RITENUTO IN FATTO
1. M.A., per il tramite del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro che ha confermato la sentenza di condanna alla pena di mesi due ed Euro 400 di multa (con il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento, entro 60 giorni dal passaggio in giudicato della pronunzia, delle somme dovute a titolo di mantenimento) e al risarcimento del danno in favore della parte civile del Tribunale di Crotone in ordine ai delitti di cui all'art. 81 c.p., comma 2, e art. 570 c.p., commi 1 e 2 perché, in violazione degli obblighi di assistenza familiare, faceva mancare al coniuge e al figlio minore, A.D., i mezzi di sussistenza, non adempiendo all'obbligo stabilito dal giudice civile di pagare l'assegno mensile di Euro 350 oltre al 50 per cento delle spese straordinarie.
2. Il ricorrente deduce i motivi di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Violazione di legge in ordine all'omessa valutazione della documentazione prodotta in occasione dell'udienza in appello con particolare riferimento ai verbali di accettazione e remissione della querela nonché alla dichiarazione liberatoria da cui emergeva che il ricorrente aveva effettuato il pagamento per il mantenimento del figlio e del risarcimento dei danni disposto dalla sentenza di primo grado.
2.2. Nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio.
Risulterebbe erronea la ritenuta legittimità della notifica del decreto di citazione a giudizio del M. effettuata presso l'indirizzo ove avrebbe ricevuto "a mani proprie" l'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p. visto che in detto luogo si trasferivano la parte offesa ed il figlio (l'abitazione sarebbe stata assegnata alla ex coniuge in sede di separazione) con la conseguente mancata conoscenza delle successive notifiche che non venivano ricevute dal ricorrente, né venivano a questi comunicate dalla ex moglie.
2.3. Erronea applicazione della legge penale quanto ad elementi oggettivo e soggettivo del reato ascrittogli.
La Corte di appello avrebbe omesso di confrontarsi con l'attività istruttoria svolta nel corso del giudizio di primo grado e non avrebbe preso in esame la documentazione prodotta in ordine all'accordo siglato tra le parti, né valorizzato la quietanza liberatoria del pagamento effettuato in favore della parte offesa non più presente in appello come parte civile. il ricorrente osserva come dovesse essere assolto o essergli applicata la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., o - ancora - il fatto dovesse essere riqualificato in virtù della documentazione prodotta.
2.4. Vizi cumulativi di motivazione in ordine alle condizioni economiche del ricorrente che non gli avrebbero consentito di adempiere; in tal senso deponevano l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, gli accertamenti disposti in sede civile da parte della Agenzia delle Entrate e le tre dichiarazioni dei redditi prodotte. La Corte territoriale avrebbe dovuto valorizzare l'accordo tra le parti che siglava la riappacificazione ed il fatto che il M. avrebbe mantenuto il figlio con il quale trascorrere gran pare delle giornate; non sarebbe stata effettuata alcuna adeguata valutazione delle dichiarazioni rese dai testi escussi e della documentazione prodotta, omettendo i relativi riscontri.
2.5. "Erronea applicazione e manifesta illogicità della motivazione".
I giudici avrebbero posto a fondamento della loro pronuncia di condanna elementi e premesse inidonee ad evidenziare una responsabilità penale in capo all'imputato, così dando luogo ad una motivazione intrinsecamente illogica e viziata.
Tali sarebbero le relazioni dei servizi sociali di Crotone, ufficio in cui la parte offesa riveste un ruolo dirigenziale, così come l'affermazione secondo cui il ricorrente non avrebbe provveduto ai bisogni del figlio, dato smentito dal rapporto del tutor nominato dal giudice civile.
Privo di pregio sarebbe il riferimento dei giudici alle svantaggiate condizioni economiche della parte offesa, che percepirebbe un reddito di Euro 1.800 esente da spese d'affitto, essendo stata alla medesima assegnata la casa coniugale. In ogni caso, le affermazioni rese dalla ex moglie avrebbero perso forza dimostrativa in considerazione della sottoscrizione della dichiarazione liberatoria e della remissione di querela.
2.6. Violazione di legge in ordine alla mancata assoluzione dell'imputato o derubricazione del reato a fronte dell'assenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, o comunque della non punibilità per particolare tenuità del fatto e assenza di abitualità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato, declinato in fatto e generico.
2. Il primo motivo, attraverso il quale la difesa deduce la mancata valutazione della remissione di querela e della dichiarazione attraverso cui la parte offesa avrebbe manifestato soddisfazione per la conclusione economica della vicenda risulta manifestamente infondato tenuto conto che il reato per cui si procede è procedibile d'ufficio; nondimeno si osserva che l'allegata dichiarazione asseritamente rilasciata dalla parte offesa in cui la stessa avrebbe fatto riferimento alla chiusura economica della vicenda ricevendo il "pagamento del mantenimento e dell'importo liquidato nella sentenza di primo grado" e che "tra le parti vi è stato riappacificamento", oltre ad essere successiva alla decisione di appello, presenta la sottoscrizione di F.M. senza la relativa autentica, mentre quella acquisita al fascicolo, indirizzata alla Procura della Repubblica di Crotone e presente nel verbale di udienza, è priva di firma; dati che consentono di ritenere la allegata dichiarazione irrilevante sotto ogni aspetto riguardante la fattispecie contestata.
3. Manifestamente infondato risulta anche il secondo motivo attraverso cui il ricorrente contesta la mancata citazione in giudizio, deducendosi che la stessa sarebbe avvenuta presso luogo idoneo.
Corretto risulta la decisione impugnata che ha rilevato come il difensore avesse trascurato di segnalare che l'indirizzo presso cui era stata effettuata la notifica della citazione a giudizio corrispondeva al luogo di residenza ove, a mani proprie, era stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.; la comunicazione in tali termini eseguita ha consentito di ritenere che il ricorrente avesse avuto precisa notizia del procedimento a suo carico cosi come previsto dall'art. 420-bis c.p.p..
Non è irrilevante evidenziare come il Tribunale, a cui la Corte territoriale ha fatto pertinente rinvio, avesse dato atto che il sostituto processuale del difensore d'ufficio avvocato Andrea Tucci, nominato ai sensi dell'art. 97 c.p.p., comma 4, avesse chiesto la dichiarazione di nullità dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. e degli atti conseguenti eccependo che dette comunicazioni fossero state effettuate nei confronti dell'avvocato Andrea Tucci in luogo di quella del difensore di fiducia dell'imputato indicato nell'avvocato Sirianni Domenico, presente all'udienza; di tanto dava atto il giudice in sentenza (pagina due sentenza di primo grado) che al contempo osservava come nessuna nomina di difensore di fiducia fosse stata effettuata nel corso del procedimento e del giudizio, non avendo rinvenuto alcuna nomina in favore dell'avvocato Sirianni nel fascicolo del dibattimento ed in quello del pubblico ministero.
Il Tribunale, inoltre, aveva osservato che l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, contrariamente a quanto poi dedotto in sede di gravame, era stato notificato personalmente al M. presso l'abitazione sita a (OMISSIS), luogo in cui riceveva la comunicazione dell'intervenuta nomina del difensore d'ufficio individuato nell'avv. Andrea Tucci, nei cui confronti era stata successivamente eseguita la notifica della citazione a giudizio, mentre il M. aveva ricevuto regolare citazione recapitata presso lo stesso luogo in cui aveva ricevuto la notifica dell'avviso conclusione delle indagini preliminari; il dato è rilevabile dalla consultazione del fascicolo cui questa Corte, quando viene dedotto un error in procedendo, ha accesso (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), in considerazione dell'avviso contenuto nell'informazione di garanzia notificata personalmente il 15 novembre 2016, alle ore 14,55, in (OMISSIS) da parte di ufficiali di polizia giudiziaria della Divisione Polizia Anticrimine - Ufficio Notifiche, della Questura di Crotone. La citazione a giudizio era stata depositata ex art. 161 c.p.p., comma 2 (conformemente a quanto contenuto nell'avviso recapitato il 15 novembre 2016), presso l'indirizzo in cui era stato notificato l'avviso ex art. 415-bis c.p.p. con plico postale e, a seguito del mancato ritiro nei dieci giorni successivi, depositato presso la casa comunale, con successivo invio di ulteriore raccomandata con avviso di ricevimento.
Ciò posto, nessun rilievo assume la circostanza che il ricorrente prospetti che il successivo atto di citazione sia stato notificato presso un indirizzo in cui non poteva essere presente in quanto corrispondente alla casa coniugale assegnata dal giudice civile alla moglie. Fermo restando che la stessa Corte di merito aveva rilevato l'assenza di qualsivoglia allegazione che comprovasse specificamente l'assenza dal luogo in cui è stato notificato l'atto mai ritirato dal ricorrente è depositato presso la Casa comunale, deve osservarsi come giuridicamente corretta risulti la ritenuta regolare citazione a giudizio effettuata con le modalità sopra evidenziate successivamente alla notifica dell'avviso delle conclusioni delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p.; la comunicazione è stata consegnata personalmente al ricorrente che è stato informato del procedimento e della nomina del difensore di ufficio che il ricorrente avrebbe potuto contattare per ricevere le necessarie informazioni in ordine al procedimento, se solo avesse voluto.
Nondimeno si rileva che la nullità sarebbe stata astrattamente configurabile solo in ipotesi di riscontrata illegittimità della notifica nell'avviso della conclusione delle indagini preliminari; in tal senso depone giurisprudenza di questa Corte (tra le tante Sez. 2, n. 46763 del 27/09/2018, Esposito, Rv. 274475) secondo cui sussiste la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio per omessa notifica all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari.
E' pur vero che permane in capo al giudice di merito la possibilità, al di fuori di ogni presunzione, al cospetto dell'imputato dichiarato assente nel rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 420-bis c.p.p., di verificare le allegazioni prodotte che depongano per l'ignoranza del processo a lui non imputabile (in tal senso si esprime apertamente Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931), ma la Corte di merito, con motivazione completa e logica, ha escluso che ricorresse un'ipotesi del genere, osservando come la difesa non avesse fornito nessun elemento idoneo a superare tale valutazione (pag. 3, secondo periodo), in ragione della palesata volontà - ricevuta la notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. e dell'intervenuta nomina del difensore d'ufficio (Andrea Tucci), in uno all'avvertimento che, in ipotesi di omessa elezione o dichiarazione di domicilio, le comunicazioni sarebbero state eseguite presso lo stesso luogo - di non partecipare al procedimento in ordine al quale era stato debitamente informato.
4. Generici e declinati in fatto risultano i motivi residui in cui il ricorrente contesta, reiterando analoghe doglianze adeguatamente vagliate e confutate dai Giudici di merito, la ritenuta responsabilità in ordine al delitto contestato, apoditticamente sostenendo che l'eventuale apprezzamento degli atti allegati avrebbe dovuto condurre a ben altro esito nonché a riconoscere la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p..
E', infatti, principio di diritto che deve essere ribadito quello secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608).
La Corte di merito, richiamando la parte della decisione di primo grado che sul punto veniva sintetizzata e neppure fatta oggetto di precisa e diretta censura (per la cui inammissibilità v., Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010, Cecco, Rv. 246980), ha evidenziato le ragioni che avevano portato ritenere integrato il delitto contestato sulla base della credibile versione resa dalla ex moglie che aveva riferito del completo disinteresse dell'ex marito verso gli impegni economici anche nei confronti del figlio minore, altresì rimarcando che, nonostante il conseguimento di un dignitoso stipendio, fosse gravata da una pesante situazione debitorio lasciatale dall'ex marito tanto da dover destinare la maggior parte degli emolumenti proprio per il pagamento di tali debiti, incluso quello relativo all'autovettura in uso al medesimo e costretta a lasciare la casa coniugale nonostante il provvedimento del giudice civile che le aveva assegnato l'uso.
E' stata ritenuta determinante l'assenza di qualsivoglia allegazione che contrastasse le dichiarazioni della parte offesa specie con riferimento alla prospettata impossibilità economica di adempiere nonché la sostanziale assenza di critiche rivolte all'accertata integrazione del reato.
La Corte ha fornito corretta risposta in ordine all'irrilevanza dell'allegata remissione di querela visto che il reato contestato è procedibile d'ufficio, escludendo, al contempo, la possibile applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. in considerazione dei reiterati inadempimenti e dell'apprezzata non occasionalità della condotta, motivazione che ha correttamente argomentato in ordine alla non scarsa offensività della condotta posta in essere dal M..
Conforme giurisprudenza di questa Corte, infatti, (Sez. 6, n. 22523 del 01/07/2020, P., Rv. 279563) ha infatti osservato che causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non si applica al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori - reato "a consumazione prolungata", caratterizzato dal fatto che ogni singolo inadempimento aggrava l'offesa al bene giuridico tutelato - posto in essere con reiterati inadempimenti, in quanto l'abitualità del comportamento caratterizzato dal progressivo aggravamento della lesione del bene giuridico tutelato è di ostacolo al riconoscimento del beneficio.
5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616 c.p.p., comma 1.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2022.
Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2022