RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza resa il 5 giugno 2018 il Tribunale di Trieste dichiarava la propria incompetenza territoriale a prendere cognizione del procedimento penale a carico di G.P., chiamato a rispondere del delitto di cui all'art. 642 c.p., comma 2, per avere chiesto all'impresa assicuratrice Generali s.p.a. il risarcimento del danno in relazione ad un sinistro stradale, verificatosi in (OMISSIS) tra il veicolo di D.G. e lo stesso G., per il quale il responsabile D. aveva già direttamente risarcito il danno, fatto commesso in (OMISSIS) all'atto della ricezione della richiesta risarcitoria.
1.1 II Tribunale di Trieste fondava la propria decisione sul rilievo che il delitto di cui all'art. 642 cod. pen., a differenza della fattispecie di truffa, viene considerato caratterizzato da consumazione anticipata con retrodatazione della condotta apprezzabile come momento consumativo rispetto alla percezione del profitto da parte dell'agente.
2. Ha resistito alla declinazione di competenza il Tribunale di Napoli, il quale con ordinanza resa il 29 marzo 2018, rilevato che la notifica alla persona offesa era stata effettuata a Trieste e che in detto luogo si era perfezionato il reato, ha ritenuto di non essere competente e ha sollevato conflitto negativo, trasmettendo gli atti a questa Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il conflitto negativo, ammissibile in rito, per avere entrambi i giudici coinvolti ricusato di prendere cognizione del procedimento penale, promosso a carico dello stesso imputato in ordine al medesimo fatto di reato, con ciò determinando la stasi del procedimento, superabile soltanto mediante una decisione di questa Corte ai sensi dell'art. 32 cod. proc. pen., deve essere risolto con l'affermazione della competenza del Tribunale di Trieste.
2. Quanto alla regola di determinazione della competenza per territorio, va premesso che a carico del G. è stata elevata l'accusa di cui all'art. 642 c.p., comma 2, per avere richiesto il risarcimento del danno, - subito a causa di un sinistro stradale, che lo aveva coinvolto quale pedone, investito dal veicolo condotto da tale S.M., ma di proprietà di D.G. -, in misura diversa e superiore al reale ed all'indennizzo già percepito direttamente dal D..
2.1 Ciò posto, il punto di effettivo contrasto tra i giudici, chiamati a pronunciarsi nei riguardi della vicenda penale contestata al G., investe l'individuazione del luogo di consumazione del delitto. Al riguardo il Tribunale di Trieste, con rilievi non contestati esplicitamente dal giudice rimettente, ha osservato che il delitto di frode assicurativa si consuma in un momento anticipato rispetto alla percezione del vantaggio patrimoniale perseguito ingiustamente dal soggetto agente. Ha quindi stimato "irrilevanti, ai fini della competenza territoriale, i luoghi di spedizione della richiesta di risarcimento danni, ovvero ancora le eventuali trattative con il soggetto passivo" perchè successivi alla già perfezionata consumazione dell'illecito ed aggiunto che, poichè la condotta "pare essere stata eseguita e realizzata altrove rispetto a Trieste", tale luogo risulta coinvolto soltanto per esservi giunta presso la sede della società Generali s.p.a. la richiesta di risarcimento dei danni, sebbene lo stesso sia estraneo allo "svolgimento dei fatti". La conclusione raggiunta sull'impossibile individuazione del luogo di compimento dei comportamenti integranti il delitto, rimasto incerto, implica per il Tribunale di Trieste la necessità di ricorrere al criterio suppletivo dettato dall'art. 9 c.p.p., comma 2, della residenza dell'imputato, rientrante nel circondario del Tribunale di Napoli. Quest'ultimo Ufficio giudiziario ha, invece, ritenuto di dover assegnare valore dirimente al criterio di collegamento del luogo in cui ha la residenza o la sede la persona offesa, che aveva ricevuto la richiesta risarcitoria, perchè la sua ricezione segna il momento consumativo del reato.
2.2 Osserva il Collegio che la soluzione prescelta dal Tribunale di Trieste non è corretta sul piano giuridico e non è esplicitata in termini motivazionali convincenti.
2.2.1 In primo luogo, quel giudice non pare avere focalizzato il contenuto dell'addebito per come formulato nell'imputazione. Il richiamo alla pluralità di condotte materiali, cinque in tutto, considerate integrare il delitto in esame ed alternativamente previste dell'art. 642 cod. pen., primi due commi quindi in ipotesi anche concorrenti, costituisce un dato oggettivo e testuale ricavabile dalla norma incriminatrice, ma non risolutivo qualora non si confronti tale constatazione con la struttura della fattispecie concreta per come articolata e descritta in concreto dall'accusa. Risulta dunque astratta e non comprensibile nel riferimento al caso specifico l'affermazione per cui "l'alternatività di simili fattispecie di reato imponga...l'individuazione del primo reato..che non può essere quello derivante dall'invio della richiesta di risarcimento dei danni". Al contrario, l'imputazione elevata a carico del G. gli attribuisce la sola condotta di avere richiesto alla compagnia assicuratrice Generali s.p.a. il risarcimento del danno in conseguenza dell'investimento subito da parte del veicolo di proprietà del D., nonostante costui lo avesse già direttamente risarcito nel contesto della definizione amichevole della vicenda con rinuncia da parte del G. a conseguire ulteriore indennizzo, in modo da indurre in errore l'impresa di assicurazioni e da ottenere una prestazione superiore a quanto spettantegli. Rispetto a tale addebito, non è dato cogliere nell'imputazione, nè una pluralità di comportamenti fraudolenti, nè un "primo reato" antecedente l'invio della richiesta risarcitoria, che, al contrario, è l'unica delineata e contestata.
2.2.2 Inoltre, non emerge dalla sentenza del Tribunale di Trieste che il giudice abbia ben inteso il significato della caratteristica del reato di cui all'art. 642 cod. pen. quale fattispecie a consumazione anticipata, ossia perfezionata prima ancora del verificarsi del pregiudizio per la persona offesa e del conseguimento del vantaggio per l'autore della condotta, tanto più che non ha specificato in quale momento e tramite quale attività illecita, - antecedente la formulazione della richiesta di risarcimento, che è stata considerata irrilevante al fine di stabilire la competenza per territorio -, il reato si sarebbe realizzato. Così come non è pertinente la citazione della pronuncia Cass. sez. 1, n. 8064 del 19/05/1998, Baldassarre ed altri, rv. 211759, in cui si è ritenuto rilevante ai fini della determinazione del momento di consumazione del reato quello in cui si era compiuta la fraudolenta distruzione della cosa assicurata, perchè riferito a quella specifica ipotesi di realizzazione della fattispecie criminosa, ben diversa nella sua materialità da quella ascritta al G. di fraudolenta prospettazione ed esagerazione del danno, in realtà già risarcito in entità inferiore alla richiesta, rientrante nella quinta condotta prevista dall'art. 642 cod. pen., comma 2 consistente nella falsificazione o alterazione della documentazione relativa al sinistro.
2.2.3 In punto di diritto s'impone la considerazione dei principi interpretativi, dettati da questa Corte, la quale ha affermato che il reato di cui all'art. 642 cod. pen. si caratterizza per la consumazione anticipata e non richiede il conseguimento di un effettivo indebito vantaggio, ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere quello scopo (sez. 2, n. 48925 del 12/10/2016, Virgilio e altri, rv. 268349; sez. 2, n. 8105 del 21/01/2016, Pg in proc. Nucera, rv. 266235), obiettivo che può ritenersi raggiunto allorchè la pretesa risarcitoria sia formulata e portata a conoscenza dell'effettivo titolare del potere dispositivo del diritto presso la sede del soggetto giuridico legittimato ad istruire la pratica, procedendo alla liquidazione del sinistro, essendo a tal fine irrilevante la ricezione dell'atto da parte della locale agenzia, intermediaria tra l'assicurato e la società assicuratrice.
Operando il calzante raffronto con la fattispecie di tentata truffa mediante condotta fraudolenta consistita nella spedizione alla persona offesa di documentazione contraffatta, si è sostenuto che, nell'alternativa tra individuare quale luogo di consumazione quello di partenza della richiesta o quello di ricezione del plico da parte del soggetto passivo, è preferibile riferirsi a quest'ultimo criterio poichè, "nel caso di comunicazione a distanza, l'azione criminosa ha natura chiaramente ricettizia, nel senso che acquista rilievo penale solo quando la falsa dichiarazione perviene a conoscenza del raggirato perchè solo in quel momento è astrattamente possibile l'induzione in errore" (sez. 2, sent. n. 39151 dell'11/10/2011, Carovilla, rv.251487).
La diversa possibile opzione comporterebbe l'individuazione del foro in base a criteri non oggettivi e verrebbe rimessa alla discrezionalità dell'autore del reato, in funzione della scelta da costui effettuata dell'ufficio assicurativo a cui inviare la richiesta o - secondo la tesi qui non accolta - del luogo di spedizione della richiesta stessa.
Tale principio è stato elaborato in riferimento alla fattispecie di tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, consumata mediante spedizione di un messaggio o documento (vedi altresì l'ordinanza sez. 1, n. 2548 del 28/11/1967, dep. 05/02/1968, Pater, rv. 106643), in ordine alla quale si è ritenuto che la competenza si fosse radicata nel luogo in cui il messaggio aveva raggiunto il destinatario ed avrebbe potuto indurlo in errore e provocare l'atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole, qualora avesse acceduto alla richiesta.
2.3 Va condivisa la constatazione della validità di tali principi anche se riferiti alla fattispecie prevista dall'art. 642 cod. pen., poichè la condotta criminosa si realizza parimenti mediante la richiesta risarcitoria, atto unilaterale recettizio, in grado di produrre l'effetto soltanto quando e laddove giunga a conoscenza del destinatario o questi l'abbia ricevuto nel suo domicilio o sede. Trattandosi poi di atto indirizzato a persona giuridica, l'impresa assicuratrice, viene in rilievo l'ubicazione territoriale della sua sede legale all'epoca dei fatti, luogo che risulta essere Trieste, secondo quanto allegato e documentato da parte della stessa, costituitasi parte civile, poichè in tale città che erano presenti quegli organi o comparti della struttura societaria dotati di poteri valutativi e decisionali in merito all'oggetto della denuncia, quali, per esempio l'ufficio sinistri o il centro di liquidazione danni, in grado di procedere all'erogazione della prestazione richiesta.
In tale senso si è già pronunciata questa Corte, risolvendo conflitti analoghi secondo una linea interpretativa che merita condivisione (sez. 1, n. 41223 dell'11/06/2018, confl. comp. in proc. Vallate; sez. 1, n. 36459 del 9/04/2018, confl. comp.in proc. Restolfer ed altro, sez. 1, n. 22895 del 291/01/2018, confl. comp. in proc. Devaddis, tutte non massimate).
Va dunque stabilita la competenza del Tribunale di Trieste.
P.Q.M.
Dichiara la competenza del Tribunale di Trieste, cui dispone trasmettersi gli atti.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018