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Misure di prevenzione

Misure di prevenzione patrimonali e revocazione: la nozione di nuova prova

Misure di prevenzione patrimonali e revocazione: la nozione di nuova prova

Cassazione penale sez. V, 11/07/2023, (ud. 11/07/2023, dep. 19/09/2023), n.38365

In tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell'art. 28 del D.Lgs. n. 6 settembre 2001, n. 159, sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ovvero quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell'ambito del suddetto procedimento, salvo che l'interessato dimostri l'impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore.

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la decisione indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato il decreto emesso dal Tribunale di Palermo - sezione misure di prevenzione, rigettando l'impugnazione proposta da G.V.. G. era stato raggiunto dal decreto di applicazione della misura di prevenzione personale e di quella patrimoniale della confisca, emesso dal Tribunale palermitano e poi parzialmente riformato dalla Corte di appello che, con provvedimento del 13 ottobre 2010, aveva individuato quale dies a quo del periodo di comprovata mafiosità delle imprese facenti capo al proposto quello tra la fine del 1988 e l'inizio del 1989, provvedendo così alla restituzione dei beni sequestrati che fossero stati acquisiti in data antecedente. Oggetto del presente giudizio, che sinteticamente si va qui a ricapitolare, è il terreno sito in (Omissis), contrada (Omissis), che risultava erroneamente indicato nei provvedimenti del procedimento di prevenzione come acquisito il (Omissis), quindi nell'ambito temporale del perimetro di pericolosità, mentre invece lo stesso risulterebbe acquistato l'anno prima, il (Omissis). E bene, G. a fronte della definitività del provvedimento di confisca anche per tale bene, proponeva alcuni anni dopo istanza di revoca ex art. 7 L. 1423 del 1956, lamentando di avere avuto solo allora contezza dell'errore quanto alla datazione dell'atto. Il Tribunale di Palermo dichiarava inammissibile l'istanza di revoca perché non vi rinveniva alcuna ‘prova nuovà e perché richiedente una correzione dell'errore materiale che doveva essere proposta alla Corte di appello. Il ricorso per cassazione proposto dal G. veniva convertito in appello da questa Corte e il Collegio territoriale, a quel punto, in relazione ad altra istanza ex art. 130 c.p.p., correggevà il provvedimento quanto alla data dell'atto, ma dichiarava poi inammissibile l'appello in ordine alla richiesta di revoca. A fronte di tale ultimo provvedimento G. proponeva ricorso in cassazione e questa Corte, Sezione prima, con sentenza n. 15605 del 2022, annullava con rinvio per nuovo giudizio il decreto della Corte di appello, affermando che non risultava corretta la declaratoria di inammissibilità ai sensi dell'art. 666, comma 2, c.p.p. in quanto concerneva una istanza di revoca che mai era stata valutata nel merito dalla Corte territoriale. A tal proposito rilevava la Corte di cassazione, Prima sezione, come occorra "dare seguito al consolidato orientamento secondo cui ‘la preclusione del cd. giudicato esecutivo opera per le sole questioni dedotte ed effettivamente decise e non anche per le questioni meramente deducibili, ovvero per le questioni proponibili ma non dedotte o non valutate nemmeno implicitamente nella precedente decisione definitivà (Sez. 1, n. 27712 del 01/07/2020, Paviglianiti, Rv. 279786). Nel caso di specie, non opera la preclusione non essendo stata valutata la richiesta di revoca della confisca in occasione del procedimento ormai definito". 2. La Corte di appello di Palermo, in sede di giudizio di rinvio, con il decreto ora impugnato, ha confermato la confisca del terreno in (Omissis). 3. Avverso la sentenza predetta nell'interesse di G.V. viene proposto ricorso per cassazione, formulando un unico motivo. La Corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere "prova nuova" quella emersa solo dopo la correzione di errore materiale del decreto di confisca emesso dalla Corte di appello, che deve avere incidenza ex tunc. Il provvedimento era suscettibile di revoca ai sensi dell'art. 7, comma 2, L. 1423/1956, applicabile al caso concreto in ragione della disciplina transitoria del Codice Antimafia (CAM), cosicché andava accolta l'istanza di revoca per i principi fissati da Sez. U, Pisco e Auddino, che riconoscevano all'istituto della revoca l'esigenza di tutela dell'interesse alla restituzione in assenza dell'istituto della revisione, in caso di invalidità genetica. In tal senso doveva ritenersi che prova nuova fosse non solo quella sopravvenuta ma anche quella esistente ma non valutata nel giudizio di prevenzione (Sez. U. Pisano) e che la disciplina della revisione introdotta poi dall'art. 28 CAM fosse stata anticipata dall'elaborazione giurisprudenziale in relazione all'art. 7 cit. Per altro la Corte di cassazione, in ordine al primo decreto di conferma parziale della confisca emesso dalla Corte territoriale, non aveva affrontato il tema ora all'attenzione di questa Corte, costituendo prova nuova proprio il successivo provvedimento di correzione dell'errore materiale. Il decreto applicativo della confisca risulterebbe inoltre in contrasto con il giudicato relativamente alla correzione dell'errore materiale. II ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, D.L. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall'art. 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall'art. 5-duodecies D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. La Procura generale ha concluso per il rigetto, come indicato in epigrafe, richiamando Sez. U, Del Duca e i relativi principi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Va preliminarmente evidenziato come l'istituto della revoca ex art. 7, comma 2, cit. sia stato adattato alle esigenze della misura della confisca in assenza del rimedio poi introdotto dal CAM all'art. 28, vale a dire quello della revocazione della confisca medesima. A riguardo, di particolare pregio e autorevolezza è la ricostruzione operata dalle Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, Del Duca, Rv. 283707 - 01 che - a fronte della disomogeneità degli orientamenti in ordine alle questioni che consentono la revocazione ai sensi dell'art. 28 cit, quanto alla nozione di "prove nuove decisive" - prendono le mosse proprio dall'elaborazione giurisprudenziale, maturata in ordine alla disposizione dell'art. 7, antesignana della attuale disciplina. 2. Sez. U. Del Duca ricostruiscono, infatti, l'evoluzione dei due orientamenti che affrontavano in modo difforme il tema della novità della prova. 2.1 Le Sezioni Unite danno atto che l'art. 7, comma 2, originariamente previsto solo per la revoca della misura personale venne poi esteso anche alla tutela ulteriore del proposto, qualora fosse emersa la novità degli elementi prospettati a sostegno della richiesta e qualora fosse stato invocato il difetto genetico dei presupposti applicativi della misura di prevenzione personale: tali elementi potevano essere valutati anche se non connessi a eventi sopravvenuti alla adozione del provvedimento revocando, purché si trattasse, in ogni caso, di circostanze non valutate nel corso del relativo giudizio (Sez. U, n. 18 del 10/10/1997, dep. 1998, Pisco, Rv. 210041). Anche Sez. U, n. 57 del 19/12/2006, dep. 2007, Auddino, Rv. 234955 ribadivano tale orientamento, nella prospettiva di colmare la lacuna normativa derivante dall'assenza, nel sistema delle misure di prevenzione, di una impugnazione straordinaria corrispondente a quella della revisione del giudicato penale, ampliando "gli effetti della richiamata linea interpretativa anche nel settore delle misure di prevenzione patrimoniali, sottolineando che, in caso contrario, sarebbe perdurata nel sistema una inaccettabile carenza di strumenti normativi in grado di dare attuazione al disposto di cui all'art. 24, comma 3, Cost., là dove si impone di determinare con la legge le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari, o attraverso la restituzione del bene confiscato in favore dell'avente diritto o anche a mezzo della previsione di una eventuale forma riparatoria della perdita patrimoniale ingiustificatamente subita (modello ora garantito, a mezzo del versamento dell'equivalente, dall'art. 28, comma 4, in relazione all'art. 46 CAM). L'orientamento delle Sezioni Unite Pisco e Auddino veniva poi declinato da altre pronunce, richiamate dal ricorrente, in relazione all'art. 7 cit. e all'art. 28 CAM, che rilevavano come la revoca della confisca di prevenzione per difetto genetico dei suoi presupposti di adozione potesse disporsi in presenza di "elementi nuovi", non necessariamente sopravvenuti, purché mai valutati nel corso del relativo procedimento, stante il carattere di rimedio straordinario dell'istituto, che non può, di conseguenza, trasformarsi in un anomalo strumento di impugnazione (Sez. 5, n. 148 del 04/11/2015, Baratta, Rv. 265922). Anche è stato richiamato il principio di Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, Pisano, Rv. 220443, che in tema di confisca di prevenzione riteneva prove nuove deducibili a fondamento sia della domanda di revoca ex tunc, ai sensi dell'art. 7 legge cit., sia della domanda di revocazione ai sensi dell'art. 28 D.Lgs. cit., elementi di prova preesistenti alla definizione del giudizio che, sebbene astrattamente deducibili in tale sede, non fossero stati concretamente dedotti e perciò mai valutati (Sez. 1, 05/11/2020, n. 10343 Venuti, Rv. 280856). 2.2 L'opposto orientamento, invece, nato sempre in ordine all'applicazione estensiva dell'art. 7 cit., offriva un'interpretazione restrittiva del concetto di "novità" della prova, qualificando come "nuove", e dunque rilevanti ai fini della revoca della misura di prevenzione della confisca, solo le prove sopravvenute alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludendo quelle ivi deducibili ma, per qualsiasi motivo, non dedotte. Tale indirizzo evidenziava la valenza straordinaria del rimedio della revoca del provvedimento applicativo di misure di prevenzione, a fronte della forza di giudicato, attivabile solo dinanzi all'emergere di una prova "nuova e sconosciuta" nel procedimento di prevenzione, tale da mutare radicalmente i termini della valutazione a suo tempo operata (Sez. 6, n. 44609 del 6/10/2015, Alvaro, Rv. 265081), non potendo il mezzo processuale trasformarsi in una leva per rivalutare elementi già considerati, oppure non valutati in quanto non dedotti, seppure deducibili nell'ambito del procedimento di prevenzione (Sez. 2, n. 11818 del 07/12/2012, Ercolano, Rv. 255530; Sez. 1, n. 20318 del 30/03/2010, Buda). 2.3 Sez. U, Del Duca, optavano per questo secondo orientamento, richiamando per un verso alcuni passaggi motivazionali della sentenza delle Sez. U, Auddino, ove si faceva riferimento alla necessità che per la revoca della confisca ex art. 7 L. 1423/1956 fosse comunque necessaria l'impossibilità di dedurre l'elemento di prova nel corso del giudizio di prevenzione; per altro verso, rifacendosi alle sentenze della Corte costituzionale e della Cedu, che distinguono fra giudizio penale, afferente alla libertà personale e alla responsabilità penale, e giudizio di prevenzione patrimoniale riguardante l'ablazione di beni in proprietà del proposto, come tali giustificanti una tutela meno intensa. In tal senso, secondo le Sezioni Unite, non possono richiamarsi i presupposti (ma solo le forme) dell'art. 630 c.p.p., dovendo invece rinvenirsi un parallelismo con la revocazione straordinaria in sede civile avverso la sentenza passata in giudicato ex art. 395 c.p.c., comma 1, nn. 2 (prove riconosciute false dopo la sentenza) e 3 (documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per forza maggiore o caso fortuito), anche per l'omogeneità dei beni in gioco, di natura patrimoniale e non afferenti alla libertà personale. Da tale comparazione le Sez. U, Del Duca giungono a ritenere che in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell'art. 28 del D.Lgs. n. 6 settembre 2001, n. 159, sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, ovvero quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell'ambito del suddetto procedimento, salvo che l'interessato dimostri l'impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore. 3. Tale principio, come rilevato anche dalla Procura generale, deve trovare applicazione nel caso in esame. 3.1 Non ignora questa Corte che l'art. 115 CAM prevede l'applicazione delle norme previgenti per la proposta di applicazione della misura di prevenzione già formulata prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2011 (sul punto, Sez. 6, n. 17854 del 27/05/2020, Lunetto, Rv. 279283 - 01, per la quale il rimedio della revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione, attribuito dall'art. 28 del D.Lgs. n. 6 settembre 2011, n. 159, alla competenza della corte di appello, non si applica con riferimento ai provvedimenti adottati prima del 13 ottobre 2011 - data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. - per i quali la competenza per la revoca spetta all'organo giudicante che aveva disposto la confisca, ai sensi dell'art. 7 della L. 27 dicembre 1956, n. 1423). Nel caso in esame la proposta di prevenzione era stata già formulata al 13 ottobre 2011, essendo risalente al 2006 il decreto genetico emesso dal Tribunale di Palermo: pertanto vanno applicate le norme previgenti. Non di meno, non sfugge a questa Corte anche che l'art. 7 cit. non regolava il caso della revoca della confisca, bensì solo quella della misura personale, e che dunque l'estensione giurisprudenziale in precedenza richiamata, ne ha ridefinito l'identità come rimedio straordinario anche per la restituzione dei beni confiscati. La circostanza che si trattava di norma applicata estensivamente, deve poi confrontarsi oggi con la previsione dell'art. 28, comma 1, lett. a) che, testualmente, pone come presupposto della revocazione la "scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento". Non vi è dubbio che il dato testuale conduca ulteriormente al principio di diritto fissato delle Sez. U, Lo Duca, che però hanno dato ampiamente atto di come l'art. 28 giunga a normare una disciplina solo (e già) in via giurisprudenziale in precedenza regolata con l'estensione dell'art. 7, rispetto al quale comunque esistevano già due orientamenti difformi, il secondo dei quali, quello più restrittivo, viene oggi sposato dall'autorevole Consesso di legittimità. E ciò non solo per il dato testuale, ma anche per la natura della confisca, non equiparabile a una pena, tanto da essere maggiormente assimilabile il rimedio straordinario della revocazione della decisione sulla confisca a quello civilistico, per omogeneità dei beni in gioco, quali sono quelli patrimoniali, della revocazione straordinaria, come si è evidenziato. Ritiene questa Corte, quindi, che il principio fissato da Sez. U, Lo Duca debba trovare applicazione anche nel caso in esame, dove ratione temporis trova ancora applicazione la disciplina dell'art. 7 L. 1423 del 1956, nella sua estensione giurisprudenziale, poi recepita nell'art. 28 CAM con la predisposizione dell'apposto istituto della revocazione della confisca. 3.2 Pertanto può affermarsi che in ordine alla istanza di revoca della confisca definitiva di prevenzione - in caso di proposta per l'applicazione della misura antecedente al 13 ottobre 2011 ai sensi dell'art. 117, comma 1, D.Lgs. n. 151 del 2011 - non trova applicazione la disciplina dell'art. 28 del predetto D.Lgs., bensì l'art. 7 della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, dovendo intendersi quale "prova nuova" per la revoca sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia anche quella preesistente, ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, non essendo tale quella deducibile e non dedotta nell'ambito del suddetto procedimento, in assenza di forza maggiore o caso fortuito. 4. Tanto premesso, deve quindi ritenersi corretta la decisione della Corte di appello di Palermo, che ha aderito all'orientamento più restrittivo citato, fatto successivamente proprio da Sez. U, Lo Duca, che esclude la rilevanza, quale "prova nuova" di quella deducibile e non dedotta, ritenendo tale nel caso in esame il dato della anticipazione all'anno 1988 della data del rogito di acquisto dell'immobile in (Omissis). La Corte motiva in ordine alla circostanza che il dato cronologico dell'anno del rogito era conosciuto dal proposto ben da prima del procedimento di prevenzione e lo era anche dopo il deposito del decreto di secondo grado, allorché emergeva per la prima volta la perimetrazione della pericolosità mafiosa a partire dal 1989. A tal proposito, quindi, il decreto ora impugnato si pone in sintonia con quanto affermato dalle Sez. U, Lo Duca, che richiedono, per accertare la non deducibilità, che la prova preesistente non sia stata dedotta senza colpa e, dunque, per caso fortuito (ossia ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo) o per forza maggiore (intesa come fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, per tale ragione, è irresistibile), secondo quanto stabilito da Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419, che individua per il caso fortuito la caratteristica della "imprevedibilità", e per la forza maggiore l'elemento della "irresistibilità". In sostanza corretta è la valutazione della Corte territoriale che ha ritenuto, di fatto, che non possa considerarsi sussistente forza maggiore o caso fortuito nella situazione nella quale, con una normale manifestazione di impegno e diligenza, il non dedotto poteva esserlo (Sez. 5, n. 965 del 28/02/1997, Zarrella, Rv. 207387). Non di meno, corretta in punto di diritto è anche la valutazione operata dalla Corte territoriale allorché, alla obiezione difensiva che il ricorso in cassazione in tema di prevenzione è proponibile solo per violazione di legge ai sensi dell'art. 10 D.Lgs. n. 159 del 2011, e non anche per vizio di motivazione, cosicché non sarebbe stata deducibile dinanzi al Collegio di legittimità l'omessa valutazione della prova nuova, richiama l'orientamento consolidato di legittimità citato sempre da Sez. U Lo Duca, che, ai fini della definizione dei vizi censurabili in sede di legittimità, nella nozione di violazione di legge ricomprende anche la motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246), che ricorre quando il provvedimento impugnato omette del tutto di confrontarsi con la prospettazione di un elemento potenzialmente decisivo, il quale, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo, Rv. 270080). In sostanza, correttamente la Corte territoriale rileva come la discrasia temporale, quanto alla data del rogito, ben poteva essere dedotta anche nel giudizio di legittimità, che il 30 settembre 2011 definiva il procedimento di prevenzione rigettando il ricorso sia in ordine alla misura personale che a quella patrimoniale (cfr. Sez. 5, n. 46512, ud. 30/09/2011), evidenziando la Corte di cassazione l'attenta selezione operata dalla Corte di appello nella individuazione dei beni - restituiti - antecedenti il perimetro cronologico della pericolosità, senza che si colga alcun riferimento nei motivi riportati nella sentenza di legittimità al tema della antecedenza del rogito del terreno rispetto alla pericolosità come collocata nel tempo. In sostanza, la omessa deduzione della censura relativa alla data del rogito, antecedente al perimetro cronologico della pericolosità di G., non è conseguenza di caso fortuito o forza maggiore e non risulta espressione di una incolpevole impossibilità di deduzione. Anche corretta, infine, risulta la considerazione della Corte di merito che ha escluso che possa costituire prova nuova il provvedimento di correzione dell'errore materiale del decreto della Corte di appello: per un verso, la correzione del dell'errore materiale nel provvedimento di secondo grado che confermava la confisca dell'immobile in (Omissis), non integra una prova nuova nei termini indicati, in quanto comunque si tratta di una rettifica relativa ad un fatto - la datazione del rogito- che andava dedotto e non lo era stato. In secondo luogo, neanche può farsi riferimento, come propone il ricorso, al contrasto fra giudicati, evocando l'art. 630, comma 1, lett. a), c.p.p. che nel caso in esame non può trovare applicazione in quanto si verte in tema di pronunce nell'ambito del medesimo procedimento, non di giudicati formatisi in procedimenti diversi, come presuppone la disposizione invocata. 5. Ne consegue il rigetto dell'istanza proposta con addebito delle spese a carico del ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 11 luglio 2023. Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2023
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