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Il delitto di riciclaggio è compatibile con il tentativo nella sua formulazione attuale

Riciclaggio

Cassazione penale sez. II, 11/01/2024, n.6586

Il delitto di riciclaggio, intro dotto dall'art. 3 d.l. n. 59 del 1978, convertito -in parte qua senza modifiche -nella I. n. 191 del 1978, che lo aveva inizialmente configurato come delitto a consumazione anticipata, come tale incompatibile con il tentativo, non ha, nella sua formulazione attualmente vigente, introdotta dall'art. 23 I. n. 55 del 1990 (e non mutata dagli interventi novellatori sopravvenuti), natura giuridica di delitto a consumazione anticipata, ed è, pertanto, pienamente compatibile con il tentativo.

L'epoca del reato presupposto è irrilevante per la configurabilità del delitto di autoriciclaggio

Ogni trasferimento successivo di denaro di provenienza illecita integra un autonomo atto di riciclaggio

Configura ricettazione e non riciclaggio il versamento di assegni illeciti senza occultamento della loro origine

Riciclaggio e autoriciclaggio: il prodotto del reato include beni trasformati e diversamente attribuiti

Riciclaggio: è un reato a condotta complessa tra disponibilità del bene e azioni dissimulatorie

Riciclaggio: confisca per equivalente sul valore delle somme utilizzate per occultare la provenienza illecita

Il delitto di riciclaggio è compatibile con il tentativo nella sua formulazione attuale

Il profitto del reato di riciclaggio per la confisca per equivalente è pari al valore delle somme volte a occultarne la provenienza illecita

L'attivazione di un conto corrente prima del reato presupposto integra il delitto di riciclaggio

Riciclaggio: integra il reato anche l'ostacolo parziale all'accertamento della provenienza illecita dei beni

Ricettazione e riciclaggio: non è necessaria l'individuazione e l'accertamento giudiziale del reato presupposto

Riciclaggio e autoriciclaggio: definizione estesa dei beni prodotto del reato e confisca

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 05/04/2023, la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia resa in primo grado dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma in data 12/11/2019, assolveva Ku.Ja. dai punti da 2 a 7 dell'unica imputazione di riciclaggio ascritta, confermando nel resto detta pronuncia che aveva condannato Ku.Ja. e Pe.Ma., ritenuto responsabile per tutti i punti (da 1 a 7) della medesima imputazione di riciclaggio, alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 4.000 di multa ciascuno. L'affermazione di responsabilità si è basata sugli esiti dell'attività d'indagine svolta il 28/02/2017 da personale di pubblica sicurezza che, dopo aver seguito il furgone Fiat Iveco Daily tg. (Omissis), intestato ad un cittadino macedone ma condotto dal Ku.Ja., lo vedeva entrare in una vasta area adibita a rimessaggio e parcheggio. Qui il veicolo parcheggiava sul fondo, in posizione tale da rimanere coperto tra un autoarticolato e una serie di container. All'ingresso degli operanti, il Ku.Ja., con altre persone che si avvalevano anche di un "muletto", stava trasportando parti di autoveicoli dal furgone all'autoarticolato; in particolare, si accertava che, su entrambi i veicoli, si trovavano parti della Nissan X Trail tg. (Omissis), compendio del furto denunciato il 22/02/2017 da Em.Ra.. All'interno di un container, aperto con le chiavi trovate al Pe.Ma., si trovavano pezzi di telaio riconducibili al medesimo veicolo, nonché quattro motori con altre parti di veicoli cannibalizzati di provenienza furtiva e 241 pneumatici completi di cerchio di varie marche. 2. Avverso la predetta sentenza, nell'interesse di Pe.Ma. e di Ku.Ja., sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 3. Ricorso di Pe.Ma.. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. In primo grado, il Pe.Ma. è stato condannato in quanto considerato custode del container nel quale venivano rinvenuti parti di autoveicoli di provenienza delittuosa, privati delle targhe. Nella sentenza di secondo grado, la responsabilità del Pe.Ma. è considerata sussistente anche per aver aiutato i coimputati al trasbordo di parte di veicolo dell'autocarro Iveco Daily tg. (Omissis) all'autoarticolato tg. (Omissis) e (Omissis), affermando che nulla sul punto era stato dedotto dall'appellante: ciò ha determinato la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., con conseguente lesione del diritto di difesa. Secondo motivo: manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Le circostanze relative all'accompagnamento del Ku.Ja. a C sono state appurate. Risultava, in particolare, accertato che, nel febbraio 2017, il Pe.Ma., insieme ad altri cittadini polacchi, si era recato presso l'impianto di Ch.So., titolare della ditta di autoricambi "C.S. Cars" per ordinare pezzi di ricambio e che in data 28/02/2017, aveva ritirato il materiale. Dette circostanze erano state dedotte nell'atto di appello ma non venivano in alcun modo valutate. Né il fatto che l'affittuario del container sia un subconduttore di un immobile con il Pe.Ma., costituisce prova certa della riconducibilità del container all'imputato, tenuto conto delle dichiarazioni del titolare dell'area che affermava di non aver mai visto il Pe.Ma. prima di quel giorno. Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla mancata derubricazione del reato in quello di ricettazione. Nel caso dello smontaggio di pezzi di un'autovettura provento di furto, la cosiddetta "cannibalizzazione" dei singoli pezzi dell'automobile, non contraddistinti da un numero di serie, non è uno strumento tipico per far perdere le tracce di un bene rubato, quanto strumento necessario per la ricettazione dei singoli componenti dell'auto, come nel caso di specie. In caso contrario, si arriverebbe al paradosso giuridico che non potrebbe mai essere contestato il reato di ricettazione nei confronti di chi trae profitto dai pezzi di ricambio di un'auto, ma sempre il reato di riciclaggio. Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento dell'ipotesi del tentativo. Atteso che gli imputati sono stati colti sul fatto dagli operanti e che non vi è stata alcuna difficoltà ad identificare i mezzi di provenienza delle componentistiche, il reato deve essere ricondotto nell'alveo della fattispecie di cui agli artt. 56,648-bis cod. pen. Quinto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della pena sostitutiva. Il riconoscimento delle prime avrebbe potuto rendere più equa la pena alla luce delle circostanze indicate dall'art. 133 cod. pen., anche in relazione alla gravità dei fatti contestati. Il diniego della seconda è del tutto illogico, essendo il domicilio del Pe.Ma. chiaramente indicato in tutti gli atti di indagine e, nella prospettiva della riforma Cartabia, sarebbe stato possibile fissare una nuova udienza per richiedere un'eventuale integrazione documentale. 4. Ricorso di Ku.Ja.. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione per mancata riqualificazione giuridica del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 648 cod. pen. Se non può dubitarsi che le operazioni di smontaggio dell'autovettura Nissan - XTrail tg. (Omissis) costituiscano operazioni tese ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa della cosa, è altrettanto vero che per la configurabilità del reato di riciclaggio occorra un quid pluris (nella specie, inesistente), idoneo ad indicare, secondo gli ordinari criteri di valutazione della prova, che la condotta, consistita nella suddetta alterazione o manipolazione del bene, sia riconducibile, quanto meno nella forma del concorso di persone nel reato, al ricorrente, al quale, al più, può essere attribuita una condotta di ricettazione. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione per erronea qualificazione giuridica del fatto in riciclaggio, piuttosto che in tentativo di riciclaggio. La Corte territoriale è incorsa in un evidente errore di diritto nella parte in cui, dopo aver ritenuto che l'intento del ricorrente fosse quello del definitivo trasporto all'estero (per poi rivenderli) dei pezzi di ricambio dell'autovettura Nissan - XTrail tg. (Omissis), acquistata da chi l'aveva già cannibalizzata, non ha sufficientemente apprezzato che, avendo l'intervento delle forze di polizia interrotto l'operazione di trasferimento, l'azione non si era compiuta, o comunque l'evento non si era verificato: da qui la configurabilità dell'ipotesi del tentativo. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono entrambi infondati e, in relazione a talune censure proposte, in modo manifesto: da qui il loro rigetto. 2. Ricorso nell'interesse di Pe.Ma.. 2.1. Il primo motivo con il quale si deduce violazione del principio di correlazione, è inammissibile per manifesta infondatezza. L'imputato assume di essere stato condannato per un fatto diverso da quello oggetto di contestazione, in quanto la Corte territoriale, a fronte della contestazione della mera custodia degli autoveicoli di provenienza delittuosa, lo avrebbe condannato per la diversa condotta di partecipazione consistente nell'aver coadiuvato i complici nelle operazioni di trasbordo dei materiali suddetti. In primo luogo, occorre rilevare che il ricorrente omette di confrontarsi correttamente con il tenore complessivo della contestazione, dalla quale emerge nitidamente che il Pe.Ma., custodendo i materiali nel container, coadiuvava materialmente gli altri complici nelle operazioni di carico e scarico, compiendo, in tal modo, operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei veicoli. D'altra parte, il motivo è manifestamente infondato, in quanto, come sostenuto dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, l'accertamento nel corso del processo di una diversa forma di estrinsecazione della condotta concorsuale che integri la medesima figura di reato contestata non determina alcuna violazione né del contraddittorio (cfr., Sez. 3, n. 39894 del 28/05/2014, Bollini, Rv. 260385; Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, Di Guglielmi, Rv. 257278; Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Bilotta, Rv. 264772; Sez. 5, n. 51248 del 05/11/2014, Cutrera, Rv. 261741), né del principio di correlazione tra accusa e sentenza (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265946; Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 24805 1), quando - come accaduto nella fattispecie - l'enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritte all'imputato sia desumibile dal complessivo contenuto della motivazione della sentenza e dalla contestazione - riferibile al capo di imputazione in senso stretto e a tutti gli atti conosciuti e conoscibili dall'imputato - purché l'imputato sia stato messo nelle condizioni di conoscere l'accusa e di esercitare le proprie difese, ed il fatto accertato sia omogeneo rispetto a quello contestato, ovvero ne costituisca uno sviluppo prevedibile (Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, dep. 2021, Capozio, Rv. 280654). 2.2. Aspecifico è il secondo motivo. Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente (e del coimputato) risultano adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Esula, infatti, dai poteri della Suprema Corte quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr., Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). In particolare, la riproposizione della questione relativa all'asserita presenza dell'imputato in loco al solo scopo di riconsegnare le chiavi al Ku.Ja., omette di confrontarsi con le argomentazioni rassegnate al riguardo dai giudici di merito e, soprattutto, con l'oggettività del dato costituito dalla verificata partecipazione al trasbordo riferita dagli operanti. 2.3. Manifestamente infondato è il terzo motivo. 1.2.3. Va evidenziato in premessa che il delitto di riciclaggio si differenzia da quello di ricettazione in relazione all'elemento materiale, che si connota per l'idoneità a ostacolare l'identificazione della provenienza del bene, e all'elemento soggettivo, costituito dal dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l'identificazione, laddove la ricettazione è connotata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un profitto (cfr., Sez. 2, n. 4853 del 16/12/2022, dep. 2023, Natale, Rv. 284437; Sez. 2, n. 30265 del 11/05/2017, Giamé, Rv. 270302; Sez. 2, n. 50950 del 13/11/2013, Vinciguerra, Rv. 257982; Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, Berlingeri, Rv. 265379; Sez. 6, n. 28715 del 15/02/2013, Alvaro, Rv. 257205; Sez. 2, n. 35828 del 09/05/20 12, Acciaio, Rv. 253890). Per realizzare la condotta di riciclaggio, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato, ma è sufficiente anche che essa sia solo ostacolata (Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, Steinhauslin, Rv. 264369). Si deve altresì osservare che l'art. 648-biscod. pen. è strutturato come una norma penale a più fattispecie in quanto prevede tre condotte di riciclaggio che sono costituite dalla "sostitu(zione)" o dal "trasferi(mento)" del denaro, dei beni o delle altre utilità provenienti da delitto (non colposo) o, ancora, dal "comp(imento) di altre operazioni" - ipotesi residuale "innominata" diretta a evitare vuoti di tutela - in relazione ai predetti proventi riciclabili. Tutte e tre tali condotte sono ulteriormente tipicizzate dal comune requisito del dover essere realizzate "in modo da ostacolare l'identificazione della (...) provenienza delittuosa" dei predetti proventi, il quale rivela anche chiaramente l'interesse tutelato dalla norma. 2.3.2. Premesso che la ricettazione punisce la sola acquisizione di un bene proveniente da delitto, mentre il riciclaggio punisce chi compie operazioni atte ad ostacolare la provenienza illecita di un bene, evidenzia il Collegio come la Corte territoriale abbia confutato, con argomentazioni del tutto prive di vizi logicogiuridici, le ragioni difensive volte alla derubricazione del fatto entro la fattispecie di ricettazione di cui all'art. 648 cod. pen. In particolare, proprio con riferimento ad una fattispecie similare, si è affermato che integra il delitto di riciclaggio anche il mero trasferimento di un bene da un luogo ad un altro, ove tale condotta sia idonea a rendere di fatto più difficoltosa l'identificazione della sua provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 23774 del 13/07/2020, Aatifi, Rv. 279586, in fattispecie relativa al trasporto di un'autovettura, provento del delitto di appropriazione indebita, dall'Italia alla Tunisia, paese extracomunitario in cui sarebbe risultata particolarmente difficile, se non impossibile, la ricerca e l'individuazione del mezzo). Inoltre, questa Suprema Corte ha precisato che la condotta di trasferimento, non necessariamente da intendersi quale atto negoziale dispositivo della proprietà o del possesso, integra di per sé il delitto di riciclaggio, senza che tale attività materiale debba ricadere nella previsione residuale prevista dalla seconda parte del comma primo dell'art. 648-bis cod. pen., essendo, invece, tale previsione riconducibile alle più disparate modalità di manipolazione di beni di provenienza illecita insuscettibili di rientrare nelle condotte tipizzate di cui alla prima parte della disposizione normativa. Infine, essendo il riciclaggio un reato a forma libera, non si richiede necessariamente ed imprescindibilmente per la punibilità della condotta che l'attività abbia comunque comportato una trasformazione del bene o dei suoi elementi identificativi tipici, potendo la condotta punibile anche essere posta in essere attraverso azioni dirette ad ostacolare l'origine delittuosa del bene senza la modificazione dello stesso. La sostanziale modificazione degli elementi identificativi dell'oggetto materiale del reato non si appalesa, pertanto, quale elemento ineludibile per la punibilità dell'azione delittuosa di riciclaggio, potendo configurarsi la condotta punibile anche in presenza di attività che, pur non mutando l'essenza del bene di provenienza delittuosa, costituiscano pur sempre un quid pluris rispetto alla semplice ricezione del bene e siano però caratterizzate dal frapporre ostacoli concreti alla identificazione del bene quale provento di precedente delitto (cfr., Sez. 2, n. 46754 del 26/09/2018, D., Rv. 274081, in motivazione; nello stesso senso, Sez. 2, n. 47088 del 14/ 10/2003, Di Capua, Rv. 227731). 2.4. Infondato è il quarto motivo. Con lo stesso si è censurata la qualificazione giuridica del fatto (riciclaggio consumato) e si è evocata la ricorrenza della fattispecie tentata. 2.4.1. Il motivo dedotto rende necessario un particolare approfondimento in relazione al momento di consumazione del reato di riciclaggio. La problematica relativa al predetto tema nasce per effetto del testo dell'art. 648-bis cod. pen. che, nel descrivere le azioni che consentono di ritenere integrato il predetto reato, dopo aver indicato le condotte di sostituzione o trasferimento di denaro, beni od altre utilità provenienti da delitto non colposo, recita: "ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa". Proprio in relazione a quest'ultimo tipo di condotta è sorto il problema di comprendere se sia possibile configurare il tentativo, con la conseguente individuazione, in caso di risposta affermativa, di quali atti idonei diretti in modo non equivoco ad ostacolare. la predetta identificazione siano a tal fine necessari. 2.4.2. Una premessa di carattere "storico - sistematico" si rende doverosa. Il reato di riciclaggio è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.l. 21 marzo 1978, n. 59 conv. nella I. 18 maggio 1978 n. 191, che inserisce nel codice penale l'art. 648-bis cod. pen. con la rubrica "Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione". Si trattava, come osservato dalla dottrina, di una tipica figura di reato a consumazione anticipata, con il quale venivano puniti gli atti diretti a sostituire denaro proveniente da quegli unici tre delitti individuati dal legislatore, non essendo necessario, ai fini della consumazione del reato, l'avvenuta effettiva sostituzione del denaro (cfr., Sez. 2, n. 13155 del 15/04/1986, Ghezzi, Rv. 174381; Sez. 2, n. 2851 del 05/12/1991, dep. 1992, Monteleone, Rv. 189493); in tale configurazione della fattispecie delittuosa, non era evidentemente possibile il tentativo. La figura di reato veniva successivamente riscritta con l'art. 23 della l. 19 marzo 1990, n. 55, da un lato, richiedendosi, ai fini della consumazione del reato, l'effettiva sostituzione del denaro, beni o altre utilità provenienti da un più ampio catalogo di delitti pur sempre predeterminato ex lege, non bastando il semplice compimento di atti diretti a sostituirlo e, da un altro lato, inserendo tra le condotte sanzionate, anche quella di ostacolo all'identificazione della provenienza delittuosa del bene. Pertanto, in adempimento agli obblighi derivanti per lo Stato italiano dall'adesione alla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato approvata nell'ambito del Consiglio d'Europa in data 8 novembre 1990, si perveniva alla formulazione della norma attualmente vigente. Essa risulta caratterizzata, in primo luogo, dal novero dei reati presupposto del riciclaggio di tutti i delitti non colposi ed in secondo luogo dal significativo ampliamento delle condotte "di ripulitura" concretamente sanzionabili, fino ad includervi tutte le operazioni volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità oggetto del reato. Una completa ricostruzione della normativa che ha introdotto il delitto di riciclaggio e delle successive modifiche che ne hanno comportato la trasformazione da fattispecie a consumazione anticipata in reato rispetto al quale potrebbe essere configurabile il tentativo si rinviene in Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo (in motivazione al par. 2, pagg. 10 e seguenti). 2.4.3. Peraltro, già in epoca precedente all'intervento delle Sezioni Unite "Iavarazzo", questa Suprema Corte aveva riconosciuto che "il nuovo testo dell'art. 648-bis cod. pen., introdotto dall'art. 23 legge n. 55 del 1990, ha ridisegnato la fattispecie abbandonando la configurazione - tipica di reato a consumazione anticipata - della materialità del reato come fatti o atti diretti alla sostituzione di denaro o altre utilità provenienti da particolari, gravi delitti. L'attuale fattispecie, infatti, si articola in due ipotesi fattuali: la prima consiste nella sostituzione del denaro o delle altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda opera come formula di chiusura, incriminando qualsiasi condotta - distinta dalla sostituzione che sia tale da frapporre ostacoli all'identificazione del denaro, dei valori o altro di provenienza illecita specifica (Sez. 1, n. 7558 del 29/03/1993, Cutrì, Rv. 194767)": e, in entrambe le ipotesi, è certamente configurabile il tentativo. 2.4.4. In conformità con la sentenza "Cutrì" si pone Sez. 5, n. 17694 del 14/01/2010, Errico, Rv. 247220 che ha ritenuto configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto, nella vigente formulazione della fattispecie, il delitto di riciclaggio non può più considerarsi come delitto a consumazione anticipata: definizione che poteva valere solo in presenza dell'originaria formulazione dell'art. 648-bis cod. pen., inserito dall'art. 3, d.l. 21 marzo 1978, n. 69, convertito dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, per la quale, sulla base della lettera della norma, la sanzione penale aveva ad oggetto gli atti diretti a sostituire denaro o valori provenienti dai delitti individuati dal legislatore. La successiva modifica della norma apportata dall'art. 23 legge 19 marzo 1990, n. 55, che ha reso necessaria, per la consumazione del reato, l'effettiva sostituzione del denaro, dei beni o di altre utilità, ha reso "evidente... che non si tratta più di una fattispecie a consumazione anticipata". Sulla stessa lunghezza d'onda, si pongono sia Sez. 2, n. 1960 del 11/12/2014, dep. 2015, Pileri, Rv. 262506, sia Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, Caruso Sossio, Rv. 274254, riferita - quest'ultima - alla condotta consistente nello smontaggio, da un veicolo rubato, di singole componenti in modo che, installate su altri veicoli, se ne possa perdere la traccia ostacolando l'identificazione della provenienza delittuosa e facendo venire meno l'originaria identità del mezzo. In detta ultima pronuncia, la Suprema Corte ha precisato che, in ragione della formulazione della norma incriminatrice risultante dalle modifiche normative sopra citate, il delitto è integrato dalla condotta di chi compie operazioni volte ad "ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa", il che non esclude che possano esservi azioni inquadrabili quali "atti idonei diretti in modo non equivoco" ad ostacolare l'individuazione della provenienza del bene "quale può ritenersi, ad esempio, il momento in cui si sta procedendo a smontare le targhe di un mezzo rubato per montare sul medesimo altre targhe lecitamente detenute". In particolare, nella sentenza "Caruso Sossio" viene affermato che il tentativo - ivi riconosciuto, per essere stato il ricorrente sorpreso dagli operanti a smontare la parte centrale di un motociclo (ed i coimputati nell'atto di iniziare a smontare il motore e le scocche di plastica), nell'ambito di un'intrapresa azione di oggettiva cannibalizzazione del mezzo in fase di evoluzione - si configura laddove si stia procedendo alla "atomizzazione (ndr., non ancora completata) di un veicolo rubato nelle sue singole componenti meccaniche elementari di modo che, una volta installate su altri veicoli, di esse se ne perda la traccia, così ostacolando l'identificazione della provenienza delittuosa e facendo perdere la sua originaria identità". Nella medesima prospettiva favorevole alla configurabilità del tentativo, si registrano, Sez. 1, n. 22437 del 22/02/2022, Ljatifi, Rv. 283183; Sez. 2, n. 25128 del 07/03/2023, Ferri, non mass.; Sez. 2, n. 38184 del 09/06/2022, Mihai, non mass.; Sez. 2, n. 46285 del 13/10/2022, Colletta, non mass. In particolare, la sentenza "Ljatifi" risulta così massimata: "È configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto la fattispecie di cui all'art. 648-bis cod. pen., nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto integrato il tentativo di riciclaggio di valuta estera per essere stati individuati i soggetti da coinvolgere, il conto corrente bancario da utilizzare e le somme da reimpiegare, nonché predisposti i contratti da stipulare)". La sentenza, pronunciando sullo specifico motivo di ricorso avente ad oggetto l'idoneità degli atti compiuti al fine di integrare la fattispecie del tentativo di riciclaggio, a sostegno di quanto deciso, ha evidenziato come, a seguito delle modifiche introdotte con l. 55/1990, la disposizione incriminatrice contempli due ipotesi rispetto alle quali è configurabile il tentativo. La prima si sostanzia nella sostituzione del denaro o altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda riguarda qualsiasi condotta, diversa dalla sostituzione, in grado di ostacolare l'identificazione di denaro, valori o altro che sia di provenienza illecita. Nella fattispecie, una prima condotta ha riguardato il tentativo di riciclaggio di banconote provento di furti ai bancomat e, a tale proposito, la Corte, pur ritenendo astrattamente configurabile il reato ipotizzato, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per essere rimasto lo sviluppo dell'azione a livello meramente prodromico e preparatorio. Quanto alla condotta di tentato riciclaggio di valuta estera, ha, invece, ritenuto idonea la valorizzazione operata dai giudici di merito, dell'identificazione delle somme da riciclare, dei soggetti da coinvolgere, del conto corrente bancario da utilizzare e l'approntamento dei contratti da stipulare. Si tratta di condotte che, secondo quanto esposto in sentenza, hanno determinato il raggiungimento di un grado di sviluppo dell'azione tale da integrare la fattispecie del tentativo, anche in ragione della loro idoneità a concretizzare l'offesa. 2.4.5. In senso contrario a quanto sin qui illustrato si pone l'orientamento secondo cui, essendo il riciclaggio un delitto a consumazione anticipata, non è configurabile il tentativo, conseguendone (nell'ipotesi che ricorre frequentemente nella casistica giurisprudenziale) che risponde di riciclaggio e non di tentativo di riciclaggio, il soggetto trovato intento a smontare pezzi di veicolo oggetto di furto. A supporto della tesi, si sostiene che il semplice compimento di atti volti ad ostacolare l'identificazione delittuosa di denaro, beni o altre utilità comporta la consumazione del reato. Proprio con riferimento alla fattispecie dell'azione consistente nello smontaggio di un veicolo oggetto di furto si è pronunciata Sez. 2, n. 5505 del 22/10/2013, dep. 2014, Lumicisi, Rv. 258340 dalla quale è stata ricavata la massima secondo cui "risponde del delitto consumato e non tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell'atto di smontare un'autovettura rubata, in quanto l'art. 648-bis cod. pen. configura un'ipotesi di reato a consumazione anticipata". L'impossibilità di qualificare la condotta consistente nell'atomizzazione del veicolo oggetto di furto in termini di delitto consumato e non tentato è stata ricavata dalla circostanza che il reato in questione è "a consumazione anticipata che si consuma per il solo fatto del compimento di attività di riciclaggio, senza che sia necessario l'attuarsi di un evento; infatti l'espressione " ... operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa... " non indica un evento eziologicamente connesso alla condotta, ma descrive la caratteristica dell'atto punibile". In formale adesione ai principi della sentenza "Lumicisi" si pone Sez. 2, n. 44853 del 25/09/2019, Cutina, non mass. (in fattispecie ove il ricorrente, all'atto dell'intervento della polizia giudiziaria, aveva già manomesso varie parti del veicolo rubato e le relative targhe nonché aveva provveduto all'alterazione dei numeri di telaio: condotte che si ritenevano integrare la fattispecie consumata, essendo già intervenuta una separazione fisica tra il veicolo inteso nella sua completezza funzionale ed alcuni pezzi dello stesso idonei ad identificarne la provenienza) che, tuttavia, ha cura di precisare come gli stessi principi debbano necessariamente essere valutati in collegamento con i fatti concreti di volta in volta sottoposti a giudizio e che, conseguentemente, non si possa escludere la configurabilità di ipotesi solo tentate (in termini pressoché identici, ancora una volta solo "teoricamente" adesivi ai principi della sentenza "Lumicisi", essendosi peraltro evidenziata la necessità di qualificare caso per caso la singola fattispecie, si pone Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, Gambino, Rv. 281963). La massima di Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, Gadaleta, Rv. 282820, secondo cui "il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento di attività volte ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilità, sicché risponde del delitto consumato il soggetto sorpreso ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un'autovettura cui risultino già asportate le targhe identificative e il blocco motore" tradisce in qualche modo il contenuto della decisione la quale, in realtà, senza prendere una specifica posizione se il reato de quo possa ancora o meno essere considerato a consumazione anticipata (e, quindi, senza escludere l'astratta configurabilità del tentativo), dopo una sintetica ricostruzione del panorama giurisprudenziale, ha ritenuto che nella fattispecie dedotta doveva necessariamente ritenersi l'avvenuta consumazione del delitto di cui all'art. 648-bis cod. pen., essendo stati i due imputati sorpresi ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un'autovettura che risultava già mancante delle targhe identificative e con il blocco motore totalmente smontato; così che per individuarne l'origine, poi risultata illecita perché oggetto di precedente furto, furono necessarie ulteriori indagini tese appunto ad individuare il numero di telaio cui era accoppiato il blocco motore nonché il numero originario delle targhe. Nella medesima prospettiva si pone Sez. 2, n. 37559 del 30/05/20 19, Garsallah, Rv. 277080 che, dopo aver ribadito la natura del delitto di riciclaggio come reato a consumazione anticipata, e aver evidenziato le specificità della fattispecie, ha ritenuto la consumazione del reato da parte del soggetto che, fermato al momento dell'imbarco di un furgone per l'estero e trovato in possesso di più ciclomotori provento di furto occultati nel bagagliaio, aveva esibito alla polizia documenti relativi ad altri e diversi ciclomotori, non ritenendo rilevante il mancato conseguimento dell'obiettivo di occultare del tutto i beni provento di delitto: pronuncia che, in ogni caso, non ha escluso la configurabilità di ipotesi solo tentate, in ossequio ai precetti della richiamata sentenza "Caruso Sossio". 2.4.6. Ferma la ricognizione giurisprudenziale che precede, ritiene il Collegio come - il non condivisibile - orientamento teso a negare in ogni caso la configurabilità, anche alla luce dell'attuale normativa, del tentativo di riciclaggio, si fondi, in realtà, su un'unica sentenza (Sez. 2, n. 5505/2014, cit.) che, in termini solo assertivi, trae le proprie conclusioni dall'errato convincimento della presenza di un reato (ancora oggi) a consumazione prolungata: detto orientamento, ampiamente smentito dalle numerose sentenze sopra indicate, viene tralaticiamente ribadito - senza peraltro alcun ulteriore approfondimento o analisi degli argomenti a base dell'opposto orientamento - da sole altre due recenti pronunce (Sez. 7, n. 23887 del 02/05/2023, Vailatti, non mass.; Sez. 2, n. 3517 del 01/12/2022, dep. 2023, Meli, non mass.). Fermo quanto precede, detto contrasto giurisprudenziale -per la verità più fittizio che reale - deve ritenersi superato e, comunque, privo di attualità. 2.4.7. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, va affermato il seguente principio di diritto: "Il delitto di riciclaggio, intro dotto dall'art. 3 d.l. n. 59 del 1978, convertito -in parte qua senza modifiche -nella I. n. 191 del 1978, che lo aveva inizialmente configurato come delitto a consumazione anticipata, come tale incompatibile con il tentativo, non ha, nella sua formulazione attualmente vigente, introdotta dall'art. 23 I. n. 55 del 1990 (e non mutata dagli interventi novellatori sopravvenuti), natura giuridica di delitto a consumazione anticipata, ed è, pertanto, pienamente compatibile con il tentativo". 2.4.8. Ciò considerato, ferma la configurabilità del tentativo di riciclaggio, ritiene il Collegio come nella fattispecie, la Corte territoriale abbia correttamente ritenuto la ricorrenza di condotte idonee ad ostacolare l'accertamento della provenienza delittuosa dei beni in contestazione, riconoscendo come i reati in parola (tanti quanti gli originari beni di provenienza delittuosa delle attività di trasformazione e di trasferimento) fossero, nei confronti di entrambi i ricorrenti, da ritenersi consumati, alla luce delle evidenze riscontrate dagli operanti di polizia giudiziaria all'atto del loro intervento. Invero, dopo aver premesso che si è in presenza di fattispecie a forma libera attraverso la quale il legislatore intende perseguire un ampio spettro di condotte inclusivo di tutte quelle attività dirette a neutralizzare o comunque ad intralciare l'accertamento dell'origine illecita dei proventi ricavati dalle attività delittuose, si è precisato che, il delitto di riciclaggio, nella forma consumata, ha riguardato sia le parti dell'autovettura Nissan X Trail (punto 1 dell'imputazione) che, dopo essere state oggetto di dissemblaggio da parte di soggetti rimasti non identificati, sono state interessate da una pluralità di "trasferimenti" - dal furgone all'autoarticolato in cui erano frammiste a beni lecitamente acquisiti, che .ne avrebbero reso più difficile l'identificazione come parti di veicoli rubati anche per la presenza della "fattura" giustificativa - in vista del programmato definitivo trasporto all'estero per una destinazione rimasta ignota: progressività della condotta criminosa che non osta alla configurabilità del reato de quo, che, pur essendo a consumazione istantanea, può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti e lo esegua con modalità frammentarie e progressive (Sez. 2, n. 29611 del 27/04/2016, Bokossa, Rv. 267511, in fattispecie in cui è stata ritenuta configurabile la flagranza del delitto di riciclaggio consumato con riferimento al rinvenimento presso un deposito di diverse autovetture provento di furto, private della targa ed occultate in un container, in quanto condotte tese ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei mezzi, prodromiche al successivo trasporto degli stessi presso il porto e la definitiva loro destinazione in paese extracomunitario). Ciò considerato, nel caso di specie, il trasbordo di plurimi componenti di autovetture, provento del delitto di furto, la loro confusione tra materiali di origine lecita e incontestabile destinazione di tutti i reperti alla rivendita costituisce condotta senz'altro qualificabile in termini di "trasferimento", avendo di fatto reso particolarmente difficoltosa l'identificazione della provenienza delittuosa delle predette componenti, con conseguente corretta configurabilità del delitto, come contestato. 2.5. Del tutto generico è il quinto motivo. Quanto alle deduzioni svolte nell'interesse dell'imputato Pe.Ma. e dirette al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è del tutto generico, in quanto omette di rappresentare quale elemento, in ipotesi decisivo ed ingiustificatamente ignorato avrebbe giustificato l'epilogo decisorio richiesto: il tutto, in presenza di motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico - giuridici che ha evidenziato l'insussistenza di elementi positivamente valorizzabili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo alla gravità die fatti accertati, palesemente connotati da modalità organizzate e professionali (comprendenti il coinvolgimento di una pluralità di persone con compiti diversi e mezzi adeguati) rispetto ai quali non è stato manifestato alcun segno di resipiscenza, bensì, al contrario, essendosi registrati tentativi di inquinamento delle emergenze processuali. Del pari, la censura relativa al diniego di applicazione delle sanzioni sostitutive di cui all'art. 545-bis cod. proc. pen. è generica, in quanto si limita a contestare uno solo degli elementi (domicilio dell'imputato) sui quali il giudice d'appello ha fondato la decisione reiettiva e, pertanto, il motivo omette, inammissibilmente, di confrontarsi con la motivazione. 3. Ricorso nell'interesse di Ku.Ja.. 3.1. Manifestamente infondato è il primo motivo. In relazione allo stesso, si riprendono le considerazioni esposte al precedente paragrafo 2.3. (e relativi sottoparagrafi) in relazione all'omologo terzo motivo proposto dal coimputato Pe.Ma.. 3.2. Infondato è il secondo motivo. In relazione allo stesso, si riprendono le considerazioni esposte al precedente paragrafo 2.4. (e relativi sottoparagrafi) in relazione all'omologo quarto motivo proposto dal coimputato Pe.Ma.. 4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma l'11 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2024.
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