RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui D.C.V.M.A. è stato condannato per il reato previsto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54 art. 2, in relazione al L. 1 dicembre 1970, n. 898 art. 12 sexies e art. 570 c.p..
All'imputato è contestato di aver violato gli obblighi di natura economica omettendo di corrispondere, o versando parzialmente, somme di denaro inferiori rispetto all'assegno mensile di mantenimento - fissato in Euro 1.100,00 - in favore della figlia minore, oltre all'aggiornamento annuale con riferimento agli indici Istat.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato articolando tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità; nel caso l'affidamento della figlia minore non sarebbe condiviso e dunque, secondo quanto disposto letteralmente dall'art. 570 bis c.p., l'inadempimento non sarebbe penalmente rilevante.
2.2.Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità; la Corte non avrebbe adeguatamente valutato la impossibilità dell'imputato di disporre delle risorse economiche necessarie per corrispondere l'intero importo a cui era obbligato; in tal senso si evidenzia come fossero state prodotte la dichiarazioni dei redditi dimostrative di detta impossibilità.
La Corte avrebbe solo ipotizzato che l'imputato avesse la possibilità di adempiere in ragione delle sue qualifiche professionali e della sua capacità lavorativa, senza, tuttavia, considerare le risultanze documentali - costituite dalle dichiarazioni dei redditi attestanti dal 2016 un reddito medio inferiore a 1.500 Euro mensili.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, negata in ragione della durata triennale della condotta e della mancata successiva "copertura", anche parziale, del debito.
3. E' stata depositata memoria difensiva in cui si sviluppano le argomentazioni poste a fondamento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. E' inammissibile il primo motivo.
2.1. Con l'introduzione dell'art. 570-bis c.p. e la contestuale abrogazione espressa del L. n. 898 del 1970 art. 12-sexies e del L. n. 54 del 2006 art. 3, si è intesa operare una trasposizione delle norme penali speciali all'interno del codice penale, in esecuzione della delega volta a realizzare, anche in relazione alle fattispecie già previste, una tendenziale riconduzione di esse nel corpo normativo del codice penale.
Con la L. 23 giugno 2017, n. 103 era stata infatti conferita una delega meramente compilativa, autorizzando la traslazione di figure criminose già esistenti, senza tuttavia che detta operazione comportasse una modifica delle stesse.
In tal senso depone la relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo, in cui si afferma che il nuovo art. 570-bis c.p. "assorbe le previsioni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898 art. 12-sexies (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), a mente del quale: "Al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli artt. 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'art. 570 del codice penale", e di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54 art. 3 (Disposizioni in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli), che a sua volta recita: "In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica della L. 1 dicembre 1970, n. 898 art. 12-sexies ".
2.2. Sulla base di tale quadro di riferimento, la tesi del ricorrente non può essere condivisa per più ragioni.
Sul piano testuale, l'art. 570 bis c.p. prevede che le pene previste dall'art. 570 si applichino al coniuge che "viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli".
Dunque una duplice ipotesi di inosservanza in cui, da una parte, vi sono gli obblighi di natura economica in materia di separazione e, dall'altra, gli obblighi di affidamento condiviso dei figli.
Sotto altro profilo, l'interpretazione restrittiva proposta del ricorrente, secondo cui se l'inadempimento si inserisca in una separazione coniugale in cui non è stato disposto l'avviso condiviso - bensì quello esclusivo ad uno dei coniugi - l'eventuale inadempimento delle obbligazioni civili non integrerebbe la nuova ipotesi di reato, si pone in linea di chiara discontinuità rispetto al testo del L. n. 54 del 2006, art. 3 che si limitava ad estendere l'applicabilità della L. n. 898 del 1970 art. 12-sexies ai casi di violazione degli obblighi di natura economica conseguenti alla separazione, senza pertanto contemplare alcun riferimento all'affido condiviso od esclusivo.
Dunque, a ragionare con l'imputato, si dovrebbe ritenere che almeno una classe di fatti, in precedenza contemplati dalla norma incriminatrice, avrebbero perso rilevanza penale; ciò tuttavia contrasterebbe con l'intento del legislatore che, come già detto, era invece quello di operare una mera trasposizione delle norme penali speciali all'interno del codice penale, in esecuzione di una delega meramente compilativa che escludeva che, con detta operazione di traslazione, si realizzassero modifiche alle fattispecie incriminatrici.
Anche sul piano sistematico l'interpretazione prospettata dall'imputato non può essere condivisa.
Gli artt. 337-ter e 337-quater c.c. non contengono alcuna differenziazione in ordine alla doverosità e alla quantificazione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli a seconda del tipo di affidamento; dunque non è obiettivamente chiaro perché la rilevanza penale della stessa condotta di violazione dovrebbe essere limitata solo alle ipotesi di affido condiviso e non anche a quelle di affido esclusivo dei figli ad uno dei genitori.
Ne discende la manifesta infondatezza del motivo.
3. Sono inammissibili anche il secondo ed il terzo motivo che possono essere valutati congiuntamente.
A fronte di una adeguata trama argomentativa, priva di illogicità evidenti, con cui la Corte di appello ha chiarito perché non esistono elementi concreti per ritenere che il parziale inadempimento dell'imputato dell'obbligo di corrispondere la somma di 1.100 Euro al mese in favore della figlia minore, sia conseguente ad una impossibilità oggettiva, assoluta ed incolpevole dello stesso, valutando a tal fine la capacità lavorativa e professionale dell'imputato e spiegando le ragioni per cui non può essere attribuita decisiva valenza alla documentazione prodotta da questi - la stessa portata alla cognizione dei Giudici di merito e in sede civile-. nulla di specifico è stato dedotto, essendosi limitato il ricorrente a reiterare lo stesso argomento, già correttamente considerato.
Non diversamente, quanto al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, nulla di specifico è stato dedotto al fine di indicare perché la prognosi sfavorevole compiuta dalla Corte sarebbe nella specie viziata.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2022