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Indebita compensazione: superamento della soglia di punibilità per crediti inesistenti valutato su base annua

Indebita compensazione

Cassazione penale , sez. III , 19/04/2024 , n. 30092

Ai fini dell'integrazione del delitto di indebita compensazione, di cui all' art. 10-quater, comma 2, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , il superamento della soglia di punibilità, fissata per un importo annuo superiore a cinquantamila euro, si individua avendo riguardo al totale delle compensazioni effettuate con crediti inesistenti nel singolo anno, indipendentemente dall'annualità cui si riferiscono i debiti fiscali, o comunque compensabili, non pagati.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza emessa il 30 novembre 2023, e depositata il 14 dicembre 2023, il Tribunale di Caltanissetta, pronunciando in materia di misure cautelari personali, ha disposto l'applicazione nei confronti di An.Ro. della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l'attività di impresa e di rivestire uffici direttivi delle persone giuridiche per la durata di sei mesi, in parziale accoglimento dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta avverso l'ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Caltanissetta. L'ordinanza del Tribunale del riesame ha disposto l'applicazione della misura interdittiva per il delitto di cui al capo 13), previa riqualificazione dello stesso a norma dell'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000. Secondo quanto espone l'ordinanza impugnata, i fatti hanno ad oggetto l'utilizzo, da parte della società "Macropharm Srl", di cui era legale rappresentante An.Ro., di personale formalmente assunto da società fittizie, le quali mettevano a disposizione i prestatori di lavoro mediante contratti di appalto, restando obbligate per i debiti previdenziali, contributivi e fiscali connessi ai rapporti di lavoro subordinati e, però, omettendo di pagare le somme dovute per tali titoli attraverso il ricorso alla compensazione delle stesse con crediti inesistenti; i crediti inesistenti utilizzati per le compensazioni sarebbero di importo pari a 78.818,72 Euro. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe An.Ro., con atto sottoscritto dall'Avv. Giuseppe Ferraro, articolando sette motivi. 2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al mancato superamento della soglia di punibilità. Si deduce che l'ordinanza impugnata ha erroneamente ritenuto superata la soglia di punibilità, fissata dall'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000 in 50.000,00 Euro annui. Si evidenzia che il Tribunale ha ritenuto superata la soglia di punibilità in quanto ha ritenuto effettuate indebite compensazioni per 78.818,72 Euro, sulla base delle indicazioni contenute nel capo di imputazione (capo 13), e che però tale conclusione è erronea perché dette indicazioni si riferiscono a due distinte annualità, il 2018 ed il 2019. Si precisa che, infatti, l'importo di 78.818,72 Euro corrisponde alla somma dei profitti che sono indicati nell'imputazione come il risparmio di spesa per il mancato pagamento degli oneri contributivi per 46.664,93 Euro e dell'IRPEF per 32.153,79 Euro, e che, però, sempre dai medesimo capo di imputazione, si evince come la somma di 46.664,93 Euro, relativa al mancato pagamento degli oneri contributivi, deve essere ripartita in 26.015,82 Euro per il 2018 e 20.649,11 Euro per il 2019, mentre la somma di 32.153,79 Euro, relativa al mancato pagamento dell'IRPEF, deve essere ripartita in 15.527,87 Euro per il 2018 e 16.625,92 Euro per il 2019. Si conclude che, sulla base di questi dati, le indebite compensazioni non superano la soglia di punibilità annua prevista dalla legge, perché pari a 41.543,69 Euro per il 2018 e a 37.275,03 Euro per il 2019. 2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ancora in relazione al mancato superamento della soglia di punibilità. Si deduce che, come precisato da parte della giurisprudenza, il reato di indebita compensazione può attenere solo a somme dovute a titolo di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (si cita Sez. 1, n. 38042 del 10/05/2019, Santoro, Rv. 278825 - 01), sicché in ogni caso non può tenersi conto, ai fini del superamento della soglia di punibilità, delle compensazioni relative ai debiti per gli oneri contributivi. 2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione all'elemento psicologico necessario per integrare il reato di indebite compensazioni di crediti inesistenti. Si deduce che l'ordinanza impugnata ha erroneamente ritenuto sussistente il dolo del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, e, quindi, una fattispecie che consente l'applicazione di una misura cautelare personale. Si rappresenta, infatti, che il Tribunale ha ravvisato il dolo eventuale dell'attuale ricorrente in ordine all'indebita compensazione, ma ipotizzando alternativamente l'utilizzo, per le compensazioni, "di crediti inesistenti, o di crediti esistenti, ma non spettanti, entrambe punite dal delitto in addebito", e che, però, il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti è sanzionato con una pena massima (due anni di reclusione) inferiore a quella minima per l'adozione dì misure cautelari personali (l'art. 287 cod. proc. pen. indica come necessario presupposto applicativo reati sanzionati con pena superiore nel massimo a tre anni). 2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al dolo di concorso nel reato. Si deduce che è manifestamente illogica l'affermazione della sussistenza del dolo del concorso del reato. Si premette che, in forza del D.L. 17 marzo 2017, n. 25, il committente dell'appalto di manodopera non solo è solidalmente responsabile per i debiti retributivi e contributivi relativi ai dipendenti, ma non può nemmeno eccepire il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore o del subappaltatore. Si osserva che, posta questa premessa, nessun vantaggio o interesse poteva derivare all'attuale ricorrente, e alla sua, impresa, dall'azione illecita: la ditta committente pagava alla società appaltatrice un compenso comprensivo degli oneri previdenziali e fiscali, e poi, a seguito dell'inadempimento di quest'ultima, si trovava a corrispondere tali oneri nuovamente allo Stato, senza avere nemmeno la prospettiva di un utile esercizio dell'azione di regresso nei confronti della ditta appaltatrice, nel frattempo cessata o comunque svuotata di ogni risorsa. 2.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ancora in ordine al dolo di concorso nel reato. Si deduce che non vi sono elementi per poter ritenere che l'attuale ricorrente avesse consapevolezza che le società appaltataci adempivano agli oneri contributivi e fiscali mediante compensazione di crediti, e, a maggior ragione, che le stesse, a tal fine, utilizzavano crediti non spettanti o addirittura fittizi. Si osserva che, per questa ragione, con riferimento alla condotta dell'attuale ricorrente, non è configurabile nemmeno un contributo concorsuale. 2.6. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione all'elemento psicologico necessario per integrare il reato di indebite compensazioni di crediti inesistenti. Si deduce che l'assenza di elementi utili per ritenere che l'attuale ricorrente avesse consapevolezza che le società appaltatrici adempivano agli oneri contributivi e fiscali mediante compensazione di crediti "irregolari" esclude anche la possibilità di ipotizzare, nella stessa, la consapevolezza che i crediti fossero inesistenti, invece che non spettanti. 2.7. Con il settimo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 275-bis cod. proc. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Si deduce che l'ordinanza impugnata ha erroneamente ipotizzato la sussistenza di esigenze cautelari per l'attualità del pericolo di reiterazione, omettendo di considerare che le condotte in contestazione siano cessate nel 2020, ossia tre anni prima del provvedimento coercitivo, e che l'attuale ricorrente ha sempre avuto un comportamento corretto verso il Fisco sia nei tre anni successivi ai fatti, sia negli oltre venti anni precedenti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito precisati. 2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l'affermazione del superamento della soglia di punibilità, deducendo che le indebite compensazioni sono di importo inferiore a tale soglia, in quanto debbono essere suddivise per anni di imposta oggetto di evasione. 2.1. Innanzitutto, come di fatto riconosce anche il ricorrente, in tema di indebita compensazione, la valutazione del quantum dei crediti non spettanti o inesistenti, necessaria ai finì della verifica del superamento della soglia legale di punibilità, deve essere unitaria e complessiva, non essendo consentita la suddivisione della soglia per ogni singola imposta (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 20718 del 21/01/2022, Caraveteanu Catalin, Rv. 283343 - 01). Ciò posto, occorre precisare che, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, il superamento della soglia di punibilità deve essere individuato avendo riguardo al totale delle compensazioni effettuate nel singolo anno mediante crediti inesistenti, indipendentemente dall'anno cui si riferiscono i debiti fiscali (o comunque compensabili) non pagati. In questo senso, depone il dato testuale della disposizione. Invero, l'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, non opera alcun collegamento tra somme dovute e non versate, ma corrisposte simulatamente mediante la compensazione, da un lato, e debito per anno di imposta, dall'altro; lo stesso, diversamente, richiede che il fatto si riferisca ad un "importo annuo superiore ai cinquantamila Euro". Di conseguenza, per il legislatore non rileva se le somme dovute e non versate, ma corrisposte simulatamente mediante la compensazione, si riferiscano a debiti relativi a più anni di imposta: ciò che conta è che l'omesso versamento "occultato" mediante compensazioni fittizie sia, nel suo complesso, "per un importo annuo superiore ai cinquantamila Euro". Si può aggiungere che questa conclusione è coerente con il principio, costantemente affermato in giurisprudenza, secondo cui il delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10-quater D.Lgs. n. 74 del 2000, si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (cfr., per tutti, Sez. 3, n. 23027 del 23/06/2020, Mangieri, Rv. 279755 - 01, e Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 2019, Cappello, Rv. 274854 - 01). 2.2. La conclusione secondo cui, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, il superamento della soglia di punibilità si individua avendo riguardo al totale delle compensazioni effettuate nel singolo anno mediante crediti inesistenti, indipendentemente dall'anno cui si riferiscono i debiti fiscali (o comunque compensabili) non pagati, priva di fondamento le censure esposte nel primo motivo. Queste censure, infatti, presuppongono che, ai finì dell'integrazione del reato di cui all'art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, il superamento della soglia di punibilità si individua avendo riguardo all'anno cui si riferiscono i debiti fiscali (o comunque compensabili) non pagati. E non considerano che, in un unico anno, potrebbero essere state effettuate compensazioni mediante crediti inesistenti di importo superiore a cinquantamila Euro per "simulare" pagamenti (o, se si vuole, per "occultare" inadempimenti) relativi a debiti fiscali (o comunque compensabili) relativi a più anni di imposta, anche se, per ciascun anno di imposta, i debiti sono inferiori a cinquantamila Euro. 3. Manifestamente infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, che contestano l'affermazione del superamento della soglia di punibilità, deducendo che, a tali finì, rilevano solo gli omessi versamenti dovuti a titolo di imposta, e non anche gli omessi versamenti dovuti ad oneri contributivi. Risulta, infatti, ormai ampiamento consolidato l'orientamento, condiviso dal Collegio, in forza del quale il reato di indebita compensazione di cui all'art. 10-quater D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, riguarda l'omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari che di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzato il modello di versamento unitario (cfr,, tra le tantissime, Sez. 3, n. 552 del 01/12/2022, dep. 2023, Apolloni, Rv. 283920 - 01, nonché Sez. 3, n. 23083 del 22/02/2022, Beoni, Rv. 283236 - 01, nonché ancora Sez. 3, n. 389 del 18/09/2020, dep. 2021, Scalvini, Rv. 280776 - 01; del tutto isolata risulta essere rimasta Sez. 1, n. 38042 del 10/05/2019, Santoro, Rv. 278825 - 01). 4. Fondate, invece, sono le censure formulate nel terzo, nel quarto, nel quinto e nel sesto motivo, da esaminare congiuntamente, perché tutte dirette a contestare l'affermazione della sussistenza, in una prospettiva di gravità indiziaria, del dolo necessario per integrare la fattispecie delittuosa a carico dell'attuale ricorrente, deducendo che gli elementi addotti costituiscono mere illazioni presuntive, parziali ed inaffidabili. 4.1. Sotto il profilo metodologico, è utile innanzitutto richiamare il principio giurisprudenziale consolidato, condiviso dal Collegio, in forza del quale, in sede cautelare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza deve essere valutata sia con riguardo agli elementi oggettivi del reato sia con riguardo all'elemento soggettivo, il cui apprezzamento deve tenere conto di tutti gli elementi accertati (cfr. per tutte, Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Napoleoni, Rv. 259515 - 01, e Sez. 5, n. 42368 del 23/09/2004, Stabile, Rv. 229952 - 01). Va poi evidenziato che, secondo altro principio di comune applicazione, la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari deve tenere conto della regola di giudizio a favore dell'imputato nel caso di dubbio, in quanto, se due significati possono ugualmente essere attribuiti a un dato probatorio, deve privilegiarsi quello più favorevole all'imputato, che può essere accantonato solo ove risulti inconciliabile con altri univoci elementi di segno opposto (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Necchi, Rv. 284982 - 03, e Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, Inegbedion, Rv. 275699 - 01). 4.2. L'ordinanza impugnata ritiene che An.Ro., quale legale rappresentante della "Macropharm Srl", sarebbe concorsa nelle compensazioni di crediti inesistenti materialmente effettuate dal consorzio "Outsourcing Job Solution", composto dalle società "Job Quality Srl" e "HR Solution Srl", nel periodo dal 2 gennaio 2018 al 30 dicembre 2019, per un importo complessivo di 78.818,72 Euro, per il pagamento degli oneri previdenziali e fiscali relativi ai lavoratori formalmente assunti dal consorzio, ma in realtà in servizio presso la "Macropharm Srl" (capo 13). A fondamento di questa conclusione, il Tribunale premette che gli accertamenti erano partiti dalle dichiarazioni di alcune persone, le quali avevano riferito di essere state contattate dai coniugi Gu.Au. e Vi.Ca. per lavorare presso imprese della provincia di C, e, però, di essere state formalmente assunte da ditte diverse da quelle ad esse indicate nella proposta di lavoro, tra le quali la "HR Solution Srl". Il Tribunale, poi, osserva che i successivi accertamenti avevano consentito di accertare che Gu.Au. e Vi.Ca. avevano operato per vari enti e società, come il consorzio "Outsourcing Job Solution", "Job Quality Srl", "HR Solution Srl" e "B.M. Servizi Srl", i quali: a) assumevano alle loro dipendenze diversi lavoratori e, poi, mettevano gli stessi a disposizione di imprese aventi sede nel nisseno, tra cui appunto la "Micropharm Srl", sulla base di contratti di appalto di servizi, applicando ai prestatori di lavoro condizioni deteriori rispetto a quelle ordinarie in materia di retribuzioni, orari di lavoro, compensi per straordinari, permessi e trattamenti di fine rapporto; b) erano privi di compendio aziendale e non avevano mai presentato dichiarazioni IVA; c) avevano compensato, nel periodo tra il 2016 ed il 2021, i debiti previdenziali con altri crediti anche attraverso il meccanismo del c.d. "accollo tributario". Segnala, in particolare, che: 1) "Job Quality Srl" ha effettuato compensazioni indebite nell'anno 2018 per 1.765.557,00 Euro e nell'anno 2019 per 475.780,00 Euro, ed è risultata irreperibile, all'atto della verifica fiscale, sia presso la sede legale, sia presso la sede operativa, come irreperibile è risultata essere anche la sua ultima legale rappresentante, Me.Ta.; 2) "HR Solution Srl" ha effettuato compensazioni indebite nell'anno 2019 per 1.857.278,74 Euro, mediante il meccanismo del c.d. "accollo tributario", quindi in contrasto con la Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 15 novembre 2017, n. 140, per di più utilizzando crediti di imposta di società dichiarate fallite o estinte, ed è irreperibile presso la sede legale dichiarata; 3) "B.M. Servizi Srl" è risultata inesistente presso la sede legale, per l'anno 2018 ha presentato esclusivamente la dichiarazione IVA riportando un credito IVA di 1.961.586,00, risultante da operazioni di cessioni per 187.755,00 Euro e di acquisti per 25.266.387,00 Euro non documentate da fatture e non risultanti nemmeno dallo "spesometro integrato", non ha avuto posizione debitorie per lavoratori presso I'INPS fino al 2018, per poi avere 509 posizioni assicurative per rapporti di lavoro nel 2019 e 402 posizioni assicurative per rapporti di lavoro nel 2020; 4) il consorzio "Outsourcing Job Solution" ha effettuato compensazioni indebite nell'anno 2019 per 616.113,00 Euro, mediante il meccanismo del c.d. "accollo tributario", ed utilizzando crediti di imposta di società di cui è stata disposta la cessazione d'ufficio della partita IVA, ed alcune delle quali accollanti anche per la "HR Solution Srl", aveva un amministratore risultato irreperibile, e anche nel 2018 ha effettuato compensazioni indebite per 249.581,98 Euro, mediante il meccanismo del c.d. "accollo tributario", utilizzando crediti di imposta di società spesso risultate irreperibili e che, comunque, non hanno presentato alcuna dichiarazione fiscale oltre quelle ai fini IVA per il 2017, recanti, appunto, i crediti ceduti per consentire le compensazioni. Il Tribunale, quindi, rappresenta, con specifico riguardo alla "Micropharm Srl", che detta impresa aveva utilizzato numerosi lavoratori, nominativamente indicati, messi a sua disposizione prima dal consorzio "Outsourcing Job Solution", composto dalle società "Job Quality Srl" e "HR Solution Srl", e poi dalla "B.M. Servizi Srl", dal 12 aprile 2017 al 31 dicembre 2020, e che questi enti si erano limitati a gestire i dipendenti dal punto di vista meramente amministrativo (ad esempio per il pagamento dei contributi e degli stipendi). Precisa che il ruolo di mera interposizione formale del consorzio "Outsourcing Job Solution" e della "B.M. Servizi Srl" si evinceva, in particolare, sia dalle dichiarazioni fornite dai prestatori di lavoro, sia dalle mail con le quali l'attuale ricorrente, per conto della "Micropharm Srl", rivolgendosi ai responsabili delle ditte formalmente titolari dei rapporti di lavoro, esplicitava le proprie disposizioni anche in materia di retribuzione dei dipendenti e rappresentava dì aver acquistato di propria iniziativa dispositivi per la prevenzione di infortuni, come le mascherine usate per contenere la diffusione della pandemia da COVID-19. In riferimento al dolo in capo all'attuale ricorrente, l'ordinanza impugnata premette che è sufficiente il dolo eventuale, e non occorre il dolo specifico. Rappresenta poi che gli indizi a carico dell'attuale ricorrente, quale amministratrice della "Micropharm Srl", sono costituiti: a) dalla consapevolezza che l'accordo per "esternalizzare" i dipendenti doveva necessariamente tradursi in un risultato utile anche per l'appaltatore, e ciò implicava necessariamente il ricorso al meccanismo delle indebite compensazioni; b) dalla responsabilità solidale, nel caso di appalto di servizi, del committente imprenditore o datore di lavoro, per il trattamento retributivo, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti dall'appaltatore e da eventuali subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto di servizi, ed entro il termine di due anni dalla cessazione dell'appalto, a norma dell'art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276 del 2003. Osserva, infatti, che, siccome la "Micropharm Srl" era impresa committente di appalti di servizio, e quindi gravata da responsabilità solidale ex art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276 del 2003, i suoi gestori avevano la precisa esigenza di pretendere dagli appaltatori il pagamento dei debiti retributivi e previdenziali per i dipendenti, e, perciò, di accertarne le modalità esecutive. 4.3. Le conclusioni dell'ordinanza impugnata sono viziate laddove ritengono sussistenti i gravi indizi a carico dell'attuale ricorrente con riguardo al dolo. Si è rilevato che i profili valorizzati dal Tribunale sono due: quello della necessità del vantaggio economico anche per le imprese appaltatrici e quello della responsabilità solidale dell'impresa committente. Per un verso, però, la consapevolezza dell'attuale ricorrente in ordine alla ricerca di vantaggi economici anche da parte delle imprese appaltatrici, le quali assumevano i lavoratori e li mettevano a disposizione della "Micropharm Srl", non presuppone necessariamente la consapevolezza - o l'accettazione del rischio in termini di qualificata probabilità - del ricorso, da parte di queste ditte, a compensazioni mediante l'utilizzo di crediti inesistenti. Invero, risparmi di costi potevano benissimo provenire da trattamenti deteriori dei dipendenti; e, nella specie, l'ordinanza rappresenta che ciò è avvenuto con riguardo a retribuzioni, orari di lavoro, compensi per straordinari, permessi e trattamenti di fine rapporto. Sotto l'altro profilo, poi, l'istituto della responsabilità solidale di cui all'art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276 del 2003, se evidenzia l'interesse dell'impresa committente dell'appalto di servizi a ricevere rassicurazioni sul pagamento dei debiti retributivi e previdenziali, non implica, di per sé, un indizio univoco a carico dei suoi gestori in ordine alla loro consapevolezza - o all'accettazione del rischio in termini di qualificata probabilità - di partecipare a condotte di evasione: la scoperta dell'evasione, proprio per la disciplina della solidarietà ricade, per intero, per almeno un biennio, anche sull'impresa committente. In conclusione, in applicazione della regola di giudizio a favore dell'indagato in caso di dubbio, affermata dalla giurisprudenza anche con specifico riguardo alla materia delle misure cautelari personali, come indicato in precedenza al par. 4.1., deve escludersi che sussistano gravi indizi di colpevolezza a carico dell'attuale ricorrente con riguardo al dolo necessario perché possa ritenersi configurabile il suo concorso nelle fattispecie di indebita compensazione. 5. Fondate poi sono anche le censure formulate nel settimo motivo, le quali contestano l'affermazione della sussistenza del pericolo di reiterazione di condotte analoghe, deducendo che le condotte illecite sono cessate nel 2020, e che l'attuale ricorrente, al di fuori della vicenda in esame, ha sempre avuto un corretto rapporto con il Fisco, nei numerosi anni di attività. L'ordinanza impugnata pone a fondamento della misura la gravità, ripetitività ed abitualità delle condotte illecite, nonché l'elevata professionalità e la non comune capacità operativa dell'indagata. Tuttavia, il Tribunale non si confronta in alcun modo con il profilo del tempo trascorso dalle condotte. E occorre considerare che l'ultima delle condotte illecite risale, secondo la contestazione, al dicembre 2019, ossia a quattro anni prima della pronuncia dell'ordinanza che ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, e che non sono indicati fatti successivi, o anche precedenti, dai quali desumere il pericolo di reiterazione. 6. Stante la fondatezza delle censure esposte nel terzo, nel quarto, nel quinto, nel sesto e nel settimo motivo, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio. Il Giudice del rinvio accerterà, innanzitutto, se può ritenersi, in termini di gravità indiziaria, che l'attuale ricorrente abbia stipulato i contratti di appalto di servizi, e si sia avvalsa del personale conseguentemente messo a disposizione, nella consapevolezza che il pagamento degli oneri fiscali e previdenziali a questo relativi sarebbe avvenuto mediante compensazioni effettuate con utilizzazione di crediti inesistenti, o, comunque, accettando il rischio di tale condotta fraudolenta in termini di qualificata probabilità. A tal fine, ponendo come premessa delle sue valutazioni la regola di giudizio del favore dell'indagato in caso di dubbio, esaminerà tutti gli elementi disponibili ed eviterà di incorrere nelle lacune motivazionali indicate in precedenza al par. 4.3. Il Giudice del rinvio, poi, ove ritenga accertati i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'attuale ricorrente, anche avendo riguardo al dolo, valuterà se sussistono le esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. Anche alla luce della distanza temporale delle condotte contestate rispetto al momento dell'applicazione della misura. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell'art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Così deciso in Roma, in data 19 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2024.
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