top of page

Recidiva specifica e responsabilità aggravata: condanna per rapine multiple con unico disegno criminoso (Giudice Napolitano Tafuri)

recidiva-rapine-multiple-responsabilita-aggravata-unico-disegno

Tribunale Napoli sez. IV, 23/12/2010, (ud. 18/11/2010, dep. 23/12/2010)

La condotta consistente nella partecipazione a rapine multiple, con recidiva specifica ed infraquinquennale, si qualifica come un unico disegno criminoso ai sensi dell’art. 81 c.p., configurando una responsabilità aggravata dalla brutalità delle modalità esecutive e dalla scelta di vittime vulnerabili.

Tentata estorsione e rapina aggravata: violenza per impedire l'esercizio del diritto di credito (Giudice Alessandro Cananzi)

Recidiva specifica e responsabilità aggravata: condanna per rapine multiple con unico disegno criminoso (Giudice Napolitano Tafuri)

Rapina aggravata e rito abbreviato: valore della confessione e attenuante del risarcimento del danno (Giudice Paola Scandone)

Rapina impropria aggravata: condanna per violenza post-sottrazione con arma impropria (Collegio - Di Petti presidente)

Condanna per tentata rapina aggravata: uso del coltello e intervento di terzi a interrompere l’azione criminosa (Collegio - Di Petti presidente)

Condanna per rapina aggravata: cinque anni di reclusione e revoca della sospensione condizionale (Collegio - Cristiano presidente)

Rapina aggravata e attendibilità delle dichiarazioni della vittima: accertamento di responsabilità nel rito abbreviato (Giudice Paola Scandone)

Tentata rapina: l'intimidazione a minori come strumento di coercizione (Giudice Diego Vargas)

Condanna per rapina pluri-aggravata e ricettazione: uso di arma e collegamento teleologico tra i reati (Collegio - Di Petti presidente)

La distinzione tra il reato di furto con strappo e quello di rapina risiede nella direzione della violenza esercitata

La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto per il giudizio immediato veniva innanzi a questo Tribunale D. D. L. per rispondere dei reati precisati in rubrica.

Alla presenza dell'imputato, detenuto in carcere per questi fatti, all'udienza del 6.5.10 si dava corso alle formalità di apertura del dibattimento.

Data lettura dei capi di imputazione venivano ammesse le prove richieste dalle parti: per il PM testi di lista, esame imputato, acquisizione del verbale di arresto nei confronti di P. D. e D. D. L. dell'1.1.10, verbale di perquisizione domiciliare nei confronti di P. D., verbale di sequestro del motociclo Honda nei confronti di D. D. L., verbale di rinvenimento e restituzione in favore di C. V. R. E. M. di telefono e schede memoria - tutti atti datati 1.1.10;

per la difesa controesame ed esame imputato.

Dopo le spontanee dichiarazioni dell'imputato venivano ascoltati i testi F. C. e P. M., entrambi della PS, nonché la p.o. C. V.R. e B. P. della P.S.. Il 10.6.10 venivano esaminati altra delle pp.oo., P. R., e P. S., della P.S.. Il 28.10.10, ascoltata l'altra p.o. W. N. I., su richiesta del PM - che aveva anche prodotto documentazione attestante l'irreperibilità della teste che mai aveva reso dichiarazioni - veniva revocata l'ammissione della teste K. M. avendone il Tribunale ritenuta superflua la sua audizione. Infine veniva acquisito, ex art. 512 c.p.p., l'interrogatorio del coimputato P. D..

Quindi l'imputato rendeva il proprio esame all'esito del quale il Tribunale acquisiva l'interrogatorio utilizzato dal PM per le contestazioni e dichiarava la chiusura dell'istruttoria. Sulla richiesta del PM e nell'opposizione della difesa, il Tribunale prendeva atto della "mera correzione terminologica dell'imputazione" operata dal PM come da verbale di udienza cui si rinvia. All'udienza dell'11.11.2010, verificato il sopravvenuto arresto del coimputato P. D., veniva riaperta l'istruttoria dibattimentale onde consentirne l'esame, essendo venuta meno la condizione presupposta per l'acquisizione dell'interrogatorio conseguentemente restituito al PM. Veniva invece rigettata la richiesta della difesa di esame di un nuovo teste e la riammissione nei termini per la richiesta di rito abbreviato. Il Tribunale, infatti, quanto a quest'ultima istanza si richiamava alle valutazioni già formulate in ordine alla rettifica dell'imputazione; quanto alla prima non riconosceva, sulla base del dichiarato di W., la emersione di una nuova p.o. del delitto sub A) ma solo della figura di un mero teste di quegli stessi fatti già oggetto delle precise "dichiarazioni rese dalla p.o. W.; teste peraltro del tutto evanescente, essendo la donna neanche identificabile.

Esaminato quest'oggi il coimputato P. D., avvalsosi della facoltà di non rispondere, acquisita documentazione dalla difesa, veniva nuovamente dichiarata la chiusura dell'istruttoria dibattimentale.

Sulle successive conclusioni delle parti riportate in epigrafe, il Tribunale emetteva il dispositivo, riservandosi il deposito dei motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Tribunale che dall'istruttoria espletata è stata raggiunta la prova piena della responsabilità dell'imputato in ordine a tutti i fatti-reato ascrittigli.

Ed invero gli elementi probatori emersi nel corso del dibattimento, segnatamente le dichiarazioni rese dalle pp.oo. delle tre rapine e dagli agenti di P.S. esaminati, hanno convinto senza ombra di dubbio alcuno sulla penale responsabilità di D. D. L..

Per comodità espositiva i tre fatti-reato in contestazione vanno esaminati partitamente: la rapina del 14.12.2009 a danno di P. M.R. e le due della mattina dell'1.1.2010 -quella sub A) a danno del cittadino singalese W. N. A. e quella sub B) a danno della ecuadorena C. V. E. M.-.

Quanto alle prime due, il teste della PS - Comm.to Dante Pazienza M. ha ricordato che la mattina dell'1.1.2010, intorno alle 9,50 avevano ricevuto dalla Centrale la segnalazione di una rapina nei c/o della stazione di Materdei della Metropolitana. Portatisi sul posto, vi avevano trovato i due cittadini dello Sri Lanka che qualche minuto prima avevano subito una rapina. Mentre la donna aveva avuto solo una colluttazione con uno dei rapinatori, essendo riuscita a resistere all'azione criminosa, all'uomo era stato invece sottratto il marsupio contenente del danaro ed i due erano scappati con il ciclomotore. Agli operanti, appena sopraggiunti sul posto, i due denuncianti avevano indicato nel civico 24 di quel vicino vico S. Raffaele, il luogo dove avevano visto entrare i due rapinatori con il ciclomotore. Entrati a loro volta nell'androne, avevano trovato il ciclomotore Honda che avrebbero sottoposto a sequestro: i due denuncianti, lì presenti, lo avevano infatti riconosciuto per quello utilizzato nella rapina. Nelle scale, invece, si erano imbattuti ed avevano bloccato P. D. e D. D. L.: il primo con una busta di plastica contenente una borsa, il secondo con un borsellino rosso nella tasca del giubbino. Avevano così accertato che il borsellino rosso conteneva euro 40 mentre la borsa che aveva P. conteneva i documenti di un'altra persona, una cittadina ecuadorena a nome C. V.R.. Questa era stato da loro contattata e poco dopo, quella stessa mattina, aveva denunciato la rapina che aveva subito poco prima. Alla C., insieme alla borsa, al borsello ed al loro contenuto, avevano anche restituito la restante parte della refurtiva: nell'abitazione della zia di P., ubicata all'interno di quello stesso edificio, era stata effettuata una perquisizione ed erano stati rinvenuti il telefonino e le schede di memoria di proprietà della C.. Il ciclomotore (rectius motociclo) sequestrato nell'androne del palazzo era l'Honda Chiocciola tg. omissis di D. D. L.. Il teste ha precisato che i due cittadini singalesi oltre al ciclomotore avevano visto e riconosciuto, mentre uscivano dal portone dell'edificio n. 24 di vico S. Raffaele dopo il loro arresto, i due rapinatori che li avevano aggrediti. I due, più tardi, in Comm.to avevano denunciato i fatti. Il teste ha aggiunto che, su indicazioni fornite da entrambi i soggetti fermati, si erano portati nei pressi della chiesa di Materdei, vicina al luogo dove era avvenuta la rapina ai singalesi, ed avevano rinvenuto in un vaso il marsupio marrone oggetto della rapina.

W. N. A., sentito quale p.o., in un italiano stentato ma comprensibile, ha ricordato che la mattina dell'1.1.2010 era per strada, a piedi, seguito a distanza da due connazionali, un amico a nome P. e la di lui moglie a nome M., allorquando due persone in motorino si erano avvicinate alla coppia. Il passeggero era disceso ed aveva cercato di strappare alla donna la borsa, intimandole "dammi i soldi", senza però riuscirvi. Avvicinatosi a sua volta, era stato derubato del proprio marsupio dallo stesso ladro che aveva tentato di derubare la donna mentre il complice, rimasto sempre a bordo del motorino, anche a lui aveva detto "dammi i soldi" e lo aveva minacciato dicendogli di avere una pistola. Quando poi avevano denunciato i fatti alla P.S. con l'aiuto di un connazionale in grado di farsi comprendere, circa mezz'ora o un'ora dopo, mentre erano ancora in strada, avevano visto i due rapinatori transitare a bordo dello stesso motorino ed entrare all'interno di un palazzo di un vicino vicolo. Per cui ai poliziotti successivamente sopraggiunti avevano segnalato la cosa, tanto che i due erano stati trovati proprio in quel palazzo dai poliziotti. Il teste ha ricordato di avere così potuto rivedere e riconoscere sia il motorino che i due rapinatori di poco prima. A proposito di tale riconoscimento il teste ha più volte rimarcato di esserne stato, al momento, del tutto certo. Ha fatto intendere pure di aver riavuto i documenti ed il marsupio di cui i rapinatori si erano disfatti perché ritrovati dalla Polizia, non anche il danaro -circa euro 20,00. Ha precisato che la donna aggredita prima di lui, con la quale aveva seguito le fasi dell'arresto dei due rapinatori, non era sua moglie ma una connazionale, tale M., moglie di altro connazionale a nome P.; di lei però, conosceva solo il nome di battesimo ed ignorava l'attuale residenza. Il teste ha affermato più volte che i due fermati dalla Polizia nel palazzo erano i due rapinatori. Oggi però, stante il tempo trascorso, non era più in grado di descrivere le fattezze dei propria aggressori, tantomeno di effettuare riconoscimenti.

La p.o. della rapina sub B) C. V. R. E. M. ha ricordato l'aggressione subita per strada, nei pressi della metropolitana di Materdei la mattina dell'1.1.2010. Diretta a casa della sorella era stata avvicinata, con un espediente, da un giovane che improvvisamente le aveva intimato "dammi la borsa o ti sparo". Alla sua istintiva reazione era stata aggredita e gettata in terra fino a quando il malvivente le aveva sottratto la borsa che conteneva "tutto": chiavi di casa, documenti, telefono, schede di memoria ed anche la somma di circa euro 40,00. Presa la borsa, il suo aggressore, un giovane di circa 30 anni, era scappato a piedi, facendo perdere le proprie tracce: la conformazione dei luoghi - presenza di alberi, aiuole etc. - non le aveva consentito di seguire con lo sguardo il fuggitivo e notare eventuali complici in attesa nei paraggi. Poco più tardi, a casa, era stata raggiunta da una telefonata della polizia che le segnalava il ritrovamento della refurtiva. Dopo la denuncia in Comm.to, quella stessa mattina, le era stata integralmente restituita la refurtiva.

Quanto alla rapina sub C) il teste B. C. della P.S. ha ricordato la denuncia della rapina patita da P. R. intorno alle ore 5,00 di quel 14.12.2009 lungo la via S. Rosa all'altezza della via S. Lorenzo da Brindisi. La donna, che presentava in viso i segni dell'aggressione subita, aveva indicato all'interno del Rione Materdei la direzione presa dal rapinatore che le aveva sottratto la borsa ed aveva pure descritto il malfattore. Tuttavia le ricerche intraprese immediatamente dagli operanti si erano rivelate vane.

La p.o. P. R. ha lucidamente ricordato i fatti: l'aggressione subita all'interno della propria auto lungo via S. Rosa. Quella mattina, intorno alle 5,00, aveva appena comprato del caffé in un bar quando, nel riaprire la portiera, era stata sospinta alle spalle all'interno dell'auto. A quel punto l'aggressore le era salito addosso, aveva iniziato a colpirla ed aveva così sottratto la borsa che ella aveva con sé. La borsa conteneva circa euro 150,00, le chiavi di casa, documenti ed altri effetti personali e solo il telefonino era sfuggito perché, nella colluttazione, era caduto all'interno dell'auto. La donna ha riferito di avere riportato ferite al volto, alle gambe ed alle braccia ma di non essersi recata in Ospedale perché desiderosa solo di tornare a casa propria. Ha precisato però di avere potuto bene vedere in viso il rapinatore, "davanti da dietro e di lato", da distanza ravvicinatissima, e di avergli anche detto, durante la colluttazione, che l'avrebbe potuto riconoscere. La P. ha quindi ricordato di avere visionato delle fotografie in sede di denuncia alla PS, il giorno dopo la rapina, senza però riconoscere alcuno. Giorni dopo però, ritornata in Comm.to, nel computer insieme ad un'altra aveva visto la foto di un soggetto riconoscendolo immediatamente quale responsabile della rapina. Aveva poi appreso che il soggetto riconosciuto si chiamava DI D. L.. Qualche giorno dopo, all'interno del carcere di Poggioreale, tra altre due persone che si trovavano al di là di un vetro, aveva effettuato il riconoscimento della stessa persona dell'odierno imputato quale responsabile della rapina sofferta; riconoscimento che la donna ripeteva, in assoluta sicurezza e senza mostrare alcun timore o incertezza, anche nell'aula del Tribunale nei confronti del detenuto all'interno della gabbia riservata ai detenuti.

Tali emergenze risultano integrate dalla documentazione in atti versata dal PM: verbale di arresto di D. D. L. e P. D., verbale di perquisizione domiciliare in danno del P., D. con rinvenimento di telefono cellulare e schede di memoria, verbale di restituzione del telefono e delle schede a C. V. E.M., sequestro del motociclo Honda tg. omissis in danno di D. D. L..

Dal proprio canto l'imputato ha negato gli addebiti riconoscendo solo di avere accompagnato col proprio ciclomotore il suo amico e parente, P. D., dopo aver trascorso insieme il Capodanno, a casa della nonna intorno alle 7,30. Di averlo atteso lì, sotto il portone per circa 1/2 ora, e di averlo rivisto provenire dalla strada, di corsa, tutto agitato e di essersi allontanato con lui sul motorino dopo che gli aveva detto "scappa, scappa". Di aver saputo solo allora dal P. delle rapine che questi aveva fatto e di essere stati bloccati dalla Polizia, mentre scendevano dalle scale nel palazzo dove nel frattempo erano andati. Ha aggiunto di avere scambiato, col P., su richiesta di quest'ultimo perché non potessero riconoscerlo, i rispettivi giubbotti e che nelle tasche di quello che aveva così indossato era stato trovato il borsellino. Era stato il P. a fornire alla Polizia le indicazioni che avevano consentito il ritrovamento del marsupio del singalese rapinato. A questo punto il PM ha contestato all'imputato l'interrogatorio del 3.1.2010 in cui al Gip D. D. L. aveva ammesso la partecipazione alla rapina nei confronti dei cittadini dello Sri Lanka, così come aveva negato di essere stato trovato in possesso del borsellino. Interrogatorio ribadito e confermato nei contenuti nel successivo del 28.1.2010, del pari utilizzato dal PM per le contestazioni ed acquisito al fascicolo.

Sulla base delle anzidette emergenze risultano pienamente provati i fatti analiticamente descritti dal PM nei tre capi di imputazione.

La prima rapina aggravata dalle più persone riunite, è quella delle ore 9,40 circa, a danno del cittadino cingalese W. N. J. , in ordine alla quale la prova evidente della responsabilità dei correi è rappresentata dalle dichiarazioni della p.o., la cui piena attendibilità è confermata dagli ulteriori indizi rappresentati dal rinvenimento del motociclo utilizzato dai rapinatori all'interno dell'edificio dove i due si trovavano al momento dell'arresto e dal rinvenimento del marsupio della p.o. da parte della PS sulla base delle indicazioni spontaneamente fornite dagli arrestati.

La seconda rapina, quella immediatamente successiva all'altra, delle ore 9,50 circa, a danno della C., la cui prova è anche in tal caso rappresentata dalle dichiarazioni della p.o. e dal rinvenimento nella disponibilità di entrambi gli arrestati della refurtiva.

Infine la rapina del 14.12.2009 a danno di P. M. R., aggravata dall'ora tarda della consumazione (le ore 5,00), nella quale le dichiarazioni ed i ripetuti riconoscimenti prima fotografici e poi personali, anche nel dibattimento, effettuati dalla donna costituiscono prova del tutto schiacciante della responsabilità di D. D. L..

Di contro, le argomentazioni difensive, oltre contrastare anche con la evidenza dei fatti, dopo le iniziali timide ammissioni e le odierne negazioni, appaiono del tutto fumose quanto a tempi, distanze tra luoghi, giustificazioni dell'accompagnamento di P. D. e scambi di abbigliamento.

Tanto da risultare certamente inidonee anche solo a scalfire il granitico quadro accusatorio.

I reati accertati risultano accomunati dal medesimo disegno criminoso predatorio sotto la più grave ipotesi sub 1).

Tanto premesso va pronunciata nei confronti di D. D. L. sentenza di condanna in relazione a tutti i reati ascrittigli.

L'esistenza di numerosi precedenti condanne penali dell'imputato, emergenti dal certificato penale in atti, ostano al riconoscimento delle attenuanti generiche; delle quali non appare meritevole neanche per la condotta processuale tenuta. La citate condanne, per altro verso, giustificano la contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.

Quanto alla determinazione della pena, valutati i criteri di . riferimento di cui all'art. 133 c.p. con particolare riferimento alle modalità dell'azione - consumata in modo alquanto brutale e predatorio a danno di inermi cittadini suppostamente "deboli" quali stranieri e donne - fanno ritenere equa quella di anni 9 di reclusione ed euro 3000 di multa, così determinata: p.b. per il capo 1) anni 4 mesi 6 di recl. ed euro 1.500 di m. , aumentata di 2/3 per effetto della recidiva ex art. 99 co. 4 c.p. ad anni 7 mesi 6 di recl. ed euro 2.500 di multa, aumentata per la continuazione con il capo B) fino ad anni 8 mesi 6 di recl. ed euro 2.800 di m. e per la continuazione con il reato sub C) alla pena finale.

Segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali ed alle pene accessorie.

Va ordinata la confisca del motociclo in sequestro essendo stato destinato alla commissione del reato.

Ai sensi dell'art. 168 co. 1 n. 1 c.p. si impone la revoca della pena sospesa come da dispositivo.

PQM
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara D. D. L. colpevole dei reati a lui ascritti e, ritenuta la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, unificati i reati per la continuazione sotto la più grave ipotesi sub a) , lo condanna alla pena di anni nove di reclusione ed Euro tremila di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e della custodia cautelare.

Confisca del motociclo in sequestro.

Letto l'art. 29 c.p. dichiara D. D. L. interdetto in perpetuo dai PP.UU.

Letto l'art. 32 c.p. dichiara D. D. L. in stato di interdizione legale e di sospensione dalla potestà genitoriale per la durata della pena principale.

Letto l'art. 168 co. l n. l c.p. revoca nei confronti di D. D. L. "la sospensione condizionale della pena concessagli con sentenza Tribunale Napoli del 24.5.2005 irr. 1.10.2005, Corte di Appello di Napoli del 26.5.2005 irr. 12.10.2005 e Tribunale di Napoli del 20.10.2005 irr.13.11.2005.

Motivi in sessanta giorni.

Napoli, 18.11.2010

Il Tribunale

dr. Concetta Cristiano Presidente

dr. Giovanni Vinciguerra Giudice estensore

bottom of page