RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna, dichiarata la prescrizione del reato di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 53 ha confermato le statuizioni civili della sentenza emessa dal Tribunale di Parma il 15 dicembre 2014 ed ha liquidato in favore della parte civile, C.R., in proprio e quale tutrice delle figlie minori, la complessiva somma di Euro cinquecento a titolo di risarcimento del danno. La condotta ascritta al M. residuava da una più ampia contestazione, relativa al reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, dalla quale l'imputato era stato assolto già in primo grado.
La Corte di appello ha ritenuto accertato che nell'(Omissis), nei medi di (Omissis), l'imputato, potendo provvedervi, aveva versato in ritardo l'assegno di separazione posto a suo carico con provvedimento del Presidente del Tribunale di Bologna del 24 maggio 2010.
2.Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il difensore dell'imputato chiede l'annullamento della sentenza impugnata per vizio di violazione di legge, in relazione alla L. n. 54 del 2006, art. 3 evidenziando l'apparenza della motivazione che, pur muovendo dalla premessa della necessaria valutazione, ai sensi dell'art. 578 c.p., dei motivi di appello proposti dall'imputato sulla responsabilità ne aveva, invece, trascurato l'esame. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata, ai fini della integrazione dell'elemento materiale del reato, lo ha ritenuto configurabile in presenza di un mero, ancorché reiterato, ritardo ma che, soprattutto, non ha esaminato l'elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo, ed ha trascurato che, essendo in corso anche una vertenza di natura civile tra il ricorrente e il coniuge, il giudice civile aveva ritenuto la insussistenza dello stato di necessità dell'odierna parte civile che aveva intrapreso un'azione ai sensi dell'art. 156 c.c., comma 6. A questo riguardo, la Corte di appello, non ha esaminato il contenuto dell'ordinanza del 3/7 luglio 2011 del giudice civile che aveva rilevato come i ritardi fossero stati minimi e che non sussisteva, in ragione del complesso delle condizioni economiche della famiglia all'indomani della separazione, alcuna condizione di indigenza economica della ex moglie dell'imputato tenuto conto delle somme che, negli stessi mesi oggetto della contestazione, la parte civile aveva ricevuto dal ricorrente.
2. Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176 e i cui effetti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022 dal D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice civile per l'esame delle censure proposte dall'imputato, che non hanno costituito oggetto di adeguato esame da parte della Corte di appello di Bologna, ai fini della pronuncia, ai sensi dell'art. 578 c.p.p., sulle statuizioni civili. A tale giudice va, altresì, rimessa la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
Il ricorrente ha correttamente richiamato una sentenza di questa Corte che illustra gli elementi costitutivi del reato di cui alla l. n. 54 del 2006, art. 3 (fattispecie oggi refluita in quella di cui all'art. 570-bis c.p.), pronuncia nella quale si afferma, che, da un lato, "la condotta non è integrata da qualsiasi forma di inadempimento e dall'altro, che trattandosi di reato doloso, la condotta deve essere accompagnata dal necessario elemento psicologico. In particolare, sul piano oggettivo, si deve trattare di inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato deve fornire. Quindi il reato non scatta automaticamente con l'inadempimento ai sensi delle leggi civili e, ancorché la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale dovrà valutarne la "gravità" e, quindi, l'attitudine oggettiva a integrare la condizione che la norma è tesa ad evitare. Normalmente, a fronte del più comune caso, nella casistica giudiziaria, del mancato versamento da parte del genitore di quanto di spettanza, non si può ritenere sufficiente che la parte dichiari la propria indigenza per giustificare l'omissione del pagamento e si richiede, invece, una prova ben certa di tale stato economico; ancor meno può essere sufficiente una affermazione del diritto alla autoriduzione dell'assegno, dovendo la parte rivolgersi al giudice civile per ottenere eventuali revisioni dell'assegno di mantenimento. Ma la situazione è diversa nel caso in cui in cui ci si trovi davanti ad un limitato ritardo/omissione dei pagamenti per un breve periodo" (Sez, 6, n. 43527 del 4/06/2012, n. m.).
Nel caso in esame, all'esito dell'assoluzione dell'imputato intervenuta in primo grado, e quali condotte addebitate all'imputato, si è in presenza di due omessi pagamenti dell'assegno mensile nei mesi di (Omissis) perché eseguiti in ritardo e che con un inaccettabile automatismo la sentenza impugnata ha sussunto nella fattispecie di cui alla L. n. 54 del 2002, art. 3 omettendo di verificarne, ai fini della descritta nozione di serio inadempimento, che la giurisprudenza richiede, il rapporto con le condotte per le quali è intervenuta assoluzione. Come innanzi precisato, anche il ritardo nei pagamenti può essere sussunto nella nozione di inadempimento, ad es. quando sia frequente, e, dunque, in presenza di ritardi, che, nel complesso, siano tali da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato deve fornire.
Soprattutto, si riscontra grave deficit motivazionale della sentenza impugnata con riferimento ai motivi di appello (cfr. pagg. 7 e ss. dell'atto di appello) che facevano riferimento al contenuto dell'ordinanza del 3/7 luglio 2011 del giudice civile e alla conclusione di quel giudice secondo cui i ritardi erano stati minimi e che non sussisteva, in ragione del complesso delle condizioni economiche della famiglia all'indomani della separazione, alcuna condizione di indigenza economica dell'odierna parte civile tenuto conto delle somme che la parte civile aveva ricevuto dall'ex marito.
Aspetto, questo, che, ove riconducibile proprio ai mesi in cui si è registrato l'inadempimento oggetto del presente processo, si rivela determinante in relazione al dolo potendo ragionevolmente escludere l'elemento psicologico del reato in un contesto di dare/avere che, all'indomani della separazione, definita, come si specifica nel capo di imputazione, con provvedimento del Presidente del Tribunale del 24 maggio 2010, contrassegnava i rapporti patrimoniali tra i coniugi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2022