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Misure di prevenzione patrimoniali: non rileva la prova nuova deducibile ma non dedotta
Cassazione penale sez. VI, 09/05/2019, n.26341
In tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione "ex tunc", è solo quella sopravvenuta rispetto alla conclusione del relativo procedimento e non anche quella deducibile, ma, per qualsiasi motivo, non dedotta, come desumibile dalla previsione di un termine di decadenza per la proposizione della richiesta di revoca, che delimita l'ambito temporale di ammissibilità dell'istituto e lo differenzia dal procedimento di revisione della condanna.
Norme di riferimento
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Potenza, nell'ambito di un procedimento di confisca di prevenzione, ha dichiarato l'inammissibilità dell'istanza proposta dai ricorrenti, originariamente avanzata L. n. 1423 del 1956, ex art. 7, comma 2, a seguito della sentenza della Corte di cassazione che aveva dichiarato l'inammissibilità del ricorso straordinario proposto ai sensi dell'art. 625-bis c.p.p., e riqualificata successivamente con ordinanza emessa in data 7/04/2017 dal Tribunale di Brindisi ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, come istanza di revocazione.
In particolare, preso atto che il tribunale aveva riqualificato l'istanza di revoca della confisca formulata a norma della L. n. 1423 del 1956, art. 7, comma 2, come istanza di revisione ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, non essendo più esperibile l'istituto della revoca perchè abolito con l'entrata in vigore del nuovo codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159), e sebbene nella sentenza della corte di cassazione fosse stato indicato come rimedio esperibile, la corte territoriale ha dichiarato l'inammissibilità dell'istanza rilevando che la circostanza dedotta della revoca nell'anno (OMISSIS) della misura di prevenzione personale nei confronti di D.V.R. allorquando è intervenuto l'acquisto di alcuni dei beni confiscati, essendo stata già dedotta nel procedimento di prevenzione, non poteva integrare il presupposto della prova nuova richiesto per la revisione della confisca.
2. Tramite il proprio comune difensore di fiducia, i ricorrenti hanno articolato i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce che la corte territoriale ha disatteso la qualificazione dell'istanza che era stata indicata dalla corte di cassazione con riferimento all'istituto della revoca di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 7, comma 2 e non ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, che disciplina il diverso istituto della revocazione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge, per essere stata adottata decisione di inammissibilità dell'istanza senza fissazione dell'udienza, pur non ricorrendo un caso di manifesta infondatezza.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge processuale, sul rilievo che la corte territoriale ha escluso la sussumibilità dell'istanza di revocazione nell'ipotesi di cui al D.Lgs. n. 159 del 2001, art. 28, comma 1, lett. a), sulla base dell'assunto errato che solo la prova nuova o sopravvenuta legittimerebbe la richiesta di revisione e non anche la deduzione di una circostanza di fatto già nota al momento della decisione, in violazione del principio di diritto affermato in materia di revisione secondo cui per "prova nuova" deve intendersi anche quella che non sia stata acquisita nel procedimento o che sebbene acquisita non sia stata valutata neanche implicitamente.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge in relazione alla affermata tardività dell'istanza per il decorso di sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi previsti dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, comma 1, secondo quanto previsto dal disposto di cui al medesimo art., comma 3, che non può trovare logica applicazione rispetto ad una prova già dedotta ma clamorosamente ignorata.
3. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto che sia accolto il ricorso in relazione alla nozione di prova nuova che deve ritenersi comprensiva anche delle prove preesistenti non acquisite nel procedimento, ovvero acquisite ma non valutate neppure implicitamente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
In riferimento al primo motivo si deve premettere che nel caso in esame trova sicuramente applicazione la normativa prevista dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, trattandosi di confisca disposta sulla base di una proposta presentata dopo la sua entrata in vigore, ovvero in data successiva al 13 ottobre 2011, essendo previsto dalla norma transitoria di cui al citato D.Lgs., art. 117, che solo per le proposte avanzate prima di detta data continuino ad applicarsi le norme previgenti.
Nel caso di specie, infatti, la confisca è stata disposta con decreto del Tribunale di Brindisi il 17.9.12, confermata in appello il 14.6.13 e dalla Cassazione con sentenza n. 24712/15, su proposta formulata in data 1 febbraio 2012.
Nel sistema vigente delle misure di prevenzione, avverso la decisione definitiva sulla confisca, una volta esperiti i rimedi ordinari previsti dal D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 10 e 27, dell'appello per la rivalutazione del merito e del ricorso per cassazione per violazione di legge, l'unico rimedio esperibile rimane quello della revocazione previsto dal succitato D.Lgs., art. 28, strutturato come un rimedio straordinario, azionabile davanti alla corte di appello nelle forme previste dall'art. 630 c.p.p., e teso sostanzialmente a riparare ad un errore giudiziario, quando dopo la definitività della confisca, sopravvengano nuovi elementi di prova che dimostrino il difetto originario dei presupposti di applicazione della confisca.
Si tratta di un istituto introdotto dal nuovo codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159), per colmare un vuoto normativo della previgente legislazione, al quale la giurisprudenza aveva peraltro già posto rimedio attraverso una interpretazione estensiva della norma di cui alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7, comma 2, che da istituto chiaramente finalizzato ad adeguare la misura di prevenzione personale ai mutamenti sopravvenuti di "pericolosità" del prevenuto, con efficacia ex nunc, era stato rimodulato dalla giurisprudenza per annettervi la eccezionale portata di rimedio volto a determinare la rimozione ex tunc della misura della confisca, per la sopravvenuta prova del suo difetto genetico, sulla falsariga di una "revisione" del relativo "giudicato".
Tanto il rimedio della L. n. 1423 del 1956, art. 7, di competenza dell'organo giudicante che l'ha emessa - ancora applicabile per le confische disposte sulla base di proposte anteriori al (OMISSIS), data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 159 del 2011 - quanto il nuovo mezzo di impugnazione di cui all'art. 28 cit. cod. antimafia, di competenza della corte di appello, si caratterizzano per avere il medesimo ambito di operatività rapportato alla straordinarietà del rimedio, ontologicamente incompatibile con qualsiasi possibilità di "riesame" dello stesso quadro fattuale già delibato in sede di applicazione della misura, posto che, ove così non fosse, pur restando immutati i "fatti" oggetto del giudizio di prevenzione, le relative statuizioni giurisdizionali sarebbero rivedibili sine die e ad nutum.
2. L'art. 28 cit. stabilisce, infatti, che la revocazione della confisca avverso le decisioni definitive sulla confisca di prevenzione, può essere richiesta, nelle forme previste dall'art. 630 c.p.p., solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l'applicazione della misura:
"a) in caso di scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento; b) quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludono in modo assoluto l'esistenza dei presupposti di applicazione della confisca; c) quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come reato".
3. Ciò premesso il ricorrente pone la questione se possa estendersi al predetto istituto della revocazione della confisca il consolidato orientamento di legittimità formatosi con riguardo al diverso istituto della revisione della condanna di cui all'art. 629 c.p.p., in materia di interpretazione della nozione di prova nuova, adducendo che nel corso del procedimento di prevenzione sarebbe stata omessa ogni valutazione della circostanza della revoca della misura di prevenzione personale risalente al (OMISSIS), perchè nella sentenza della Corte di cassazione n. 24712 del 10/02/2015 per un errore di fatto non si sarebbe tenuto conto della rilevanza della revoca in relazione alla confisca dei beni acquistati successivamente al (OMISSIS).
4. In tema di revisione, si è invero affermato che per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 c.p.p., lett. e), ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchè non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario. (Sez. Un., n. 624 del 26/09/2001, dep. 09/01/2002, Pisano, Rv. 220443). In tal senso la giurisprudenza successiva ha poi ribadito come la richiesta di revisione sia ammissibile anche se fondata su prove preesistenti o addirittura colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione di cui si invoca la rilettura, purchè le stesse non siano state oggetto, nemmeno implicitamente, di pregressa valutazione (Sez. 3, 18 dicembre 2013, Segreto, Rv. 259739).
Questo collegio ritiene, tuttavia, che il richiamo alle forme previste dall'art. 630 c.p.p. contenuto nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, non consenta di assimilare i due istituti sotto il profilo dei presupposti sostanziali che sono disciplinati in modo autonomo e distinto, senza possibilità di interferenza attesa la diversa materia regolata e la differente natura degli interessi tutelati, oltre che del diverso testo normativo.
L'interpretazione estensiva di prova nuova seguita in materia di revisione della condanna non può estendersi automaticamente alla revisione della confisca, innanzitutto per il dato testuale della norma che disciplina i casi di revisione della confisca prevedendo delle ipotesi specifiche, da intendersi tassative, e che, con specifico riferimento alle prove nuove, richiede che esse, oltre ad essere connotate dal carattere della decisività, siano "prove sopravvenute alla conclusione del procedimento".
5. L'art. 630 c.p.p., lett. c), contempla una nozione più ampia di prova nuova, facendo riferimento non solo al caso della sopravvenienza della prova dopo la condanna ma anche al caso della scoperta di prove nuove, ammettendo quindi in modo espresso che le prove nuove siano non solo quelle sopravvenute dopo la condanna ma anche quelle già esistenti prima della condanna ma di cui sia stata acquisita la conoscenza in epoca successiva.
Sebbene la diversità del testo normativo non possa indurre ad escludere dalla nozione di prova nuova la sopravvenuta acquisizione di prove preesistenti, essendo il carattere di novità della prova comunque ontologicamente presente anche nel caso della scoperta di prove preesistenti, l'assimilazione tra i due istituti non può però oltrepassare il dato testuale normativo sino ad includere nella nozione di prova nuova anche il caso di elementi di prova non solo preesistenti, ma addirittura anche già acquisiti nel procedimento di prevenzione. Una tale assimilazione appare preclusa dalla normativa di riferimento che, rispetto al procedimenti di prevenzione, prevede la sopravvenienza della prova nuova, come condizione indefettibile giustificativa della revisione della decisione definitiva sulla confisca.
Quindi, pur potendosi assimilare anche ai fini della revisione della confisca di prevenzione il caso di sopravvenuta conoscenza di prove preesistenti al caso di prove sopravvenute perchè non ancora esistenti, non è tuttavia possibile prescindere dalla necessaria condizione che si tratti di elementi di prova che non siano stati già acquisiti nel corso del procedimento di prevenzione.
La conferma del carattere indefettibile della sopravvenienza della prova rispetto al procedimento di prevenzione è data anche dalla esplicita previsione di un termine di decadenza per la proposizione della richiesta di revisione al citato art. 28, comma 3, che oltre a delimitare l'ambito temporale di ammissibilità dell'istituto, segna una evidente differenziazione rispetto al procedimento di revisione della condanna che non è soggetto a limitazioni temporali, essendo ammesso in ogni tempo a favore dei condannati (ex art. 629 c.p.p.) proprio per la diversa natura ed effetti del provvedimento definitivo oggetto dell'impugnazione, essendovi in gioco nel caso di revisione della condanna la tutela della libertà personale da ingiuste compromissioni mentre nel caso di revisione della confisca la tutela della proprietà, quindi la tutela di un bene che seppure tutelato dalla Costituzione non assume la medesima rilevanza, con la conseguente ragionevole diversificazione anche della disciplina della revisione.
La decorrenza di un termine di decadenza dalla sopravvenuta presa di cognizione della prova nuova, esclude che possano essere presi in considerazione come presupposto per la revocazione della confisca gli elementi di fatto già acquisiti nel procedimento di prevenzione, essendo per essi inapplicabile la previsione di detto termine, trattandosi di elementi già conosciuti ed acquisiti prima della definizione del procedimento di prevenzione, e non potendosi d'altra parte ammettere, come sostenuto dal ricorrente, che in tali casi la revisione della confisca non sarebbe soggetta ad alcun temine, con l'effetto asistematico ed abnorme per l'ordinamento processuale che pur restando immutati i "fatti" oggetto del giudizio di prevenzione, le relative statuizioni giurisdizionali sarebbero rivedibili sine die e ad nutum.
5. Si deve inoltre osservare che il motivo di ricorso appare anche carente sotto il profilo della necessaria specificità, perchè non indica quale sia l'elemento di novità che avrebbe giustificato la revisione della confisca.
Dalla lettura della motivazione dell'ordinanza impugnata si evince che la Corte di appello di Potenza ha verificato che la circostanza della revoca della misura della prevenzione personale risalente all'anno (OMISSIS) era stata dedotta nel corso del procedimento di prevenzione, figurando tra le doglianze sottoposte alla Corte di appello di Lecce.
Quindi, il ricorrente non ha neppure specificato se la circostanza, secondo cui al momento dell'acquisto di taluno dei beni confiscati la misura di prevenzione personale nei confronti di D.V.R. era stata già revocata, non fosse stata presa in considerazione sotto il profilo della questione di diritto intertemporale della applicabilità al caso de quo della legislazione antimafia successiva che ha previsto la possibilità della applicazione disgiunta della misura di prevenzione patrimoniale da quella personale, o se, piuttosto, sotto il diverso profilo in fatto della valutazione della correlazione tra l'incremento patrimoniale ed il periodo di pericolosità.
Rappresenta, infatti, un principio di diritto pacifico che la revoca della misura di prevenzione personale non sia ostativa all'applicazione della confisca, poichè a seguito della entrata in vigore del D.L. n. 92 del 2008, conv. dalla L. n. 125 del 2008, che ha previsto l'applicazione disgiunta della misura patrimoniale rispetto a quella personale, la normativa di riferimento è quella vigente al momento della decisione, attesa l'assimilazione della misura patrimoniale alle misure di sicurezza e, dunque, l'applicazione dell'art. 200 c.p. (Sez. 6, n. 5536, 15/01/2016, Rv. 265957)
Anche la diversa questione della verifica della sussistenza della pericolosità del proposto con riferimento all'epoca di acquisto del bene da confiscare non è di per sè decisiva, essendo del tutto possibile la confisca di beni acquistati anche dopo la cessazione della pericolosità del proposto, qualora si tratti di incrementi realizzati grazie al reimpiego dei proventi illeciti acquisiti nel periodo temporale precedente, in cui la pericolosità sia stata ritenuta sussistente.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè oltre che infondato, è carente per l'omessa specificazione degli elementi di novità posti a fondamento della richiesta di revisione.
3. Per effetto della declaratoria di inammissibilità si ritiene di non disporre, oltre al pagamento delle spese del procedimento, anche la condanna al pagamento della prevista sanzione pecuniaria, atteso che il ricorso è stato proposto sulla falsariga della sopracitata decisione della Cassazione n. 18992 del 2016 che decidendo sul ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. ha dato adito al rimedio della L. n. 1423 del 1956, art. 7, affermandone in astratto l'utilizzazione come soluzione alternativa alla disciplina della correzione dell'errore di fatto, prescindendo però da una valutazione del merito della vicenda processuale che ne escludeva in concreto l'esperibilità come correttamente affermato dalla Corte territoriale.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2019
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