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Danneggiamento aggravato: rilevanza dell’esposizione alla pubblica fede per beni incustoditi

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Tribunale Lecce, 06/05/2024, n.1282

Il reato di danneggiamento aggravato si configura quando un oggetto viene deteriorato o reso inservibile anche solo temporaneamente, non rilevando la possibilità di riparare il danno. L’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede ricorre quando il bene danneggiato è lasciato incustodito o non sottoposto a protezione diretta, anche in presenza di sistemi di videosorveglianza privi di personale di controllo.
Nel caso in esame, il danneggiamento della Renault Clio è stato ritenuto aggravato dall’esposizione alla pubblica fede in quanto l’auto era parcheggiata su una pubblica via priva di sorveglianza attiva.

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Reato di danneggiamento seguito da incendio e valutazione del pericolo concreto ex art. 424 c.p.

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
1. Con decreto di citazione diretta a giudizio del 31.03.2023, Co.Fr. veniva condotto innanzi a questo Tribunale, per rispondere del reato a lui ascritto in epigrafe.

Alla prima udienza del 09.11.2023, nella regolarità del contraddittorio, il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, chiedeva la definizione del processo nelle forme del rito abbreviato.

All'odierna udienza, il Tribunale ammetteva il rito richiesto, acquisiva le spontanee dichiarazioni dell'imputato ed invitava il P.M. a produrre il proprio fascicolo. All'esito della discussione e dopo la decisione in camera di consiglio, pronunciava dispositivo di sentenza, dandone integrale lettura.

Motivi della decisione
2. Dagli atti di indagine presenti nel fascicolo del Pubblico Ministero, tutti pienamente utilizzabili in ragione del rito prescelto, è emersa oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità di Co.Fr. in ordine al reato di danneggiamento a lui contestato.

Occorre premettere che il presente giudizio scaturisce a seguito di una serie di segnalazioni inerenti a svariati episodi delittuosi (minacce; incendio; danneggiamenti) verificatisi in Casarano la notte del 04.01.2024.

Stando a quanto emerge dalla CNR in atti, redatta dai Carabinieri di Casarano, le indagini prendevano avvio a seguito di una richiesta di intervento presso il bar "Fa.", ove il Co., soggetto già noto alle forze dell'ordine, in stato di agitazione e completamente ubriaco, aveva preso a minacciare alcuni clienti brandendo degli oggetti prelevati dal bancone ed asserendo di voler bruciare il locale.

Interveniva sul posto anche il personale del 118 che sottoponeva il Co. ad una visita di controllo; questi, nondimeno, dichiarava di rifiutare il ricovero in ospedale e, ancora in stato di agitazione, continuava a sfogare la sua rabbia dinanzi ai militari, profferendo minacce indirizzate a persone non presenti in quel momento ("Ca.Cr.", tale "Fa." e Af.An.), ma tutte arcinote alle forze dell'ordine.

Ritornata la calma, i Carabinieri riprendevano la loro attività e si allontanavano dal luogo ove erano intervenuti. In seguito, alcune ore più tardi, giungeva presso la centrale operativa una segnalazione inerente all'incendio di uno scooter (cfr., denuncia querela sporta da Fa.An. in data 04.01.2023) e un'altra, quella per la quale è processo, concernente il danneggiamento di una Renault Clio, targata (…), di proprietà di To.Pi. alla quale era stato danneggiato il parabrezza mentre era parcheggiata in via (…).

Ritenendo che tali episodi potessero essere riconducibili alla mano della stessa persona, ed avendo fondato motivo di ritenere che l'autore dei predetti reati potesse essere il Co. (illuminante a riguardo era stato il rinvenimento presso lo scooter incendiato di un accendino di colore viola in tutto uguale a quello posseduto dall'imputato al momento dell'intervento dei militari presso il bar "Ff."), gli inquirenti procedevano ad esaminare tutti i filmati estrapolati dalle telecamere di video-sorveglianza presenti nelle zone ove si erano verificati gli eventi delittuosi.

I Carabinieri riuscivano così a ricostruire in linea cronologica il susseguirsi degli episodi denunciati, accertando che il Co., perfettamente ripreso dalle telecamere e riconosciuto senza alcun dubbio dagli operanti, alle ore 02:33 (ossia immediatamente dopo l'episodio del bar "Fa.") si recava in via (…) e si rendeva responsabile del danneggiamento di alcune transenne che si trovavano nei pressi di una ruota panoramica. Alle ore 02.43, l'imputato si recava nuovamente presso il bar "Fa." e qui danneggiava alcuni arredi che si trovavano all'esterno dell'esercizio commerciale (anch'esso oggetto di denuncia). In seguito, alle ore 02:50, ovverosia in orario compatibile con l'incendio dello scooter, il Co. veniva nuovamente individuato mentre procedeva con andatura barcollante presso via (…) in uscita da via Padova (proprio la via dove si trovava lo scooter dato alle fiamme); nella circostanza il Co. veniva altresì riconosciuto da Pa.Lo. (escussa a s.i.t.) che aveva segnalato l'incendio presso la strada dove abitava.

Da ultimo, alle ore 03:45, l'imputato veniva ancora una volta immortalato nell'atto di percorrere per ben due volte la via (…), ovverosia la strada dove era parcheggiata la Renault Clio di To.Pi.. Nella circostanza, i Carabinieri osservavano il Co. dirigersi verso un camioncino di colore bianco, che era parcheggiato sul lato opposto rispetto a dove si trovava la Renault Clio, notando che l'imputato, dopo essersi accostato al furgone, cominciava a maneggiare qualcosa permanendo in loco per alcuni minuti.

Nel corso delle indagini, oltre alla denuncia querela sporta dalla odierna p.o., si acquisiva altresì quella sporta da De.Wa., che aveva a sua volta denunciato il furto, dal suo furgone Iveco, anch'esso parcheggiato su via (…), di una pala di metallo che era stata poi ritrovata, abbandonata su un muretto di cinta, a poca distanza dalla Renault Clio.

Le considerazioni che precedono inducono a ritenere provata senza alcun dubbio la responsabilità penale dell'imputato.

Le immagini estrapolate dalle telecamere di video-sorveglianza hanno consentito di ricostruire perfettamente i movimenti dell'imputato la notte del 04.01.2023. Il Co., in particolare, è stato riconosciuto dagli operanti, nonché da altri privati cittadini, nel momento in cui percorreva le strade ove si verificarono i delitti denunciati, in orario perfettamente compatibile con la verificazione degli stessi.

Quanto al danneggiamento della Renault Clio, è stato accertato che il Co. ha percorso per ben due volte la via (…) intorno alle 03:45 e si è avvicinato al veicolo non prima di aver sostato presso un furgone che era parcheggiato sulla medesima strada, in prossimità del quale lo stesso è stato visto armeggiare qualcosa.

L'orario del transito dell'imputato presso la via (…) è perfettamente compatibile con quello in cui secondo gli inquirenti si verificò il danneggiamento e segue cronologicamente la serie di episodi delittuosi verificatisi in precedenza; tutti riconducibili al prevenuto.

Dalle immagini estrapolate dai video in questione, accluse alla CNR, si vede che in quel momento le strade sono deserte (vista anche l'ora tarda); cosicché, è inverosimile che qualcun altro abbia potuto rendersi responsabile del danneggiamento dell'auto. Del pari, accanto alla macchina è stata ritrovata la pala di ferro prelevata dal furgone Iveco che, con tutta evidenza, dopo essere stata rubata, è stata adoperata dall'imputato per infrangere il parabrezza.

Gravi, precisi e concordanti si dimostrano dunque gli elementi che consentono di ritenere che a danneggiare il veicolo del Toma, la notte del 04.01.2023, fu l'imputato Co.Fr..

In termini, non è ultroneo sottolineare che secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, possono costituire oggetto di prova non solo quei fatti che sono immediatamente riconducibili all'imputazione, ma anche quelli che all'imputazione si legano in via riflessa, e che consentono di ritenere - attraverso la prova di un fatto secondario, diverso da quello specificamente indicato nel capo d'imputazione - che il fatto principale è stato commesso dall'imputato.

Le circostanze indizianti assumono pregio, e possono fondare una sentenza di condanna, solo se e solo in quanto siano in grado di delineare con chiarezza ed univocità la responsabilità dell'imputato: il secondo comma dell'articolo 192 prescrive che l'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi, a meno che questi non siano gravi (la gravità indica la grande rilevanza degli indizi raccolti ai fini dell'accertamento complessivo: ciascun indizio deve dunque possedere una propria capacità dimostrativa, ed una rilevante contiguità logica con il fatto da provare), precisi (è preciso l'indizio dal quale è possibile inferire il fatto da accertare secondo una rigorosa conseguenzialità logica; il termine preciso sta dunque ad indicare quel che la dottrina definisce necessario, ossia l'inidoneità della circostanza indiziante a prestarsi ad interpretazione diversa od alternativa rispetto alla prova del fatto ignoto da dedurre) e concordanti (la concordanza sta a significare che non basta avere più indizi, e neppure più indizi gravi e precisi: essi devono infatti tutti convergere verso la medesima ricostruzione, di modo che l'operazione logica della coordinazione globale degli indizi conduca verso un'unica direzione).

Naturalmente, a monte di tutto ciò sta la certezza dell'indizio, poiché è evidente che la circostanza indiziante, per poter essere oggetto di valutazione da parte del giudice, deve prima essere rigorosamente accertata nel corso del dibattimento, nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili e/o supposti (cfr. Cassazione penale, sez. IV, 20 maggio 2004, n. 23566: l'indizio è un fatto certo dal quale, per inferenza logica basata su regole di esperienza consolidate e affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario. Al riguardo, è possibile che da un fatto accertato sia logicamente desumibile una sola conseguenza, ma, di norma, il fatto indiziante è significativo di una pluralità di fatti non noti e, in tal caso, può pervenirsi al superamento della relativa ambiguità indicativa dei singoli indizi applicando la regola metodologica fissata nell'articolo 192, comma 2, del Cpp, secondo la quale "l'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti").

Ove, dunque, si intenda dimostrare l'ascrivibilità del fatto all'imputato attraverso la prova indiretta o critica, il giudizio dovrà svolgersi prima concentrandosi su ciascuna prova indiziaria, per saggiarne valenza qualitativa e grado di precisione e gravità, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo, secondo quel metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio da ultimo delineato da Cassazione penale, Sezioni Unite, 12 luglio 2005, n. 33748, in modo da colmare le lacune che ciascuno degli elementi fatalmente porta con sé e che rappresentano, sul piano deduttivo, il limite dalla capacità del singolo fatto noto di dimostrare l'esistenza del fatto ignoto (così Cassazione penale, sez V, 15 maggio 2006, n. 16493); nella motivazione di quest'ultima pronuncia, che ribadisce principi statuiti dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, si evidenzia che la precisione e gravità vanno accertate sottoponendo gli indizi prima a un vaglio separato e poi congiunto, potendo la gravità degli uni acquistare spessore dalla accertata gravità degli altri, e che la concordanza va apprezzata giustapponendo gli indizi, per verificare se essi convergano o divergano, con la conseguenza che più numerosi sono gli indizi, più agevole e attendibile è il giudizio di probabilità che se ne trae.

Ebbene, nel caso di specie gli elementi probatori acquisiti, complessivamente considerati, sono certamente caratterizzati dalla gravità, precisione e concordanza previste dalla legge al fine di elevarsi al rango di prova. Al riguardo, va poi evidenziato che all'odierna udienza l'imputato, per mezzo del suo difensore, ha prodotto una dichiarazione spontanea con la quale si è assunto la responsabilità di quanto accaduto, dichiarandosi pentito.

Appare, pertanto, provata oltre ogni ragionevole dubbio la condotta delittuosa di Co.Fr., così come contestata.

Alla luce della ricostruzione degli accadimenti sinora effettuata, si appalesano perfettamente integrati, in punto di diritto, tutti gli elementi costitutivi del contestato reato di danneggiamento di cui all'art. 635, comma 2, in relazione all'art.625, n. 7, c.p., l'imputato avendo danneggiato, servendosi di una pala di ferro, l'automobile di To.Pi. che era parcheggiata sulla pubblica via.

Sul punto, mette conto di sottolineare che secondo l'insegnamento consolidato della Suprema Corte, si ha "deterioramento", che integra il reato di danneggiamento, tutte le volte che una cosa venga resa inservibile, anche solo temporaneamente, all'uso cui destinata, non rilevando, ai fini dell'integrazione della fattispecie, la possibilità di revisione del danno (Cass. Pen., Sez. IV, 21.10.2010, n. 9343/11, Valentini; cfr. anche, sul punto, Cass. Pen., Sez. II, 2.12.2011, n. 4481/12, Scala che ha precisato che l'elemento oggettivo del reato di danneggiamento consiste in una modificazione funzionale o strutturale della cosa, nonché 22.2.2012, n. 20930, Di Leo, secondo cui il reato di danneggiamento mediante deterioramento è configurabile soltanto quando la cosa ne costituisce oggetto sia ridotta in uno stato tale da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole).

Orbene, nel caso di specie, la carrozzeria del veicolo è stata danneggiata e il vetro del parabrezza anteriore è stato ridotto in frantumi, sicché è stata gravemente compromessa la funzionalità dell'autovettura.

Sussiste, inoltre, l'aggravante di cui all'art. 635, comma 2, c.p., poiché non vi è dubbio che l'automobile oggetto del danneggiamento, fosse esposta per necessità o per consuetudine alla pubblica fede, dal momento che la stessa risultava parcheggiata sulla pubblica via. È evidente, infatti, che la strada in cui è stata parcheggiata l'auto dalla persona offesa, seppur munita di telecamere di pertinenza del Comune o di abitazioni private, non era predisposta in modo tale da impedire atti vandalici, né sottoposta a particolari controlli, tanto che l'imputato vi ha potuto tranquillamente accedere e consumare il danneggiamento.

Al riguardo, si osserva che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede non è esclusa dalla sola presenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di sistemi di videosorveglianza, quando questi siano privi di personale che tramite essi ponga in essere un continuo controllo e monitoraggio sulla zona stessa (cfr., Cass. Pen., Sez. II, sentenza ud. 23.5.2019 (dep. 1.8.2019), n. 35400; Cass. Pen., Sez. V, 20.5.2010 n. 35.473, Canonica; Cass. Pen., 15.5.2015 n. 45.172, Cacopardo; cfr., anche, Cass. Pen., Sez. V, 8.11.2007 n. 6.682). Un tale sistema di videosorveglianza, infatti, ancorché consenta la successiva individuazione, tramite le immagini registrate, degli autori di eventuali illeciti, non costituisce di per sé una difesa idonea a impedire la consumazione dell'illecito attraverso un immediato intervento ostativo; soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione del bene consente di escludere l'aggravante di cui all'art. 625 c.p.p., comma 1, n. 7, c.p.

3. Tanto premesso, passando alla sanzione da irrogare, ritenuto di non poter riconoscere a Co.Fr. le circostanze attenuanti generiche, anche in ragione della vita anteatta dello stesso, gravata da numerosi precedenti penali, così come ritraibile dal certificato del casellario in atti, che dimostra l'assoluta indifferenza dell'imputato alle regole del vivere associato si stima congrua la pena di otto di reclusione (p.b. mesi sei di reclusione, aumentata sino a un anno per la recidiva, ridotta a quella finale per il rito).

Alla condanna consegue il pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Letti gli artt. 442, 533, 535 c.p.p.

dichiara Co.Fr. responsabile dell'imputazione ascrittagli e, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Motivazione contestuale.

Così deciso in Lecce il 6 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2024.

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