OSSERVA IN FATTO E DIRITTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe il GUP del Tribunale di Udine ha applicato nei confronti di C. S. la pena di un anno e cinque mesi di reclusione concordata in relazione all'imputazione di cui agli art. 81 cpv., 314 c.p., contestatagli perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nella sua qualità di responsabile del magazzino del deposito provinciale del monopolio di Stato di Udine, e pertanto di incaricato di un pubblico servizio, avendo il possesso e la disponibilità per ragioni del suo possesso, si era appropriato, in più occasioni, di quantitativi di tabacco, per un controvalore di circa 95 milioni di lire, che provvedeva a vendere a terze persone per quantitativi da Kg. 5 a 10 alla volta.
Ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, denunciando la violazione dell'art. 606, lett. b), c.p.p. per falsa applicazione dell'art. 314 c.p. sotto il profilo dell'erronea qualificazione giuridica del fatto. Ciò sul rilievo dell'evidenza di elementi che imponevano il suo immediato proscioglimento ai sensi dell'art. 129 del codice di rito, essendo stato assunto come impiegato di quarto livello e svolgendo mansioni di magazziniere, certamente non riconducibili alla nozione di pubblico servizio delineata dall'art. 358 c.p. poiché limitate alla preparazione dei tabacchi richiesti dai commercianti e alla loro consegna.
Il ricorso è inammissibile in quanto affidato a doglianza manifestamente infondata.
La questione che il ricorrente propone all'attenzione del Collegio cede, infatti, al rilievo che in tema di reati contro la Pubblica Amministrazione, anche alla luce della nuova formulazione dell'art. 358 c.p. introdotta dall'art. 18 della legge 26 aprile 1990 n. 86, va attribuita la qualifica di incaricato di pubblico servizio anche a coloro che nei magazzini per la distribuzione di generi di monopolio ai tabaccai rivenditori collaborano con il gestore, qualora svolgano - come del resto il ricorrente ammette riferendosi alla preparazione dei pacchi di tabacchi ed alla loro consegna ai commercianti - un'attività, accessoria alla pubblica funzione dallo stesso esercitata, che non si esaurisce in prestazioni prettamente manuali.
Appare, pertanto, corretta la qualificazione giuridica del fatto e la configurabilità, in ogni caso, del reato di peculato, del resto accettata dal ricorrente in sede di patteggiamento. Segue a norma di legge la sua condanna al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa stante il tenore del ricorso, di 1000,00 euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 1000,00 euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2005.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 28 GIU. 2005