "visto leggero", implica in ogni casa controlli formali, e che le società le cui dichiarazioni sono state oggetto del visto erano di fatto inesistenti, esponevano crediti per milioni di Euro, ed avevano scopi sociali del tutto eterogenei con quelli delle società che utilizzavano i crediti in compensazione. In proposito, in particolare, si premette che il visto c.d. "leggero", a norma dell'art. 2 D.Lgs. n. 164 del 1999, presuppone comunque il riscontro della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze della documentazione e alle norme che disciplinano la deducibilità e detraibilità degli oneri, i crediti d'imposta, lo scomputo delle ritenute d'acconto. Si precisa, poi, che tale controllo implica la verifica: a) della regolare tenuta della contabilità ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA; b) della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze delle scritture contabil e alla relativa documentazione di supporto; c) della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alla documentazione prodotta dal contribuente nel caso del modello 730. Si evidenzia, ancora, che, come chiarito anche dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 57 del 23/12/2009 e dalla relativa Nota esplicativa del 31/01/2020, quest'ultima invocata ai fini dell'accertamento del dolo anche dalla difesa dell'imputato nel giudizio di appello, "per una corretta apposizione del visto di conformità il professionista abilitato deve verificare la sussistenza, in capo al contribuente, di una delle fattispecie idonee a generare l'eccedenza di imposta (check list): presenza di operazioni attive soggette ad aliquote più basse a quelle gravanti sugli acquisti e sulle importazioni; presenza di operazioni non imponibili; presenza di operazioni di acquisto o importazione di beni ammortizzabili; presenza di operazioni non soggette all'imposta; operazioni non imponibili effettuate da operatori agricoli". Si sottolinea, infine, con riferimento al caso specie, che: a) l'attuale ricorrente non ha regolarmente conservato alcuna copia delle scritture contabili delle società emittenti le fatture illecitamente portate in compensazione e per le quali aveva apposto il visto di conformità, ed è rimasta indimostrata la sua affermazione di aver consegnato tutta la indicata contabilità a D.M.P., senza alcun verbale di consegna; b) non risulta agli atti alcuna operazione di check list come previsto dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 57 del 23/12/2009 e dalla relativa Nota esplicativa del 31/01/2020. 7.1.2. Ulteriori indicazioni significative sono desumibili dalla sentenza primo grado, cui fa espresso riferimento quella di appello. In particolare, il Tribunale dà conto, analiticamente, delle singole operazioni illecite, descrive le anomalie più eclatanti "coperte" dalle certiFicazioni dell'attuale ricorrente e riporta in maggiore dettaglio le dichiarazioni rese dal medesimo e da S.L.. Per quanto attiene alle operazioni illecite, illustrate specificamente in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, si evidenzia, in particolare, l'inesistenza dei crediti addotti nelle dichiarazioni certificate dall'attuale ricorrente e il ricorso al meccanismo dell'accollo per trasferire, di volta in volta, questi crediti fittizi da una delle sei società che li esponevano ("Evolution Service s.r.l.", "Ilcla s.r.l.", "Servizi Integrati s.r.l.", "Studio S.M.B. s.r.l.", "Fincom S.r.l., e "I.P.M. s.r.l.") alla società "Alma s.p.a." o alle altre società a questa collegate, al fine di consentire a dette imprese di effettuare la compensazione. Con riguardo alle anomalie "coperte" dalle certificazioni rilasciate da A.F., si premette che l'imputato certificò: -) la dichiarazione integrativa di "Evolution Services s.r.l." del 6 novembre 2015, relativa all'anno d'imposta 2014; -) la dichiarazione integrativa di "Evolution Services s.r.l." del 22 maggio 2016, relativa all'anno d'imposta 2015; -) la dichiarazione integrativa di "Ilcla s.r.l." del 20 gennaio 2016, relativa all'anno d'imposta 2014; -) la dichiarazione integrativa di "Ilcla s.r.l." del 31 maggio 2016, relativa all'anno d'imposta 2015; -) la dichiarazione integrativa di "Servizi Integrati s.r.l." del 19 febbraio 2016, relativa all'anno d'imposta 2014; -) a dichiarazione integrativa di "Servizi Integrati s.r.l." del 24 maggio 2016, relativa all'anno d'imposta 2015; -) la dichiarazione di "IPM s.r.l." del 19 febbraio 2017, relativa all'anno d'imposta 2016; -) la dichiarazione di "Fincom s.r.l." del 28 febbraio 2017, relativa all'anno d'imposta 2016; -) la dichiarazione di "Studio SMB s.r.l." del 29 maggio 2017, relativa all'anno d'imposta 2016. Si segnala, poi, che la specificazione dei controlli da effettuare ai fini della certificazione era indicata non solo dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 57 del 23/12/2009, ma anche da un formulario elaborato, sulla base di detta Circolare, dal Consiglio Nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili, contenente le domande cui il revisore deve rispondere per poter correttamente apporre il visto di conformità. Si evidenzia, in particolare, che i crediti delle sei società cartiere derivavano da operazioni clamorosamente "sbilanciate": ad esempio, le società "Studio S.M.B. s.r.l.", "Fincom S.r.l., e "I.P.M. s.r.l.", nell'arco di due anni, avevano ricevuto fatture con IVA per importi superiori a 20 milioni di Euro ciascuna dalla medesima società "Rippa s.r.l.", riferibile ad un piccolo deposito di detersivi, per la fornitura di prodotti per le pulizie, avevano emesso tutte fal:ture senza IVA, e, negli anni precedenti, risultavano avere avuto un modestissimo volume di affari. Si aggiunge che nessuna copia tanto delle fatture generatrici dei crediti IVA,; - quanto dei questionari da utilizzare e da conservare a cura del professionista è stata rinvenuta nel corso delle indagini o spontaneamente consegnata agli inquirenti. Si rileva, ancora, e sempre esemplificativamente, che, sulla base di una semplice verifica sul sito dell'INPS, sarebbe emerso che le sei società le cui dichiarazioni erano certificate, ed emittenti fatture per milioni e milioni di Euro, non avevano un solo dipendente, e che, sulla base di semplici visure societarie, sarebbe stato immediatamente verificabile come le precisate sei società avevano tutte la medesima sede legale od operativa" per di più coincidente con quella della società "Alma s.r.l.". In riferimento alle dichiarazioni di S.L., si evidenzia, in particolare, che questi ha dichiarato di aver contattato, d'accordo con Earbarino, dominus della società "Alma s.p.a.", D.M.P., il quale gli aveva spiegato come sarebbe stato possibile utilizzare il meccanismo degli accolli per "eliminare" o "abbattere" i debiti delle imprese del gruppo "Alma s.p.a.", e gli aveva detto: "me la vedo lo per l'asseverazione" dei crediti delle società fittizie da utilizzare in compensazione, precisando inoltre che l'attuale ricorrente, il quale avrebbe asseverato i crediti, "era collaboratore di studio e persona di sua fiducia". Relativamente alle dichiarazioni rese dall'attuale ricorrente., si osserva che il medesimo, sia nell'interrogatorio di garanzia, sia nell'esame a dibattimento, ha dato spiegazioni generiche, dicendo: -) di essersi fidato del suo fraterno amico D.M.P.; -) di non aver mai avuto contatti con i rappresentanti delle società certificate, tenuti esclusivamente da D.M., data la natura formale dei controlli da svolgere; -) di aver effettuato comunque controlli a campione dai quali non erano emerse incongruenze; -) di non essere tenuto a compiere controlli incrociati, dai quale sarebbero emerse le duplicazioni di fatture ricevute dalle società "Ilcla s.r.l." e "Servizi Integrati s.r.l."; -) di non essersi insospettito per la "scomparsa" delle società "Evolution Service s.r.l.", "Ilcla s.r.l.", e "Servizi Integrati s.r.l.", e della loro sostituzione con le società "Studio S.M.B. s.r.l.", "Fincom S.r.l., e "I.P.M. s.r.l.", sebbene avessero oggetti sociali assolutamente eterogenei, e nonostante la coincidenza dei controlli effettuati dall'Amministrazione finanziaria sulle prime tre (cfr., specificamente, pagg. 4652 della sentenza di primo grado); -) di essere consapevole dell'appartenenza delle società di cui aveva certificato le dichiarazioni alla "galassia" della società "Alma s.p.a.". 7.2. Sulla base degli elementi indicati, le conclusioni della sentenza impugnata in ordine alla responsabilità di A.F. per i reati a lui ascritti, a titolo di concorso negli stessi, sono immuni da vizi. Per quanto attiene al profilo oggettivo, come evidenziato dai giudici di merito, e nemmeno puntualmente contestato nel ricorso, la condotta di aver certificato le dichiarazioni delle sei società contenenti gli abnormi crediti fiscali costituisce di certo antecedente causale indispensabile per l'effettuazione delle indebite compensazioni indicate nei capi di imputazione per i quali è stata pronunciata condanna. Relativamente al profilo soggettivo, poi, le conclusioni della sentenza impugnata risultano corrette in considerazione, da un lato, delle plurime ed eccezionali anomalie dell'attività di certificazione svolta dall'attuale ricorrente, e, dall'altro, della funzionalità sistematica di tale attività ad un'organizzazione criminale. Invero, le plurime anomalie riscontrate nell'attività svolta A., evidenzianti quanto meno la ostinata volonta di5 effettuare controllo in violazione di ogni regola giuridica e deontologica, hanno riguardato ben nove certificazioni, si sono protratte sistematicamente nell'arco di tre anni, ed hanno consentito l'effettuazione di compensazioni di debiti tributari e previdenziali per un ammontare complessivo pari all'eccezionale importo di 41.108.975,94 Euro. Inoltre, l'attuale ricorrente era consapevole che le operazioni erano tutte funzionali alla realizzazione dell'interesse del gruppo facente capo alla società "Alma s.p.a.", ha dichiaratamente agito su richiesta di D.M.P., e si è prestato persino ad effettuare delle compensazioni, trasmettendo telematicamente, nelle date del 28 e del 29 gennaio 2016, ventuno modelli F24 per conto della società "Alma s.p.a.". Ancora, questa attività è risultata essenziale per la realizzazione delle illecite finalità di un'organizzazione criminale la cui esistenza ed operatività è stata espressamente oggetto di dichiarazioni confessorie da parte di B.F. e S.L., ossia i vertici del gruppo facente capo alla società "Alma s.p.a.", ed il cui programma operativo è stato curato nei dettagli proprio da D.M.P., amico e collega di studio dell'attuale ricorrente, nonché persona la quale aveva preso la decisione di rivolgersi a quest'ultimo per le certificazioni. A fronte di questi elementi, e della loro valutazione coordinata, i rilievi critici svolti dal ricorrente non evidenziano manifeste illogicità, contraddizioni o lacune. In particolare, le obiezioni relative agli obblighi ed ai controlli connessi all'apposizione del c.d. "visto leggero", alla regolarità formale della documentazione contabile ed alla estraneità dell'attuale ricorrente al gruppo facente capo alla società "Alma s.p.a." trovano puntuale ed esaustiva risposta nelle motivazioni offerte nelle due sentenze di merito. L'obiezione concernente l'anteriorità delle operazioni in contestazione alla Circolare n. 140 del 15 novembre 2017 e al D.L. n. 124 del 2019, inoltre, è priva di qualunque appezzabile significato, perché attiene ad un ulteriore profilo di illegittimità delle stesse, che si aggiunge agli altri, precedentemente indicati: quello concernente il divieto di utilizzare in compensazione crediti di altra società, la quale si assume il debito della ditta che effettua la compensazione mediante accollo. 8. Manifestamente infondate sono anche le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano la responsabilità del ricorrente per il reato di partecipazione ad associazione per delinquere, deducendo che non vi sono elementi per affermare la consapevolezza del medesimo di operare a vantaggio di un gruppo criminale, anche perché egli non ne conosceva capi e promotori, ed era estraneo alle società interessate dalle compensazioni. 8.1. Ai fini dello scrutinio delle censure appena indicate, risulta utile richiamare i principi giuridici applicabili in tema di prova del reato di partecipazione ad associazione per delinquere e del relativo dolo. In proposito, va innanzitutto rilevato che, secondo la giurisprudenza, in tema di associazione per delinquere, la esplicita manifestazione di una volontà associativa non è necessaria per la costituzione del sodalizio, potendo la consapevolezza dell'associato essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione (cfr. Sez. 2, n. 28868 del 02/07/2020, De Falco, Rv. 279589-01, e Sez. 3, n. 20921 del 14/03/2013, Conte, Rv. 255776-01). Va poi ricordata anche altra decisione, secondo la quale, ai fini della configurabilità di un'associazione per delinquere, legittimamente il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo trascendente la commissione dei singoli reati-fine, e dell'indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati (così Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 26854001, relativa ad un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi in assicurazione, ritenuta osservandosi che, a fronte della gestione di un numero cospicuo di sinistri simulati, i compartecipi non potevano non rappresentarsi che lo studio professionale di uno di loro fungesse da struttura organizzata per la commissione delle frodi). Con specifico riguardo alla prova dell'elemento soggettivo, poi, può essere evidenziato che, secondo un principio giurisprudenziale consolidato, il dolo del delitto di associazione a delinquere è integrato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione del programma delinquenziale in modo stabile e permanente e, sebbene la commissione di uno o più delitti programmati dall'associazione non dimostri automaticamente l'adesione alla stessa, questa può desumersi in modo fortemente indiziante dalla stessa realizzazione dell'attività delittuosa in termini conformi al piano associativo (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 35141 del 13/06/2019, Bevilacqua, Rv. 276740-01, e Sez. 6, n. 9117 del 16/12/2011, dep. 2012, Tedesco, Rv. 252388-01). Inoltre, anche con riferimento al reato di partecipazione ad associazione per delinquere ex art. 416 c.p. è applicabile il principio ripetutamente affermato in ordine al reato di partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso, secondo cui il partecipe può anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri affiliati essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzarne consapevolmente gli scopi (v., per tutte, Sez. 2, n. 55141 del 16/07/2018, Galati, Rv. 274250-01, e Sez. 2, n. 4976 del 17/01/1997, Accardo, Rv. 207845-01). Pure con riferimento al dolo del reato di partecipazione per delinquere ex art. 416 c.p., infatti, ciò che rileva è la volontà di partecipare all'attività dell'illecito sodalizio e di contribuire alla realizzazione delle sue finalità. 8.2. La sentenza impugnata spiega perché ritiene sussistente un'associazione per delinquere e perché ritiene che di essa abbia fatto consapevolmente parte l'attuale ricorrente. Come si è anticipato in precedenza nei p.p. 7.1, 7.1.1, 7.1.2 e 7.2, i giudici di merito hanno ricostruito l'esistenza di un gruppo criminale, operante almeno dal 2015 al 2017, composto da oltre dieci persone, e diretto da B.F. e S.L., il cui fine era quello di perpetrare una serie indeterminata di reati di indebita compensazione sfruttando il meccanismo degli accolli tributari e l'utilizzazione di crediti inesistenti per compensare debiti tributari e previdenziali della società "Alma s.p.a.", e di numerose altre società a questa collegate ((segnatamente: "E-Care s.p.a.", "Adriatic Food Delivery s.r.l.", "C.S.P. Service s.c.a.r.l.", "Alba 94 s.c.a.r.l.", "L.C.T. società cooperativa", "Flibripost s.c.a.r.l.", "Evo Recapiti s.r.l.", "Athena s.r.l.", "Job s.r.l.", "Igea s.r.l.", "Idea Lavoro Agenzia per il Lavoro s.p.a.", "Articolo 1 - Agenzia per il Lavoro s.p.a.", "Articolo 1 - Agenzia per il Lavoro s.r.l." e "S.C. Solutions s.c.a.r.l."), utilizzando almeno sei diverse società c.d. "cartiere" ("Evolution Service s.r.l.", "Ilcla s.r.l.", "Servizi Integrati s.r.l.", "Studio S.M.B. s.r.l.", "Fincom S.r.l., e "I.P.M. s.r.l."). Si precisa, inoltre, che il sistema degli accolli tributari sfruttando crediti inesistenti era stato messo.a punto da S.L. e D.M.P., e che quest'ultimo si era preoccupato di individuare A.F., ossia l'attuale ricorrente, per effettuare le certificazioni delle società fittizie che esponevano i crediti inesistenti e si accollavano i debiti delle società del gruppo "Alma s.p.a.", in quanto soggetto abilitato a compiere queste operazioni con l'Amministrazione finanziaria. Si segnala, ancora, che le società del gruppo "Alma s.p.a.", negli anni 2015, 2016 e 2017, hanno effettuato indebite compensazioni complessivamente pari a 57.863.161,35 Euro, e che, in particolare, i crediti esposti nelle dichiarazioni certificate dall'attuale ricorrente ed utilizzati per le indebite compensazioni, sempre nel medesimo triennio, sono nel complesso pari a 41.108.975,94 Euro. La sentenza impugnata, poi, ha ravvisato la partecipazione di A.F. all'illecito sodalizio perché lo stesso: -) ha dato uno stabile contributo, protratto nell'arco di un triennio, alla realizzazione delle finalità del gruppo, mediante attività consistite in ripetute certificazioni di dichiarazioni di sei società cd. "cartiere", nonché nell'effettuazione di ventuno compensazioni per conto direttamente della società "Alma s.p.a."; -) ha svolto un ruolo specifico, avvalendosi della sua qualifica di professionista abilitato; -) era consapevole dell'analoga disponibilità di altri concorrere all'attività illecita del gruppo, come D.M.P., ma anche S.L., il quale gli conferì il mandato professionale. Ha concluso che l'adesione di A.F. all'associazione "può ritenersi dedotta, in modo fortemente indiziante, dalla stessa ripetuta realizzazione dell'attività delittuosa i termini conformi al piano associativo". 8.3. Anche le conclusioni in ordine alla responsabilità dell'attuale ricorrente per il reato di partecipazione all'associazione per delinquere di cui al capo 1 sono immuni da vizi. Per quanto concerne l'esistenza dell'associazione per delinquere, la sentenza impugnata indica tutti gli elementi costitutivi rilevanti, e le fcnti di prova su cui fonda le suo convincimento. Ne' il ricorso formula specifiche censure in ordine all'affermazione della sussistenza dell'illecito sodalizio. Anche con riferimento alla partecipazione dell'attuale ricorrente, non risultano proposte specifiche deduzioni relative al profilo oggettivo. E, del resto, la sentenza impugnata dà conto di una condotta stabile, ripetuta, protratta nell'arco di ben tre anni, funzionale alla realizzazione di una frode di straordinaria rilevanza economica, e a vantaggio di numerose società facenti parte del medesimo gruppo. Ma pure sotto il profilo soggettivo, le critiche enunciate nel ricorso non colgono nel segno. Ed infatti, la stabile disponibilità protratta nell'arco di tre anni continuativi, la certificazione di dichiarazioni di ben sei diverse società, i cui crediti, per l'ingentissimo importo complessivo di 41.108.975,94 Euro, sono stati utilizzati da numerose società, tutte facenti capo al gruppo "Alma s.p.a." (e di tale collegamento il ricorrente ha ammesso di essere consapevole), sono tutti elementi da cui legittimamente inferire che A.F. avesse la piena consapevolezza non solo di operare sistematicamente in modo penalmente illecito, ma anche di contribuire alle finalità penalmente illecite di un gruppo di persone ampio, esteso ed organizzato, tanto da essere in condizione anche di utilizzare e di avvantaggiare indebitamente numerose strutture societarie. Ne', per le ragioni indicate in precedenza al p. 8,1, risulta dirimente l'allegazione di non conoscere personalmente capi e promotori del sodalizio. 9. Infondate sono le censure proposte con il quarto motivo, che contestano l'afferrriazione della sussistenza dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13-bis, comma 3, in relazione ai reati di indebita compensazione, deducendo che non sono indicati elementi per ritenere che la condotta dell'attuale ricorrente si sia estrinsecata attraverso l'elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione fiscale. 9.1. L'aggravante di cui all'art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, riguarda qualunque delitto di cui al titolo II del D.Lgs. n. 74 del 2000, e quindi anche a quello di indebite compensazioni, e consiste nel fatto "commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale". La giurisprudenza è concorde nel rilevare la necessità di un duplice presupposto, uno soggettivo, concernente la qualifica soggettiva dell'agente, e l'altro oggettivo, riguardante la tipologia della condotta contestata, nonché la necessità della serialità e ripetitività della stessa (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 36212 del 03/04/2019, Martini, Rv. 277831-01 e Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713-01). Con specifico riferimento al profilo oggettivo, in particolare, si è precisato: "L'aggravante in esame, in definitiva, deve ritenersi applicabile non con riferimento a un singolo episodio elusivo realizzato mediante l'occasionale intervento di un professionista, ma in relazione a ogni iniziativa delittuosa scaturita dall'adesione a un ben preciso modello comportamentale che, in quanto elaborato o applicato da un esperto del settore, denota la maggiore pericolosità del fatto, stante anche la possibilità di replica del sistema di operazioni preordinate all'illecito in favore di una pluralità indifferenziata di altri utenti" (così Sez. 3, n. 36212 del 2019, cit., in motivazione). La nozione di "elaborazione", poi, appare definibile alla luce del linguaggio corrente. Secondo i dizionari della lingua italiana più diffusi, per "elaborazione" si intende, in particolare, "il dar forma a un determinato contenuto mediante un accurato procedimento di raccolta, di analisi e di distribuzione dei dati ad esso inerenti", mentre il termine "elaborare" indica "svolgere e sviluppare in modo conveniente o esauriente un'idea, un intuizione, oppure gli elementi raccolti intorno a un problema, a un argomento". Sembra perciò ragionevole concludere che "l'elaborazione (...) di modelli di evasione fiscale" può consistere in un'attività di svolgimento e di sviluppo, in concreto, di uno schema procedimentale di evasione fiscale, quale adesione ad un ben preciso modello comportamentale, sempre che tale attività sia svolta in modo seriale e ripetitivo, oltre che da un professionista o un intermediario finanziario o bancario nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale, o in concorso con un soggetto dotato di una delle qualità appena precisate. 9.2. Nella specie, i giudici di merito hanno accertato che l'attuale ricorrente: -) era un professionista abilitato all'apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni IVA ed intermediario per l'invio telematico dei modelli di pagamento F24; -) ha agito, avvalendosi di tale qualifica professionale, come consulente di diverse società per più anni ed in modo ripetuto, vistando nove dichiarazioni di sei distinte società, consentendo l'inoltro di 948 modelli F24 contenenti le indebite compensazioni, e inviandone direttamente 21. Si può aggiungere che, da quanto chiaramente evidenziato nella sentenza impugnata, l'attività svolta da A.F. è consistita nello svolgimento e sviluppo, in concreto, ed in modo seriale, di uno schema procedimentale di evasione fiscale, quello del sistema degli accolli per effettuare indebite compensazioni di crediti inesistenti formalmente vantati da terzi soggetti rispetto alle società debitrici, quale adesione ad un ben preciso modello comportamentale. Risulta, perciò, che sussistono tutti gli elementi per ritenere correttamente applicata l'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13-bis, comma 3. 10. Fondate, invece, sono le censure formulate nel quinto motivo, che contestano la determinazione della pena, deducendo l'illegittimità della prevalenza accordata alla motivazione rispetto al dispositivo, nel quale era stata indicata una pena più mite, nella sentenza di primo grado poi integralmente confermata dalla Corte d'appello. 10.1. La questione dei rapporti tra dispositivo e motivazione ha dato luogo ad una copiosa elaborazione giurisprudenziale. In generale, si afferma che il contrasto tra dispositivo e motivazione si risolve con la logica prevalenza dell'elemento decisionale su cuello giustificativo (cfr. Sez. 6, n 7980 del 01/02/2017, Esposito, Rv. 269375-01 e Sez. 6, n 19851 del 13/04/2016, Mucci, Rv. 267177-01), salvo specificità del caso di specie, quale ad esempio la presenza di un errore materiale nel dispositivo (v., tra le altre, Sez. 2, n. 13904 de 09/03/2016, Paliumbo, Rv. 266660-01, e Sez. F, n. 47576 del 09/09/2014, Savini, Rv. 261402-01). In altre decisioni, peraltro, si osserva che, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B., Rv. 275690-01, relativa ad una fattispecie in cui nel dispositivo era stata omessa la statuizione di concessione della sospensione condizionale della pena, i presupposti della quale, invece, erano stati riconosciuti in motivazione). Ad avviso del Collegio, la regola della prevalenza del dispositivo sulla motivazione non può essere derogata, quando non emerga un errore materiale del dispositivo obiettivamente rilevabile dagli atti, e, inoltre, da questo, quale immediata espressione della volontà decisoria del giudice, discenda un risultato più favorevole per l'imputato. Ed infatti, la possibilità di modificare con la motivazione il dispositivo, anche quando questo non è inficiato da errori materiali obiettivamente rilevabili dagli atti, determinerebbe la sostanziale vanificazione sia della regola della immediatezza della deliberazione subito dopo la chiusura del dibattimento, sia della fondamentale funzione di garanzia che questa regola assume per l'imputato. 10.2. Nella specie, con riguardo alla determinazione della pena, nella sentenza di primo grado è immediatamente rilevabile una difformità tra il dispositivo letto in udienza e la motivazione ed il dispositivo depositati in cancelleria novanta giorni dopo la decisione del giudizio. Il dispositivo letto in udienza il 20 luglio 2020, per la parte di interesse, statuisce: "Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara A.F. colpevole dei reati a lui ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alla contestata aggravante, operato l'aumento per la continuazione, lo condanna alla pena di anni quattro, mesi sette di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali". Il dispositivo risultante in calce alla sentenza depositata in cancelleria il 19 ottobre 2020, invece, sempre per la parte di interesse, statuisce: "Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara A.F. colpevole dei reati a lui ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alla contestata aggravante, operato l'aumento per la continuazione, lo condanna alla pena di anni cinque, mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali". La motivazione è coerente con questo dispositivo, ma non indica errori materiali, né spiega perché lo stesso debba essere diverso, e più afflittivo per l'imputato, di quello letto in udienza (cfr. pag. 120 della sentenza di primo grado). La sentenza di appello, poi, si limita ad osservare in termini generali che deve prevalere la volontà espressa nella motivazione, "tenendo conto del caso specifico, e tenuto conto della valutazione degli elementi tratti dalla suddetta motivazione (...)". Va precisato, per completezza, che unico appellante era l'imputato. 10.3. In applicazione dei principi giuridici applicabili, e degli elementi del caso di specie, deve ritenersi viziata l'affermazione della prevalenza, nella vicenda in esame, della motivazione sul dispositivo in relazione alla pena. Ed infatti, il dispositivo letto in udienza non risulta inficiato, per quanto è dato di rilevare in questa sede, da errori materiali, ed era sensibilmente meno afflittivo per l'imputato. Inoltre, né la sentenza di primo grado, né la sentenza di appello hanno spiegato per quale ragione debbano prevalere la motivazione ed il dispositivo depositati in cancelleria sul dispositivo depositato in udienza. Ancora, la Corte d'appello non aveva nemmeno il potere di modificare in peius la sentenza di primo grado, essendo il gravame proposto dal solo imputato. 11. La fondatezza delle censure enunciate nel quinto motivo del ricorso impone di annullare la sentenza impugnata e disporre la celebrazione di un nuovo giudizio, nel quale si valuterà, con riguardo alla pena, se debba prevalere il dispositivo depositato in udienza al termine del giudizio di primo grado il 20 luglio 2020, o, invece, la motivazione ed il dispositivo depositati in cancelleria il 19 ottobre 2020. A tal fine, il Giudice del rinvio applicherà il principio in forza del quale la regola della prevalenza del dispositivo sulla motivazione non può essere derogata, quando non emerga un errore materiale del dispositivo obiettivamente rilevabile dagli atti, e da questo, quale immediata espressione della volontà decisoria del giudice, discenda un risultato più favorevole per l'imputato. Restano invece ferme e divengono irrevocabili, a norma dell'art. 624 c.p.p., le statuizioni sull'affermazione di colpevolezza dell'attuale ricorrente in ordine ai reati di partecipazione ad associazione per delinquere e di indebita compensazione di crediti inesistenti, nonché sulla applicazione dell'aggravante di cui al D.Lgs. n. 74 dei 2000, art. 13-bis, comma 3, adottate dalla decisione di primo grado e confermate dalla sentenza impugnata, attese l'infondatezza o l'inammissibilità delle censure esposte ne primi quattro motivi del ricorso. L'accoglimento delle censure in ordine ai rapporti tra dispositivo depositato in udienza e motivazione e dispositivo depositati in cancelleria, siccome relativo all'intero trattamento sanzionatorio, determina l'assorbimento delle censure esposte nel sesto motivo, che attengono alla determinazione della pena, in quanto ritenuta eccessiva e non sorretta da valida giustificazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, il 18 novembre 2022. Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2023
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