RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12/01/2023 la Corte di appello di Torino ha confermato quella pronunciata dal Tribunale di Torino in data 28/01/2020 a seguito di rito abbreviato, con cui F.S. è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all'art. 570 c.p., comma 2 n. 2 e del delitto di cui alla L. 54 del 2006, art. 3 trasfuso nell'art. 570-bis c.p., per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai due figli minori, omettendo di versare le spese straordinarie e l'assegno fissato dal giudice civile.
2. Ha proposto ricorso F., tramite il proprio difensore, munito di apposito mandato.
2.1. Con il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per incompletezza del dispositivo, che non specifica alcunché della sentenza impugnata.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alle dichiarazioni della persona offesa.
Illogicamente era stata disattesa la doglianza incentrata sul fatto che costei in sede di denuncia aveva stabilito una distinzione tra spese straordinarie e assegno di mantenimento, quest'ultimo indicato come non pagato da agosto/dicembre 2003, ciò che implicava un pagamento fino ad una certa data, ferma restando l'implausibilità del riferimento al mese di agosto.
A fronte di ciò non era stata debitamente valutata l'attendibilità della persona offesa e non era stata valutata la configurabilità del reato, anche in rapporto alle sentenze di proscioglimento pronunciate dal Tribunale di Aosta per lo stesso tipo di reato, con riguardo al periodo dal 2017.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge in relazione al mancato assorbimento del reato di cui all'art. 570-bis c.p. in quello di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2.
3. Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria, concludendo per l'annullamento senza rinvio in ordine al ritenuto concorso dei due reati, con assorbimento nella violazione dell'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, ed eliminazione della pena applicata per il reato di cui all'art. 570-bis c.p..
4. Il ricorso è stato trattato senza l'intervento delle parti, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, in base alla proroga da ultimo disposta dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 94, comma 2, come modificato dal D.L. n. 162 del 2022, art. 5-duodecies, convertito con modificazioni dalla L. 199 del 2022.
Deve inoltre rilevarsi che risulta ininfluente la intervenuta rinuncia al mandato da parte del difensore: da un lato ciò non avrebbe potuto esonerarlo da compiti difensivi fino all'effettiva sostituzione; ma dall'altro va comunque rimarcato come la rinuncia sia stata comunicata tardivamente, quando, data la trattazione in forma cartolare, non avrebbero potuto svolgersi ulteriori attività difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato.
E' sufficiente al riguardo rilevare che nella sentenza della Corte di appello, a pag. 2, sono riportati gli estremi della sentenza appellata, pronunciata dal Tribunale di Torino in data 28/01/2020, non essendo ravvisabile alcuna nullità .
2. Del pari inammissibile risulta il secondo motivo, con il quale si reitera genericamente e senza specifico confronto con gli argomenti esposti nella sentenza impugnata, la deduzione riguardante l'incertezza della data dalla quale sarebbe iniziato l'inadempimento, che in realtà è stato totale, in assenza della specifica allegazione di qualsivoglia pagamento di somme in favore dei figli minori, e che è cominciato dal 2003, in particolare dal dicembre 2003, data di determinazione dell'assegno da parte del giudice civile.
D'altro canto i Giudici di merito hanno dato conto dell'irrilevanza della prodotta documentazione, compre le due sentenze di assoluzione, riferibili ad un periodo limitato del 2017, con riguardo alla condotta tenuta nei confronti di figlio avuto da una successiva relazione, essendo comunque ravvisabile un'inottemperanza totale, a fronte della quale non è stata specificamente prospettata un'incapacità economica assoluta, persistente e incolpevole, tale da giustificare un inadempimento protrattosi per circa quattordici anni.
Nel contempo, va rimarcato che, essendo beneficiari dell'assegno i figli minori, che non risultano aver potuto disporre di redditi diversi e che dunque avrebbero dovuto considerarsi in stato di bisogno in re ipsa, non essendo rilevante l'adempimento di soggetto coobbligato (su tali punti si rinvia a Sez. 6, n. 17766 del 27/02/2019, V., Rv. 275726; Sez. 6, n. 35675 del 07/07/2016, R., Rv. 267702), deve ritenersi ravvisabile il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2 oltre che, prima facie, quello di cui all'art. 570-bis c.p..
3. Ma a quest'ultimo riguardo viene in rilievo il terzo motivo, riguardante la configurabilità del concorso tra i due reati, motivo che risulta fondato, alla luce dell'analisi che segue.
3.1. Il reato di cui all'art. 570 c.p. incluso tra i delitti contro la famiglia e, in particolare, tra quelli contro l'assistenza familiare, reca invero, quale rubrica, "violazione degli obblighi di assistenza familiare".
Esso, pur sottendendo un bene giuridico unitariamente inteso, è volto nondimeno a tutelare un quadro di relazioni interpersonali, connotato da rispettivi diritti e obblighi, tanto che proprio i singoli sono stati alla resa dei conti ritenuti destinatari della relativa tutela (si tratta della premessa in forza della quale è stata ravvisata una pluralità di reati in caso di violazione di prescrizioni a vantaggio di più beneficiari: Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, dep. 2008, Cassa, Rv. 238467).
La norma non contempla un'unica fattispecie, ma fattispecie diverse, comunque riconducibili a quel quadro di relazioni ed espressive di condotte che costituiscono espressione di una progressione nel grado di lesività .
Il comma 1 si incentra sulla violazione degli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale e alla qualità di coniuge, mentre il comma 2, accanto all'ipotesi prevista al n. 1) della malversazione o dilapidazione dei beni, contempla al n. 2), l'ipotesi della mancata prestazione dei mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato con addebito, che determina un approfondimento della lesione correlata alla violazione dell'obbligo di assistenza, in quanto sottende uno stato di bisogno non soddisfatto.
Tale disposizione ha quale propri referenti gli artt. 29 e 30 Cost., nonché gli artt. 143,147 e 315 e segg. c.c., come via via modificati in sede di definizione e disciplina della responsabilità genitoriale.
Nell'ambito dell'art. 570 c.p. assume rilievo la qualifica dei soggetti, essendo rilevante la veste di figlio o di coniuge.
Proprio la constatazione che la relazione intercorrente con i figli non dipende dall'evoluzione del rapporto matrimoniale, mentre la veste di coniuge cessa al momento dello scioglimento del vincolo, ha indotto il legislatore a prevedere che per le disposizioni di carattere patrimoniale adottate in sede divorzile fosse specificamente apprestata tutela penale.
Di qui l'introduzione con L. 74 del 1987- nella L. 898 del 1970, art. 12-sexies, con il quale si è prevista l'applicazione della sanzione di cui all'art. 570 c.p. nel caso di inottemperanza alle disposizioni dettate in sede divorzile ai sensi degli artt. 5 e 6, a vantaggio del coniuge o dei figli, minori o maggiorenni non autosufficienti.
In tal modo si è determinata una compresenza di norme convergenti nella tutela di un quadro di relazioni personali, rilevanti anche dopo lo scioglimento del matrimonio.
A ben guardare l'art. 12-sexies determinava la cogenza anche a fini penali di disposizioni patrimoniali non correlate ad uno stato di bisogno ma solo ad un'esigenza compensativa di riequilibrio delle risorse del coniuge, a vantaggio del quale non avrebbe più potuto invocarsi l'art. 570 c.p., e all'esplicitazione delle modalità di attuazione dell'assistenza materiale nei confronti dei figli.
Ciò non toglie che, almeno nel caso del figlio minore o inabile al lavoro, privo dei mezzi di sussistenza, dallo stato di bisogno avrebbe potuto discendere la configurabilità della più grave fattispecie di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2.
In tale quadro normativo, di cui erano state rilevate alcune disarmonie (si rinvia a Corte Cost. n. 472 del 1989 e 325 del 1995), è intervenuta la L. 54 del 2006, che nel disciplinare i provvedimenti in materia di affidamento dei figli in caso di separazione, con disposizioni estese alle ipotesi di figli di genitori non coniugati, ha all'art. 3 stabilito l'applicabilità dell'art. 12-sexies e dunque delle sanzioni penali previste dal richiamato art. 570 c.p. nel caso di inottemperanza alle disposizioni di contenuto patrimoniale, norma nella sostanza corrispondente a quella prevista in caso di assegno divorzile e legata non ad un sotteso stato di bisogno ma al mero fatto dell'inosservanza delle prescrizioni patrimoniali stabilite in sede civile.
La sedes materiae e la formulazione della norma avevano indotto alcuni commentatori a ritenere che la disposizione fosse riferibile alle disposizioni in favore dei figli minori o non autosufficienti, anche se si trattava di soluzione non ineluttabile e tale da rendere prospettabili ulteriori disarmonie.
Sta di fatto che anche in questo caso con riguardo alla relazione intercorrente tra genitori e figli la disposizione veniva ad esplicitare, non diversamente da quanto previsto nel caso di divorzio, le modalità di attuazione dell'assistenza materiale in quanto sul piano patrimoniale definite dal provvedimento emesso in sede civile e integrante il precetto, fermo restando che ciò non avrebbe potuto impedire di ravvisare il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2 nel caso di mancanza dei mezzi di sussistenza e dunque di lesività correlata ad uno stato di bisogno.
A seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 21 del 2018, le disposizioni penali esterne al codice penale sono state inserite all'interno di esso: in particolare, è stato introdotto l'art. 570-bis, destinato ad operare una reductio ad unum delle ipotesi prima riconducibili alla L. 898 del 1970 art. 12-sexies e alla L. 54 del 2006, art. 3: tale disposizione che richiama le pene previste dall'art. 570 c.p. si applica invero al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
La nuova norma reca la significativa rubrica "violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio".
Tale ricognizione non può prescindere dalla lettura unificante del sistema proposta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 189 del 2019, che al punto 7.3. del "Considerato in diritto" ha sottolineato come la L. 54 del 2006, art. 3 e dunque, per derivazione, il nuovo art. 570-bis c.p. abbiano inteso equiparare il mancato versamento dell'assegno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto in sede di separazione quanto di divorzio, avendo inoltre la Corte chiarito l'applicabilità delle disposizioni originarie e di quelle trasfuse nell'art. 570-bis anche al caso di figli di genitori non uniti in matrimonio.
3.2. Ma a questo punto ben può darsi al sistema così ricostruito una lettura in linea con quella, del tutto condivisibile, fatta propria dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255269-72), che, nel risolvere la questione devoluta, concernente l'individuazione della norma che avrebbe dovuto intendersi richiamata dalla L. 898 del 1970 art. 12-sexies e dalla L. 54 del 2006, art. 3, hanno rilevato come non potesse farsi riferimento all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, quale unica norma avente ad oggetto i rapporti economici dei coniugi: hanno invero rilevato le Sezioni Unite che non aveva fondamento l'assunto che l'art. 570, comma 1, avesse riguardo alla sola assistenza morale, dovendosi invece ricostruire il sistema nel senso dell'individuazione di un più ampio e complesso dovere di cura, desumibile da tutte le norme di riferimento, comprensivo del rispetto e dell'appagamento delle esigenze economicamente valutabili dell'altro coniuge e della corresponsione dei mezzi economici necessari al mantenimento del tenore di vita, modulato in rapporto alla diversità delle situazioni, fermo restando l'obbligo dei genitori di far fronte ad una pluralità di esigenze dei figli, non solo di natura alimentare, ma estese ad una pluralità di aspetti (abitativo, sanitario scolastico, sociale), con predisposizione di un'organizzazione idonea a rispondere a tutte le necessità .
Ed era proprio nel quadro di tale dovere di cura e del riequilibrio delle risorse che si inseriva la determinazione dell'assegno di mantenimento in sede civile (separazione o divorzio), quale forma di definizione dell'assistenza dovuta.
Per contro l'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, avrebbe dovuto ritenersi commisurato ai più elementari doveri di solidarietà nascenti dal vincolo di coniugio o dalla filiazione, nel presupposto della sussistenza di uno stato di bisogno del soggetto, che avrebbe dovuto beneficiare dell'altrui cura.
Viene dunque in rilievo la sopravvivenza e ciò che è indispensabile alla vita, nella prospettiva di condizioni di vita dignitosa, includenti vestiario, spese essenziali, istruzione, medicinali (si tratta della nozione ormai invalsa di mezzi di sussistenza: Sez. 6, n. 3485 del 22/10/2019, dep. 2020, 0., Rv. 278218).
Ne discende che il mantenimento abbraccia una sfera più ampia dei mezzi di sussistenza, costituenti il parametro minimo essenziale, per valutare il soddisfacimento dello stato di bisogno, in mancanza del quale dovrebbe prendersi atto di una approfondita capacità lesiva della condotta inottemperante, rivolventesi in una situazione di concreto pregiudizio.
Secondo il giudizio delle Sezioni Unite, la riconducibilità delle disposizioni patrimoniali al più generale dovere di cura e all'assistenza materiale imponeva, dunque, di far riferimento all'ipotesi di cui all'art. 570 c.p., comma 1, al fine di stabilire la sanzione applicabile nei casi previsti dai previgenti L. 898 del 1970 art. 12-sexies e L. 54 art. 3 ed oggi dall'art. 570-bis.
Ma, una volta ricostruito tale quadro, è agevole cogliere anche la significativa valenza della rubrica dell'art. 570-bis, che, nel far riferimento alla violazione degli obblighi di assistenza correlati agli assegni liquidati in sede civile, finisce per dar conto di un profilo cruciale ai fini della soluzione del tema che viene in rilievo in questa sede.
A ben guardare, l'art. 570-bis va inteso come disposizione speciale rispetto a quella posta dall'art. 570 c.p., comma 1, sia nel rapporto con i figli che nel rapporto con il coniuge, fermo restando che si tratta della sola norma applicabile nei confronti del coniuge in caso di divorzio.
La specialità risiede nella concreta e "specializzante" definizione del contenuto dell'assistenza materiale, evocata dall'art. 570 c.p., comma 1.
Ma al tempo stesso l'assistenza materiale costituisce la fisiologia di un quadro di relazioni intersoggettive, suscettibili di dare luogo a profili patologici di natura progressivamente più grave: la mancata prestazione dell'assistenza materiale, come specificata nei provvedimenti adottati in sede civile, costituisce il primo stadio di illiceità , correlata al dato formale dell'inottemperanza ad un precetto corrispondente al contenuto di quei provvedimenti.
Ma quando questa trasmodi nella mancata prestazione dei mezzi di sussistenza, in presenza di uno stato di bisogno, viene in rilievo una situazione connotata da un ulteriore profilo specializzante, costituito proprio dal tipo di approfondita lesività della condotta: vuol dirsi dunque che il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2 viene ad arricchirsi di un elemento specializzante che ne determina la concreta prevalenza sulle altre norme solo in apparenza applicabili, in quanto viene ad aggiungersi (secondo il canone della specialità per aggiunta) l'elemento qualificante del bisogno e della mancanza dei mezzi di sussistenza, al di là del dato dell'inosservanza del dovere di cura e di mantenimento, che nel caso di definizione giudiziale costituisce ipotesi speciale della violazione dell'assistenza materiale.
3.3. Ed allora può giungersi alla tranquillizzante conclusione che il discrimen tra le fattispecie, onde scongiurare il rischio, altrimenti presente, di bis in idem sostanziale, cioè di duplicazione della valenza penale dello stesso fatto, possa essere delineato sul piano teleologico e funzionale e soprattutto sul piano strutturale nel pieno rispetto dei canoni a tal fine richiesti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, Stalla, Rv. 269668): preso atto, in linea con il maggior grado di lesività e offensività , della maggiore gravità del reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, per il quale si applica la pena congiunta in luogo di quella alternativa prevista dal comma 1 e da intendersi richiamata dall'art. 570-bis c.p., deve invero ritenersi che, ove ricorrano, in relazione ai soggetti -cioè il coniuge non divorziato o i figli minori- e alla mancanza di mezzi di sussistenza, derivante dalla condotta omissiva, gli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, solo tale norma sia in concreto applicabile, in quanto viene in rilievo agli effetti dell'art. 15 c.p. la medesima materia dell'assistenza materiale e del dovere di cura e di mantenimento, come specificato nel provvedimento adottato in sede civile, che è alla base del reato di cui all'art. 570-bis c.p., da ritenersi tuttavia assorbito, in quanto solo in apparenza concorrente.
Tale conclusione, pur non pacifica nella giurisprudenza di legittimità (in senso contrario possono richiamarsi tra le più recenti Sez. 5, n. 12190 del 4/2/2022, P., Rv. 282990; Sez. 6, n. 43560 del 12/10/2021, D., Rv. 282184; Sez. 6, n. 32207 del 30/09/2020, C., Rv. 280180; Sez. 6, n. 18572 del 10/04/2019, C., Rv. 275677; Sez. 6, n. 10772 del 20/02/2018, F., Rv. 272763), deve ritenersi il risultato di un orientamento che si è andato progressivamente riaffermando e consolidando (si richiamano a tal fine, fra le altre, Sez. 6, n. 9065 del 9/2/2023, M., Rv. 284274; Sez. 6, n. 20013 del 10/3/2022, B., Rv. 283303, cui devono aggiungersi le meno recenti Sez. 6, n. 57237 del 10/11/2017, R., Rv. 271674; Sez. 6, n. 44629 del 17/10/2013, B., Rv. 256905; Sez. 6, n. 6575 del 18/11/2008, dep. 2009, G., Rv. 243529).
4. Sulla base dell'analisi che precede deve ravvisarsi un mero concorso apparente di reati, con conseguente assorbimento del reato di cui al capo B), in quello di cui al capo A) e con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in parte qua: deve eliminarsi la pena imputata ad aumento per la continuazione con il reato di cui al capo B) e rideterminarsi la pena per il reato sub A), sulla base del calcolo operato dai Giudici di merito, in mesi cinque di reclusione ed Euro 600,00 di multa, da ridursi ex art. 442 c.p.p. a mesi tre giorni dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa.
Il ricorso deve essere per contro dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B), da ritenere assorbito nel reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, e per l'effetto ridetermina la pena in complessivi mesi tre e giorni dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Dispone, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2023