OSSERVA
Con ordinanza del 13-14/03/2013, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona rigettò la richiesta di emissione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.I., di P.F., di C.D., di M.P. e di T.F. indagati per i reati di fraudolento danneggiamento dei beni assicurati (art. 642 c.p., comma 2: denunciavano un falso tamponamento di una autovettura nel loro possesso e la successiva falsa rapina della stessa auto da parte degli ignoti autori del tamponamento), falso in certificazione amministrativa (artt. 476 e 482 c.p.: falsificavano la carta di circolazione dell'auto di cui sopra emettendo la fattura di vendita della predetta auto a favore del T. per un'operazione in realtà mai avvenuta), determinavano in errore un pubblico ufficiale che rilasciava loro falsi documenti (artt. 48 e 479 del c.p.). In particolare il G.I.P. riteneva che il fatto qualificato come reato di cui all'art. 642 c.p., in realtà doveva essere qualificato come simulazione di reato e tentativo di truffa all'assicurazione (gli imputati avevano denunciato una falsa rapina e, poi, avevano tentato di ottenere dall'assicurazione la liquidazione del valore dell'auto sottratta).
Il G.I.P. sottolineava, inoltre, che l'art. 642 c.p., comma 2, riguarda solo i sinistri che provocano lesioni personali e non contempla, invece, le ipotesi di furto o di rapina. Riteneva, infine, che per i reati di falso non sussistesse l'esigenza cautelare di cui all'art. 274 c.p.p., lett. C, anche perchè gli indagati erano tutti incensurati ed era trascorso un notevole lasso di tempo tra i fatti e la richiesta di custodia.
Avverso il provvedimento di cui sopra il Procuratore propose appello, ma il Tribunale di Verona, con ordinanza del 17/05/2013, lo rigettò confermando l'ordinanza impugnata. In particolare il Tribunale aderì all'interpretazione dell'art. 642 c.p., data dal G.I.P. e ritenne insussistenti le esigenze cautelari per i reati di falso.
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona deducendo l'erronea interpretazione della norma da parte del Tribunale che non tiene conto del reale significato del termine sinistro - che è stato inserito dal Legislatore con la L. n. 273 del 2002, al fine di ampliare le ipotesi già previste dalla predetta norma - che è quello di qualsiasi evento coperto dal rischio oggetto del contratto assicurativo.
Il ricorrente conclude, quindi, per l'annullamento dell'impugnata ordinanza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso del P.M. è fondato e va, pertanto, accolto.
Invero i Giudici di merito hanno erroneamente interpretato l'art. 642 c.p., (ed è solo per questo reato che il P.M. ha presentato ricorso, non avendo questi impugnato la decisione del Tribunale sulla ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari i per i reati di falso).
Si deve in proposito, preliminarmente, evidenziare che a seguito delle modifiche apportate all'art. 642 c.p., dalla L. n. 273 del 2002, la nuova disposizione normativa ha introdotto un ampliamento delle condotte punibili. Alle originarie previsioni della distruzione della cosa assicurata o del cagionare a se stessi lesioni personali, sono state aggiunte ulteriori condotte; quindi l'art. 642 c.p., prevede cinque ipotesi delittuose: il danneggiamento dei beni assicurati: primo comma, nella parte in cui prevede "distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà"; b) la falsificazione od alterazione della polizza o della documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione: primo comma, seconda parte; c) la mutilazione fraudolenta della propria persona: secondo comma, prima parte, nella parte in cui prevede:
"cagiona a sè stesso una lesione personale o aggrava le conseguenze della lesione personale prodotta da infortunio"; d) la denuncia di un sinistro non avvenuto: secondo comma nella parte in cui prevede "denuncia un sinistro non accaduto"; e) la falsificazione o alterazione della documentazione relativi al sinistro: comma 2, ultima parte, nella parte in cui prevede: "distrugge, falsifica, altera o precostituisce elementi di prova o documentazione relativi al sinistro".
Il bene giuridico tutelato dalla norma è rappresentato dal patrimonio della compagnia di assicurazione (si veda Sez. 2, Sentenza n. 22906 del 16/05/2012 Ud. - dep. 12/06/2012 - Rv. 252997). Non va dimenticato che l'art. 642 costituisce un'ipotesi criminosa speciale rispetto al reato di truffa di cui all'art. 640 c.p., atteso che nel primo sono presenti tutti gli elementi della condotta caratterizzanti il secondo e, in più, come elemento specializzante, il fine di tutela del patrimonio dell'assicuratore (Sez. 6, Sentenza n. 2506 del 13/11/2003 Ud. - dep. 24/01/2004 - Rv. 227890; Sez. 2, Sentenza n. 24340 del 18/05/2010 Ud. - dep. 25/06/2010 - Rv. 247934).
Orbene dalla lettura della motivazione della sentenza di questa Corte (n. 22906 del 16/05/2012, Rv. 252997, sopra citata) - evocata dal P.M. nel suo appello e liquidata dal Tribunale come non pertinente a sostenere la tesi della sussistenza del reato di cui all'art. 642 c.p. - si ha la prima conferma dell'erronea interpretazione dei giudici di merito del predetto articolo. Infatti, in tale decisione si afferma: "... proprio per questo anche in relazione a tali diverse fattispecie il presupposto dell'ipotesi criminosa rimane il fatto, come per il passato, che tra le parti sussista o sia almeno sussistito (come si può supporre in ipotesi di alterazione della data di scadenza) un valido rapporto contrattuale. Nel caso di specie l'azione del reo non era rivolta ad ottenere il risarcimento del danno oggetto della polizza di assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione...". Quindi per questa Corte l'art. 642 c.p. - proprio per i motivi che hanno spinto il Legislatore ad ampliare i casi nella stessa norma originariamente previsti - punisce chi ponendo in essere una delle condotte sopra delineate voglia ottenere un indebito risarcimento nascente da qualsiasi contratto assicurativo depauperando ingiustamente il patrimonio della compagnia di assicurazione. Invero l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 642 c.p., si connota - sotto il profilo soggettivo - per il contenuto specifico del fine dell'ingiusto profitto, diretto a "conseguire" l'indennizzo da un'assicurazione e - sotto il profilo oggettivo - per il contenuto, anch'esso specifico, dell'azione del soggetto attivo del reato che nel caso di specie è consistito nel denunciare un falso sinistro per il quale era regolarmente assicurato (sottrazione dell'autovettura - nel caso di specie attraverso un'inventata rapina a seguito di un altrettanto inesistente tamponamento - e conseguimento del risarcimento da parte della Compagnia assicuratrice; si veda in proposito: Sez. 2, Sentenza n. 24340 del 18/05/2010 Ud. - dep. 25/06/2010-Rv. 247934).
A fronte di tutto ciò entrambi i giudici di merito interpretano la parola sinistro limitandolo solo all'incidente stradale (tra l'altro senza indicare sulla base di cosa arrivano a tale decisione).
Interpretazione, che non solo è contraria a quanto comunemente inteso in ambito assicurativo (presso ogni assicurazione vi è, infatti, un ufficio sinistri che si occupa di liquidare i risarcimenti dei danni coperti da un qualsiasi contratto assicurativo e non solo, quindi, per quelli nascenti dai contratti assicurativi relativi alla circolazione stradale), non solo contraria alla chiara ratio della norma, ma soprattutto contraria al significato letterale della parola sinistro. Infatti, i migliori dizionari della lingua italiana definiscono il sinistro come l'evento pregiudizievole subito dal fruitore di un contratto di trasporto o di assicurazione, che fa sorgere in capo a questi il diritto alla rivalsa o al risarcimento.
A conferma della validità di quanto sopra si ha la decisione di questa Corte (n. 1856 del 17/12/2013) che fornisce della parola sinistro il corretto significato di cui sopra. Si legge, invero, nella motivazione della predetta sentenza: ".... Ora, all'imputata, nel capo sub a) è stata contestata la condotta del danneggiamento dei beni assicurati prevista nell'art. 642 c.p., comma 1, prima parte: distruggeva mediante incendio parte del materiale presente presso il capannone della suindicata ditta, nonchè parte degli infissi e delle strutture murarie; al capo sub b), le è stata, invece, contestata la condotta di aver denunciato danni superiori a quelli effettivamente prodotti dall'incendio verificatosi il (OMISSIS) presso il capannone della Newline-Textile in modo da indurre in errore la Unipol al fine di procurarsi un ingiusto vantaggio ai danni della compagnia di assicurazioni. La seconda delle condotte contestate, come appare evidente, rientra nella quinta fattispecie prevista dall'art. 642 c.p., ed esattamente in quella con la quale il soggetto attivo falsifica, altera documentazione relativa al sinistro" (Sez. 2, Sentenza n. 1856 del 17/12/2013 Ud. - dep. 17/01/2014 - Rv 258012).
Pertanto l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Venezia per un nuovo esame che dovrà tener conto del principio di diritto di cui sopra.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Venezia per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2014