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Incaricato di pubblico servizio: si deve tenere conto solo dell'attività materialmente svolta

Peculato

La massima

Nel definire le qualifiche soggettive di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, rispettivamente previste dagli artt. 357 e 358 cod. pen., il legislatore della riforma attuata con legge 26 aprile 1990, n. 86 ha optato per il criterio c.d. oggettivo-funzionale, che impone di privilegiare non la qualità, pubblica o privata, dell'ente alle cui dipendenze il soggetto operi, bensì la attività che egli abbia concretamente realizzato.
Con riferimento all'incaricato di pubblico servizio, tale ermeneusi è suffragata dall'utilizzo, nel corpo dell'art. 358 cod. pen., della locuzione "a qualunque titolo", riferita alla prestazione del servizio, e dalla eliminazione di ogni riferimento, contenuto nel previgente testo normativo, al rapporto d'impiego con lo Stato o con altro ente pubblico. È dunque ben possibile che il servizio pubblico sia attuato attraverso organismi privati, ove siano perseguite finalità pubbliche.

Cassazione penale sez. VI, 08/10/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 31/10/2019), n.44667

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Brescia, sezione per il riesame, ha confermato l'ordinanza emessa in data 1/07/2019 dal Gip presso il Tribunale di Bergamo, con la quale è stata applicata nei confronti del ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di cui all'art. 314 c.p., perchè in qualità di direttore tecnico dell'Ente Fieristico di (OMISSIS) "(OMISSIS)", con la complicità del Segretario Generale e del dipendente addetto alla gestione della cassa, si appropriava di oltre 139 mila Euro, attraverso la predisposizione di false istanze di rimborso. Il Tribunale, in merito alla questione che più rileva anche in questa sede, ha ritenuto di riconoscere all'indagato la qualità soggettiva di incaricato di pubblico servizio, in ragione della natura pubblicistica dell'attività prevalente svolta dall'Ente Fiera di (OMISSIS), volta a promuovere senza fine di lucro manifestazioni fieristiche per lo sviluppo economico, sociale e culturale dei settori imprenditoriali interessati, tenuto conto della previsione statutaria del potere di nomina di componenti del consiglio di amministrazione e dei sindaci riservato agli enti locali, e della puntuale regolamentazione delle attività fieristiche con legge regionale. 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, C.S. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito sintetizzati. 2.1. Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), con riferimento alla qualifica di incaricato di pubblico servizio, necessario presupposto per la configurabilità del peculato, che è stata erroneamente riconosciuta all'imputato. Il ricorrente sul punto rileva che l'attività svolta dall'Ente Fiera (OMISSIS) non può essere qualificata come servizio pubblico, innanzitutto sotto il profilo della natura giuridica dell'ente, che è iscritto nel registro delle persone giuridiche private, senza soci pubblici e con capitali esclusivamente privati, ed in secondo luogo, anche sotto il profilo oggettivo della tipologia di attività svolta, che si qualifica come attività imprenditoriale liberamente esercitabile da operatori privati, senza vincoli nei confronti dell'Autorità Pubblica. Sotto l'aspetto della natura privatistica dell'attività svolta si richiama la normativa ora vigente introdotta con la nuova L.R. Lombardia 2 febbraio 2010, n. 6, che ha riordinato e disciplinato la materia dell'attività fieristica, eliminando le criticità che erano state rilevate dalla Corte Europea di Giustizia con la sentenza del 15/01/2002, causa C-439/99, della precedente normativa regionale (L. 29 aprile 1980, n. 45), in rapporto ai principi comunitari di libertà di prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento vigenti nell'Unione Europea. Si sottolinea, in particolare, la definizione di attività fieristica datane dall'art. 121 della citata L.R. n. 6 del 2010 come "...attività commerciale svolta in via ordinaria in regime di diritto privato ed in ambito concorrenziale...". 2.2. Violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), con riferimento sempre alla qualifica di incaricato di pubblico servizio ma sotto il profilo della violazione dell'art. 357 c.p., per il richiamo erroneo alla natura di pubblico servizio che non può ravvisarsi in assenza di una normativa di diritto pubblico stringente che limiti la discrezionalità e la libertà di azione proprie dell'autonomia privata, atteso la natura astrattamente privatistica dell'attività fieristica per come si ricava dagli artt. 120,121 e 124 della richiamata L.R. n. 6 del 2010. 2.3. Vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e), per omessa motivazione in merito all'indicazione degli indici da cui deriverebbe la natura pubblica dell'attività svolta dalla Ente Fiera, in considerazione dell'erroneo richiamo delle leggi regionali che, contrariamente a quanto affermato, non assumono la rilevanza di indicatore della natura pubblicistica dell'attività fieristica, essendo la stessa definita espressamente come attività commerciale, libera e svolta in regime di libera concorrenza. 2.4. Vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e), in merito alla qualifica di incaricato di pubblico servizio, per avere il Tribunale richiamato precedenti giurisprudenziali fuorvianti relativi a casi diversi, per il diverso ambito territoriale e come tali riguardanti enti fieristici regolati da diverse leggi regionali (ad es. la L.R. Veneto n. 35 del 1988), e comunque antecedenti alla nuova Legge Nazionale 18 aprile 2005, n. 62 che ha abrogato la previgente legge quadro del settore fieristico n. 7 dell'11 gennaio 2001. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Sebbene le censure del ricorrente siano state articolate in plurimi motivi, le questioni poste all'attenzione di questa Corte sono le medesime e ruotano tutte attorno alla problematica della qualità soggettiva rivestita dall'indagato, quale direttore tecnico di un ente fieristico, e cioè se possa essere ricondotta o meno nella qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio di cui all'art. 358 c.p.. Per questa ragione, tenuto conto della centralità di questo tema, può procedersi ad una trattazione unitaria dei motivi che superano il vaglio dell'ammissibilità poichè impongono di valutare l'attualità e la pertinenza dei contrari indirizzi giurisprudenziali di legittimità richiamati nella ordinanza impugnata. 2. Il ricorso pone un primo problema interpretativo della permanenza della natura pubblica del servizio svolto dagli enti fieristici, dopo la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (ora denominata Corte di giustizia dell'Unione Europea) del 15/01/2002 (causa C-439/99) che ha comportato l'abrogazione della previgente legge quadro del settore fieristico n. 7 dell'11 gennaio 2001. Effettivamente i precedenti di legittimità richiamati (in tema di falso documentale, Sez. 5, n. 34049, del 17/07/2013, Nicolò, Rv, 256536; con riferimento al delitto di concussione, cfr. Sez. 6, n. 17902 del 22/01/2003, Cunico, Rv. 224502; con riferimento all'aggravante di cui all'art. 625 c.p., n. 7, delle "cose esistenti in stabilimenti pubblici", cfr. Sez. 4, n. 2594 del 03/10/2006 - dep. 25/01/2007, Pajak, Rv. 235890; con riferimento al delitto di abuso d'ufficio, Sez. 6, n. 9635 del 10/06/1993, Franceschi, Rv. 196019), non danno alcun rilievo all'intervenuta abrogazione della legge quadro nazionale disposta per dare esecuzione alla richiamata sentenza della Corte di Giustizia, come dedotto correttamente dal ricorrente. Lo specifico riferimento alla rilevanza del nuovo quadro normativo, impone pertanto di verificare se le modifiche sopravvenute della disciplina nazionale del sistema fieristico giustifichino o meno una diversa conclusione rispetto ai principi di diritto affermati nei precedenti arresti di legittimità, apparentemente contrari all'assunto difensivo della natura esclusivamente privatistica dell'attività svolta dagli enti fieristici. Si deve anche osservare, in condivisione di quanto argomentato al riguardo dal ricorrente, come non possano adottarsi soluzioni generalizzate valide per tutti i casi concreti, senza tenere conto della diversa tipologia degli enti interessati alla gestione di attività fieristica che possono assumere differente configurazione, a seconda della presenza o meno di quegli indici della natura pubblica dell'ente che non necessariamente caratterizzano allo stesso modo la totalità degli enti che nel variegato panorama nazionale ed internazionale si occupano della promozione e organizzazione dell'attività fieristica e che, in base ai principi comunitari di libertà di prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento vigenti nell'Unione Europea, hanno il diritto di operare nei diversi ambiti del territorio nazionale, soggetti a normative regionali non sempre uniformi. Occorre, d'altra parte, subito osservare come sia errato e non condivisibile il riferimento alla natura pubblica del soggetto giuridico interessato, ove si reputi tale connotazione soggettiva condizione indefettibile per qualificare come pubblico il servizio svolto. 3. Sulla qualità di incaricato di pubblico servizio descritta dall'art. 358 c.p. si deve ribadire che secondo la oramai pacifica interpretazione seguita da questa Corte di cassazione la nozione di pubblico servizio si riferisce ad una attività disciplinata da norme di diritto pubblico, seppure non connotata dai poteri tipici della pubblica funzione, di cui all'art. 357 c.p., senza che rilevi sotto il profilo soggettivo l'appartenenza a ente o comunque ad organismo pubblico, ma solo quello oggettivo del tipo di attività svolta, in quanto espressiva di un pubblico servizio e disciplinata da norme di diritto pubblico. Non è, pertanto, di alcun rilievo la circostanza che il soggetto non sia incardinato in un ente pubblico e che operi per conto di un ente privato, essendo necessario discriminare oggettivamente l'attività svolta e il modo in cui la stessa si correla al perseguimento di interessi pubblici, che costituisce l'essenza del pubblico servizio. Si deve, quindi, ribadire il principio secondo cui ai fini della configurazione del reato di peculato, i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di un ente di diritto privato possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, allorquando la ragione d'essere dell'ente risieda nel generale perseguimento di finalità connesse a servizi di interesse pubblico, a nulla rilevando che dette finalità siano realizzate con meri strumenti privatistici (vedi Sez. 6, n. 1327 del 07/07/2015, Rv. 266265). 4. Conseguentemente, la qualificazione soggettiva dell'agente come incaricato di pubblico servizio non può essere assimilata e ricondotta a quelle categorie soggettive create per delimitare l'ambito di applicazione della disciplina dei contratti pubblici per la presenza degli indici di pubblicità dell'ente che sono stati normativamente previsti dal c.d. Codice degli appalti con riferimento alla definizione di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica (vedi D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 3). Nella nozione di servizio pubblico delineata dall'art. 358 c.p. assume rilevanza più che la connotazione soggettiva pubblica dell'ente, quella oggettiva della natura dell'attività svolta, con la conseguenza che la qualità di servizio pubblico viene ad essere correlata a due requisiti essenziali, quello teleologico della finalità di interesse generale dell'attività svolta, e quello normativo, della previsione di una disciplina di carattere imperativo che, in ragione della rilevanza di interesse generale dell'attività svolta, ne disciplini le modalità di svolgimento con stringenti limiti all'autonomia privata allo scopo di salvaguardare il prevalente interesse generale rispetto a quello privato. Quindi gli indici che assumono rilievo del carattere pubblico del servizio non coincidono in toto con quelli delineati ad altri fini dalla legge per individuare gli enti assoggettati alla disciplina dei contratti pubblici. Non vi è dubbio che la presenza di detti indici (quale quello della c.d. influenza dominante, data dal controllo degli organi di amministrazione o dalla detenzione di una partecipazione al capitale sociale maggioritaria) possa assumere una indubbia rilevanza anche ai fini della qualificazione del servizio come pubblico, ma d'altra parte, anche in assenza di detti indici, non può escludersi la natura pubblica del servizio, quando via sia una normativa di legge statale o regionale, che ne disciplini lo svolgimento in modo puntuale, prevedendo obblighi sanzionati per legge, oltre a forme di contribuzione pubblica, attraverso il sostegno economico dato, alternativamente, o in via diretta agli enti stessi in ragione delle attività svolte o, indirettamente, agli utenti del servizio stesso, in modo analogo a quanto accade nelle prestazioni di servizi resi da parte di enti privati in regime di convenzione con lo Stato. La natura giuridica dell'ente, quando ricorrano i presupposti normativi per essere considerato organismo di diritto pubblico, o impresa pubblica, o società a partecipazione pubblica, assume uni indubbia rilevanza come indice della natura pubblica anche del servizio svolto, considerato che il criterio guida che ispira le normative che disciplinano il ricorso dello Stato a tali forme organizzative è quello secondo cui la costituzione di una società di capitali con la partecipazione prevalente dello Stato o più in generale da parte di una pubblica amministrazione si giustifichi solo quando l'attività, seppure di carattere economico, risponda ad una esigenza prioritaria di interesse generale. Al riguardo è sufficiente richiamare oltre le definizioni di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 3, anche la normativa del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175) che nel disciplinare i limiti entro cui le Pubbliche Amministrazioni possono costituire società di capitali, si richiamano alla necessità che il ricorso a tali forme organizzative risponda pur sempre al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, oltre che alla produzione di servizi di interesse generale. Non è senza rilievo che detta disciplina delle c.d. società pubbliche, dopo aver previsto il divieto per le P.A. di acquisire partecipazioni anche minoritarie in società che non perseguano tali finalità, preveda espressamente la legittimità delle partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici (D.Lgs. n. 175 del 2016, art. 4, comma 7). Ma le categorie normative soggettive create con riguardo ad ambiti diversi, per finalità specifiche legate alla disciplina dei contratti pubblici e delle partecipazioni nelle società commerciali, che rispondono essenzialmente ad esigenze di tutela della spesa pubblica, non possono essere recepite e trasfuse automaticamente nel diverso ambito della disciplina penale dei reati contro la pubblica amministrazione, in cui prevale la finalità di tutela dell'interesse generale al corretto esercizio delle prerogative che competono ai soggetti chiamati ad assicurare imparzialità e trasparenza nella gestione dei servizi pubblici, sia se svolti da enti pubblici e sia se svolti da enti privati. 5. Fatta questa necessaria premessa, si deve osservare con riguardo alla natura pubblica del servizio svolto da un ente fieristico, che l'impostazione del ricorrente prende le mosse da un evidente errore di fondo, che confonde l'indubbia natura commerciale imprenditoriale dell'attività fieristica con la natura pubblicistica che può assumere, invece, nel nostro ordinamento la promozione e organizzazione di detta attività. Si deve osservare in via preliminare che la materia è regolata soltanto da leggi regionali, regolamenti regionali e comunali, a seguito dell'abrogazione della legge quadro nazionale 18 aprile 2005, n. 62 disposta dalla L. 18 aprile 2005, n. 62 in esecuzione della già citata sentenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 15 gennaio 2002 nella causa C-439/99. La decisione del giudice Europeo (Corte Giust. CE, Quinta Sez., 15 gennaio 2002, in causa C-439/99, Commissione/Italia), secondo cui "l'attività di organizzatore di fiere" è "un'attività economica" rientrante a pieno titolo nella sfera di applicazione del diritto di stabilimento e del diritto di libera prestazione di servizi ed in ordine alla quale non sono ravvisabili "motivi imperativi di interesse pubblico" idonei a giustificare speciali discipline restrittive, ha censurato la normativa nazionale essenzialmente con riferimento a quelle singole disposizioni normative statali e regionali, specificamente individuate, che prevedevano limiti che potevano ostacolare o impedire agli operatori di altri Stati membri dell'U.E. di svolgere dette attività promozionali ed organizzative di eventi fieristici nel territorio nazionale. 6. La questione della natura dell'attività svolta dai suddetti enti deve essere, pertanto, necessariamente valutata con riguardo alle normative regionali che avevano recepito i principi della legge statuale abrogata, e che sono state successivamente riviste al fine di contemperare detti principi con l'esigenza di assicurarne la compatibilità con i principi comunitari di libertà di prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento vigenti nell'Unione Europea, mentre le esigenze di uniformità delle normative regionali sono state affidate unicamente alla stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza Unificata, ai sensi della L. 5 giugno 2003, n. 131, art. 8, comma 6, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con cui è stato modificato l'art. 117 Cost. sulla ripartizione delle materie di competenza delle potestà legislative dello Stato e delle Regioni. Al fine di assicurare un disciplina unitaria in materia fieristica è, infatti, intervenuta in sede di Conferenza unificata l'intesa tra Stato, Regioni ed Enti locali del 6.02.2014, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 della Repubblica del 4.3.2014, con cui sono state stabilite delle linee generali in tema di requisiti di idoneità dei quartieri fieristici, di rilevazione e certificazione dei dati utili al riconoscimento della qualifica internazionale e nazionale delle manifestazioni fieristiche, per il riconoscimento di punteggi superiori a favore delle manifestazioni certificate nell'accesso ai contributi finanziari delle Regioni e delle Camere di commercio, oltre che per altri aspetti relativi alla predisposizione del calendario fieristico italiano. 7. La questione centrale, al di là delle problematiche imposte dal rispetto dei principi comunitari in materia di libertà di prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento, rimane sempre e soltanto quella di verificare la sussistenza dei presupposti da cui la legge penale fa discendere la natura pubblica del servizio e che sono delineati dall'art. 357 c.p.. Si tratta di verificare se l'attività in discorso risponda ad un interesse pubblico preminente rispetto a quello privato e se in forza di ciò la legge ne preveda l'assoggettamento ad una normativa di diritto pubblico. Con riguardo alla legge Regione Lombardia che richiama, peraltro, le stesse definizioni che erano state stabilite con legge nazionale (L. n. 7 del 2001, art. 2 ora abrogata), si deve rilevare che proprio la L.R. n. 6 del 2010, art. 121, citato dal ricorrente, accanto alla classificazione dell'attività fieristica come attività commerciale svolta in regime di libera concorrenza, prevede ulteriori definizioni, ed in particolare quelle che qui più rilevano e che attengono alle definizioni di "organizzatori di manifestazioni" e di "enti fieristici". Orbene sono considerati nella prima categoria "i soggetti pubblici e privati anche appartenenti a paesi esteri che esercitano attività di progettazione, realizzazione e promozione di manifestazioni fieristiche", mentre per "enti fieristici" si devono intendere "i soggetti che hanno la disponibilità, a qualunque titolo, dei quartieri fieristici, anche al fine di promuovere l'attività fieristica". Quindi si deve, innanzitutto, distinguere l'attività fieristica, tipicamente commerciale che si realizza attraverso lo svolgimento della manifestazione con la partecipazione degli operatori professionali dei settori commerciali interessati ammessi a parteciparvi, che espongono ed offrono in vendita i propri prodotti, dall'attività di promozione ed organizzazione degli eventi fieristici che, sebbene svolta in regime di libera concorrenza, assume una evidente rilevanza di interesse pubblico, in considerazione proprio degli obblighi di tutela della libera concorrenza, della trasparenza e della libertà di impresa che il nostro ordinamento affida sul piano operativo agli enti territoriali, Regioni e Comuni, i quali, nelle rispettive competenze normative di vario livello, legislativo e regolamentare, devono assicurare che lo svolgimento delle fiere, ove affidato ad enti privati, non si ponga in contrasto con i detti principi. 8. La normativa di settore, quindi, assoggetta lo svolgimento dell'attività di promozione ed organizzazione di fiere ad una serie di vincoli che trovano la loro giustificazione proprio in considerazione della finalità di rilevo pubblico che hanno le fiere per lo sviluppo economico degli ambiti territoriali che ne beneficiano, anche solo considerato l'incremento produttivo e di maggiore ricchezza legato all'affluenza dei visitatori, dei produttori e operatori che vi partecipano. L'attività di promozione ed organizzazione delle fiere può senza dubbio essere svolta sia da soggetti pubblici che da soggetti privati in regime di libero mercato secondo quanto sancito dall'art. 120 della L.R. cit. che stabilisce appunto che "l'attività fieristica è libera ed è esercitata secondo i principi di pari opportunità e di parità di trattamento fra gli operatori nazionali e quelli appartenenti a paesi esteri". Ma la stessa norma di legge prevede anche che "la Regione e i comuni interessati, nell'ambito delle rispettive competenze, garantiscono la libera concorrenza, la trasparenza e la libertà di impresa, anche tutelando la parità di condizioni per l'accesso alle strutture, nonchè l'adeguatezza della qualità dei servizi agli espositori ed agli utenti e assicurando il coordinamento delle manifestazioni ufficiali, nonchè la pubblicità dei dati e delle informazioni ad esse relativi". Quindi non vi è dubbio che l'attività di promozione ed organizzazione delle fiere, dovendo salvaguardare la parità di condizioni per l'accesso alle strutture, nonchè l'adeguatezza della qualità dei servizi agli espositori ed agli utenti, sia soggetta ad una disciplina che pone limiti stringenti all'autonomia privata che vede fortemente contenuta la propria discrezionalità e libertà di azione, attraverso forme di controllo e coordinamento pubblico rigorose, accompagnate anche da una normativa sanzionatoria (vedi art. 130 L.R. cit.), che ne evidenzia la connotazione pubblicistica, per i limiti imposti a tutela proprio della libertà di impresa e dello stesso valore della concorrenza. Vengono qui in rilievo: a) le norme che impongono gli obblighi di comunicazione degli eventi per il necessario coordinamento nazionale ed internazionale delle manifestazioni (vedi artt. 124 e 125 L.R. cit.); b) le norme che disciplinano la qualificazione del carattere locale, regionale, nazionale o internazionale dell'evento affidata alla competenza dei comuni (art. 123); c) il rinvio a norme regolamentari regionali di dettaglio per la disciplina degli enti fieristici con la previsione per gli enti fieristici che svolgano anche attività di organizzatori di manifestazioni fieristiche di tenere una contabilità separata ed amministrativa delle diverse attività a tutela della trasparenza e parità di condizioni tra tutti gli operatori (art. 128); d) le norme che prevedono forme di sostegno economico pubblico al sistema fieristico, in modo diversificato, attraverso la partecipazione della Regione alle manifestazioni fieristiche organizzate da altri enti, o attraverso l'organizzazione diretta di manifestazioni fieristiche, o attraverso la contribuzione alle spese per la partecipazione alle fiere delle imprese operanti nel settore interessato (art. 132). Appare, in definitiva, evidente la natura di attività di interesse generale svolta dagli enti che curano l'organizzazione e promozione delle fiere, per la necessità di coordinamento nazionale ed internazionale degli eventi, ma soprattutto per assicurare la parità di accesso degli operatori dei settori interessati, attraverso la imposizione anche di obblighi di bilancio separato per le diverse tipologie di attività svolte e la previsione di obblighi di vigilanza attraverso la sottoposizione dei bilanci alla verifica da parte di una società di revisori contabili iscritta nell'apposito albo della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) o di equivalente organo di Paesi membri dell'Unione Europea o extracomunitari. L'affermazione di principio contenuta nella L. 11 gennaio 2001, n. 7, art. 1 ora abrogata, secondo cui "il sistema fieristico è rilevante ai fini della promozione delle attività economiche, della valorizzazione dei sistemi produttivi, dello sviluppo delle relazioni commerciali, della cooperazione internazionale e del progresso tecnologico, anche a beneficio del consumatore", conserva la sua validità perchè recepita - con riguardo al caso in esame - dalla Legge della Regione Lombardia (vedi art. 120), e perchè esprime la necessità di una normativa imperativa di diritto pubblico che assicuri il perseguimento di dette finalità e che trova oggi espressione, con riferimento all'ambito territoriale della Regione Lombardia, negli atti normativi di questa regione che sono stati già più volte richiamati. Pertanto, si deve ritenere che possa qui ribadirsi quanto già osservato da questa Corte di Cassazione sulla natura pubblicistica dell'attività svolta dagli Enti fieristici sulla base dell'ordinamento espresso dalle normative rimesse ora non più alla potestà legislativa dello Stato, ma alla potestà legislativa e regolamentare delle Regioni e dei Comuni, nonchè dai provvedimenti di controllo e registrazione degli enti fieristici per assicurarne l'osservanza. Sebbene sia stata esclusa la necessità di autorizzazioni e, con riferimento specifico alla regione Lombardia, le autorizzazioni sono state sostituite da un regime di obblighi di comunicazione degli eventi e di registrazione degli Enti, non vi è dubbio che la normativa di settore imponga obblighi agli operatori che esaltano la finalità pubblica degli scopi sociali attraverso l'imposizione di obiettivi che vanno oltre il mero interesse privatistico del perseguimento di un profitto egoistico economico, a garanzia della pari opportunità di accesso a tutti gli operatori interessati e di condizioni contrattuali a carico dei singoli espositori che rispondano a criteri di trasparenza, che non contengano clausole discriminatorie e prevedano tariffe equivalenti a parità di prestazioni. 9. Conseguentemente, anche dopo l'abrogazione della legge quadro nazionale, conservano la loro validità i precedenti di legittimità richiamati nel più recente arresto di questa Corte di Cassazione della Sez. 5, del 17/07/2013 n. 3404, Nicolò, Rv 256536, con riferimento alla qualità di incaricato di pubblico servizio riconosciuta ad un amministratore di un Ente Fiera, sulla base del riferimento non già alla natura pubblica dell'ente, e quindi alla presenza degli indici dati dalla partecipazione pubblica al capitale sociale o alla riserva di poteri di nomina degli organi di gestione e controllo dell'ente ad enti pubblici, ma piuttosto alla natura stessa della attività svolta contrassegnata dalla presenza di fini sociali, che impongono obiettivi che vanno oltre l'ambito degli interessi di apprezzamento privatistico, con sottrazione della libera disponibilità di fini operativi. Nel caso in esame si rileva che, sebbene non rilevanti quali indici della natura pubblica dell'ente, la previsione statutaria della potestà della giunta regionale lombarda di nominare un membro del consiglio di amministrazione ed un componente del collego dei sindaci, unitamente alla presenza nel predetto organo di gestione, del Sindaco del Comune di Bergamo, del presidente della Provincia di Bergamo, pure se previste quest'ultime solo come facoltative in sede di statuto, valutate unitamente all'assenza di uno scopo di lucro, costituiscono il portato della natura pubblica del servizio svolto dall'ente fiera in oggetto, nell'interesse generale dello sviluppo economico, sociale e culturale della comunità territoriale locale oltre e non solo nell'interesse dei settori imprenditoriali coinvolti. 10. Ciò detto con riguardo alla natura pubblica del servizio svolto attraverso l'attività di promozione e organizzazione dell'attività fieristica, si deve però tenere conto ai fini della verifica nel caso concreto della sussistenza della qualifica soggettiva da cui dipende la configurabilità del reato di peculato, come di ogni altro reato proprio qualificato dalla veste del soggetto agente di incaricato di pubblico servizio, se la condotta abusante sia riferibile o meno al settore pubblico dell'attività svolta per conto dell'ente interessato. Secondo quanto recentemente affermato da parte della Corte di cassazione ai fini della individuazione della qualifica soggettiva che qui interessa, non è sufficiente fare riferimento alla generica natura pubblica dei servizi svolti dall'ente, ma occorre verificare in concreto se i comportamenti abusanti in senso lato siano stati posti in essere in riferimento ai servizi di interesse pubblico, piuttosto che ad altri servizi accessori meramente commerciali che non siano soggetti alla disciplina di legge delle relative forme di esercizio, che ne consentono di escludere la natura di servizio pubblico (vedi, Sez. 6, 01/06/2017 Rv. 271106). Nel caso di specie dallo statuto dell'ente si evince che oltre alla attività di promozione e organizzazione di eventi fieristici, è previsto che l'ente possa svolgere anche altre attività tipicamente commerciali, come tali del tutto estranee alla nozione di servizio pubblico. Inoltre, si evince dalla lettura dell'ordinanza cautelare che l'Ente Fiera (OMISSIS) avrebbe anche la gestione in locazione del quartiere fieristico, ovvero delle aree attrezzate ed edificate per ospitare le manifestazioni fieristiche, di proprietà di una società a partecipazione pubblica, e che pertanto, assumendo la qualifica di ente fieristico (ex art. 121, comma 1, lett. g, L.R. cit.) che svolge anche attività di organizzatore di manifestazioni fieristiche, è tenuto alla separazione contabile ed amministrativa delle diverse attività (ex art. 128, comma 3, L.R. cit.). Pertanto, trattandosi della distrazione fraudolenta di fondi dalla cassa dell'ente, senza ulteriori specificazioni, si rende necessario verificare innanzitutto se l'ente abbia adottato o meno, come previsto dall'art. 128, comma 3, della citata legge regionale, un sistema di contabilità ed amministrazione separate per le diverse attività svolte, e nel caso positivo se la distrazione delle somme abbia riguardato la contabilità predisposta per l'attività rientrante nella nozione di servizio pubblico o le altre diverse attività commerciali, rispetto alle quali andrebbe conseguentemente esclusa la qualifica di incaricato di pubblico servizio. E' superfluo rilevare che nel caso si accerti la mancanza di una gestione separata delle contabilità in violazione dell'anzidetta normativa, ne deriverebbe come conseguenza la impossibilità di operare una distinzione rispetto alle distrazioni operate in danno della cassa dell'ente, con la conseguente confusione delle risorse finanziarie e la rilevanza prevalente e prioritaria delle attività di interesse pubblico demandate all'ente di gestione, con la conseguente qualificazione di servizio pubblico del ruolo svolto in seno ad esso dal soggetto che si appropri di denaro o beni di cui abbia il possesso o comunque la disponibilità in ragione delle prerogative correlate alla posizione rivestita nell'organigramma dell'amministrazione. 11. Per quanto sopra esposto si impone l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata per nuovo esame in merito all'approfondimento dei punti ritenuti necessari per il riconoscimento della qualificazione soggettiva di incaricato di pubblico servizio, avuto riguardo alla concreta ed effettiva incidenza della condotta distrattiva sulla gestione contabile specifica del servizio pubblico correlato all'attività di promozione e organizzazione di eventi fieristici. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Brescia, sezione Riesame. Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019. Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019
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