Tribunale Nola, 13/01/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 13/01/2022), n.2237
La rapina impropria si configura quando, subito dopo la sottrazione di un bene, l'agente esercita violenza o minaccia, anche con l'uso di un'arma impropria, per assicurarsi il possesso del bene sottratto o per garantirsi l'impunità. La contestualità temporale della violenza non richiede un'immediata coincidenza cronologica con la sottrazione, ma deve rientrare nella continuità dell'azione delittuosa.
Giovanna Rosa Immacolata Di Petti Presidente
Giusi Piscitelli Giudice
Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi Giudice estensore
Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal G.U.P. - sede - in data 24.03.2021, Ru. An. Ma., Fu. La. e Ma. Vi. venivano tratti a giudizio di questo Tribunale per rispondere del reato in epigrafe trascritto.
All'udienza del 17.06.2021, dichiarata l'assenza degli imputati, ritualmente citati e non comparsi, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento ed ammetteva le prove orali e documentali richieste dalle parti e differiva il processo per l'escussione dei testi del Pm.
All'udienza del 14.10.2021, su consenso delle parti si acquisivano: la querela sporta dal teste del Pm Si. An. (con riserva di domande a chiarimento); i verbali di individuazione fotografica eseguiti dal Si. in data 5.1.2020; il verbale di sommarie informazione rese dal teste del Pm De. Pr. Ci. in data 18.11.2019, nonché i verbali di individuazione fotografica eseguiti dal predetto in data 5.1.2020 (con riserva di domande a chiarimento); supporto Usb contenente le immagini estrapolate dalla videocamera di sorveglianza posta a presidio dell'esercizio commerciale Lidl di (omissis), unitamente al verbale di prelievo delle immagini; l'informativa di reato n. 11/3-9 del 27.01.2020 redatta dal teste del Pm Ca. Fr. (con riserva di domande a chiarimento); la visura Aci della vettura tg. (omissis); il verbale di sommarie informazioni rese dal teste dei Pm Pa. Ma. in data 23.11.2019, previa rinuncia all'escussione del predetto teste ed il Tribunale ne revocava l'ordinanza ammissiva.
All'odierna udienza, dichiarata la chiusura dell'istruttoria dibattimentale, il Tribunale invitava le parti a rassegnare le proprie conclusioni, come in epigrafe riportate, sulla base delle quali pronunciava la sentenza di cui all'allegato dispositivo, riservandosi il deposito delle motivazioni nel più ampio termine di giorni 60.
Motivi della decisione
Sulla scorta degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento ex art. 493 comma 3 c.p.p. (analiticamente indicati nel paragrafo relativo allo svolgimento del processo), unitamente alle dichiarazioni rese dai testi del Pm escussi, sono emersi univoci elementi di reità a carico degli odierni imputati in ordine al reato loro ascritto nel capo d'imputazione.
I fatti per cui si procede possono essere preliminarmente ricostruiti sulla base della denuncia sporta da Si. An. (direttore del punto vendita Lidl sito in (omissis) alla Via (omissis)) in data 17.11.2019, il cui contenuto dichiarativo è stato integralmente riscontrato dal verbale di sommarie informazioni rese da De. Pr. Ci. (dipendente del predetto esercizio commerciale). Il Si. riferiva che, in data 17.11.2019, alle ore 13:20 circa, venne allertato da alcuni clienti in quanto due donne (di cui una incinta) stavano trafugando generi alimentari tra gli scaffali del negozio; il denunciante si portò, quindi, presso l'uscita dell'esercizio commerciale e notò le due donne uscire dal supermercato senza pagare i prodotti indebitamente prelevati (peraltro privati del sistema antitaccheggio) e custoditi all'interno di alcune borse a tracolla. Le due donne si dirigevano nei pressi della loro autovettura (una (omissis) tg. (omissis)) ove, ad attenderle, vi era un uomo dell'età di circa 30/35 anni, alto circa 165 cm, biondo, indossante un cappello di colore rosso, un pantalone chiaro ed un bomberino di colore nero.
Il Si. e il De. Pr. invitarono, quindi, le due donne a restituire quanto sottratto, ma le stesse iniziarono a rivolgere loro insulti. In particolare, una delle due percosse il Si. con diversi calci all'addome e graffi alla mano, allo scopo di guadagnare la fuga (in sede dibattimentale sia il Si. che il De. Pr. riferirono che anche quest'ultimo fu spintonato da una delle due donne).
In questo frangente, mentre le due donne si dirigevano verso l'autovettura, intervenne l'individuo di sesso maschile (di cui sopra) che, dopo essere sceso dall'abitacolo della vettura, prelevò dal cofano una mazza da baseball. Il predetto si rivolse alla compagna chiedendo chi l'avesse bloccata; brandì, quindi, la mazza da baseball e si avvicinò al denunciante e al De. Pr. minacciando loro di colpirli (cfr. "vi rompo la testa, chi è stato"), il Si. si avvicinò all'uomo per cercare di spiegare l'accaduto; quest'ultimo, dopo essersi calmato, rientrò nell'abitacolo della vettura percuotendo la propria compagna per poi scendere nuovamente dalla vettura e rassicurare il Si. che di lì a poco avrebbe riconsegnato la merce. Tuttavia, i tre soggetti si allontanarono dal parcheggio dell'esercizio commerciale e non fecero più ritorno, in tal modo impossessandosi della refurtiva. Il denunciante chiariva che il valore della refurtiva sottratta ammontava a circa 320,00 Euro e consisteva nei seguenti prodotti: una ventina di pacchi di gamberoni argenti (del valore di Euro 9,99 al pezzo); una bottiglia di Amaro del capo (del valore di Euro 10,89); 6 pezzi di formaggio da 900 gr. l'uno (del valore di Euro 11,99 al chilo); 5 pacchi di caffè Kimbo (del valore di Euro 5,99 l'uno). Il Si. fornì una descrizione somatica delle due donne: colei che sferrò calci al suo indirizzo (presunta compagna dell'uomo) era alta circa 155 cm, capelli rossi, dell'età di circa 30 anni, indossava un giubbotto di colore nero in pelle ed un jeans di colore grigio, parlava dialetto napoletano; la seconda donna, dell'età di circa 30 anni, era in stato di gravidanza, capelli biondi, indossava un giubbotto in pelle nero ed una gonna chiara di jeans.
Il denunciante allegò alla denuncia un video eseguito con il cellulare di uno dei collaboratori del supermercato, Sc. Gi., che riprese la scena descritta (acquisito in atti).
Dalla lettura dell'informativa di reato redatta da operanti in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di (omissis) (acquisita ex art. 493 comma 3 c.p.p.) si evince che, a seguito della denuncia sporta dal Si., gli operanti effettuarono immediatamente accertamenti in ordine alla titolarità della vettura (omissis) tg. (omissis) con la quale i soggetti in questione si erano recati presso l'esercizio commerciale. Il veicolo in questione risultava intestato a Pa. Ma. la quale, escussa a sommarie informazioni in data 23.11.2019 (acquisite ex art. 493 comma 3 c.p.p.), negava di essere la proprietaria della vettura in questione, riferendo che circa due anni prima smarrì la propria carta di identità e la tessera sanitaria, denunciando l'accaduto presso il Comando dei Carabinieri di Aversa. Gli operanti visionarono il video amatoriale eseguito da Sc. Gi. negli attimi precedenti all'aggressione e, comparando le effigi delle due donne presenti al momento dei fatti con quella di Pa. Ma., riscontrarono che non vi era alcuna somiglianza tale da poterne ricondurre l'identità. I militari, a quel punto, estrapolarono le immagini del sistema di videosorveglianza posto a presidio del supermercato Lidl (le quali, come analiticamente indicato in informativa, riportavano uno scarto orario di circa 15 minuti indietro rispetto all'ora legale), dalle quali appurarono quanto segue.
Alle ore 12:59 (orario sistema) giungeva nei pressi del supermercato Lidl l'autovettura (omissis) tg. (omissis) con a bordo tre soggetti (un uomo e due donne), compiutamente identificati in Ma. Vi., Fu. La. e Ru. An. Ma., odierni imputati; alle ore 13:03 le due donne prelevano alcune confezioni di prodotti ittici surgelati per poi allontanarsi in direzione della zona commerciale non coperta dalle telecamere. Dopo pochi minuti, alle ore 13:05 circa, le due donne ritornavano in obiettivo, ove lasciavano le confezioni precedentemente prelevate - evidentemente vuote - allo scopo di superare le barriere antitaccheggio.
Alle ore 13:06 le due donne si avvicinavano allo scaffale frigo ed ivi prelevavano diverse forme di formaggio che le due posizionavano con attenzione all'interno delle rispettive borse dopo aver rimosso l'adesivo antitaccheggio. Alle ore 13:08 circa, Si. e De. Pr. si avvicinavano alle due donne nell'intento di controllarle e le due, avvedutesi della presenza del personale del supermercato, si avvicinarono repentinamente all'uscita dell'esercizio commerciale nel tentativo di guadagnare la
fuga. Alle ore 13.09 le due donne, superate le barriere sonore, non solo non consentivano il controllo richiesto dallo staff del supermercato, ma spingevano con violenza i due soggetti (in particolare De. Pr. Ci.); alle ore 13:09 si notava, quindi, Fu. La. che sferrava un calcio all'indirizzo del Si.. Appena giunte nel parcheggio, si notava la presenza di Ma. Vi. che scendeva dall'autovettura e prelevava qualcosa dal lato posteriore del veicolo avvicinandosi immediatamente al Si..
Da un controllo effettuato in banca dati, la P,G. operante riscontrò che il veicolo in questione risultava essere in uso - di recente - a Ma. Vi. e Fu. La. (cfr. controllo del 2.12.2019), soggetti con numerosi precedenti penali e di polizia giudiziaria, alcuni dei quali riguardanti condotte illecite poste in essere unitamente all'imputata Ru. An. Ma., adottando il medesimo modus operandi utilizzato nel presente procedimento (cfr. pagg. 9 e 10 dell'informativa); peraltro, dalla comparazione eseguita tra le effigi fotografiche delle due donne con le immagini del sistema di videosorveglianza, vi era una perfetta sovrapponibilità.
Ad ulteriore riscontro dell'identità dei soggetti, la P.G. operante sottopose in data 5.1.2020 Si. An. e De. Pr. Ci. ad individuazione fotografica (cfr. verbali acquisiti ex art. 493 comma 3 c.p.p.), al cui esito i predetti riconobbero senza ombra di dubbio gli odierni imputati quali autori del reato perpetrato nei loro confronti.
Orbene, sulla base di tali risultanze istruttorie, ad avviso del Collegio giudicante, va sicuramente affermata la penale responsabilità degli imputati per il reato loro ascritto, così come correttamente contestato in rubrica.
La principale fonte di prova è costituita dalla denuncia sporta dalla persona offesa Si. An. (le cui dichiarazioni sono state confermate in sede dibattimentale), nonché dal verbale di sommarie informazioni rese dal testimone oculare De. Pr. Ci..
È orientamento consolidato della Corte di Cassazione che la testimonianza della persona offesa ben può costituire piena fonte di prova sufficiente anche da sola a suffragare la responsabilità dell'imputato, senza applicare le regole probatorie di cui all'art. 192, commi 3 e 4 c.p.p. sulla necessità di riscontri esterni, purché sottoposta al vaglio critico positivo sorretto da adeguata motivazione circa l'attendibilità del dichiarante, atteso che trattasi di un soggetto non immune da sospetto in quanto portatore di un interesse contrastante con quello dell'imputato (cfr. tra le altre Cass. sez. pen. I°, 24/9/97 nr.8606; Sez. 6, Sentenza n. 27322 del 14/04/2008 Imputato: De Ri.);
"Le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone" (Cass. Sez. Unite Sentenza n. 41461 del 19/07/2012 dep. 24/10/2012 Rv. 253214 Massime precedenti Conformi: N. 27322 del 2008 Rv. 240524, N. 1818 del 2011 Rv. 249136, N. 28913 del 2011 Rv. 251075, N. 44644 del 2011 Rv. 251661).
Il controllo di attendibilità, da valutarsi globalmente, tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo, deve essere tanto più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di pretese economiche, da cui l'opportunità di procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 29372 del 24/06/2010 Imputato: St.; Sez. U, Sentenza n. 41461 dei 19/07/2012 dep. 24/10/2012 Rv. 253214).
E' legittima, altresì, la valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, purché il giudizio di inattendibilità, riferito soltanto ad alcune circostanze, non comprometta per intero la stessa credibilità del dichiarante ovvero non infici la plausibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un'interferenza fattuale e logica tra gli aspetti del narrato per i quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e quelli che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrati (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 20037 del 19/03/2014 dep. 14/05/2014 Rv. 260160; Sez. 3, Sentenza n. 3256 del 18/10/2012 dep. 22/01/2013 Rv. 254133).
Nel caso in esame, le dichiarazioni rese da Si. An. e De. Pr. Ci. devono ritenersi del tutto genuine, spontanee e non dettate da alcuna spinta o finalità preordinatamente calunniatoria o accusatoria, in assenza di un qualunque effettivo rapporto di frequentazione e di ragioni di inimicizia, conflittualità o acredine nei confronti degli imputati. Le dichiarazioni, provenienti da soggetti che neppure hanno inteso costituirsi parte civile nel processo, sono dotate di costanza, credibilità intrinseca e coerenza logica interna, non emergendo nel narrato alcun profilo di eclatante inverosimiglianza, illogicità o contraddittorietà.
Al riguardo si evidenzia che:
• il Si. ha presentato la denuncia immediatamente dopo la rapina recandosi il giorno stesso presso gli uffici della Stazione Carabinieri di (omissis) allorquando il ricordo delle fattezze fisiche dei rapinatori era assolutamente vivo, traumatico e non compromesso dal decorso del tempo.
• In sede di denuncia e di sommarie informazioni, il Si. e il De. Pr. hanno fornito rispettivamente una descrizione dettagliata e puntuale, priva di incongruenze o illogicità, della sequenza e dinamica dell'episodio nonché delle caratteristiche somatiche dei rapinatori, riconoscendo senza alcun dubbio gli odierni imputati.
• il Si. e il De. Pr. hanno effettuato il riconoscimento fotografico senza manifestare alcuna riserva o incertezza, consultando le foto inserite nel fascicolo fotografico nell'immediatezza e riconoscendo senza ombra di dubbio gli odierni imputati quali autori materiali del commesso reato.
• In sede testimoniale hanno reso, a distanza di tempo, dichiarazioni collimanti con il contenuto degli atti predibattimentali sia quanto alla descrizione dinamica del fatto storico sia quanto alla individuazione dei rapinatori, manifestando costanza nel narrato ed assenza di contraddittorietà ed esitazione nella esposizione dei fatti.
La riconducibilità indiscussa dell'azione delittuosa agli odierni imputati è, dunque, basata sul riconoscimento fotografico effettuato con esito positivo da Si. e De. Pr., ulteriormente corroborato dagli accertamenti operati dai testi di P.G. che, all'esito della visione delle immagini estrapolate dal sistema di video sorveglianza del supermercato Lidl, accertavano senza ombra di dubbio la riconducibilità dell'azione delittuosa agli odierni imputati. Le modalità procedimentali di esecuzione dell'atto investigativo, come descritte dal teste di P.G. e come versate negli atti investigativi, devono ritenersi idonee ad assicurare la spontaneità e genuinità dell'esito. Dunque, il riconoscimento deve ritenersi garantito dall'adozione degli opportuni accorgimenti per evitare condizionamenti nell'atto ricognitivo. Il teste qualificato di P.G. ha reso, al riguardo, dichiarazioni del tutto attendibili su attività istituzionale del proprio ufficio e collimanti con i dati investigativi riscontrati, senza preventivamente condizionare in alcun modo l'individuazione fotografica effettuata da Si. e De. Pr., del tutto spontanea e genuina.
Orbene, quanto alla valenza probatoria dell'individuazione di un soggetto, sia personale che fotografica, va rimarcato che essa è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione. Pertanto, la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1867 del 21/02/2013 dep. 17/01/2014 Rv. 258173).
Quanto, invece, alla configurabilità del delitto di rapina contestato, giova premettere che l'art. 628 secondo comma c.p. reprime la condotta di chi, impossessatosi di una cosa mobile altrui, adoperi immediatamente dopo la sottrazione violenza o minaccia per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa ovvero per assicurarsi l'impunità. Si tratta di un reato complesso i cui elementi costitutivi integrano di per sé le due autonome fattispecie criminose del furto e della violenza privata: ai fini della configurabilità della rapina, quindi, occorrono l'impossessamento della res altrui e l'esercizio di violenza o minaccia nei confronti di una persona.
L'impossessamento della cosa altrui non esige il requisito della definitività della sottrazione, ma si realizza appena l'agente abbia conseguito la disponibilità materiale della cosa sottratta, sia pure per breve intervallo di tempo e nello stesso luogo, senza possibilità per la vittima di recuperarne il possesso con il normale esercizio del potere di vigilanza e custodia, bensì tramite un'azione violenta personale o da parte di terzi.
Per quanto attiene all'altro elemento costitutivo, la rapina impropria di cui all'alt. 628 cpv. cp., si configura quando la violenza o la minaccia nei confronti di una persona venga esercitata subito dopo l'impossessamento e tende ad impedire al derubato di tornare in possesso della cosa ovvero a procurare l'impunità all'agente. Tuttavia, il requisito dell'immediatezza della violenza o della minaccia indicato nell'art. 628 comma 2 c.p. non deve essere inteso in senso rigorosamente letterale, e cioè nel senso che la violenza o la minaccia debbano seguire, senza alcun intervallo di tempo, alla sottrazione, ma va riferito alla nozione di "flagranza" o "quasi flagranza" (Cass. pen., sez. II, sentenza del 26.10.2000 n. 12341 e più recentemente, Sez. II, sentenza n. 40421 del 26/06/2012).
In altri termini, non è richiesta la contestualità temporale tra la sottrazione e l'uso della violenza o della minaccia alla persona, che può anche essere diversa dal derubato, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco di tempo tale da non interrompere il nesso di contestualità dell'azione complessiva, nel senso che dette attività si presentino come un'azione unitaria culminante nell'attività diretta al fine alternativo di impedire al derubato di reimpossessarsi delle cose sottrattegli o di assicurare al colpevole l'impunità (cfr. Cass. pen., sez IV, 11.2.1999 sentenza n. 2828).
Quanto all'elemento soggettivo, la norma richiede la coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui accompagnata dalla coscienza e volontà di esercitare violenza o minaccia nei confronti di una persona per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o di procurare a sé o ad altri l'impunità.
Avuto riguardo alla contestazione in esame, ritiene il Tribunale che ricorrano senz'altro gli estremi identificativi del reato di rapina impropria, essendo pacificamente emerso sulla scorta dell'istruttoria svolta (vi è assoluta sovrapponibilità tra il portato narrativo delle dichiarazioni rese da Si. e De. Pr. con i riscontri investigativi operati dai testi qualificati di P.G.) che Fu. La. e Ru. An. Ma. siano state sorprese nell'atto di prelevare generi alimentari dagli scaffali dell'esercizio commerciale Lidl (alcuni dei quali opportunamente rimossi dalle rispettive confezioni munite di dispositivi antitaccheggio) per poi guadagnare l'uscita del supermercato, e atteso l'esercizio di violenza nei confronti degli agenti - immediatamente dopo la sottrazione - al solo scopo di guadagnare la fuga. Subito dopo l'azione violenta posta in essere dalle due imputate (come chiarito dai testi Si. e De. Pr. sia negli atti predibattimentali acquisiti al fascicolo del dibattimento che in sede di escussione dibattimentale), interveniva repentinamente Ma. Vi.. Quest'ultimo, dopo aver atteso le complici all'interno della vettura con la quale si recavano congiuntamente presso il supermercato, uscì dall'abitacolo della vettura brandendo una mazza da baseball e rivolgendosi al personale del supermercato con frasi dal tenore minatorio al solo fine di guadagnare l'impunità. Il Ma., perfettamente consapevole di quanto accaduto, rassicurava il Si. che di lì a poco avrebbe restituito la refurtiva, evento mai verificatosi in quanto i tre imputati andarono via a bordo della vettura, in tal modo assicurandosi il profitto della rapina.
Tale contiguità temporale porta univocamente a ritenere che l'azione posta in essere dagli imputati vada vista nel suo complesso e che, quindi, la violenza esercitata nei confronti degli agenti avesse senza dubbio quale scopo quello di assicurarsi l'impunità per la sottrazione appena commessa (cfr. in materia Cass. pen., Sez. 5, Sentenza n. 12597 del 30/11/2016).
A nulla rileva, infatti, che la violenza sia stata posta in essere in luogo diverso da quello ove era avvenuta la sottrazione, essendo sufficiente per la configurazione del contestato reato, come già detto, accertare unicamente l'unitarietà dell'azione (cfr. Cass. pen., Sez. 2, Sentenza n. 43764 del 04/10/2013).
Va, inoltre, ricordato che ai fini della configurabilità del reato di rapina impropria, non assume rilievo la circostanza che la violenza sia stata usata dall'imputato di sua iniziativa ovvero a seguito del tentativo del derubato o in questo caso degli agenti di fermarlo, in quanto è sufficiente l'esplicazione di un'energia fisica da parte del ladro intesa ad impedire al derubato di tornare in possesso della cosa sottrattagli ovvero intesa ad evitare di essere fermato o di procurarsi l'impunità. Tale violenza può consistere anche in una semplice spinta, in uno strattone, nel semplice fatto di divincolarsi o di sbracciarsi per non essere fermato e, a maggior ragione, nella colluttazione ingaggiata con gli agenti (cfr. Cass. pen., Sez. 2, Sentenza n. 14901 del 19/03/2015).
Non vi è alcun dubbio anche quanto all'elemento soggettivo del reato evincibile sia dalle modalità e circostanze dell'azione (si consideri la modalità operativa dell'azione in più persone e la complicità del Ma. che attendeva le due imputate nell'area di parcheggio del supermercato e che, una volta accertatosi che le autrici materiali del furto fossero all'interno della vettura, rassicurava il Si. che avrebbe restituito di lì a poco la merce, evento non verificatosi in quanto i tre guadagnavano prontamente la fuga a bordo della vettura in loro uso).
Ricorre l'aggravante dell'uso dell'arma, essendo state le minacce poste in essere dal Ma. con l'utilizzo di una mazza da baseball (sul punto, Cfr. Cassazione penale, sez. I, 24/05/2019, n. 26161, "Il porto senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione, di una mazza da baseball, da ritenersi arma impropria ai sensi dell'art. 4, comma 2, l. 18 aprile 1975 n. 110, costituisce reato anche qualora non emergano circostanze di tempo e di luogo indicative della sua chiara utilizzabilità per l'offesa alla persona, in quanto tale ulteriore condizione è prevista, dal citato secondo comma dell'art. 4, solo per il porto degli altri strumenti atti ad offendere, non indicati nel dettaglio).
Venendo alla determinazione della pena, gli imputati appaiono meritevoli della concessione delle circostanze attenuanti generiche, atteso il positivo e collaborativo comportamento processuale tenuto dalla difesa, che ha acconsentito all'acquisizione integrale degli atti di indagine, con evidente contrazione dei tempi processuali.
Tali attenuanti possono ritenersi in misura equivalente all'aggravante di cui all'art. 628 comma 3 c.p., nonché alle sussistenti recidive qualificate contestate agli imputati Ma. e Fu. (come emerge da una chiara lettura dei certificati penali allegati in atti).
Non può, invece, riconoscersi l'invocata attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. non ritenendosi il danno patrimoniale cagionato all'esercizio commerciale di particolare tenuità, atteso il non modico valore complessivo della refurtiva sottratta, pari a circa 320 Euro.
Tutto ciò considerato, tenuto conto delle modalità di realizzazione dei reati, della personalità degli imputati e di tutti gli altri parametri valutativi di cui all'art. 133 c.p., si stima equo irrogare agli stessi la pena finale di anni cinque di reclusione ed Euro 1.000 di multa, minimo edittale previsto dal primo comma dell'art. 628 c.p., applicato all'esito del giudizio di bilanciamento tra le attenuanti generiche e le contestate aggravanti.
Consegue per legge la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.
Attesa l'entità della pena irrogata, trovano applicazione, ai sensi degli artt. 29 e segg. c.p., le pene accessorie della interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e della interdizione legale per la durata della pena.
Alla luce dei carichi di lavoro, indica in giorni 60 il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara Ru. An. Ma., Fu. La. e Ma. Vi.
colpevoli del reato loro ascritto in rubrica e, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alle contestate aggravanti, li condanna rispettivamente alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letti gli artt. 29 e 32 c.p. dichiara gli imputati interdetti in perpetuo dai pubblici ufficiali nonché in stato di interdizione legale per la durata della pena inflitta.
Motivi in giorni 60.
Così deciso in Nola, il 18 novembre 2021
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2022