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Omessa dichiarazione IVA: competenza del giudice penale nel determinare l'imposta evasa basata su dati reali

Omessa dichiarazione

Cassazione penale sez. III, 28/11/2019, n.9959

Ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva, è rimesso al giudice penale il compito di accertare l'ammontare dell'imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 12 febbraio 2019 la sezione distaccata di Sassari della Corte di Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del 15 marzo 2018 del Tribunale di Sassari, ha rideterminato in anni uno di reclusione la pena inflitta a P.R., quale legale rappresentante della s.r.l. Sarda Funeraria RR Pinna, per il residuo reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, in relazione alla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi relativamente all'anno d'imposta 2010, con evasione d'imposta pari ad Euro 103.430. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su un motivo di impugnazione. In particolare, lamentando manifesta illogicità della motivazione, il ricorrente ha osservato che la contestazione mirata all'ammontare dell'imposta evasa era strumentale alla verifica del mancato superamento della soglia di punibilità. Del pari, in caso di omessa dichiarazione, doveva comunque tenersi conto delle componenti negative di reddito emerse dagli accertamenti, con loro possibile determinazione induttiva, altrimenti dovendosi considerare il profitto lordo d'impresa e non quello netto quale base imponibile. Sì che doveva considerarsi illogica l'affermazione in ordine all'irrilevanza delle censure relative al valore dell'imposta o a quello dei redditi. Al contrario, l'accertamento del superamento delle soglie di punibilità rappresentava presupposto imprescindibile, e la mancata prova al riguardo imponeva una pronuncia assolutoria. Sussisteva invece omissione dell'iter logico che avrebbe dovuto ritenere provato detto superamento. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Il ricorso è infondato. 4.1. In relazione alla censura siccome azionata, vero è che nel delitto di omessa dichiarazione, previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, il superamento della soglia rappresentata dall'ammontare dell'imposta evasa ha natura di elemento costitutivo del reato e, come tale, deve formare oggetto di rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell'agente (Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017, dep. 2018, Venturini, Rv. 272578). Allo stesso tempo, peraltro, è stato ad es. annotato che, ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva, è rimesso al giudice penale il compito di accertare l'ammontare dell'imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Sez. 3, n. 38684 del 04/06/2014, Agresti, Rv. 260389; Sez. 3, n. 15899 del 02/03/2016, Colletta, Rv. 266817). 4.1.1. Ciò posto, quanto alla residua annualità d'imposta relativa all'anno 2010, la Corte territoriale - se da un lato ha ritenuto di incentrare la valutazione sul dato, pacifico, dell'omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi - d'altro canto ha in qualche modo comunque evidenziato l'imposta evasa e le metodologie di calcolo, infine specificando che, in difetto di una ricostruzione più specifica da parte dell'interessato, rimaneva accertato il superamento della soglia di legge (all'epoca dell'accertamento fissata in Euro trentamila, e quindi incrementata ad Euro cinquantamila), laddove - in relazione all'annualità 2010 l'evasione aveva attinto l'importo di Euro 105.742. 4.1.2. In ordine a detto importo il ricorrente, che pure ha in astratto osservato correttamente che la contestazione circa l'ammontare dell'imposta e le modalità di accertamento mettevano in discussione l'omissione contestata, mentre dovevano tenersi conto anche delle componenti negative di reddito emerse dagli accertamenti, in specie - anche ai fini dell'autosufficienza del ricorso - non ha concretamente allegato alcunchè, sì da ritenere viziato l'accertamento e quindi il superamento della soglia di punibilità. 4.2. In definitiva, quindi, il motivo di impugnazione rimane in concreto privo di fondamento. 5. Ne consegue il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 28 novembre 2019. Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020
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