RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza descritta in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la condanna alla pena ritenuta di giustizia resa dal Tribunale locale nei confronti di Si.Ma., ritenuto responsabile dei maltrattamenti di cui all'art. 572, comma 1, cod. pen, con condotte realizzate dal gennaio 2008 all'aprile del 2013, nonché degli atti persecutori ex art. 612 bis, stesso codice, commessi dal gennaio 2014 al giugno 2016, fatti di reato ritenuti avvinti dalla continuazione, tutti posti in essere ai danni della convivente Le.Ba., anche in epoca successiva al cessare della convivenza (avuto riguardo agli atti persecutori).
2. Propone ricorso la difesa dell'imputato e deduce due diversi motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 157, comma 1, e 572 cod. pen., giacché, dovendosi applicare alla specie le previsioni edittali e la disciplina sulla prescrizione previgenti alla novella apportata dalla legge n. 172 del 2012 e considerando la marginalità delle condotte maltrattanti realizzate successivamente all'ottobre del 2012 alla luce del ben più ampio periodo fatto oggetto di contestazione, il reato di maltrattamenti doveva ritenersi estinto per prescrizione già prima della sentenza di primo grado e comunque certamente al momento della sentenza di appello.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 517 e 416 cod. proc. pen perché per il reato di maltrattamenti, fatto oggetto di nuova contestazione in esito alla escussione dibattimentale della persona offesa, la notifica del verbale di udienza, effettuata ai sensi dell'art. 520 del codice di rito all'imputato assente, non venne resa avvertendo il ricorrente della possibilità di chiedere riti alternativi. Al giudizio di responsabilità inerente alla detta contestazione, inoltre, si sarebbe pervenuti senza passare dall'udienza preliminare, violazione tale da inficiare radicalmente la decisione assunta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. II ricorso è infondato e va dunque rigettato per le ragioni precisate di seguito.
2. Tratto a giudizio inizialmente solo per gli atti persecutori consumati nei confronti di Le.Ba., in esito alla escussione dibattimentale della persona offesa, l'imputato è stato destinatario di una contestazione suppletiva ex art. 517 cod. proc. pen. (alla luce della ritenuta e non contrastata continuazione con il reato già contestato), per le condotte maltrattamenti realizzate ai danni della suddetta nel periodo di tempo coperto dal gennaio 2008 all'aprile del 2013, momento nel quale venne a cessare la convivenza con la persona offesa.
Poiché l'imputato, in quel determinato momento processuale, era assente, il relativo verbale di udienza (del 4 aprile 2017) gli venne notificato (a mani proprie il 22 maggio 2017: vedi sentenza di appello, pag.10, nota 43).
3. Ciò premesso, la abitualità delle condotte vessatorie poste a fondamento dei contestati maltrattamenti, nel caso, è pacificamente cessata successivamente alle modifiche introdotte al disposto dell'art. 157, comma 6, dalla novella apportata dalla legge 172 del 2012 (le quali, per quel che qui immediatamente interessa, per il reato in questione, hanno comportato il raddoppio dei termini di prescrizione). E tanto renderebbe inconferente l'assunto difensivo legato alla affermata estinzione per prescrizione del reato in oggetto, assertivamente maturata prima della sentenza gravata, risalente al novembre del 2022, alla luce dell'orientamento di questa Corte, che il Collegio ritiene di condividere, in forza del quale in tema di maltrattamenti in famiglia, a fronte di condotte che abbiano avuto inizio prima della legge 1 ottobre 2012, n. 172, ma siano proseguite in epoca successiva, trova applicazione il più severo trattamento sanzionatorio previsto da detta legge, stante l'unitarietà del reato abituale, in cui ogni nuova azione si salda a quelle precedenti, trasferendo il momento della consumazione all'ultima delle condotte tipiche realizzate, salvo il caso in cui le condotte maltrattanti poste in essere dopo la modifica normativa siano intervenute dopo un significativo intervallo temporale, tale da far propendere per la autonomia dei fatti, eventualmente unificabili nel vincolo della continuazione (Sez. 6, n. 21998 del 05/05/2023, Rv. 285118; Sez. 6, n. 24710 del 31/03/2021, Rv. 281528; Sez. 5, n. 3427 del 19/10/2023, dep. 2024, Rv. 285848, quest'ultimo riferito alla analoga ipotesi del reato di cui all'art. 612 bis cod. pen).
4. La difesa contrasta tale ricostruzione facendo leva su un arresto di questa stessa Sezione della Corte (Sentenza n. 28218 del 24/01/2023, Rv. 284788) con il quale, andando di contrario avviso rispetto all'orientamento, per il vero largamente prevalente, sopra richiamato, si è invece sostenuto che laddove parte della condotta sia commessa sotto la vigenza della disposizione incriminatrice di cui all'art. 572 cod. pen., come modificata in senso peggiorativo dall'art. 4, comma 1, lett. d), legge 1 ottobre 2012, n. 172, la norma sopravvenuta sfavorevole al reo dovrebbe trovare applicazione nel solo caso in cui si collochi dopo la sua entrata in vigore un segmento di condotta sufficiente, di per sé, a integrare l'abitualità del reato, ipotesi nel caso esclusa dalle emergenze in fatto acquisite.
Tale potenziale contrasto interpretativo, tuttavia, non rileva nella specie.
Risulta, infatti, contestata e ritenuta (in giudizio di equivalenza con le attenuanti generiche) la recidiva specifica. Nel caso, dunque, alla data della sentenza di primo grado (30 giugno 2022, peraltro anticipata dalla valenza interruttiva da ascrivere alla notifica ex art. 520 cod. proc. pen), non era decorso il termine breve di nove anni da ritenere riferibile alla specie né, del resto, risulta decorso ad oggi quello massimo (di anni tredici e mesi 6) che dovrebbe computarsi guardando ai limiti edittali e alle previsioni normative dettate prima della novella del 2012.
5. Non coglie nel segno neppure il secondo motivo di ricorso.
Né in primo grado né con l'appello la difesa ha contestato la mancata effettuazione dell'avvertimento legato alla possibilità di avvalersi di riti alternativi con riguardo alla notifica del verbale resa ai sensi dell'art. 520 cod. proc. pen., né ha addotto la prospettata violazione dell'art. 416 cod. proc. pen. perché, per il reato oggetto della contestazione suppletiva, si sarebbe resa necessaria l'udienza preliminare.
Sotto quest'ultimo versante, la contestazione non è più consentita ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 517 comma 1 bis e 516 comma 1-ter e comma 1-bis cod. proc. pen.
Quanto al primo aspetto, la mancata effettuazione dell'avvertimento relativo alla possibilità di avvalersi dei riti alternativi - incombente all'epoca non previsto normativamente e ora espressamente sancito, in seno al primo comma dell'art. 520 cod. proc. pen., dalla novella apportata con il D.Lgs. n. 150 del 2022 in una opera di complessiva armonizzazione normativa imposta dai diversi interventi additivi resi dalla Corte costituzionale sul portato dell'art. 517 del codice di rito proprio guardando alla possibilità per l'imputato che subisce la contestazione suppletiva, di avvalersi dei riti alternativi e della messa alla prova - non doveva ritenersi foriera di alcuna lesione delle prerogative difensive dell'imputato: non diversamente da quanto questa Corte ha sempre ritenuto guardando all'avviso di fissazione della udienza preliminare (si vedano le considerazioni svolte dalla sentenza della Sezione 5, n. 47999 del 27/05/2016, Rv. 268466), il mancato avvertimento relativo alla facoltà di avvalersi dei riti alternativi correlato alla contestazione suppletiva finiva per mantenere inalterate le relative prospettive difensive, perché la relativa possibilità processuale, dalla quale l'imputato sarebbe decaduto, nel caso cadeva in un contesto processuale a contradditorio pieno in seno al quale lo stesso era per forza di cose pienamente assistito.
A tutto concedere, a voler ragionare diversamente, la relativa invalidità avrebbe assunto i contenuti proprio della nullità generale a regime intermedio, all'evidenza nel caso sanata dall'inerzia difensiva.
Da qui la definitiva infondatezza del ricorso.
6. Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2024.