RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Torino con la sentenza indicata in epigrafe ha confermato la condanna di M.M. alla pena di mesi 9 di reclusione ed Euro 900 di multa, in relazione ai reati di cui ai agli artt. 570, comma 2, numero 2 c.p. e art. 570-bis c.p., in concorso formale eterogeneo, perché, non ottemperando all'obbligo di versare alla ex moglie la somma di complessiva di 800 Euro mensili oltre al 50% delle spese straordinarie sanitarie scolastiche in relazione al mantenimento del figlio minore M.E. e dal febbraio 2013 al marzo 2017 quanto al figlio Mi.Ma. e quindi non contribuendo in alcun modo al mantenimento, faceva mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori e perché violava gli accordi economici in materia di separazione stabiliti con il verbale del 22 marzo 2012 e sentenza del 17 giugno 2013 (capo a); nonché del reato di cui all'art. 570-bis c.p. per le violazioni commesse dall'aprile 2017 alla data del 26 novembre 2018, quanto alle violazioni contestate come commesse ai danni del figlio divenuto maggiorenne, ma non indipendente economicamente, di cui al capo b).
2.Con i motivi di ricorso di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il difensore denuncia:
2.1. violazione di legge per l'omesso riconoscimento del rapporto di consunzione fra il reato di cui all'art. 570-bis c.p. con assorbimento in quello di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. ed alla mancata conseguente riduzione di pena;
2.2. cumulativi vizi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, diniego risultato di una valutazione negativa della personalità dell'imputato perché non era apprezzabile, perché meramente strumentale alla celebrazione del dibattimento, l'adempimento parziale degli obblighi.
3. Il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.E' fondato il primo motivo di ricorso con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato di cui all'art. 570-bis c.p. in danno di M.E. e Mi.Ma., per questi fino al mese di aprile 2017, perché assorbito nel reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p..
Il ricorso deve essere rigettato nel resto con rideterminazione della pena, come di seguito precisato.
La Corte di merito ha ritenuto accertato che, in mancanza di condizioni di assoluta impossibilità a far fronte agli obblighi imposti a suo carico a favore dei figli minori, l'imputato non aveva adempiuto agli obblighi impostigli in sede di separazione che prevedevano il versamento della somma mensile di Euro ottocento e il pagamento del 50% delle spese straordinarie, sanitarie e scolastiche in favore dei due figli, uno dei quali era divenuto maggiorenne l'8 marzo 2017. Tale inadempimento aveva determinato la mancanza di mezzi di sussistenza dei minori ed aveva concretizzato, altresì, la violazione degli obblighi assunti in sede di separazione in relazione ad entrambi i figli: da qui il concorso eterogeneo tra fattispecie. Ulteriore violazione - in relazione al reato di cui all'art. 570-bis c.p. - si era concretizzata a partire dall'8 marzo 2017 alla data della sentenza di primo grado in danno del solo figlio maggiorenne.
2.Val bene una premessa.
E' ricorrente nelle imputazioni che vengono all'attenzione di questa Corte la contestazione del reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. in relazione a condotte che hanno ad oggetto l'avere fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori non adempiendo agli obblighi di mantenimento imposti con i provvedimenti di separazione e divorzio. In tali ipotesi, la condotta omissiva si è concretizzata attraverso il mancato pagamento delle somme imposte a titolo di mantenimento dei figli in sede di separazione e divorzio, molto spesso coincidenti con somme minimali, di gran lunga inferiori a quanto indispensabile per la sopravvivenza. Si tratta di contestazioni in relazione alle quali neppure si pone un problema di qualificazione del rapporto tra fattispecie incriminatrici e nelle quali la violazione dell'obbligo di mantenimento determinato dal giudice civile degrada a mero fatto sussunto nella condotta.
Talvolta, come nella presente vicenda, la condotta di non avere adempiuto agli obblighi imposti in sede di separazione o divorzio di cui all'art. 570-bis c.p. viene contestata, altresì, come reato autonomo, benché strumentale o mezzo, ai fini della commissione del reato cli cui all'art. 572, comma 2, n. 2 c.p., reati posti tra loro in concorso formale.
2.1 E' controversa, in tali casi, nella giurisprudenza di legittimità, ed era stata devoluta ai giudici di appello, la questione del rapporto di consunzione fra il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. e quello di cui all'ah:. 570-bis c.p., questione risolta negativamente dalla Corte di appello, non pol:endo ravvisarsi una totale inclusione di una fattispecie nell'altra.
La Corte di appello ha richiamato alcune sentenze di questa Corte (Sez. 6, n. 36207 del 30/09/2020, C, Rv. 280180; n. 43560 del 12/10/2021, D, Rv. 282184) che hanno affermato la sussistenza del concorso eterogeneo tra fattispecie. In particolare, in linea con i principi dettati in materia di concorso apparente tra norme che si fonda sul principio di specialità previsto dall'art. 15 c.p. e sulla comparazione astratta delle fattispecie, nella sentenza impugnata si è affermato che deve rilevarsi la differenza degli elementi strutturali dei reati di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. - in cui l'elemento specializzante è costituito dal far mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori - rispetto al reato di cui all'art. 570-bis c.p. che deriva dalla violazione di un'obbligazione costituita dal titolo giudiziale. A questo riguardo la Corte di appello ha richiamato anche una recente decisione delle Sezioni Unite secondo cui nella materia del concorso apparente di norme non operano criteri valutativi diversi da quello di specialità previsto dall'art. 15 c.p., che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, al fine di apprezzare l'implicita valutazione di correlazione tra le norme, effettuata dal legislatore. (Sez. U, Sentenza n. 20664 del 23/02/2017, Stalla, Rv. 269668).
In sintesi, viene valutata, a sostegno di questa interpretazione, la diversa struttura delle fattispecie incriminatrici; la diversa oggettività giuridica nonché l'assenza, nella disposizione di cui all'art. 570-bis c.p. di una espressa clausola di riserva che avrebbe consentito di rinvenire un concorso apparente fra norme.
2.2 Tale esito è tutt'altro che pacifico e non è condiviso dal Collegio che, invece, aderisce all'orientamento espresso da numerose altre decisioni della Corte secondo cui la condotta del genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di mantenimento, integra esclusivamente il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p., nel quale è assorbita la violazione meno grave prevista dall'art. 12-sexies, L. 1 dicembre 1970, n. 898, come richiamato dall'art. 3, L. 8 febbraio 2006, n. 54, oggi confluita nell'art. 570-bis c.p. (Sez. 6, n. 20013 del 10/03/2022, B, Rv. 283303).
Si tratta di una conclusione in linea con la ricostruzione compiuta nella più risalente decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (S. U., n. 23866 del 31/01/2013, S, Rv. 255269) che sul piano degli elementi costitutivi dei reati di cui all'art. 12-sexies della L. 1 dicembre 1970, n. 898 e all'art. 3, L. 8 febbraio 2006, n. 54 (le fattispecie oggi confluite nell'art. 570-bis c.p.) aveva ricostruito il rapporto di tali fattispecie con quella recata dall'art. 570, comma 1 c.p. e con la disposizione di cui all"art. 570, comma 2, n. 2 c.p. evidenziandone sia il nucleo comune, con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 570, comma 1, c.p., che i tratti "specializzanti" riconducibili alla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p..
L'analisi delle Sezioni Unite muoveva dalla "comune" fattispecie recata dall'art. 570, comma 1, c.p. (rispetto alla quale, si noti bene, dottrina e giurisprudenza configuravano quella di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. come fattispecie aggravata) esaminandone l'aspetto strutturale (per quel che qui rileva) costituito dagli obblighi a carico dei genitori rispetto ai figli minori in presenza di vicende patologiche del rapporto coniugale e degli effetti che tali vicende potevano avere quando, ormai, il rapporto genitoriale era disciplinato non sulla base dei mezzi e necessità familiari e dell'accordo tra i coniugi, ma sulla base di un provvedimento giudiziario e la cui violazione era alla base delle disposizioni di cui all'art. 12-sexies della L. 1 dicembre 1970, n. 898 e art. 3, L. 8 febbraio 2006, n. 54. Un tema rispetto al quale non incidono in maniera significativa le modifiche operate con il D.Lgs. n. 154 del 2013 che ha sostituito l'art. 155-bis c.c. con le disposizioni recate dall'art. 315-bis c.c. e che ha disciplinato l'obbligo di mantenimento a carico deiò genitori attraverso l'art. 337-ter c.c.
L'art. 570 c.p., rubricato "Violazione degli obblighi di assistenza familiare", al comma 1, sanziona con la pena alternativa la condotta di chi si sottrae agli "obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori" obblighi che rinvengono dagli artt. 30 della Cost. e dall'art. 147 c.c..
Ciò che resta attuale nell'analisi delle Sezioni Unite, al di là dei riferimenti alle norme del Codice Civile, è la indicazione del dovere dei genitori di "mantenere, istruire ed educare i figli", con la specificazione che il figlio minore, "anche in caso di separazione personale dei genitori... ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cure, educazione e istruzione da entrambi". Per quanto riguarda l'obbligo di assistenza verso i figli, il dovere di mantenere i figli minori e maggiori non autosufficienti obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fin quando l'età dei figli lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Anche a seguito della separazione personale tra coniugi, infatti, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza. Le Sezioni Unite aggiungevano che l'obbligo di assistere i figli ha un contenuto materiale che va ben al di là dell'obbligo di non far mancare loro i mezzi di sussistenza, ossia ciò che è indispensabile per farli vivere. Le Sezioni Unite escludevano, infine, che la fattispecie di cui all'art. 570, comma 1, c.p. sanzionasse solo la violazione degli obblighi di assistenza morale e affermavano che rientra nella tutela penale apprestata dall'art. 570, comma 1, c.p., ovviamente nella sussistenza di tutti altri elementi costitutivi della fattispecie, la violazione dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del codice civile.
Diversamente, prosegue l'analisi delle Sezioni Unite, l'art. 570, comma 2, n. 2 c.p., punisce con la pena congiunta chi "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro.... Esso tutela i più elementari vincoli di solidarietà nascenti dal rapporto di filiazione. La condotta sanzionata presuppone uno stato di bisogno: infatti l'omessa assistenza deve avere l'effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono lo stretto necessario per la sopravvivenza e pertanto non si identificano con gli alimenti e men che meno con l'assegno di mantenimento.
Non è necessario in questa sede soffermarsi sul concetto di mezzi di sussistenza (elaborato dalla giurisprudenza penale con riferimento all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p.) se non per sottolineare come tale concetto, per quanto esteso oltre alle esigenze di vitto e alloggio funzionali alla sopravvivenza e comprensivo anche di ciò che è necessario alle esigenze di vita quotidiana, non e', comunque, coincidente con l'obbligo di mantenimento che ha una portata ben più ampia giacché comprende tutto quanto sia richiesto per un tenore di vita adeguato alla posizione economico-sociale dei coniugi e dei figli e prescinde dallo stato di bisogno.
Nella ricostruzione delle Sezioni Unite è proprio l'ambito circoscritto della nozione dei mezzi di sussistenza (che implica l'esistenza dello stato di bisogno nel soggetto passivo) rispetto a quella di mantenimento (che dallo stato di bisogno prescinde) a impedire di considerare la violazione formale dell'obbligo di corrispondere l'assegno di mantenimento affine alla condotta di danno quale delineata dall'art. 570, comma 2, n. 2 c.p.: una conclusione che aveva orientato la scelta di individuare la pena applicabile alle violazioni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898 art. 12-sexies e alla L. 8 febbraio 2006, n. 54 art. 3, nella pena alternativa prevista dall'art. 570, comma 1, c.p..
2.3 Cogliendo nitidamente tale struttura delle fattispecie incriminatrici, in una delle più risalenti decisioni di questa Corte si era pervenuti alla conclusione che la contestazione formale ascritta all'imputato comprensiva della fattispecie di cui di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54 art. 3 e quella prevista dall'art. 570, comma 2, n. 2 c.p., involge la contestazione di distinte violazioni di legge che, tuttavia, determinano un concorso apparente di reati, in quanto, in situazioni siffatte, il delitto di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori implica l'omissione del versamento dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile e che mentre la prima può essere realizzata senza che siano fatti mancare i mezzi di sussistenza alle parti offese indicate nell'art. 570, comma 2, n. 2 c.p., il genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di mantenimento, commette un unico reato, quello previsto dall'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. La violazione meno grave (l'omissione di versamento dell'assegno di mantenimento) per il principio di assorbimento, volto ad evitare il bis in idem sostanziale, perde infatti la sua autonomia e viene ricompresa nella accertata sussistenza della più grave violazione della norma prevalente per severità di trattamento sanzionatorio (aver fatto mancare i mezzi di sussistenza nei confronti del beneficiario dell'assegno di mantenimento (Sez. 6, n. 44629 del 17/10/2013, B, Rv. 256905).
2.5 La lettura del rapporto fra fattispecie incriminatrici di cui agli artt. 570, comma 2, n. 2 c.p. e 570-bis c.p. che esclude il rapporto di consunzione, ne trascura l'elemento costitutivo comune, rappresentato dalla violazione del dovere incombente sul genitore, specificato nel titolo giudiziario in caso di separazione e divorzio individuando quello che è solo un elemento di specificazione del contenuto economico dell'obbligo di mantenimento come elemento specializzante della norma incriminatrice, laddove, rispetto alla violazione degli obblighi di assistenza, l'elemento specializzante è contenuto nella fattispecie di cui all'art. 572, comma 2, n. 2 c.p., punita pertanto più gravemente ed è costituito dall'avere fatto mancare ai figli i mezzi di sussistenza determinando uno stato di bisogno. Erronea risulta pertanto la individuazione dell'oggetto della tutela penale individuato nella violazione del provvedimento giudiziario, che è solo il mezzo attraverso il quale viene determinata l'entità della somma da corrispondere.
E' agevole rilevare come, in pratica, la conclusione seguita dalla Corte distrettuale imputa, nel medesimo procedimento, la medesima condotta materiale due volte a carico dello stesso soggetto, senza che tale operazione di duplicazione sia giustificata dalla struttura e oggettività giuridica delle fattispecie incriminatrici - accomunate dall'omissione dei doveri genitoriali e dalla tutela dei figli -, operazione che deve confrontarsi con il divieto di bis in idem sostanziale - già valorizzato dalla sentenza 44629 del 2013.
L'attenzione dell'interprete non può più concentrarsi su aspetti che rinviano al cd. idem legale - natura del reato; bene giuridico tutelato; evento in senso giuridico - soprattutto dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 200 del 2016 che, pur avendo ad oggetto il tema della comparazione tra fatto già giudicato definitivamente e fatto oggetto di una nuova azione penale nei confronti del medesimo soggetto, ai fini delle operatività del divieto di cui all'art. 649 c.p.p., ha enunciato un principio di valenza generale che impone, anche in materia di concorso formale di reati e in presenza di azione unica, il confronto con la vicenda empirica e non solo un'analisi delle norme incriminatrici prescindendo dalla dimensione storico-fattuale.
La concezione naturalistica del fatto di reato, come da ultimo sviluppata dalla Corte costituzionale, ha messo in chiaro principi di garanzia che devono assistere l'interprete, nella valutazione sulla identità del fatto oggetto delle diverse norme incriminatrici poste a raffronto. Il giudizio sulla medesimezza del fatto di reato deve essere affrancato dalle mutevoli implicazioni derivanti dall'inquadramento giuridico delle fattispecie, giacché diversamente riemergerebbe il criterio dell'idem legale, bandito dall'ordinamento nel senso indicato dal Giudici delle leggi.
Proprio in materia di concorso formale la Corte costituzionale ha precisato che il divieto di bis in idem non si applica per la esclusiva ragione che i reati concorrono formalmente e sono perciò stati commessi con un'unica azione o omissione poiché ai fini della decisione sull'applicabilità del divieto di bis in idem rileva solo il giudizio sul fatto storico. Le norme sul concorso formale riprendono, invece, efficacia, quando all'unicità della condotta non corrisponda la medesimezza del fatto, una volta che si sia precisato che essa può discendere dall'identità storico-naturalistica di elementi ulteriori rispetto all'azione o all'omissione dell'agente, siano essi costituiti dall'oggetto fisico di quest'ultima, ovvero anche dal nesso causale e dall'evento.
Va, dunque, ribadito che nel caso di contestazione avente ad oggetto la condotta del genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l'assegno di mantenimento, deve ritenersi integrato esclusivamente il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p., nel quale è assorbita la violazione meno grave prevista dall'art. 570-bis c.p., e non il concorso formale eterogeneo, quando il fatto storico, valutato in tutti i suoi elementi costitutivi relativi alla condotta omissiva e al bene giuridico protetto dalle norme incriminatrici che vengono in rilievo è il medesimo e non sono individuabili, sul piano naturalistico, elementi ulteriori che possano implicare la necessità dell'autonoma sussistenza del reato di cui all'art. 570-bis c.p., oltre a quello della omessa prestazione dei mezzi di sussistenza dei figli minori in violazione degli obblighi di assistenza imposti al genitore con il provvedimento del giudice.
Nel caso in esame la mancata corresponsione delle somme determinate dal giudice in favore dei figli minori, corrispondenti a valori obiettivamente modesti, ha determinato la violazione "solo" della fattispecie incrimiriatrice di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p., ricorrendone i presupposti fattuali, non contestati dalla difesa, di avere determinato la mancanza dei mezzi di sussistenza.
2.6 La vicenda in esame offre una plastica rappresentazione della configurabilità del concorso formale eterogeneo, anche in presenza di una condotta omissiva unica, tra il reato di cui all'art. 570, comma 1, n. 2 c.p. e l'art. 570-bis c.p. in relazione al reato commesso in danno del figlio divenuto maggiorenne, reato sub capo b), non oggetto di ricorso.
La condotta omissiva dell'imputato è stata correttamente ritenuta sussistente e, pur essendo unica sul piano storico e fattuale, l'inadempimento si è risolto non solo nell'aver fatto mancare i mezzi di sussistenza in danno del figlio minore ma anche nella mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento fissato dal giudice a favore del figlio maggiorenne e non autosufficiente. In tal caso non rileva la unicità della condotta né rileva la formale violazione del provvedimento del giudice ma la violazione del diritto di un soggetto diverso (il figlio maggiorenne) a vedere adempiuto l'obbligo di mantenimento che corrisponde ad un'esigenza primaria e vitale del beneficiario.
3.11 motivo concernente il diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche è infondato in presenza di adeguata motivazione della Corte di merito che ha valorizzato il lungo periodo degli inadempimenti (oltre cinque anni) e il loro carattere assoluto; la totale evanescenza dell'imputato come figura paterna anche sotto il profilo educativo-affettivo; il precedente per lesioni in danno del figlio Mi.Ma., considerazioni che si aggiungono alla valutazione del giudice di primo grado che aveva ritenuto meramente strumentale rispetto alla imminente celebrazione del dibattimento che l'imputato da luglio 2018 avesse cominciato a versare del denaro alla ex moglie.
4.L'accoglimento del primo motivo cli ricorso comporta la necessità di rideterminare la pena, operazione che può essere compiuta direttamente dal Collegio non comportando ulteriori valutazioni di merito.
La pena era stata determinata secondo il seguente calcolo: pena base mesi sei di reclusione ed Euro 600 di multa per il reato di cui all'ari:. 570, comma 2, n. 2 cod. pen in danno del figlio M.E.; aumentata di mesi uno ed Euro 100 di multa per il medesimo reato in danno di Mi.Ma.; aumentata di mesi uno di reclusione ed Euro 100 di multa per il reato, in concorso formale, di cui all'art. 570-bis in danno di M.E.; di un mese di reclusione e Euro cento di multa per il concorso formale del reato di cui all'art. 570-bis cod. pen in danno di Mi.Ma.; nonché mesi uno di reclusione per il reato di cui all'art. 570-bis c.p. in danno di Mi.Ma. dall'aprile 2017 alla sentenza di primo grado (capo lo).
In conseguenza dell'intervenuto assorbimento del reato cli cui all'art. 570-bis c.p. nella fattispecie di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. va eliminato l'aumento per i reati in concorso formale corrispondente a mesi uno di reclusione ed Euro 100 di multa per il reato di cui all'art. 570-bis in danno di M.E. e di un mese di reclusione e Euro cento di multa per il medesimo reato di all'art. 570-bis cod. pen in danno di Mi.Ma. fino al mese di aprile 2017, e, conseguentemente la pena finale va determinata in mesi sette di reclusione ed Euro 700,00 di multa cui si aggiunge la pena di mesi uno di reclusione per il reato di cui all'art. 570-bis c.p., oggetto di autonoma determinazione già in primo grado e relativa al reato sub capo b).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata in relazione al reato di cui all'art. 570-bis c.p. in danno di M.E. e Mi.Ma., per quest'ultimo commesso fino al mese di aprile 2017, perché assorbito nel reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. e, per l'effetto, ridetermina la pena in mesi sette di reclusione ed Euro 700,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 02 marzo 2023