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Riciclaggio: è un reato a condotta complessa tra disponibilità del bene e azioni dissimulatorie

Riciclaggio

Cassazione penale sez. II, 05/04/2024, n.20748

Il riciclaggio è un reato con condotta complessa che presuppone che l'autore - che non deve avere concorso nel reato presupposto - , abbia la disponibilità del bene di provenienza illecita e, dunque, che lo abbia ricevuto; per integrare il reato è indispensabile, tuttavia, che a tale condotta "passiva", che da sola integra il delitto di ricettazione, si aggiunga una azione "positiva" di sostituzione, trasferimento o dissimulazione.
Quando il provento del reato è il denaro, bene per sua natura fungibile e privo di collegamenti immediatamente percepibili con il delitto che lo ha generato, il "trasferimento" da un conto all'altro è condotta con potenzialità dissimulatorie, in quanto è idonea a rendere difficoltosa la rilevazione del collegamento del denaro con il reato presupposto.

L'epoca del reato presupposto è irrilevante per la configurabilità del delitto di autoriciclaggio

Ogni trasferimento successivo di denaro di provenienza illecita integra un autonomo atto di riciclaggio

Configura ricettazione e non riciclaggio il versamento di assegni illeciti senza occultamento della loro origine

Riciclaggio e autoriciclaggio: il prodotto del reato include beni trasformati e diversamente attribuiti

Riciclaggio: è un reato a condotta complessa tra disponibilità del bene e azioni dissimulatorie

Riciclaggio: confisca per equivalente sul valore delle somme utilizzate per occultare la provenienza illecita

Il delitto di riciclaggio è compatibile con il tentativo nella sua formulazione attuale

Il profitto del reato di riciclaggio per la confisca per equivalente è pari al valore delle somme volte a occultarne la provenienza illecita

L'attivazione di un conto corrente prima del reato presupposto integra il delitto di riciclaggio

Riciclaggio: integra il reato anche l'ostacolo parziale all'accertamento della provenienza illecita dei beni

Ricettazione e riciclaggio: non è necessaria l'individuazione e l'accertamento giudiziale del reato presupposto

Riciclaggio e autoriciclaggio: definizione estesa dei beni prodotto del reato e confisca

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Salerno, decidendo con le forme del rito abbreviato: - confermava la condanna di Da.Gi. per i reati di riciclaggio e di intestazione fittizia (le si contestava di avere assunto fittiziamente la legale rappresentanza della Onlus "Croce azzurra di Capaccio", di fatto nella disponibilità di Sq.Ro. , ed, in tale qualità, di avere ricevuto un bonifico di euro 10.000 provento di condotte appropriative); - confermava la condanna di Po.Do. per i reati di intestazione fittizia, riciclaggio ed emissione di false fatture a fini di evasione fiscale (si contestava allo stesso di avere assunto fittiziamente la carica di legale rappresentante della Onlus "Croce Azzurra di Acerno", di fatto nella disponibilità di Sq.Ro. , ed, in tale qualità, di avere ricevuto ed incassato un assegno che si riferiva al pagamento delle prestazioni della "Croce azzurra di Agropoli" a favore di "Humanitas", emettendo, per giustificare l'incasso, una falsa fattura a favore di Humanitas); - confermava la condanna di Sa.As. per i reati di intestazione fittizia delle società "Lido Kennedy" e "Nuova funeral home", di fatto nella disponibilità di Sq.Ro.; - confermava la condanna di Mo.Mi. per la condotta di intestazione fittizia della Onlus "S.O.S. Soccorso", anch'essa facente capo a Sq.Ro. . 2. Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione i difensori di Da.Gi. , che deducevano: 2.1. violazione di legge (art. 512-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma di responsabilità per il reato di interposizione fittizia della Onlus "Croce azzurra citta di Capaccio": non sarebbe stato dimostrato il trasferimento delle "risorse" ritenute oggetto di interposizione fittizia; si allegava, inoltre, che i beni della Onlus, all'atto dello scioglimento, avrebbero dovuto essere devoluti ad altra Onlus, come previsto dall'art. 9 dello statuto, sicché non sarebbero stati recuperabili; sarebbe, inoltre, errata la data di consumazione del reato, che avrebbe dovuto essere identificata nel 15 dicembre 2004, quando era stata costituita l'associazione, e non nel 9 maggio 2015, dunque quattordici anni prima della dichiarazione di pericolosità di Sq.Ro. , avvenuta solo nel 2018; infine, non sarebbe stata dimostrata la reale finalità di Sq.Ro. , ovvero quella di non essere perseguito per il reato di cui all'art. 389 cod. pen.; infine, non sarebbe stato dimostrato il dolo specifico; 2.2.violazione di legge (art. 648-b/s cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al reato di riciclaggio: la condotta di "ricezione del denaro" attraverso un bonifico integrerebbe, al più, il concorso nella appropriazione della somma, ma non il reato di riciclaggio; peraltro se la appropriazione indebita integrava il delitto presupposto, il concorso nella stessa escludeva la possibilità di ritenere consumato il riciclaggio; si deduceva, inoltre, che la semplice ricezione di un bonifico era condotta inidonea a dissimulare la ipotetica provenienza illecita del denaro, essendo un'attività tracciabile. Si deduceva, infine, che non sarebbe stato provato il delitto presupposto del riciclaggio, dato che non sarebbe stata effettuata nessuna indagine sulla provenienza delittuosa delle somme bonificate. 3.Ricorreva per cassazione il difensore di Po.Da. , che deduceva: 3.1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per il reato previsto dall'art. 512 - bis cod. pen. : si allegava che la Onlus "Croce azzurra di Acerno" era un'organizzazione non lucrativa, che aveva il divieto di distribuire ricavi con un patrimonio vincolato. Tanto premesso si deduceva (a) che non era stata provato il trasferimento di denaro, beni, o "altre utilità" da Sq.Ro. a Po.Da. , dato che il conferimento della "legale rappresentanza" di una Onlus era inidonea ad integrare il reato; (b) che la presunta attività appropriazione dei proventi della Onlus non era idonea ad agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio ed autoriciclaggio, i quali presuppongono la dimostrazione dell'illiceità del bene che si intende immettere nel mercato, mentre, nel caso in esame, i fondi pubblici erogati costituivano il lecito rimborso per l'attività svolta dal personale impiegato; (c) che non sarebbe stato provato che la condotta contestata fosse finalizzata ad eludere le misure di prevenzione, tenuto conto che l'individuazione del periodo di manifestazione della pericolosità di Sq.Ro. dipendeva dall'accertamento di reati ancora sub iudice - , (d) che dalle dichiarazioni raccolte non risultava alcun riferimento alla "Croce azzurra di Acerno", (e) che il rapporto di parentela tra Sq.Ro. e Po.Da. non poteva essere indicativo dell'intestazione fittizia, (f) che la Onlus di cui Po.Da. era legale rappresentante non aveva avuto rapporti con le società Egea ed Adriatica. In sintesi: si deduceva che mancherebbe la prova degli elementi costitutivi del reato, in quanto non sarebbe stato provato il trasferimento di "denaro, beni o utilità" da Sq.Ro. a Po.Da. , anche tenuto conto del fatto che l'attribuzione della "legale rappresentanza" di una Onlus non sarebbe condotta idonea ad integrare il reato contestato. 3.2. Violazione di legge (art. 648-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per riciclaggio: si deduceva che sia il pagamento dell'assegno, che l'emissione della fattura, risalivano al 2016, epoca in cui non avrebbero potuto essere individuate le persone che, successivamente, avrebbero reso le prestazioni; e che, analogamente, non avrebbero potuto essere specificate le attività oggetto di pagamento. Si contestava anche la capacità dimostrativa delle dichiarazioni di Schiavone, dato che dalle stesse non si ricaverebbe che le prestazioni provenissero dalla "Croce azzurra di Agropoli". Che l'assegno fosse destinato a questa Onlus non troverebbe alcun riscontro, tenuto conto che il titolo risultava intestato genericamente a "Croce azzurra", senza ulteriori specificazioni. Pertanto, il coinvolgimento nella vicenda della Onlus "Croce azzurra di Agropoli" non trovava conferme neanche in prove che dimostrassero il coinvolgimento della Onlus nello svolgimento del servizio (se ciò fosse avvenuto, l'AsI non avrebbe potuto remunerare "Humanitas", perché la sostituzione sarebbe avvenuta senza autorizzazione). Si deduceva, inoltre, che mancherebbe la prova del reato presupposto, dato che l'appropriazione alla base del riciclaggio avrebbe richiesto l'individuazione del servizio reso e del personale impiegato, che non avrebbe ricevuto il rimborso, in ipotesi dirottato verso la Onlus di cui Po.Da. era legale rappresentante. Il fatto che dal conto corrente della Croce azzurra di Acerno nei giorni successivi al versamento dell'assegno fossero state prelevate somme (che in linea di massima coincidevano con l'importo dell'assegno) indebolirebbe la tesi accusatoria, in quanto tali somme sarebbero state destinate proprio a remunerare le prestazioni del personale medico infermieristico ed ausiliario In sintesi: si deduceva che mancherebbero gli elementi costitutivi del riciclaggio, in quanto non sarebbe stata provata la sussistenza del reato presupposto e, dunque, la provenienza delittuosa delle somme oggetto del reato; 3.3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla conferma della responsabilità per il reato previsto dall'art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000: non sarebbe stata provata la falsa fatturazione, dato che non sarebbe stato dimostrato che la "Croce azzurra di Acerno" non aveva effettuato la prestazione descritta in favore di "Humanitas"; peraltro, gli emolumenti corrisposti per attività di volontariato inizialmente non erano soggetti a prelievo fiscale e, quando tale prelievo è stato previsto, lo stesso veniva effettuato contestualmente all'erogazione delle somme, sicché l'importo dell'assegno (13.535, 00 euro) indicherebbe una somma "al netto" del prelievo fiscale, destinata al rimborso dei volontari che avevano effettuato il servizio. Tali emergenze osterebbero a ritenere provata la sussistenza del dolo specifico richiesto, ovvero quello di perseguire la finalità di evasione fiscale. 4. Ricorreva per cassazione il difensore di Sa.As. che deduceva: 4.1. violazione di legge (art. 512-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla intestazione fittizia della società "Lido Kennedy Srl"; si deduceva che il conferimento della "legale rappresentanza" della società non sarebbe idonea ad integrare l'attribuzione della titolarità o della disponibilità di "beni, denaro od altra utilità", sicché la condotta contestata non sarebbe riconducibile alla fattispecie prevista dall'art. 512-bis cod. pen. . A ciò si aggiungeva che la carica ad Sa.As. non sarebbe stata conferita da Sq.Ro. , bensì dalla moglie di questi, Nobili Stefania: si tratterebbe, pertanto, di un secondo trasferimento, che costituirebbe un post factum non punibile; 4.2. violazione di legge (art. 512-bis cod. pen.) e vizio di motivazione componibile con riferimento alla intestazione fittizia della società unipersonale "Nuova funeral home": si deduceva che non si sarebbe trattato di un "trasferimento", ma della costituzione di una "società nuova" la quale, peraltro, non avrebbe svolto alcuna attività e non avrebbe avuto capitale sociale; si deduceva che la mera costituzione di una società, senza trasferimento o attribuzione di beni, denaro, o altra utilità, non sarebbe condotta idonea ad integrare il reato contestato. Si allegava, inoltre, che il Tribunale di Salerno, sezione misure di prevenzione, aveva respinto la richiesta di sequestro della società, rilevando che la stessa non aveva alcun valore. 5. Ricorreva per cassazione anche il difensore di Mo.Mi. che deduceva: 5.1. violazione di legge (art. 512-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla fittizia intestazione della Onlus"Sos soccorso": il ricorrente non sarebbe stato consapevole dell'attribuzione fittizia, come emerso dai chiarimenti resi nel corso dell'interrogatorio del 30 marzo 2021; si allegava che lo stesso avrebbe assunto la legale rappresentanza della Onlus quando questa era stata già sequestrata, sicché i suoi poteri gestionali sarebbero stati nulli. Sarebbe, pertanto, illegittima la riconduzione della condotta contestata nella fattispecie astratta prevista dall'art. 512 - bis cod. pen. ; 5.2. violazione dì legge (art. 69 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee: le attenuanti generiche non erano state ritenute prevalenti sulle aggravanti con motivazione carente ed inadeguata. CONSIDERATO IN DIRITTO l. Si esamineranno, anzitutto, le doglianze proposte nei confronti della conferma delle condanne per i reati di riciclaggio contestati a Da.Gi. e Po.Do. . A Da.Gi. , legale rappresentante della Onlus Croce azzurra città di Capaccio, si contestava il reato di riciclaggio (capo 29), identificando la condotta illecita in quella di ricezione "senza giustificazione" di un bonifico relativo a somme provento dell'appropriazione indebita ai danni della Croce azzurra città di Agropoli. Anche a Po.Do. , legale rappresentante della Onlus Croce azzurra città di Acierno, si contestava il riciclaggio (capo 30): la condotta illecita veniva, in questo caso, identificata nell'incasso" di un assegno relativo a somme provento della appropriazione indebita ai danni della Croce azzurra di Agropoli e nella successiva attività di "prelievo, e dispersione", delle somme incamerate. 1.1. Il collegio ribadisce che il delitto di riciclaggio si connota per l'idoneità della condotta ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene e per la sussistenza del dolo generico di trasformazione della cosa, per impedirne l'identificazione (Sez. 2, n. 30265 del 11/05/2017, Giamè, Rv. 270302 - 01, Sez. 2, n. 50950 del 13/11/2013, Vinciguerra, Rv. 257982 - 01; Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, Berlingeri, Rv. 265379-01; Sez. 6, n. 28715 del 15/02/2013, Alvaro, Rv. 257205 - 01). Invero mentre la ricettazione si perfeziona solo con la (consapevole) ricezione del bene di provenienza illecita, il riciclaggio ha una condotta complessa che presuppone che l'autore del reato abbia la disponibilità del bene di provenienza illecita - il che ne implica la ricezione - , ma che si perfeziona solo con la "sostituzione" o il "trasferimento" di tale bene, o con il compimento, in relazione allo stesso, di "operazioni che ne ostacolino la provenienza delittuosa", Anche per consumare il riciclaggio, come per la ricettazione è, pertanto, necessario che l'autore riceva i beni di provenienza illecita; tuttavia tale azione "passiva" non è sufficiente ad integrare il reato, dato che questo si perfeziona solo con una - indispensabile e successiva - azione "attiva", individuabile nella sostituzione del bene, nel suo trasferimento o nel compimento di azioni dissimulatorie. Seguendo tali indicazioni ermeneutiche, la Cassazione ha affermato, con riferimento al riciclaggio di denaro, che integra il reato qualsiasi "prelievo o trasferimento" di fondi successivo a precedenti versamenti, ed anche il mero "trasferimento" di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato, ed acceso presso un differente istituto di credito (Sez. 2, n. 43881 del 09/10/2014, Matarrese; Rv. 260694 - 01). Si è affermato anche che, per integrare il riciclaggio "non è necessario che sia "efficacemente impedita" la tracciabilità del percorso dei beni, essendo sufficiente che essa sia anche solo "ostacolata" ". Sicché si è affermata la sussistenza del reato di riciclaggio anche nel caso di mero trasferimento del denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente ad un altro di un diverso istituto bancario (Sez. 2, 6 novembre 2009, n. 47375, Di Silvio). E' stato, altresì, affermato, seguendo lo stesso tracciato ermeneutico, che integra il delitto di riciclaggio, la condotta di chi, dopo aver "ricevuto" un assegno di provenienza delittuosa, apra un conto corrente attribuendosi falsamente il nome del suo beneficiario, lo versi sul conto e successivamente prelevi le somme ivi depositate, "sostituendo", in tal modo, il valore degli assegni con denaro contante e realizzando la condotta, tipica del riciclaggio, ovvero la "sostituzione" delle somme costituenti il controvalore del titolo, idonea ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 4853 del 16/12/2022, dep. 2023, Natale, Rv. 284437 - 01). In sintesi: deve ritenersi che il riciclaggio è un reato con condotta complessa che presuppone che l'autore - che non deve avere concorso nel reato presupposto - , abbia la disponibilità del bene di provenienza illecita e, dunque, che lo abbia ricevuto; per integrare il reato è indispensabile, tuttavia, che a tale condotta "passiva", che da sola integra il delitto di ricettazione, si aggiunga una azione "positiva" di sostituzione, trasferimento o dissimulazione. Quando il provento del reato è il denaro, bene per sua natura fungibile e privo di collegamenti immediatamente percepibili con il delitto che lo ha generato, il "trasferimento" da un conto all'altro è condotta con potenzialità dissimulatorie, in quanto è idonea a rendere difficoltosa la rilevazione del collegamento del denaro con il reato presupposto. 1.2. Si afferma, pertanto, che per integrare il reato di riciclaggio occorre (a) la consapevole ricezione del bene di provenienza illecita, (b) la sua successiva manipolazione, funzionale a dissimularne la provenienza delittuosa. Consuma, quindi, il delitto di riciclaggio chi, non essendo concorrente nel reato presupposto, agisce sul bene provento del reato, compiendo qualunque azione che abbia idoneità dissimulatoria, non essendo necessario che la provenienza delittuosa del bene sia efficacemente impedita, essendo, invece, sufficiente che sia ostacolata. Con riferimento al "denaro" il riciclaggio si perfeziona quando lo stesso, dopo essere entrato nella disponibilità di chi non ha concorso nel reato presupposto, viene trasferito da un conto corrente all'altro o, semplicemente, prelevato. Di contro, quando il provento del reato è costituito da un assegno, il suo semplice incasso definisce solo la "ricezione" del bene illecito e, dunque, integra una condotta di ricettazione (Sez. 6, n. 24941 del 22/03/2018, Lombardo, Rv. 274725, Sez. 2, n. 12894 del 05/03/2015, Belcastro, Rv. 262931). Tuttavia, se chi versa l'assegno, successivamente preleva le somme incassate, questi agisce una condotta "positiva", idonea a dissimulare la provenienza illecita del denaro, integrando il delitto di riciclaggio (Sez. 2, n. 4853 del 16/12/2022, dep. 2023, Natale, Rv. 284437 - 01). 1.3. Rispettando tali coordinate ermeneutiche, deve ritenersi che il riciclaggio risulta legittimamente contestato a Po.Da. , dato che (a) non è emerso che lo stesso abbia partecipato al reato presupposto, ovvero all'illecita appropriazione delle risorse della Onlus di Agropoli, (b) ha ricevuto le somme, incassando un assegno, ma - ed il dato è dirimente - le ha successivamente prelevate e disperse, agendo una condotta idonea ad ostacolare il riconoscimento della loro provenienza illecita. Nessuna censura può rivolgersi, inoltre, nei confronti della identificazione del reato presupposto del riciclaggio contestato - ovvero l'appropriazione indebita - dato che il reato presupposto, anche alla luce delle indicazioni ermeneutiche più rigorose, risulta individuato nella sua tipologia, pur non essendone necessaria la ricostruzione in tutti gli estremi storici e fattuali (Sez. 2, n. 46773 del 23/11/2021, Peri, Rv. 282433 - 02; Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, Maddaloni, Rv. 277020). A ciò si aggiunge che le censure rivolte nei confronti della motivazione della sentenza impugnatasi si risolvono nella richiesta di assegnare una diversa capacità dimostrativa alle prove ritenute indicative della provenienza illecita del denaro, attività esclusa dalla competenza del giudice di legittimità. 1.4. Il ricorso proposto nei confronti della conferma della condanna per riciclaggio di Da.Gi. è, invece, fondato. La contestazione elevata nei confronti della ricorrente si limita ad attribuire a questa la condotta "passiva" di ricezione, senza alcuna giustificazione, di un bonifico relativo alle somme di cui Sq.Ro. si era appropriato illecitamente. La Corte di appello, sulla base di tale contestazione, ha ritenuto integrato il reato senza identificare alcuna azione positiva, funzionale alla dissimulazione della provenienza illecita delle somme bonificate, e senza dimostrare la estraneità della ricorrente alla consumazione del reato presupposto. Le due sentenze conformi di merito hanno infatti accertato che la rete di Onlus affidate ' ai prestanomi di Sq.Ro. erano dirette a garantire l'appropriazione indebita del denaro pubblico destinato al pagamento di prestazioni per il trasporto di infermi. Se il progetto in questione era - come è stato accertato - condiviso dai prestanome e, dunque, anche da Da.Gi. , era necessario chiarire se questa fosse, o meno, concorrente del reato appropriatìvo, presupposto del contestato riciclaggio. Sul punto la motivazione della sentenza impugnata si limita a rilevare che il bonifico ricevuto (dell'ammontare di diecimila euro) fosse "privo di giustificazione", elemento che veniva ritenuto, da solo, sufficiente per ritenere provato il riciclaggio (pag. 40 della sentenza impugnata), senza effettuare alcun cenno né alla esclusione della partecipazione della ricorrente al reato di appropriazione indebita, né alla idoneità dissimulatoria della ' condotta contestata. Sul punto la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli. 2. Non superano invece la soglia di ammissibilità le censure rivolte nei confronti della ' conferma della responsabilità di Da.Gi. per il reato di interposizione fittizia. 2.1. Il collegio riafferma che è configurabile il reato di trasferimento fraudolento di valori in capo all'autore del delitto presupposto, il quale attribuisca fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità provento di tale delitto, di cui rimanga effettivamente dominus, al fine di agevolarne la successiva circolazione nel ' tessuto finanziario, economico e produttivo (Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzzo, Rv. 259590 - 01). La sentenza impugnata, contrariamente a quanto dedotto, ha offerto una esaustiva risposta alle doglianze proposte con l'appello, che si limitavano a contestare la provenienza delle risorse dalla Onlus di Capaccio, l'elemento soggettivo della intestazione fittizia, reso incerto dal fatto che, al tempo della costituzione della Onlus, non vi sarebbero state evidenze della pericolosità, oltre al fatto che alla base dell'intestazione fittizia vi sarebbe stata la volontà di Sq.Ro. di aggirare il divieto di svolgere attività imprenditoriali. Rispetto a tale devolutum la Corte di appello ha adempiuto il suo onere motivazionale, rilevando sia che le prove raccolte fossero indicative della riconducibilità a Sq.Ro. dei beni della Onlus (lo stesso aveva ammesso di essere proprietario delle ambulanze), sia che il dolo fosse provato dal fatto che l'intestazione risaliva al 2017, epoca prossima alla cessazione della sanzione accessoria. Quanto alla finalità di eludere le misure di prevenzione (indicata nel capo di imputazione come direzione della condotta contestata), la stessa, si ricavava con chiarezza dalla biografia giudiziaria di Sq.Ro. che risulta essere stato attinto da plurimi provvedimenti applicativi di misure di prevenzione personale e patrimoniale (pagg. 19 e 20 della sentenza impugnata). Si riafferma, peraltro, che il delitto di trasferimento fraudolento di valori può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilità del dolo specifico, che l'interessato possa fondatamente presumere l'avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, dep. 2022, Delti Carri, Rv. 282645 - 01; Sez. 1, n. 19537 del 02/03/2004, Veneziano, Rv. 227969) In conclusione, il collegio ritiene che la motivazione della sentenza impugnata, offra una esaustiva risposta alle doglianze avanzate con Tatto di appello e si sottragga, pertanto ad ogni censura in questa sede. 3. Anche il ricorso proposto nell'interesse di Po.Do. è inammissibile nella parte in cui contesta la conferma della responsabilità per il reato previsto dall'art. 512 - bis cod. pen. . 3.1. Le censure proposte nei confronti della contestazione di intestazione fittizia della Onlus "Croce azzurra di Acerno", centrate sulla dedotta inidoneità del trasferimento della legale rappresentanza di una società senza scopo di lucro (e dei beni ad essa pertinenti) ad integrare la condotta di intestazione fittizia, a causa della natura vincolata delle attività della società e della loro direzione non lucrativa, non superano la soglia di ammissibilità, in quanto si configurano come meramente reiterative rispetto a quelle proposte con la prima impugnazione, oltre che dirette ad ottenere una nuova valutazione della capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza di legittimità. Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello offriva una esaustiva motivazione in ordine alla conferma di responsabilità di Po.Do. per il reato di intestazione fittizia. Veniva rilevato, infatti, che era emerso che Sq.Ro. aveva un forte interesse patrimoniale a conservare la disponibilità occulta delle Onlus e dei beni strumentali ad esse facenti capo, dato che, attraverso tali strutture, operanti nel settore del trasporto degli infermi, riusciva ad appropriarsi delle risorse pubbliche erogate dall'A.s.1. . Come legittimamente rilevato dalla Corte di appello, ai fini dell'integrazione del reato contestato, non rilevavano i vincoli giuridici inerenti lo statuto delle onlus, in quanto era pacificamente emerso che la rete di società riconducibile a Sq.Ro. fosse funzionale a garantire la prosecuzione dell'attività di illecita appropriazione delle risorse pubbliche, anche nel caso in cui lo stesso fosse stato attinto da misure di prevenzione. Era infatti essenziale per la riuscita del progetto criminoso che egli avesse la disponibilità delle ambulanze utilizzate per il servizio del trasporto infermi e che tale servizio fosse "schermato" da onlus intestate a prestanomì. La Corte territoriale riteneva, pertanto, integrata la condotta riconducibile alla fattispecie prevista dall'articolo 512-bis cod. pen. , dato che Po.Do. non solo aveva assunto la legale rappresentanza della Onlus, ma aveva anche la materiale disponibilità dei beni e delle risorse ad esse riconducibili, strumenti essenziali per la continuazione dell'attività criminosa di Sq.Ro. , che questi intendeva salvaguardare anche dall'applicazione di misure di prevenzione (pag. 23 della sentenza impugnata). Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello offriva una motivazione completa e priva di fratture logiche, anche in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo. La fattispecie prevista dall'art. 512 - bis cod. pen. richiede, infatti, la necessità che la condotta di intestazione fittizia sia sorretta dal dolo specifico di "eludere i procedimenti di prevenzione", il che non implica la necessità che gli stessi siano stati avviati e che sia stata accertata la pericolosità sociale, ma solo che l'interponente agisca nella convinzione di sottrarsi all'azione ablativa (cfr.: giurisprudenza citata sub par. 2.1.) 3.2. Infine: non supera la soglia di ammissibilità il motivo che contesta la conferma della responsabilità per il reato previsto dall'art. 8 D.Lgs. n. 74/2000. La doglianza si risolve nella richiesta di rivalutare la capacità dimostrativa delle prove, esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità. Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello ha confermato la condanna rilevando la univocità e convergenza delle prove raccolte; infatti, tenuto conto del fatto che l'esenzione fiscale riservata alle Onlus riguarda attività di interesse generale, svolte dietro versamento di corrispettivi, che non superino i costi effettivi, con un margine di tolleranza di circa il 5%, la Corte rilevava che l'emissione della fattura contestata era diretta a realizzare l'evasione fiscale, in quanto creava costi fittizi, che impedivano ai ricavi di lievitare oltre il livello dei costi, così incidendo sulla tassabilità dei proventi. In sintesi la Corte riteneva, con motivazione che non si presta a censure, che l'emissione della falsa fattura nei confronti di "Humanitas" fosse diretta a consentire al destinatario di evadere il fisco, tenuto conto che lo stesso poteva utilizzarla per dedurre dai ricavi le somme corrispondenti ai costi indicati nel falso documento (pagg. 34 e 35 della sentenza impugnata). 5. Il ricorso proposto nell'interesse di Sa.As. , nella parte in cui contesta la legittimità della conferma della condanna per l'intestazione fittizia relativa al "Lido Kennedy" (capo 7), è fondato. 5.1. Il collegio riafferma che ai fini dell'integrazione del reato è necessaria l'attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità, sicché, in ossequio al principio di tassatività, non assume rilievo il simulato trasferimento dei compiti di amministrazione di una società commerciale, anche nel caso in cui la condotta sia finalizzata alla elusione dell'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Invero, per la configurabilità del delitto di trasferimento fraudolento di valori è necessario che l'attribuzione della titolarità o della disponibilità della cosa, pur non inquadrabile nell'ambito di rigorosi schemi civilistici, comporti, quantomeno, il fittizio conferimento di un'apprezzabile signoria sulla res (Sez. 2, n. 29633 del 28/05/2019, Kazazi, Rv. 276733 -01; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, Filardo, Rv. 261655; Sez. 5, n. 48415 del 06/10/2014, Mazzoni, Rv. 261027). 5.2. Nel caso in esame la Corte di appello non ha chiarito se la ricorrente si sia limitata ad assumere compiti gestionali relativi alla amministrazione della società Lido Kennedy o, se, invece, la stessa sia entrata in possesso delle quote della società (quanto descritto a pag. 26 circa la "gestione" dei beni societari, è contraddetto da quanto riportato a pag. 27, dove si fa riferimento, invero non circostanziato, alla cessione delle quote). Tale connotazione della condotta - ovvero se la Sa.As. abbia assunto solo compiti di gestione ovvero anche la titolarità delle quote -, essendo essenziale ai fini della configurabilità del reato, dovrà essere chiarita dalla Corte di appello di Napoli, che deciderà in sede di rinvio. 6. Non superano, invece, la soglia di ammissibilità le censure proposte nell'interesse di Sa.As. nei confronti della conferma della condanna per l'intestazione fittizia della "Nuova Funeral Home" contestata al capo 15) della rubrica. Contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello ha offerto una esaustiva motivazione in ordine alle doglianze proposte con la prima impugnazione, rilevando che (a) che la "Nuova funeral home" era una società diversa dalla "Funeral home" , sequestrata a Sq.Ro. , e che la stessa era stata costituita proprio per preservare i beni della società sequestrata da misure ablative, (b) che la Sa.As. aveva accettato consapevolmente la carica di legale rappresentante della società, nonché il passaggio dell'integrità delle quote, (c) che il fatto che la società fosse inattiva era irrilevante, dato che l'organismo societario era dotato di intrinseco valore, come dimostrava il fatto che fosse stato costituito per preservare la società sequestrata da vincoli ablatori. Il ricorso non contesta specificamente tale persuasivo percorso argomentativo, dato che si limita a reiterare quanto già allegato con l'atto d'appello circa la impossibilità di configurare il reato a fronte del trasferimento fittizio di società inattiva. 7. Il ricorso proposto nell'interesse di Mo.Mi. è inammissibile. 7.1. La doglianza in ordine alla responsabilità si profila reiterativa rispetto a quella proposta con l'atto d'appello e non si confronta con l'esaustiva motivazione offerta dalla sentenza impugnata, che ha evidenziato come Mo.Mi. non avesse dimostrato la sua estraneità alla condotta contestata. Invero l'assunzione della rappresentanza dell'ente subito dopo la convalida del sequestro è stata, persuasivamente, ritenuta indicativa sia del carattere fittizio dell'intestazione, che della sussistenza dell'elemento soggettivo, dato che l'intestazione si profilava come diretta a tenere indenne Sq.Ro. da eventuali misure ablatorie (pag. 30 della sentenza impugnata). La motivazione, sul punto, si sottrae ad ogni censura in questa sede. 7.2. Anche le doglianze in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio non possono essere accolte in quanto manifestamente infondate. Contrariamente a quanto dedotto, la Corte d'appello ha offerto un'esaustiva motivazione in ordine alla quantificazione della pena, ed ha rilevato che non vi fossero le condizioni per escludere la recidiva; si riteneva, tra l'altro che Mo.Mi. non aveva fornito un contributo all'accertamento dei fatti, idoneo a giustificare un più favorevole bilanciamento. Si rilevava, peraltro, che la pena base era stata contenuta nel minimo edittale (pag. 37 della sentenza impugnata). 7.3. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso di Mo.Mi. consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Da.Gi. limitatamente al capo 30) con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio sul suddetto capo; dichiara inammissibile nel resto il ricorso della Da.Gi.; dichiara inammissibile il ricorso di Po.Do. in relazione ai capi le) e 28) e lo rigetta in relazione al capo 29). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Sa.As. limitatamente al capo 7), con rinvio la Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio sul suddetto capo; dichiara inammissibile il ricorso della Sa.As. in relazione al capo 15). Dichiara inammissibile il ricorso di Mo.Mi. , che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il giorno 5 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2024.
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