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L'amministratore di diritto risponde del reato di omessa dichiarazione come autore principale e non ex art. 40 c.p.
Cassazione penale sez. fer., 13/08/2024, (ud. 13/08/2024, dep. 14/08/2024), n.32671
In tema di omessa dichiarazione, il legale rappresentante di un ente che non abbia dello stesso l'effettiva gestione non risponde ex art. 40, comma secondo, cod. pen. per violazione dei doveri di vigilanza e controllo derivanti dalla carica rivestita, ma quale autore principale della condotta, in quanto direttamente obbligato ex lege a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di soggetti diversi dalle persone fisiche, che devono essere da lui sottoscritte e, solo in sua assenza, da chi abbia l'amministrazione, anche di fatto.
Norme di riferimento
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata sentenza, la Corte d'Appello di Milano ha confermato la decisione emessa dal Tribunale di Monza, la quale aveva condannato Ri.An. e Ia.Vi., nelle rispettive qualità di amministratore di diritto e di amministratore di fatto della V.I. G. Srl, alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000, relativamente all'annualità di imposta del 2012, contestato al capo B) della rubrica.
2. Avverso l'indicata sentenza, Ri.An., per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, che deduce il vizio di motivazione in relazione all'affermazione della penale responsabilità con riferimento alla sussistenza del dolo. Espone il difensore che il Ri.An. aveva denunciato i fatti durante l'interrogatorio reso il 5 luglio 2013 avanti al pubblico ministero presso il Tribunale di Napoli, riferendo di lavorare per lo Ia.Vi. dal 2004, di percepire uno stipendio settimanale di 300,000 euro, di aver sottoscritto dei documenti ma di non aver compreso di essere diventato amministratore unico della società. Secondo il difensore, pertanto, difetterebbe la sussistenza del dolo, posto che detto interrogatorio si è svolto prima della commissione del reato, e considerando che l'imputazione dell'evento ai sensi dell'art. 40 cpv. cod. pen. non è dimostrativa del dolo richiesto dalla fattispecie in esame, realizzata dall'amministratore di fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Si rammenta che, per espresso dettato normativo ex art. 606, comma 1, lett., e), cod. proc. pen., il vizio della motivazione denunciabile con il ricorso per cassazione è soltanto quello che risulta dal testo del provvedimento impugnato; il che significa, come affermato dalla Corte costituzionale (sen. n. 313 del 1990, par. 4.2), che "la Corte di cassazione non può rilevare il vizio se non è intrinseco al provvedimento, essendo esclusa una diversa valutazione dei fatti così come risultano dagli atti ma non dal provvedimento".
Il controllo di legittimità sulla motivazione non riguarda perciò né la ricostruzione dei fatti, né l'apprezzamento del giudice di merito, ma è limitato alla verifica della rispondenza dell'atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv, 251760). Nel giudizio di cassazione, pertanto, non si può procedere a una rinnovata valutazione dei fatti, ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
Del pari, il ricorrente non può limitarsi a fornire una versione alternativa del fatto, ma deve indicare specificamente quale sia il punto della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada desunta. Alla Corte di cassazione, infatti, è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno (Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260).
3. Nel caso di specie, il ricorrente non indica profili di illogicità manifesta della motivazione, ma si limita a opporre una diversa valutazione delle prove, ciò che, fuoriuscendo dai casi tassativamente previsti dall'art. 606 cod. proc. pen., è causa di inammissibilità.
4. Si osserva che il ricorrente contesta la sussistenza del dolo, sul presupposto, affermato dalla sentenza impugnata che ha richiamato un orientamento, peraltro non recente, espresso da questa Corte (Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Biffi, Rv. 264971; Sez. 3, n. 23425 del 28/04/2011, Cerasolo, Rv. 250962), secondo cui l'amministratore di diritto, in relazione alla violazione degli obblighi dichiarativi previsti in materia tributaria, risponde ai sensi dell'art. 40 cpv. cod. pen., in relazione all'omesso impedimento del reato commesso dall'amministratore di fatto.
5. Si tratta di una ricostruzione non persuasiva che, pur non avendo una efficacia causale sul dispositivo, deve essere rettificata nei termini che seguono.
Invero, secondo il più recente e condivisibile indirizzo assunto da questa Corte di legittimità, qui da confermare, in tema di omessa dichiarazione, il legale rappresentante di un ente che non abbia dello stesso l'effettiva gestione non risponde ex art. 40, comma secondo, cod. pen. per violazione dei doveri di vigilanza e controllo derivanti dalla carica rivestita, ma quale autore principale della condotta, in quanto direttamente obbligato ex lege a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di soggetti diversi dalle persone fisiche, che devono essere da lui sottoscritte e, solo in sua assenza, da chi abbia l'amministrazione, anche di fatto (Sez. 3, n. 20050 del 16/03/2022, Cristodaro, Rv. 283201; Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, F., Rv. 273939).
Invero, gli obblighi dichiarativi gravano direttamente ed immediatamente sul legale rappresentante dell'ente, a mente degli artt. 1, comma 4, e 8, comma 6, D.P.R. n. 322 del 1988, secondo cui le dichiarazioni relative alle imposte dirette e sul valore aggiunto dei soggetti diversi dalle persone fisiche devono essere sottoscritte da chi ne ha la legale rappresentanza e solo in assenza di questi da chi ne ha l'amministrazione, anche di fatto.
La responsabilità omissiva del legale rappresentante dell'ente non deriva perciò dall'applicazione dell'art. 40 cpv. cod. pen. (e dunque dalla violazione di un dovere di controllo), bensì dalla violazione dell'obbligo gravante direttamente su di lui, obbligo che concorre a tipizzare la fattispecie di reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000, selezionandone l'autore e qualificando il reato stesso come a "soggettività ristretta", potendo essere commesso solo da chi sia obbligato, per legge, a presentare la dichiarazione.
6. A fronte di tale ricostruzione, la tesi difensiva, secondo cui il ricorrente non avesse compreso di essere diventato amministratore della società e, quindi, non fosse a conoscenza del dovere di adempiere l'obbligo tributario, attinge alla ricostruzione del fatto, e parrebbe evocare un errore sul precetto, che non scusa ai sensi dell'art. 5 cod. pen., salvo il caso di ignoranza inevitabile, situazione che certamente non è ravvisabile nel caso in esame.
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13 agosto 2024.
Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2024.
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