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Peculato: il medico addetto al servizio di guardia turistica è pubblico ufficiale

Peculato

Cassazione penale sez. VI, 24/01/2024, n.12156

In tema di peculato, riveste la qualifica di pubblico ufficiale il medico, anche se assunto con contratto a termine, addetto al servizio di "guardia turistica" - istituito nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale al fine di assicurare continuità assistenziale ai non residenti nei periodi di maggiore afflusso di presenze - poiché svolge l'attività per mezzo di poteri pubblicistici di certificazione, che si estrinsecano nella diagnosi e nella correlativa prescrizione di prestazioni a carico del Servizio stesso. (Fattispecie relativa ad appropriazione delle somme di danaro riscosse dai pazienti a titolo di contributo alla spesa sanitaria).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Livorno dell'11 luglio 2019, che aveva condannato l'imputato Co.Sa. per il reato di peculato (art. 314 cod. pen.). All'imputato era stato contestato di essersi appropriato, in qualità di medico svolgente la funzione di guardia turistica presso un ambulatorio estivo, di somme di danaro ricevute per lo svolgimento di prestazioni sanitarie (dal 6 al 14 agosto 2015). La Corte di appello riteneva dirimente,ai fini della configurabilità del peculato, la gestione di pubblico denaro da parte del medico e applicava i principi affermati in sede di legittimità in tema di attività "intramoenia" svolta dal medico. 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. atto cod. proc. pen. 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla configurazione della ipotesi soggettiva di cui all'art. 358, secondo comma - cod. pen. L'impostazione dei Giudici di merito era basata sulla distinzione tra l'attività medica svolta dal ricorrente, assunto a contratto dalla ASL, e quindi in regime privato e quella pubblicistica di incaricato alla riscossione delle somme dovute dai pazienti per le visite. Quest'ultimo assunto è da ritenersi errato, in quanto viene a far carico al medico di un'attività tipica del funzionario dell'economato senza, tra l'altro, riconoscere al predetto garanzie e onorari per tale incombente, e applica un orientamento di legittimità in tema di attività medica "intramoenia", in presenza tuttavia di un diverso regime contrattuale (il medico nella specie era tenuto a rilasciare - a fronte di una somma predefinita - una mera quietanza priva di valore fiscale e certificativo, la ASL introitava la somma quale concorso spese del cittadino, una forma non tipizzata e anche eccedente gli schemi normativi in materia sanitaria). Rispetto all'incasso, dunque, alcun potere espressione della volontà dello Stato o certificativo veniva a svolgere il medico, ma soltanto il ruolo di mero ricettore di somme (mansione ricadente in quelle previste dal secondo comma dell'art 358 cod. pen.). 3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla L. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e la difesa del ricorrente hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate. La difesa ha anche depositato una memoria illustrativa, nella quale ha richiamato un recente arresto della Suprema Corte (Sez. 6, 11-01-2023, n. 1957) in tema di incaricato di pubblico servizio a sostegno dei motivi di ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è da rigettare in quanto infondato. Devono infatti essere respinte le argomentazioni difensive sulla qualificazione soggettiva dell'imputato, se pur per ragioni diverse da quelle indicate dai giudici di merito. 2. La cosiddetta "guardia turistica" è un servizio istituito dalle ASL per l'assistenza medica ai turisti non residenti in determinate località turistiche in coincidenza con il maggior flusso, utilizzando sia il personale medico già disponibile (medici di assistenza primaria o addetti alla continuità assistenziale), sia quello assunto ad hoc tramite appositi bandi (cfr. art. 59 D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270). I Giudici del merito, pur inquadrando il servizio prestato dal ricorrente nel regime di "continuità assistenziale" e valorizzando la procedura pubblica per la selezione dei medici e la finalità pubblica del servizio, volto al soddisfacimento di bisogni di interessi generali e alla cura di interessi pubblici, hanno ritenuto erroneamente che l'attività svolta dal medico "privato", ovvero assunto ad hoc per tale servizio, fosse paragonabile all'attività sanitaria in regime di intramoenia. In quest'ultimo caso, si tratta di attività professionale di tipo privato svolta dal medico ospedaliero fuori dall'orario di lavoro, per la quale (stante il rapporto del medico con la struttura pubblica e anche per l'utilizzazione di pubbliche strutture) il medico è tenuto a versare al Servizio Sanitario una parte del compenso ricevuto. Nel caso della guardia medica turistica (o, come definita dagli Accordi Collettivi Nazionali per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, della "attività medica nei servizi di assistenza stagionale"), come premesso, si tratta di prestazione svolta dal medico (già incardinato o, in caso di insufficienza, anche a titolo provvisorio, se assunto ad hoc) nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, per assicurare il servizio di "continuità assistenziale" (cfr. D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.in tema di riordino della disciplina in materia sanitaria). Il medico infatti può prescrivere farmaci, richiedere esami diagnostici e visite specialistiche e formulare proposte di ricovero su ricettario del Servizio Sanitario Nazionale. Onde evitare di caricare le Regioni degli oneri finanziari di tale forma stagionale di assistenza medica di base è previsto che il servizio non sia gratuito. Nella fattispecie in esame è stato accertato in sede di merito che la normativa regionale prevedeva per l'utilizzatore del servizio il versamento di un contributo (15 Euro per una visita, 25 Euro per una visita domiciliare, 8 Euro per una ricetta), che il medico era tenuto a riversare alla ASL di competenza con modalità prestabilite e rilasciando ricevuta su bollettario fornito dalla stessa Asl. 3. Nel quadro così descritto, deve ritenersi che il medico, addetto al servizio di guardia turistica nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, anche se selezionato ad hoc per tale servizio in via temporanea, rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, poiché svolge l'attività per mezzo di poteri pubblicistici di certificazione, che si estrinsecano nella diagnosi e nella correlativa prescrizione di prestazioni a carico del Servizio stesso. Già in precedenza, per analoghe ragioni, questa Corte Suprema ha affermato che il medico privato professionista "convenzionato" con la ASL, addetto alla guardia medica, riveste la qualifica di pubblico ufficiale e non quella di incaricato di pubblico servizio (Sez. 6, n. 29788 del 11-05-2017, Rv. 2706039), al pari dei medici convenzionati che prestano la loro attività nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (tra le tante, Sez. U, n. 7958 del 27-03-1992, (Omissis), Rv. 191174; Sez. 6, n. 35836 del 22-02-2007, Rv. 238439). 4. Fatte queste premesse, appaiono infondate le censure del ricorrente in quanto l'attività di riscossione svolta dal medico della guardia turistica era connessa all'attività svolta dal ricorrente nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale e non certo privata. Ne consegue che il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge in tema di spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2024. Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2024.
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