RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano confermava la condanna dell'imputato alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato previsto dall'art. 642 cod. pen..
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che deduceva:
2.1. vizio di legge e di motivazione: la querela sarebbe tardiva in quanto la Duomo assicurazioni avrebbe avuto contezza del fatto a far data dal 12 ottobre 2010, quando comunicava al C. l'impossibilità di procedere al risarcimento del danno in relazione alla ritenuta incompatibilità dei danni patiti con il sinistro denunciato; non sarebbe pertanto rilevante, ai fini della completa conoscenza del fatto la relazione dell'investigatore privato, depositata presso la Compagnia assicurativa il 31 gennaio 2011.
Si deduceva inoltre che la incompatibilità dei danni patiti con l'incidente denunciato era stato posto alla base dell'accertamento di responsabilità, sicchè sarebbe illogico ritenere che la rilevazione di tale incompatibilità integrasse la piena conoscenza del fatto;
2.2. vizio di legge e carenza di motivazione: si deduceva il difetto di legittimazione della querelante Duomo assicurazioni che assicurava la vettura tamponata: l'assicurazione offesa sarebbe la "Milano", ovvero la compagnia assicuratrice che copriva i rischi RCA dell'autovettura tamponante.
2.3. vizio di legge e di motivazione: per l'accertamento di responsabilità sarebbero state utilizzate le dichiarazioni rese dall'imputato all'investigatore privato che le aveva raccolte nell'ambito di una attività investigativa difensiva di tipo "preventivo", senza il rispetto delle regole codicistiche; segnatamente: si deduceva che non vi era traccia di alcun incarico conferito ad un difensore, l'unico che avrebbe potuto delegare l'investigatore privato a svolgere gli accertamenti e che non sarebbero stati somministrati gli avvisi ex art. 391 bis c.p.p., comma 3;
2.4. vizio di legge e di motivazione in relazione alla mancata dimostrazione dell'esistenza di un valido contratto assicurativo, presupposto indefettibile per la configurazione del reato contestato;
2.5. vizio di legge e di motivazione: sarebbe illegittima la costituzione di parte civile della "Duomo assicurazioni" e le conseguenti statuizioni liquidate a suo favore: si ribadiva che la parte civile avrebbe invece dovuto essere individuata nella "Milano assicurazioni".
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il motivo che deduce la tardività della querela è manifestamente infondato. In materia il collegio ribadisce che la decorrenza del termine per la presentazione della querela è differita quando la persona offesa deve compiere accertamenti al fine di acquisire la consapevolezza della illiceità penale del fatto, ma tale differimento si protrae solo per il tempo strettamente necessario al compimento di tali verifiche, non potendo farsi discendere dall'inerzia di una parte la produzione di effetti sfavorevoli per l'imputato (Cass. Sez. 2, n. 7988 del 01/02/2017 - dep. 20/02/2017, Ippolito, Rv. 269726; Cass. Sez. 5, n. 17104 del 22/12/2014 - dep. 23/04/2015, Slimani, Rv. 263620).
Nel caso di specie la compagnia assicuratrice, come rilevato dalle due sentenze conformi di merito acquisiva piena conoscenza del fatto illecito solo al momento in cui veniva depositata la relazione dell'investigatore delegato al compimento degli accertamenti tecnici per verificare l'effettiva incompatibilità tra i danni patiti e le modalità del sinistro denunciate.
Sul punto la Corte di appello chiariva, infatti, che la compagnia assicuratrice querelante aveva avuto piena cognizione del fatto illecito solo a seguito della ricostruzione organica dell'evento desumibile dalla relazione informativa redatta dalla D. T. Gest. S.r.l. (pag. 3 della sentenza impugnata).
1.2. Sia il secondo motivo che il quinto motivo di ricorso con i quali si deduceva la carenza di legittimazione a costituirsi parte civile della compagnia che assicurava l'autovettura dell'imputato sono manifestamente infondati.
Si ribadisce che la persona offesa è il soggetto titolare dell'interesse direttamente tutelato dalla norma incriminatrice e tale deve, pertanto, considerarsi l'assicurazione richiesta di provvedere immediatamente al risarcimento del danno, nulla rilevando che tale compagnia possa poi rivalersi su altra assicurazione (che patisce un danno, ma non riveste la qualità di persona offesa).
Sul punto la Corte territoriale evidenziava che, nel caso di specie, era stato legittimamente applicato l'art. 149, comma 3 del Codice delle assicurazioni private che obbliga la compagnia assicuratrice del veicolo danneggiato a risarcire immediatamente i danni per conto della società che assicura il veicolo responsabile, salva la successiva regolazione dei rapporti (pag. 3 della sentenza impugnata).
1.3. Anche il motivo di ricorso che deduce l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato all'investigatore delegato dalla assicurazione è manifestamente infondato.
Invero l'attivazione dello statuto codicistico previsto per la regolazione delle attività di investigazione difensiva preventiva (artt. 391 nonies e 377 bis cod. proc. pen.) dipende integralmente dalla volontà del soggetto di farsi essendo la stessa del tutto facoltativa.
Nel caso di specie la assicurazione non intendeva affatto attivare le investigazioni difensive preventive previste dall'art. 391 nonies cod. proc. pen., ma semplicemente chiarire, attraverso l'approfondimento tecnico delegato, la apparente (nelle prime fasi della verifica) incompatibilità tra i danni patiti e la dinamica del sinistro denunciata.
Tale approfondimento, peraltro, si è svolto prima dell'iscrizione della notizia di reato, sicchè le dichiarazioni rese dal C. in quella sede non dovevano essere assunte con modalità garantite.
Sul punto la Corte territoriale ha correttamente richiamato la decisione della cassazione secondo cui le dichiarazioni rilasciate all'investigatore privato incaricato dalla compagnia assicuratrice sono utilizzabili, non trattandosi di dichiarazioni assunte dal difensore dell'indagato nell'ambito di attività d'investigazione difensiva, e non trovando, pertanto, in relazione ad esse applicazione la disciplina prevista dall'art. 391 bis cod. proc. pen. (Cass. n. 14608 del 2010, non massimata).
Tali dichiarazioni, nel caso di specie, devono, piuttosto, essere inquadrate come confessione stragiudiziale, sicchè assumono valore probatorio secondo le regole del mezzo di prova che la immette nel processo (Cass. sez. 2, n. 38149 del 18/06/2015 - dep. 21/09/2015, Russo e altri, Rv. 264972; Cass. sez. 1, n. 17240 del 02/02/2011 - dep. 04/05/2011, Consolo e altri, Rv. 249960), ovvero, nel caso in esame, attraverso la valutazione degli approfondimenti tecnici sulla dinamica del sinistro entrati nel processo attraverso la acquisizione della relazione tecnica delegata dalla assicurazione alla società D. T. Gest s.r.l.
1.4. Può pertanto essere affermato che il ricorso alla attività di investigazione preventiva prevista dall'art. 391 nonies cod. proc. pen., cui consegue l'attivazione del relativo statuto processuale, è del tutto facoltativa e che il conferimento dell'incarico di analizzare la dinamica del sinistro da parte della compagnia assicuratrice all'investigatore privato non soggiace a tale regime.
Si ribadisce inoltre che le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona che assumerà la veste di indagato all'investigatore delegato non devono essere garantite dalla somministrazione degli avvisi, configurandosi come dichiarazioni extraprocedimentali, sempre utilizzabili in sede processuale, sebbene valutabili secondo le regole che governano il mezzo di prova che le immette nel processo.
1.5. Anche la doglianza che deduce la insufficienza del quadro probatorio in relazione alla mancata verifica dell'esistenza di un valido contratto assicurativo è manifestamente infondato.
La doglianza è generica e non si confronta con gli argomenti spesi sul punto dalla Corte territoriale che ha chiarito che l'esistenza di un valido ed efficace contratto assicurativo risultava attestato dalla querela che indicava il relativo numero di polizza. In materia, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno stabilito che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Cass. sez. un n. 8825 del 27/10/2016 Rv. 268822).
2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 2000,00.
Il ricorrente deve altresì essere condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile società Cattolica di Assicurazioni Soc. Coop. che si liquidano, tenuto conto dei parametri di legge, in Euro 3510 oltre spese generali nella misura del 15% CPA ed IVA.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000.00 a favore della Cassa delle Ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile società Cattolica di Assicurazioni Soc. Coop. che liquida in Euro 3510 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2018